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Autore: Ornyl    22/05/2012    1 recensioni
Inserire accenno alla trama della storia (breve riassunto o anticipazione) e/o citazione dal testo. No linguaggio SMS, No tutto maiuscolo, No Spoiler! NON C'E' BISOGNO DELL'HTML PER ANDARE A CAPO IN QUESTA INTRODUZIONE.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole cominciava a sparire dietro le montagne,infuocando il cielo di rosso e arancione. Nel frattempo,nuvoloni neri si avvicinavano e si univano minacciosi,cominciando già a illuminarsi di lampi.Chiamai John e gli dissi di ritornare. Si stava facendo sera,e in teoria avremmo dovuto essere già a casa. I nostri cavalli erano legati a degli alberi e ripercorremmo il sentiero che ci aveva portato al piccolo ruscello. Gli alberi ondeggiavano mossi da un vento che diventava man mano più forte. John si teneva il mantello e a me,che ero poco più indietro,disse di sbrigarmi. Il vento era sempre più forte e fui costretto a correre,tenendomi il cappello e la mantella. Quando eravamo usciti il sole brillava glorioso nel cielo,mentre adesso si stava scatenando la bufera.Ansimando andai dietro a John,quando il mio piede urtò qualcosa di duro e persi l'equilibrio. Scivolai sul davanti e una fitta atroce si impossessò della mia caviglia. John era già al suo cavallo e di corsa ritornò indietro.
- Signore ..Cosa è successo?-
- Ho colpito qualcosa,forse un sasso,con la caviglia ..Mi fa malissimo-
Il cielo brontolò di tuoni.
- Signore,lasci che l'aiuti-mi disse porgendo il braccio-Dobbiamo sbrigarci ad andare a casa-
-Lascia stare,John. Ormai è troppo tardi. Cercheremo una casa nelle vicinanze-
John mi aiutò ad alzarmi e mi fece salire sul mio cavallo. Prese una briglia del mio e,tenendola salda,cominciò ad avanzare con la sua cavalcatura. Il cielo continuava a brontolare minaccioso,sentivo la fame e la caviglia pulsava dolorante.Il povero John continuò ad avanzare,tenendosi in equilibrio sul suo stallone e tenendo la briglia del mio stretta,girandosi ogni tanto verso di me. Per un certo pezzo vedemmo solo e soltanto nere chiome di alberi,finchè fece capolino da esse un tetto nero.
-Signore ..C'è una casa. Proviamo?-
Annuii. Continuammo ad avanzare rasenti il muro che circondava l'abitazione,una grande casa grigia dal tetto e dalle finestre nere. Era circondata da alberi,ancora rosseggianti per il tramonto,scossi dal forte vento. Un cancello di ferro nero e imponente che ci separava dal vialetto d'ingresso era aperto. Il vialetto sfociava in una piccola piazza dove si affacciava la casa e quella che sembrava una stalla. Sembrava disabitata.Attraversammo il vialetto e John si fermò davanti alla doppia porta nera. Bussò sul batacchio argenteo due volte,poi la porta si aprì piano.Ci venne ad aprire una fanciulla dall'aspetto e dalle forme già da donna. Aveva una carnagione olivastra e capelli castani e ricci;un paio di sfavillanti occhi neri illuminavano il volto. La fanciulla,con quella sua pelle olivastra,mi sarebbe sembrata una zingara,ma quell'elegante e semplice abito porpora la faceva sembrare ancora più grande e composta di com'era già. 
Ci sorrise dolcemente.- Signori ..In cosa posso esservi utile?-
- Sir Thomas si è slogato una caviglia e non possiamo tornare a casa per stanotte ..Per favore,possiamo restare?
-La ragazza annuì. - Legate i cavalli laggiù e poi entrate. Comincia ad esserci freddo;nel frattempo,vado ad avvertire mio padre-.
