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Autore: Edithed_    22/05/2012    3 recensioni
Lei è Andromeda.
E' chiusa, scontrosa, impossibile, determinata, irascibile, intransigente, testarda, schietta, misantropa, cupa, aggressiva, orgogliosa e un'altra sfilza di aggettivi non proprio carini che potremmo affibbiare ad una diciannovenne. Un giorno incontrò un uomo, un uomo fuori dal comune, un pazzo. Un pazzo con una cabina blu. Un pazzo con una cabina blu, che la portò a vedere l'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sentì stringersi la mancina in una presa ferrea e, in un batter d'occhio, si ritrovò a correre a perdifiato per il lugubre corridoio abbandonato dal tempo, il quale, circa mezz'ora prima, l'aveva condotta alla vecchia biblioteca maledetta. Senza alcun avvertimento, il ragazzo era partito trascinandosi Andromeda dietro e, logicamente, per lo strattone iniziale che aveva dato inizio alla folle corsa per non essere inceneriti da una automa armato di sturalavandini, la ragazza aveva percorso quei cinque o sei metri a perdifiato, sbilanciata in avanti, osservando involontariamente i solchi delle antiche mattonelle presenti a terra, avendo avuto persino il tempo di contare i sassolini ricoperti di polvere sul suolo. Senza porsi troppe domande, dunque, cercò di eguagliare il passo del ragazzo, per non finire almeno a decorare con tracce di sangue le mattonelle che, a parer suo, andavano già bene così com'erano. Correndo, cercò di liberare la mancina dalla morsa delle mani altrui, senza però alcun risultato: a quanto pare il ragazzo non aveva nessun'intenzione di lasciarla andare, non ancora. Non che le dispiacesse, il tizio non era poi così orribile, solo che il contatto fisico non le andava decisamente a genio, specialmente se la persona che la toccava era un perfetto sconosciuto, carino o meno non aveva importanza. Gli rivolse un'occhiata di sbieco, cercando di fargli intendere che la cosa non era alquanto gradita, ma il ragazzo era ora più che mai impegnato a correre, e non sembrava voler smettere. E in parte aveva anche ragione, insomma, gli "sterminare" che arrivavano da fondo corridoio non somigliavano certo ad inviti per the e pasticcini. Deglutendo a fatica, Andromeda si chiese se fosse giusto interrogare quindi il ragazzo, o aspettare un probabile rifugio dove riprendere fiato. Si ricordò poi che il corridoio non era esattamente così corto, e, cercando di trovare spazio fra una boccata d'aria e l'altra, rivolse la più palese domanda che mai ci si potesse aspettare alla figura accanto alla sua, indugiando un po', sempre guardandolo di sbieco.

-"Chi sei?"

Intravide gli angoli della bocca del ragazzo formare un sorrisetto divertito, gli occhi socchiudersi. Lui aveva aspettato quella domanda da troppo tempo, insomma,la ragazza era troppo in ritardo. Di solito gliela porgevano dopo 30 secondi, massimo un minuto. Ma tre minuti e 58 secondi erano troppi, oh se erano troppi! Considerando poi che a lui non piaceva aspettare, beh. Era come entrare in gelateria e fare una fila invisibile, e lui non lo sopportava. 'Il gelato va mangiato subito, o si scioglierà!' - Non era proprio il suo motto, ma si disse che dopo tutti quegli anni, si poteva anche concedere di coniare nuove.. ehm, citazioni? La figura maschile alzò quindi la testa, non nascondendo l'aria palesemente compiaciuta, apparentemente soddisfatto di sé stesso, sollevando prima la spalla destra e poi quella sinistra, come per aggiustarsi, altezzosamente. Andromeda avrebbe giurato che se il ragazzo avesse potuto, si sarebbe persino aggiustato il papillon. Volse quindi la testa verso di lei, guardandola orgoglioso, per poi schiudere la bocca e pronunciare ben scandita la risposta, nonostante le prese d'aria per saziare i polmoni fossero molto invasive.

-"Sono il Dottore."

