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Autore: Scaramouch_e    22/05/2012    2 recensioni
[aggiornamento del 23.07.2019: questa storia rimarrà incompiuta. Mi sto dedicando ad altro, ma non la voglio cancellare, e o eliminare. Quindi rimarrà qui, senza conclusione. Scusatemi.]
Prendete John Watson come insegnate di medicina legale e Sherlock Holmes come alunno, in più metteteci che Sherlock e John condividono un appartamento a Beker Street, e aggiungeteci un Jim Moriarty come professore di psicologia criminale…
…e avrete la mia ‘ancora di salvezza’, prima long su Sherlock della BBC.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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cap 5
Disclaimer: io non scrivo a scopo di lucro. Tutti i personaggi sono rispettivamente della BBC.
Ringraziamenti: ringrazio, la mia beta Charme per i preziosi consigli riguardante questo capitolo!
Buona lettura ;)!


Ancora di salvezza


Sherlock Holmes ebbe, per la prima volta nella sua vita, paura: non fu una bella sensazione; la paura lui l’aveva sempre vista negli altri e sentirla radicarsi in sé, come una radice difficile – se non impossibile – da estirparsi fu orribile.
La paura – il terrore! – entrò in circolo: gli si mozzò il respiro, gli tremarono le vene dei polsi e gli occhi si dilatarono.
“Ah, bene, ho avuto la tua attenzione.” la subdola voce del rapitore si era rifatta risentire dopo un attimo di pausa.
“Sì, vedi: sono uno studioso di cervelli, o meglio della mente, ma si sa… cervelli e mente sono la stessa cosa , siamo noi umani a dargli nome differente. Comunque dicevo che sono uno studioso… o per meglio dire… un collezionista. Il tuo cervello avrà un posto in primo piano nella mia collezione, perché - credimi - non è da tutti i giorni avere il cervello, o la mente di Sherlock Holmes a portata di mano.”
Per una volta, un avversario aveva lasciato senza parole Sherlock Holmes.
“E mi dica… Lord Blackwood, come pensate di togliermi il cervello?” sfidò Sherlock fissando lo schermo dal quale il volto di Blackwood rispose con una risata da mettere i brividi.
“Ah, è qua che ti volevo, Sherlock Holmes. La tecnologia negli ultimi anni si è, per fortuna, evoluta. Ho creato questi oggettini tanto carini, che si chiamano Mozog [*].” 
L’uomo nello schermo prese in mano dei caschi uguali a quelli per fare gli elettroencefalogrammi.
Sherlock Holmes rimase immobile a osservare quelle mostruosità… aveva già capito cosa voleva farne il professore Blackwood, voleva inserire nel suo cervello quelle ventose e appropriarsi della sua genialità, delle sue conoscenze, della sua memoria e di tutto ciò che lui riduttivamente chiamava ‘cervello’.
“Ora lei penserà che dopo la tortura lei non riuscirà più a vivere. Si sbaglia, i suoi organi vivranno, ma sarà come essere un vegetale. E di lei, lo stimatissimo, geniale Sherlock Holmes non rimarrà nient’altro che un guscio vuoto. Diventerà un povero demente incapace perfino di alzare un dito. E io avrò la mente di Sherlock Holmes!” a fine del suo monologo, il volto di Blackwood si deformò in un raccapricciante sorriso storto che mise i brividi a Sherlock. Fu forse proprio il ghigno a fare più paura al giovane studente, piuttosto che quello che aveva detto.
“Non glielo permetterò. Lei non si prenderà la mia mente.” sibilò Sherlock osservando furioso lo schermo e cercando di liberarsi dai legacci che lo tenevano prigioniero al tavolo.
“Ah. E come pensi di fare? Come puoi liberarti di me, Sherlock Holmes?” domandò l’uomo nello schermo, per poi scoppiare in una risata stridula. “Ah. Non ci riuscirai,non ti preoccupare. Sei costantemente controllato, e nessuno sa che sei qui.” riprese a parlare Blackwood con voce sonora.
“E ora, ti lascerò per un po’ a te stesso, caro il mio Sherlock. Purtroppo questi cosini deliziosi non sono ancora terminati. Li devo ancora sperimentare. Arrivederci, Sherlock Holmes.” così dicendo Harry Blackwood scomparve dallo schermo, lasciandolo nero e silenzioso.
Sherlock poté così tornare per un attimo al suo personale palazzo mentale.
Aveva un posto nella sua testa in cui archiviare tutte le informazioni ricevute che chiamava appunto palazzo mentale.
Chiudendo gli occhi riusciva a concentrarsi più in fretta, arrivando pertanto ‘al palazzo’ più facilmente e dunque, così fece.
Dopo un attimo di Sherlock Holmes non rimase niente se non il corpo: a un occhio esterno sarebbe potuto sembrare addirittura morto, visto che aveva incanalato la quasi totalità delle proprie energie per ‘arredare’ il suo edificio personale con i mille dettagli di quella complicata situazione Era quasi paradossale che il suo eccezionale intelletto e le sue facoltà fuori dal comune fossero, allo stesso tempo, la ragione e la soluzione dei suoi guai, ma Sherlock respinse ogni accenno di autocommiserazione e si concentrò totalmente sulla propria drammatica situazione, cercando di razionalizzare il più possibile, considerandola come niente più che l’ennesima sfida, l’ennesimo caso da risolvere.