John mi aiutò a scendere e mi appoggiai al suo braccio. La ragazza ci fece entrare in un grande salone buio e ci fece sedere su un divano rosso porpora. Le pareti grigie del grande salone erano coperti da ritratti,la maggior parte dei quali raffiguravano lo stesso soggetto. Il soggetto era una giovane donna dalla pelle di luna,con una cascata di boccoli mogano e un paio di occhioni castani. Aveva tratti morbidi e tondi,quasi infantili,e un vestito azzurrino la copriva fino alle spalle,bianche e nude. Pur non essendo bellissima almeno quanto l'elegante fanciulla dalla pelle olivastra,la dolcezza del suo aspetto avrebbe potuto incantare,a mio avviso,anche la morte. In particolare,i suoi occhioni da cerbiatto,con quell'espressione di malinconica dolcezza,che sembravano implorare chiunque guardasse il suo ritratto.
La pioggia era cominciata a cadere e il suo scrosciare mi raggiunse l'orecchio mentre il mio sguardo era fermo sul ritratto. Qualcosa mi spinse a chiedere il nome della giovane del quadro.
- Era mia sorella,buon'anima-disse in un soffio la ragazza- Dovete sapere che io sono stata adottata appena nata e questa famiglia è stata l'unica che abbia mai avuto. Lei mi insegnò a leggere,a scrivere e a ricamare. Ci toglievamo quattro anni e mi trattò come se fossi stata una sua pari,anche se i miei genitori erano gitani. Aveva diciassette anni quando si sposò,un anno fa. Fu trovata morta nel suo letto nuziale ..-
Sospirò e si allontanò verso il corridoio. Poi si voltò di nuovo verso me e John. - Da quel giorno mio padre non si è più ripreso. Era la sua primogenita,la donna che avrebbe guidato la casa e la sua vecchiaia dopo la morte di mia madre. Eppure,anche lei se n'è andata per seguirla-. L'elegante gitana tirò un altro sospiro e,piano,si diresse verso una porta.
Poco dopo rientrò e ci diede la conferma.
- Mio padre ha detto sì. Se volete,posso mostrarvi le vostre stanze.-
John e la ragazza mi porsero un braccio e iniziammo a salire. 
Mi voltai un'ultima volta verso il ritratto,sorridente e malinconicamente sereno alla luce dei lampi.
 Sentimmo dei passi provenire dal piano di sopra e pochi minuti dopo incrociammo per i gradini due domestiche. La più anziana ci fermò.
-Signorina,chi sono questi due uomini?-
-Forestieri,Marcine. Hanno avuto un piccolo incidente e la pioggia li ha fermati. Stavo andando a mostrare loro le camere in cui passare la notte-
-Signorina,lasci che l'aiutiamo-dissero in coro le domestiche.
- Non preoccupatevi. Nel frattempo,iniziate a preparare la cena. Mio padre ha fame,mi ha detto,e immagino anche i signori-
John ed io annuimmo convinti e le due domestiche,al segnale,scesero velocemente le scale.
La padrona di casa ci portò in un corridoio grigio illuminato debolmente da candele e lampi,e ci fece avvicinare a due porte.
- Queste sono le stanze degli ospiti. Una di queste era la stanza di mia sorella da bambina,ma mio padre ha messo le sue cose insieme a quelle di mia madre.- Ci consegnò due chiavi e fece segno di congedarsi.
- Signori,perdonatemi. Mio padre a quest'ora deve prendere la sua medicina,sapete,è molto anziano. La cena verrà servita alle sette. Le stanze sono a vostra disposizione,per qualsiasi cosa chiamatemi- e si avviò verso le scale. Quella ragazza sembrava,almeno a prima vista,avere almeno quindici anni,eppure aveva un'eleganza e dei modi di fare che non vedetti mai in una fanciulla della sua età. Quando John aprì la porta e mi aiutò ad entrare,era già sparita.
 
La cena mi aveva rimesso in sesto lo stomaco,ma quando John e la fanciulla mi misero a letto la caviglia continuava a pulsare ancora di più. Mi avevano aiutato a fasciarla,eppure il dolore non passava e sperai nel sonno.
La stanza nella quale mi trovavo era quella della sorella morta. Era abbastanza grande,con delle pareti color latte illuminate da una luna che filtrava dalle nuvole. Un suo raggio andò a colpire un ritratto che non avevo notato,messo vicino all'armadio. Un ritratto di una bambina,della bambina che era stata quella malinconica fanciulla del ritratto. Quegli occhi,illuminati dalla luna,sembrano più innocenti e più vivi,fin troppo vivi,quasi da farmi paura. Illuminati dalla luna,mi fissavano dall'oscurità in cui era immersa quella stanza.
