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Autore: Natalja_Aljona    22/05/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Duecentoottantaquattro


Duecentoottantaquattro

Esmeralda, have you left me?

Love as no one has loved

You’ll have my heart if you will swear

Nikolaj’s last memory of Warsaw

 

E anche senza te

C’è qui la tua assenza, ormai

Che amo come te

(Mai più come te, Claudio Baglioni)

 

Liverpool, 7 Gennaio 1835

 

Esmeralda, have you left me?

Do you hide yourself away?

 I have counted every hour

 I have missed you every day

 

Esmeralda, mi hai lasciato?

Ti sei nascosta lontano da me?

Ho contato ogni ora

Mi sei mancata ogni giorno

(The birds they put in cages, Notre Dame de Paris)

 

Natal’ja non c’era.

Mio Dio, lei non c’era.

Ogni giorno, appena sveglio, correvo alla sua finestra, e ogni giorno, dal momento in cui aprivo gli occhi a quello in cui mi addormentavo, stordito di fumo, di ouzo e di pagine dell’Iliade che avrei quasi strappato dalla rabbia, mi sentivo morire.

Dov’era, il mio sole, la mia piccola Lys?

E’ stata sempre con me, fino all’ultimo giorno di Dicembre, ovvero il ventiquattresimo compleanno di Harold Morrison, suo padre.

Poi una sera mi ha detto: “forse è meglio che torni a casa mia”, e io pensavo che si riferisse solo a quella notte, al mattino dopo, al massimo anche al pomeriggio, ma poi sarebbe tornata da me.

Aveva un visino così triste, e l’ho stretta forte forte, mi sembrava più fragile che mai, ma non è quasi mai fragile, lei.

Mi ha sussurrato un “mi dispiace” struggente, e in quel momento, sì, ho avvertito una fitta al cuore terribile, come se un cretino dell’esercito nemico mi stesse accoltellando, ma lei non è dell’esercito nemico e non è una cretina, anche se a volte lo sembra: lei è soltanto il mio amore, Natal’ja.

Dalla finestra, il 7 Gennaio, mi ha mormorato un “he don’t want it” così flebile da spezzare il cuore.

Cos’avrà voluto dire?

Chi non voleva, chi era lui?

Sir Morrison no, a lui stavo simpatico.

Se ci ripenso, mio Dio, sono stato così stupido...

Ad ogni modo, non sopportavo che proprio il 7 Gennaio, il giorno del Natale ortodosso e del ventottesimo compleanno di mia madre, lei non potesse stare con me.

Avrebbe potuto essere un giorno bellissimo, e invece...

Mi lasciava solo con Anasthàsja.

Da quel terribile istante non l’ho più vista, nemmeno per un saluto.

Esattamente come la settimana appena trascorsa.

Odiavo quella situazione, odiavo stare senza di lei.

E allora ho deciso.
Sarei andato sotto casa sua e, ne andasse della mia vita -inutile, senza di lei- avrei scoperto cos’era successo.

Tempestai la porta di pugni, gridai il suo nome infinite volte, tanto che non mi sarei stupito se, da un momento all’altro, qualcuno mi avesse denunciato.

-Sono io, ti prego, Natalys, piccola mia, aprimi...-

Sentii uno sparo, e poi una voce incrinata dal pianto.

-Natal’ja, non volevo...-

-E’ il mio Georgij, e tu non puoi impedirmi niente!-

Una cascata di parole in polacco, gridate tra le lacrime.

In polacco.

Improvvisamente capii chi impediva a Lys di vedermi...

E chi le aveva sparato.

Finalmente la porta si aprì, e mi apparve una sconvolta Julyeta Zirovskaja, visibilmente provata dagli ultimi avvenimenti.

Il suo bel volto era scavato dal pianto ed innaturalmente pallido, i suoi folti capelli chiari erano arruffati e sciolti sulla schiena, e la luce dei suoi occhi azzurrissimi sembrava ferita.

-Georgij, non...-

-E’ tuo nipote, quel pazzo?-

-Nikolen’ka...-

-Nikolen’ka, o come accidenti si chiama... Cos’ha fatto a Natal’ja?-

-E’ meglio che tu non...-

-E’ meglio che io cosa?-

-Non guardare!-

Con quest’ultima, disperata preghiera, Julyeta cercò di trattenermi, ma me la scrollai bruscamente di dosso e corsi da Lys.