Un medico? Andromeda non si fece tuttavia troppe domande sul motivo per cui un laureato in medicina era presente in quella catapecchia abbandonata dal tempo, si limitò a squadrarlo infastidita, sia dalla risposta, sia dal tono assunto del Dottore e sia dalla situazione, serrando le labbra, tornando poi a tentare di liberare la mancina asfissiata da lui, senza riuscita. Continuando a correre, sospirò quindi seccata, cercando nuovamente di trovare un buco fra un respiro affannato ed un'altro, per riuscire finalmente a dare un senso logico alla conversazione. Una porticina in legno, scurita dal tempo e dall'umidità, si affacciava intanto timida alla fine del corridoio, segno che le scale che portavano al piano superiore - e quindi, all'uscita - della catapecchia, erano oramai vicine.

-"Sì, okay, ho capito, un dottore.. e poi?”

La morsa che stringeva la sua povera manina si allentò improvvisamente, dando finalmente respiro alla circolazione del sangue, che riprese quindi a scorrere nella mancina regolarmente. Il ragazzo di fronte a lei inchiodò, piantando di punto in bianco i piedi a terra, come nei cartoni animati, frenando la 'pazza corsa' con un leggero stridio delle scarpe sul suolo. Andromeda si voltò esterrefatta, la bocca schiusa, gli occhi sbarrati. Non era proprio il momento adatto per inchiodare in quel modo, specialmente adesso che la porta di legno era a pochi metri da loro. Alzò quindi infastidita le spalle, rivolgendo i palmi al soffitto e scuotendo leggermente la testa da destra a sinistra, come per chiedere spiegazioni.

-"No!"

Il Dottore sbatté i piedi a terra, serrando gli occhi e chiudendo le mani a pugno.

-"No, no, no!"

Si portò dunque la mano destra sulla fronte e, con la mancina andò ad afferrare saldamente il gomito dell'arto opposto.

-"Assolutamente no!"

Picchiettò leggermente le nocche sul cranio, scuotendo la testa riluttante.

-"Non è così che deve andare!"

Andromeda sporse il viso in avanti, alzando le sopracciglia, sempre più confusa. Si limitò quindi a sospirare, portandosi le mani ai fianchi.

-"Vuoi sbrigarti? Quella friggitrice incazzata ci ucciderà entrambi!"

-"Friggitrice incazz- No! Non è questo il punto!"

Il Dottore riaprì di scatto gli occhi, confuso sul termine pronunciato dalla ragazza e avanzò rapidamente verso di lei riaprendo le dita. Gesticolando, si fermò poi con la bocca spalancata di fronte a lei, le mani aperte verso il basso e la schiena inclinata, in una smorfia che ora come ora non saprei descrivere, se non basandomi sulle facce che i pagliacci imitano quando un bimbo piange e vogliono tirarlo su di morale. Insomma, piuttosto idiota. Una faccia idiota. La ragazza indietreggiò di un passo, visibilmente irritata. Si chiese più volte se fosse meglio scappare e lasciare quel pazzo lì sotto, a morire incenerito, magari mentre –perché no – si cimentava in una gara di smorfie con la friggitrice. Si chiese poi se fosse un clown, ma si limitò a scacciare via l'idea non appena un'ombra spaventosa si affacciò minacciosa sul muro. Fece per prenderlo per il papillon e trascinarlo fuori a forza, ma il ragazzo la anticipò e la prese per le spalle, strattonandola.

-"Dottor chi!"

-"Dottor che?"

-"Dottor chi!"

-"Dottor cosa?"

-"Dottor chiiii-"

La smorfia del Dottore si fece via via sempre più idiota, stirando non si sa bene come gli ultimi muscoli facciali non ancora utilizzati, farfugliando seccato e agganciandosi all'ultima vocale della parola, intenzionato a non smettere di far fuoriuscire tutte quelle fastidiose serie di i , finché Andromeda non indietreggiò, liberandosi dalla presa di lui, adesso più spaventata che sconvolta.