***

Sherlock Holmes è stato rapito.
L’Unico giovane Consulente Investigativo del mondo è stato rapito ieri sera da casa sua, il 221b di Baker Street.
Non si sa ancora niente, ma fonti anonime, ci fanno capire che Scotland Yard brancola nel buio. 

John Watson sbuffò, chiudendo il giornale e perdendosi nel grigio e cupo tempo di Londra che si vedeva dalla finestra. Da quando il suo migliore amico era scomparso, doveva ammetterlo, si annoiava. Certo la sua vita era diventata un po’ più normale, ma non il non aver nessun caso fra le mani e il non vedere le stramberie di Sherlock Holmes lo facevano star male.
Che poi non era vero che non aveva nessun caso -Lestrade lo teneva informato sugli ultimi sviluppi sul caso Sherlock-, ma era il fatto che non ci fosse Sherlock a infastidirlo.
Il suo migliore amico era scomparso da tre lunghi giorni, e John vagava per la città con un groppo in fondo alla gola.
John Watson sbuffò nuovamente e per la prima volta controllò il telefonino nella speranza di trovarci un indizio, o meglio ancora una chiamata di Lestrade che l’informava che il suo migliore amico era stato ritrovato, ma niente. Il telefono non emise un suono.
Sbuffò, decidendo in quel momento che avrebbe visto Molly.
Molly era l’unica a farlo distrarre un po’ e in quella giornata aveva bisogno di distrarsi. Stava per prendere il cellulare e inviarle un messaggio, quando sentì il telefono di casa squillare.
John Watson si precipitò a rispondere.
Dall’altra parte si sentì la voce di Lestrade.
“Lestrade?” domandò John.
“John. Siamo, finalmente, riusciti a trovare Mycroft Holmes. Se vuole venire a sentirlo, ci farebbe assai piacere. Lei era l’unico di noi a essere veramente amico di quello so… ehm di Sherlock. Fra l’altro il signor Holmes ha chiesto espressamente di vederla”
Il cuore di John mancò un battito. Avevano trovato il fratello del suo coinquilino, avrebbe potuto vederlo finalmente in faccia.
“Arrivo subito.” urlò, e prima del tempo di dire ‘ah’ fu subito fuori alla porta alla ricerca di un taxi libero.