La mia Natal’ja.

In un lago di sangue, con il volto completamente sfregiato da una spaventosa cicatrice e un livido che ad occhio doveva essere molto recente.

Mi sembrava d’impazzire.

-Ti prego, perdonalo... E’ malato, non ragiona... Non è colpa sua...-

-Io non perdono nessuno!- gridai, fuori di me.

Anche il ragazzo polacco, Nikolaj, quel maledetto bastardo del cugino di Lys, sembrava disperato.

Le sfiorava il viso singhiozzando, incredulo di quello che aveva appena fatto, e lei ricambiava le carezze.

-Non preoccuparti, Niko, vai a dormire... Vai a letto, non pensarci più. Stai tranquillo-

Poi alzò lo sguardo su di me, e sgranò gli occhi, che trovai quasi più limpidi del solito, come se la mia presenza in quel contesto l’umiliasse profondamente.

-Niko ha avuto un’altra crisi...-

-E sei sempre tu, la vittima di queste crisi?-

Era l’ultima cosa che volevo, ma scoppiai a piangere.

Lo facevano tutti, lì dentro.

Era un incubo, da fuori nessuno avrebbe mai potuto sospettare quale tragedia si stesse consumando tra le mura di quella modesta casetta di periferia...

-Lo vuoi capire o no, che sta male?! Dobbiamo aiutarlo, anche tu dovresti aiutarlo...-

Sembrava impazzita, Natal’ja.

-E’ la prima volta che ha una reazione così violenta, ed è solo colpa mia... Sono io che lo faccio soffrire così, che lo faccio disperare... Io finirò per ucciderlo- sussurrò, senza fiato.

-Lui ucciderà te, Natal’ja!-

Ma niente, nemmeno mi sentiva.

-Portami via, Gee... Ti racconterò tutto-

Io, per una volta, cercai di essere il ragazzo più dolce del mondo.

Le strinsi lievemente la mano, accarezzandole le dita come se fossero fatte d’aria, dei miei respiri.

E la portai a casa mia.

 

Fuoco e fiamme in Paradiso

Io rivoglio le mie ali e le voglio adesso

Fuoco e fiamme in questo letto

Portami con te all’inferno, perché siamo fatti così

Siamo qui

Prigionieri di felicità

(Senza Ali, Giorgia)

 

Una volta in camera, chiusi la porta a chiave, e lei si sedette sul pavimento, ai piedi del mio letto.

Il suo volto era il riflesso della sofferenza.

-Diceva che si sarebbe ucciso, se non ti avessi lasciato. Per questo aveva in mano la pistola.

Lui crede di non poter vivere senza di me...- cominciò a spiegare, con un fil di voce.

-Sei sua cugina!- non potei fare a meno di gridare, sconvolto.

-Sono il suo ultimo ricordo di Varsavia-

Mi era sembrato che anche lui, prima di andare in camera, come gli aveva consigliato Lys, guardandomi, avesse detto qualcosa del genere.

L’unica frase che gli abbia mai sentito dire in inglese anziché in polacco: “She’s my last memory of Warsaw”.

Le stesse parole di Natal’ja.

Io non capivo...

E sentivo un fuoco dentro, mi sentivo divorare dentro.

Quel ragazzo non poteva farle così male...

Nessuno poteva.

Lei non avrebbe mai dovuto perdonare il suo carnefice.

Avere pietà, dirgli di andare a riposarsi invece d’insultarlo e ribellarsi.

Io non sapevo niente, ma volevo difenderla.

Chiedevo forse troppo?

Lachesi, regalami un po’ del suo tormento.

Zeus, cosa c’è tra di loro?

-Non preoccuparti, Gee, io ce la farò. Ce la faccio sempre. Lui non lo so, ma io rimarrò in piedi.

Sono sempre stata costretta ad essere coraggiosa... Più coraggiosa di lui, più coraggiosa di tutti.

Dopo nove mesi di lavori forzati ad Omsk, la mia condanna è Nikolaj. Ma io non ho paura, sai?-

-Lo so...- sospirai, distrutto.