-"Tutti!" - Il Dottore assunse nuovamente la sua normale forma facciale, non nascondendo però l'aria palesemente delusa, forse per non spaventare la ragazza - "Lo dicono tutti! Sempre, tutti, la stessa frase!" - Girò su sé stesso, facendosi scappare diverse smorfie infastidite e grugniti vari - "Mi ci ero anche abituato, e mi piaceva anche la faccia confusa di tutti mentre li guardavo nuovamente e gli dicevo:" - Si fermò di fronte a lei, incrociando le mani e alzando il sopracciglio destro, guardandola altezzosamente - " 'Solo il Dottore' " - fece cadere poi le braccia incrociate sui fianchi, avvicinando vertiginosamente il viso a quello della ragazza, che indietreggiò di nuovo - "ma tu, tuu!" - Il ragazzo la additò con l'indice destro, sospirando affannosamente per riprendere fiato, serrando le labbra in un'altra delle numerose smorfie che sembravano oramai far parte del repertorio personale da pagliaccio - "Hai rovinato tutto." - Fece un passo indietro, gli occhi da cerbiatto delusi e la bocca socchiusa, come un bimbo a cui era appena scivolato di mano il gelato, amareggiato, guardando a terra. Tornò poi rapidamente a scrutare la ragazza, additandola nuovamente, con un fare minaccioso che avrebbe probabilmente adottato solo un bambino - "Dovresti vergognarti, sai?" - Si voltò quindi dalla parte opposta stizzito, incrociando le braccia e guardandola con la coda dell'occhio, per indurla probabilmente a provare dei sensi di colpa per la 'battuta' non afferrata, che però Andromeda non intuì, troppo spaesata per collegare il filo logico delle cose. Lo prese quindi per la camicia, proprio sotto al papillon, perché una qualche parte del suo subconscio la fermò dal rovinare quel bel fiocco, quel bel fiocco che portava spesso anche suo padre.. Ma non siamo qui per parlare di questo. Se lo avvicinò dunque al viso, strattonandolo, aggrottando le ciglia e digrignando i denti, per fargli intendere che non era il momento adatto per discutere di questo e che c'era una diavolo di friggi-cose che li stava seguendo per incenerirli, ma il ragazzo, forse più sconvolto di lei,  non accennava ad accorgersene, sbadatamente idiota come sembrava essere. La ragazza dai capelli corvini si chiese se tutto questo suo fare idiota fosse una sottospecie copertura da agente segreto qual era (insomma, aveva anche un nome in codice!), magari mandato da un lontano amico di suo nonno, il quale aveva predetto che la ragazza un giorno avrebbe trovato il robot e fosse stata in pericolo di vita. Ma, più investigava sul suo volto e sul suo modo di fare, più l'idea che fosse un perfetto idiota si faceva strada nella sua mente, maledicendo così ogni agente segreto super-fico che Hollywood mostrava gloriosa in una marea di suoi film. Andromeda sospirò esausta, prendendo il ragazzo per le spalle e voltandolo verso la direzione da cui il Dalek si avvicinava minaccioso, accompagnato da i suoi fedeli 'sterminare' metallici.

-"Che dici, sarà meglio scappare?" - Gli sussurrò sarcasticamente nell'orecchio, pronta a correre ad un suo minimo accenno.

Oh, povera, povera Andromeda.

Intravide il Dottore che aggrottava le ciglia in una smorfia contrariata e, il suo prenderla per le spalle a sua volta, guardarla seducentemente negli occhi e urlarle contro pochi millesimi di secondo dopo un "no" secco, la portarono istantaneamente ad avere una crisi di nervi.

-"N-no- Come diavolo sarebbe a dire no?!" - Balbettò esterrefatta, spalancando gli occhi - "Vuoi

morire?" - Allargò le braccia, volgendo con enfasi i palmi verso il soffitto, sconvolta.

-"Ma, ovvio che no" - Tagliò corto lui, scrollando indifferente le spalle - "Solo che non posso correre a perdifiato con te se mi sbagli questa cosa!" - Tentò di esporle il Dottore, più serio di quanto lei lo avesse mai visto. E, per dire una cosa del genere in un momento simile, ce ne voleva proprio di stupidaggine.

-"Questa cosa quale?!" - La ragazza scosse la testa, esasperata.

-"Oh, andiamo! Intendo il 'Dottor chi?'!" - Il Dottore le fece il labbrino, annuendo convinto. Andromeda si  convinse sempre di più che aveva a disposizione solo due scelte: o prenderlo a schiaffi finché non avesse cominciato a correre davanti a lei (insomma, tipo il classico trucco con i doberman al seguito), o lasciarlo a morire incenerito, al ché si lasciò sfuggire un "Oh, signore" non troppo convinto, scuotendo la testa turbata, senza staccare un attimo lo sguardo da lui.