Per fortuna,decisi di chiudere i miei vinto dal sonno e mi abbandonai a Morfeo. Gli occhi sparirono e sentivo su di me soltanto la calda coperta.
 
Vidi una luce fioca lampeggiare e ballare davanti ai miei occhi. Una luce a volte lilla,a volte azzurra,a volte bianca,che pian piano si avvicinò a me e quasi mi accecò. Sentii un profumo di rose e gelsomino,poi un'argentina risatina femminile. Vidi un collo bianchissimo,bianchissime spalle e un corpetto azzurro cielo. Poi delle guance appena rosate,delle labbra bordeaux e un viso incorniciato da boccoli mogano. 
Poi quegli occhi,quegli occhi,innocenti e maliziosi insieme,innocenti e spaventosi,che mi fissavano con la stessa malinconica dolcezza con cui erano stati raffigurati da un artista ignoto.
Due mani bianche come colombe mi accarezzavano il viso,le sue mani,le mani della sorella morta. La fanciulla mi sorrideva dolcemente e mi guardava con occhi che tentavano inutilmente di apparire felici. Era una visione all'apparenza angelica,ma che allo stesso tempo mi incuteva timore e paura.
Che fosse la febbre? Che fosse il fissare troppo quel dipinto? Che fosse quel male alla caviglia che si era trasferito alla mia testa? Che fosse un demone,oppure un angelo,o la sua anima venuto a prendersi gioco di me?
Sentivo il frusciare del suo abito,il suo sorriso e i suoi occhi addosso. La fissai un attimo negli occhi,più vivi e scuri che mai,senza quel biancore e quel vuoto tipico della morte. Le sue guance si arrossavano quando mi fissava,in silenzio,danzando come un'eterea farfalla.
La vidi avvicinarsi,con la stessa malinconia gioiosa e serena negli occhi. Sentii la sua mano toccarmi,ma non era fredda,anzi,era tiepida e morbida. E più viva che mai,mentre io ero impotente davanti a quella vivacità.
Quando si specchiò nei miei occhi i suoi scintillarono commossi e più vivaci che mai. La vidi mettersi in punta di piedi e avvicinare le sue labbra verso le mie. Avrei voluto scappare,avrei voluto svegliarmi e gridare,eppure non riuscivo a muovermi. 
Quelle labbra a cuore,bordeaux a prima vista ma adesso violacee,si fecero sempre più avanti. Il profumo di rosa e gelsomino era sparito e ad esso si era sostituito un fetore di morte. Le sue guance avevano smesso di essere rosee e le sue mani erano rigide e fredde come quelle di un cadavere.
Provavo l'orrore e la paura,eppure ero impotente. 
Le sue labbra,adesso nere e screpolate,toccarono le mie.
Un lampo squarciò la mia vista e il silenzio.
Al volto della fanciulla si sostituì un orribile teschio luccicante ai lampi,con le orbite vuote e piene di vermi,con quell'orribile ghigno stampato. Alle bianche mani si sostituirono bianche ossa.
Alla fanciulla che avevo visto nel quadro si sostituì il suo cadavere,con ancora i capelli attaccati al cranio,attorniato da corvi che gracchiavano e coprivano la visione con le loro orrende piume nere.
 
Quando le prime luci dell'alba illuminarono la casa si ripresentò la fitta,ancora più forte. Aprii gli occhi piano,con ancora impressa l'immagine del teschio e urlai.
Davanti ai miei occhi i suoi.
Davanti alle mie labbra le sue.
Davanti a me il ritratto della fanciulla.
Mi accasciai a terra mentre i padroni di casa,le domestiche e John si lanciarono verso di me per soccorrermi. 
La fanciulla del ritratto aveva ancora la sua pelle candida,le sue guance rosee,i suoi occhi.
Me li sarei sempre ritrovati davanti,da quella notte in poi.
   
 
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