-Ma io come faccio? Quello che ti ha fatto, Lys... E’ così terribile!-

-E’ la prima volta, e quasi sicuramente l’unica. Te lo giuro, Gee, non lo farà più. Non glielo permetterò-

-Io non lo so, questo!-

-Fidati...-

-Quanti anni ha?-

-Ventuno. Quasi ventidue-

-Che malattia ha?-

-Il piccolo male, l’epilessia... Da quando aveva tredici anni, e hanno impiccato suo padre con i capi dei Decabristi.

Era il 1826, io avevo solo un anno... Ma non solo. Anche nella mente ha qualcosa di malato, che non riesce a fargli superare il trauma, solo a creare altri dolori. Non lo so come si chiama, questa malattia... Lui dice... Natal’ja.

Io sono il suo angelo, la sua vendetta contro chi gli ha fatto del male...

C’è sempre stato questa sorta di legame morboso tra di noi, io non sapevo come scioglierlo, non ne percepivo il pericolo, e lui stringeva di più...

In questi giorni ha cercato disperatamente di lottare contro il male che gli ho fatto io, innamorandomi di te...

E la vendetta gli è sfuggita di mano, perché io non c’ero, io... Non ero con lui... Ma con te-

-E’ un pazzo, è un demonio...-

-Forse starà meglio, un giorno-

-Starà meglio se tu rinuncerai a tutto, se io e te...-

Non mi lasciò terminare la frase, e ne fui felice.

-No, Gee, no! Tra di noi non cambia niente, proprio niente. Non perché l’ha deciso lui!-

-Hai paura?-

-Non di lui... Per lui. E per te...-

-Io vorrei solo capire...-

-Anch’io. I medici dicono che è pazzo, ma noi non abbiamo mai voluto... Rinchiuderlo, capisci?

E poi ci sono giorni in cui sta bene, e sembra quasi... Normale. Sembra ancora Nikolaj, il Nikolaj del 1830, che a diciassette anni correva dietro a Fanny Elssler, la ballerina austriaca, e a Novembre combatteva per la Rivoluzione di Varsavia... Allora aveva solo l’epilessia, ma riusciva a dominarla...-

-Anno distruttivo, il 1830-

-Io avevo cinque anni, tu nove...-

-Io ero appena tornato dall’Egitto, ma tu non immaginavi ancora le torture di Omsk...-

-Non immaginavo neanche come sarebbe cambiato Niko... Che si sarebbe ammalato così tanto... Per colpa mia-

Credeva che fosse colpa sua?

Non potevo crederci.
Era un vero mostro, quel Nikolaj!

-Lys, tu non...-

-Io sono nata il 27 Febbraio 1825. Il giorno dopo lui si è arruolato nell’esercito. Suo padre l’ha obbligato a farlo-

-Non è stata colpa tua!-

-Ma io sono il suo ultimo ricordo... Della vita normale. Dopo ha cercato ancora di salvare qualcosa, di salvarsi...

Ma è diventato sempre più difficile, e adesso...-

-Cosa succederà, adesso?-

-Domani torna a Varsavia. Non a Krasnojarsk, a Varsavia. Da solo. Sono riuscita a convincerlo...

Io resto qui con te... Se vuoi-

Mi s’illuminarono gli occhi, non riuscii ad impedirlo.

-Per lui va bene?- domandai, stupidamente.

Non avevo paura, ma avevo capito che per lei era importante.

-Ci proverà... A risolvere qualcosa, a tornare sui suoi passi. Ha la mia benedizione...

Spero che guarisca, anche senza di me-

-Pensa a guarire tu, adesso. Tu preoccupati per lui, io lo farò per te. Non riuscivo a respirare, in questi giorni...

Oggi è il compleanno della mamma, e io pensavo a te... Lei non l’ha sopportato.

Ha detto che sono un insensibile, che tu mi hai rovinato, e non le voglio più bene... Non è vero, ma io non la riconosco più, Anasthàsja. Non sembra proprio una madre. Forse non lo è mai stata- le confessai, ripensando all’atmosfera gelida di quella mattina.

Mia madre mi odia, perché non riesco a fare a meno di Lys.

Ma tra Lys e mia madre, per quello che entrambe mi hanno dato fino ad oggi, sceglierei sempre Lys.