Entrò di corsa nella New Scotland Yard, sbrigò le formalità e si precipitò nell’ufficio di Lestrade.
All’interno trovò l’ispettore, Anderson e Donovan e un uomo che sedeva compostamente dietro la scrivania di Lestrade.
 Inizialmente gli dava le spalle, ma quando si voltò vide che era molto diverso da Sherlock Holmes: era innanzitutto più robusto, poi il viso non era non era come quello del fratello, sottile e affilato, ma dai tratti più pieni, e, in qualche modo, più rassicuranti, aveva i capelli castani e gli occhi dello stesso colore.
Eppure era suo fratello, c’era qualcosa nello sguardo che lo faceva assomigliare al Holmes che aveva conosciuto.
“Emh… salve, io sono…”
Venne subito interrotto dall’uomo corpulento che sorrise e disse. “So chi è, ovviamente. Lei è il dottor John Watson, il coinquilino di mio fratello, colui che probabilmente ha visto nelle ultime ore prima di venir rapito. Io mi chiamo Mycroft Holmes, ma questo immagino che lei lo sappia già.” Disse con calma flemmatica il fratello.
“Emh… È molto più simile al fratello di quanto non lo dia a vedere il suo aspetto fisico.” Si riprese John Watson. davvero, solo un uomo con una corazza poteva avere a che fare con due Holmes. Lui non era sicuro di avercela, quella corazza.
–Fortunatamente sei sparito, Sherlock.- si trovò a pensare, sorridendo in modo triste subito dopo aver pensato a quella cattiveria.
Forse se non fosse scomparso, John non avrebbe mai conosciuto il fratello.
Che sembrò riprendersi anche lui in fretta, e sorridendo, anzi ghignando ammiccò verso John: “Se intende dire che ‘lui è quello bello’ e ‘io sono quello intelligente’, penso che abbia ragione.”
“Che… oh, no!... non intendevo assolutamente metterla su questo piano.” John arrossì pensando a che Sherlock si sarebbe divertito del suo imbarazzo.
Nel frattempo gli occhi del fratello erano su di lui, anche quando era arrossito.
“Bene ora che abbiamo finito di fare le presentazioni, il signor Holmes mi stava dicendo i suoi ultimi movimenti di martedì sera.”
L’imbarazzo scemò dal volto di John quando Lestrade li richiamò all’ordine e gli occhi del fratello si posarono sul poliziotto.
“Sa, credo proprio che il poliziotto creda che sia io il rapitore.” Disse con calma Mycroft Holmes, quasi come se avesse appena detto un’ovvietà come ‘il cielo è azzurro.’, anziché aver appena suggerito l’ipotesi di un coinvolgimento nel rapimento del fratello.
John alzò gli occhi al cielo, esasperato dalla sciocca intuizione di Gregory Lestrade.
Non poteva essere così stupido. Da quello che aveva capito, Mycroft Holmes era un uomo di Sua Maestà, un pezzo grosso per il governo inglese. Non avrebbe mai rapito suo fratello.
“Ma non sono stato io, signor Lestrade. Io sono stato a casa. C’era anche Anthea. Anthea è la mia assistente, se volete la potete chiamare. È pulita lei.” Mycroft prese il cellulare dalla tasca e lo porse a Lestrade.
Il poliziotto lo guardò, poi ringraziò con gli occhi il Holmes senior e chiamò la donna.
John si trovò di nuovo con gli occhi di Mycroft Holmes addosso, quasi fossero intenti a scandagliare a fondo e interamente la sua persona, sulla sua persona.
Ecco
aveva lo stesso sguardo indagatore di Sherlock. Di quel sociopatico del suo coinquilino.
La domanda che fece Mycroft, lo fece deglutire pesantemente.
“Noi siamo puliti, ma lei quanto è pulito?” domandò Mycroft guardandolo attentamente.
“Sono pulito, signor Holmes. Pulito.” Rispose fissando il volto del primogenito degli Holmes.
L’Holmes grande non rispose, probabilmente era difficile fidarsi per lui, proprio come lo era per Sherlock fidarsi di qualcuno. Chissà, magari il fatto di appartenere al governo inglese lo rendeva ancora più chiuso.
“Okay. Siete puliti tutte e due. Ha confermato l’alibi.” Lestrade consegnò il cellulare nelle mani di Mycroft.
“D’accordo, allora direi di andare via. Professore? Dopo di lei.” Disse il fratello alzandosi dalla poltrona e facendo un segno al professore di seguirlo.

La mattina dopo, John doveva andare a lavoro, ma non se la sentiva. Voleva stare a casa a fissare il muro dove Sherlock di solito sparava, il muro dove c’erano ancora i fori di proiettile.
Il cellulare vibrò. John lo prese e lesse un messaggio.

-Ti va di uscire stasera? C’è uno spettacolo al Majestic. Un musical. Ti può risollevare il morale.
J.M.-

Da quando Sherlock era stato rapito, il professore di psicologia criminale, ci provava sempre di più con lui. Era diventato assillante.
Sbuffò indeciso sul da farsi, ma poi rispose:

-se ti dico di sì, tu mi lasci in pace? Però il musical no grazie, preferisco se mi offri una cena.
J.W.-

Sapeva di essersi fregato con le sue mani, ma l’altro non poteva fargli del male, più di quanto non l’avesse fatto Sherlock sparendo dalla sua vita.

- Forse ti lascerò in pace, o forse no. Comunque sei invitato al The Wolseley. Vedi di vestirti bene.
J.M-

John Watson sbiancò: il the Wolseley era il ristorante più caro di Londra, dove erano andati diversi VIP. Si chiese quanti soldi avesse e chi fosse il suo collega per poterlo invitare a quel ristorante di lusso.
Rispose affermativamente, dopo aver esitato circa la ‘minaccia’ di Jim di non lasciarlo comunque in pace, ma una cena in quel posto non si rifiutava mai.

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Buon Salve.
Sono di nuovo io che vi rompo le scatole XD!
Sono contenta di 'presentarvi' questo quinto capitolo.
Che dire? La prima parte è stata molto difficile, immaginare Shelrock spaventato... beh... Mi sembrava un pò difficile, ma spero che vi sia piaciuto. Se sono andata OOC ditemelo, ma tenete conto che si tatta comunque di un'AU, al tempo dell'adolescenza di Sherlock. Poi la seconda parte, quella di John, invece è stata più semplice da scrivere (quanto amo il dottore <3), spero anche che la parte finale vi abbia stupito in senso buono.
Detto questo ringrazio le due persone che hanno commentato e chi ha messo la fanfic fra le seguite/preferite.

Spiegazioni:
[*] Mozog, in slovacco, secondo il traduttore di google vuol dire cervello ^_^!
<3






 

 

   
 
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