 

Mi guardi, e mi scaldi corpo e anima

(Parlami d’amore, Giorgia)

 

-Anche se siamo piccoli, io sono troppo sfacciato e tu così fantastica da non sputarmi in un occhio...

Io sono stato malissimo, perché mi mancavi da morire-

Lei mi sorrise, per la prima volta in quell’assurdo 7 Gennaio 1835.

-Anche tu, e io avrei voluto... Avrei voluto correre alla finestra... Avrei voluto che ci fossi tu, quando...

Prima che lui... Quando lui mi ha...-

Si riferiva alla sua cicatrice, ovviamente.

Maledetto Nikolaj.

-Non pensarci, Lys. Di quella mi occupo io...-

E la baciai sulla guancia ferita, dolcemente.

-Certo, se avrei una benda e del disinfettante potrei medicartela meglio...- riflettei, incautamente.

-Ritira subito quello che hai detto?-

-Perché?-

-Il congiuntivo...-

-Oh, già. Posso darti un consiglio molto poco romantico?-

-Se vuoi...-

-Le cicatrici irrobustiscono la pelle. E’ lievemente antiestetico, ma assolutamente utile per la tua resistenza fisica. Non trovi?-

Lei scoppiò a ridere, e mi gettò le braccia al collo.

-Certo...-

-Comunque vedrai che passerà. Tu hai la pelle così chiara, ma se la curiamo bene...-

Lei annuì, guardandomi adorante.

-Non ce la farai mai ad odiarlo, vero?- le chiesi d’un tratto, già rassegnato.

Lys non rispose, e io l’abbracciai forte.

Faceva male, ma non avevamo paura.

Non più.

Sapevamo dimenticare.

Sapevamo perdonare.

Sapevamo vincere.
Sapevamo vivere.

 

Sarai la sera, quando non mi perderò
La rabbia vera di un pensiero che non ho
L'ombra che scende per dimenticare me
La ninna nanna di un dolore che non c'è
La storia farà scempio d’uomini e parole
Gli uomini non saranno più frasi d'amore
Ma nel continuo disperarci che c'è in noi
Io so per sempre che tu ci sei

(Canzoni e cicogne, Roberto Vecchioni)

 

 

-L’hanno ammesso al Conservatorio di Varsavia con tantissimi complimenti. Sono onorati di avere tra gli allievi un simile talento. Forse ce la farà-

Natal’ja l’aveva comunicato a George con le lacrime agli occhi e il volto illuminato da una felicità che da troppo tempo non poteva più attribuire a Nikolaj.

Niko stava recuperando terreno.

Forse c’era ancora una speranza.

I suoi occhi erano tornati azzurri.
Varsavia gli aveva dato un’altra possibilità.

 

Why are you still crying?

Your pain is now through

Please, forget those teardrops

Let me take them from you

 

Perché stai ancora piangendo?

Il dolore è finito, adesso

Ti prego, dimentica queste lacrime

Lascia che io le allontani dal tuo viso

(Behind that locked door, George Harrison)

 

[...]

 

E pregherò che il sole

Asciughi questo pianto

E pregherà che il tempo

Guarisca le ferite

(Primavera, Riccardo Cocciante)

 

 

Il 5 Maggio 1848, al Conservatorio di Varsavia, fu trovato l’ultimo spartito di Nikolaj Zirovskij, che quel giorno avrebbe dovuto compiere trentacinque anni.

L’ultimo brano che aveva composto, dedicato a due crudeli e bellissimi innamorati che il giovane polacco non avrebbe mai dimenticato.

Natal’ja, l’ultima luce dei suoi occhi, l’ultima sua ragione di vita, e Geórgos, il ragazzo che gliel’aveva portata via.

 

Chłopców bez serca

I ragazzi senza cuore

 

Do Natalii i Geórgos, moi przyszli zabójcy, szczęśliwy mimo moich łez

Przez

Nikołaj Wasyliewicz Zirovskij

 

A Natal’ja e Geórgos, miei futuri assassini, felici nonostante le mie lacrime

Da

Nikolaj Vasil’evič Zirovskij

 

Warszawa, 27 Luty 1835

 

Varsavia, 27 Febbraio 1835

 

Chi è quell’uomo?
Se non è spettro credo sia soltanto un’ombra

L’ombra mia

(L’Ombra, Notre Dame de Paris)

 

[...]

 

Sono acqua di foce

Ed è una croce

Non sapere se la mia voce è fiume o oceano
E non c’è fiume che due volte sia capace

Di bagnarmi e darmi pace

Perché il tempo se ne va

E tutto tace

Io resto qua

Nell’irrealtà

(Cuore di Aliante, Claudio Baglioni)

 

-Mio figlio sta soffrendo troppo per te. Da quando ti ha vista in quelle condizioni, non dorme più.

E’ taciturno, non mi ascolta. Geórgos era il ragazzo più allegro di Sparta!

Stamattina ha lasciato intatta la ciotola di yogurt che gli avevo preparato, e ha scaraventato a terra la spremuta d’arancia.

Spegne le sigarette sulle lenzuola, e ha uno sguardo così cupo che stento a crederlo ancora il mio Gee.

Lui ha sopportato la schiavitù in Egitto, Natal’ja! L’ha superata!

Ma l’averti vista perdonare il tuo carnefice, distrutta e impotente, davvero non riesce ad accettarlo.

Lascia stare mio figlio, maledetta biondina russa! Tieniti quel demonio di tuo cugino, e smettila di tormentare il mio Geórgos!-

Ecco come Anasthàsja, con il viso sconvolto da lacrime di rabbia, aveva difeso “il suo bambino”.

Natal’ja, davanti a tanta furia e apparente amore materno, s’era realmente sentita morire.

No, lei non voleva fare così male a George...

Georgij non doveva soffrire per lei, mai.

L’aveva pregata di uscire, e aveva ricevuto in risposta uno schiaffo.

Bruciavano ancora sulla sua guancia sfregiata due giorni prima da Nikolaj, le dita di Anasthàsja.

Per i minuti che seguirono, quasi non le bastarono le lacrime.

 

Unloose my belt, let down my hair
Come take, if you dare
Your love is all I want to swear
You'll have my heart if you will swear

You'll have my heart if you will swear

 

Allenta la mia cintura, sciogli i miei capelli

Vieni a prendermi, se ne hai il coraggio

Il tuo amore è tutto quello che voglio giurare

Avrai il mio cuore se giurerai

Avrai il mio cuore se giurerai

(You’ll have my heart if you will swear, Notre Dame de Paris)

 

 

 

 

 

Note

 

Love as no one as loved: Amare come nessuno ha mai amato. Live for the one I love, Notre Dame de Paris.

 

 

Questo è stato un capitolo difficile, troppo.

Sarà difficile anche da spiegare, ma chi conosce veramente bene i personaggi di Sic e ha imparato ad amarli non avrà problemi a capire ;)

Procedendo con le mie pietose spiegazioni, questo è, fondamentalmente, il primo incontro tra Gee e il Nikolaj già distrutto dell’inizio della storia, in condizioni addirittura peggiori di quelle a cui siamo abituati, perché lui non aveva mai alzato le mani su Alja, prima...e conosciamo, forse, un altro aspetto della follia di Niko.

Poi, però, c’è una svolta.

Niko torna a Varsavia da solo, e si iscrive al Conservatorio, dove lo considerano una specie di divinità, visto quant’è bravo, e sembra riprendersi un po’...

Ma il 27 Febbraio 1835, in occasione del decimo compleanno di Alja e del quattordicesimo di Gee, Nikolen’ka compone il suo ultimo spartito, I ragazzi senza cuore, dedicato ad Alja e Gee.

Cos’è andato storto, cosa?

Natal’ja racconta tutto a George, che, come vediamo alla fine del capitolo, è più che sconvolto, e Sthàsja, ovviamente, è favolosamente comprensiva nei confronti di Lys ;)

E nonostante la situazione, Gee riesce ad uscirsene con il suo mitico: “le cicatrici irrobustiscono la pelle”, e con il suo atroce pseudo - congiuntivo, perché... E’ lui, semplicemente ;)

Se non ci pensa lui, ad alleggerire l’atmosfera, anche quando è distrutto dal dolore, chi lo fa? ;)

Spero davvero che vi sia piaciuto ;)

 

A presto!

Marty

 

 

  
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