-"Mi prendi per i fondelli?" - Alzò le sopracciglia lei, aspettandosi una pacca amichevole su una spalla ed un 'Certo, adesso scappiamo' sereno di lui.. Più che un aspettarsi era uno sperare. Era decisamente uno sperare, sì. Non poteva semplicemente essere una “candid camera” o qualcosa di simile, diamine? 

-"Prenderti per i fondelli? In un momento simile?" - Il Dottore volse il palmo destro verso il fondo corridoio, attonito, dove si poteva adesso distinguere nell'oscurità la fredda tonalità di blu che illuminava il “cannocchiale” del Dalek che si avvicinava spaventosamente. Andromeda in quel momento ebbe veramente voglia di pestarlo senza pietà, di buttarlo a terra e di fargli sputare sangue, di fargli vedere cosa sarebbe successo se non si fosse messo a correre subito, ma si contenne, serrando le mani in due pugni e guardando in basso, sospirando per calmarsi. C'erano già troppi killer al mondo e lei, se proprio le fosse balenata in testa un'idea malata come quella, avrebbe compiuto il tutto in grande stile, con un ampio pubblico: non di certo in un corridoio polveroso. Annuì, autoconvincendosi lievemente soddisfatta di questa possibile svolta della sua vita.

-"Okay. Cosa vuoi che faccia?"-

Gli occhi del Dottore si illuminarono appena quelle cinque parole fuoriuscirono scandite dalla bocca della ragazza, le sue labbra si allargarono subito in un grande sorriso, che lo fece saltare sul posto per due volte, ridendo divertito.

-"Ripetiamo la scena."

-"Una specie di Take Two?"

-"Oh sì. Mi piacciono i Take Two. Hai sempre la possibilità di migliorarti." - Disse lui convinto, sfregando entrambe le mani contro e annuendo compiaciuto.

-"Okay. Allora, Chi sei?"

-"NONONONONO!" - Il Dottore portò di punto in bianco le mani in avanti, fermando la ragazza.

-"C-che c'è?" - Balbettò Andromeda, scorgendo ormai vicina la figura del Dalek, impaurita.

-"Non sono pronto."

-"Cosa?!"

-"Non mi sono riscaldato!"

-"Diio."

Il Dottore saltò un paio di volte su un piede e poi sull'altro, blaterando qualcosa su come gli attori si preparassero duramente per un altro Take Two, pronti apparentemente a dare il meglio,  girando su sé stesso e portando in alto e in basso le mani, inspirando e espirando rumorosamente, in un modo che, indovinate.. era perfettamente adatto ad un numero da circo. Si fermò voltato verso di lei, ed, inclinando la schiena, sputò sul palmo della mano sinistra, sfregandola di nuovo contro l'altra. Si raddrizzò subito dopo, portandosi le mani ai fianchi e facendo schioccare la schiena, inspirando profondamente aria a sufficienza per riempirsi i polmoni.

-"Ci sono!"

-"Chi se-"

-"No, aspetta!"

Un metallico 'Sterminare' giunse alle orecchie dei due, facendoli sobbalzare, e rimbombando per tutto il corridoio.

-"Cosa c'è adesso?!" - Urlò esasperata lei.

-"Devo trovare una parola da urlare appena finita la cosa!"

-"Che diamine stai farfugliando?!"

-"Oh, dai, un qualcosa di vittorioso! Mi piacerebbe tanto trovare un’espressione di enorme potere e saggezza, e di consolazioni per l’anima nei momenti di bisogno. "

-"Oh, tesoro, siamo solo inseguiti da una sottospecie di bidone vagante che vuole incenerirci con uno sturalavandini, ti prego, mettici tutto il tempo che vuoi per farti venire in mente un'idea geniale degna delle tue aspettative, ti  attenderò con ansia!"

-"B-beh, grazie." - Annuì lusingato il Dottore, sistemandosi in modo superbo il papillon.

-"Ma grazie cosa!" - Andromeda gli si accanì contro, pronta a prenderlo finalmente a pugni.

-"Hai detto che avresti atteso!"

-"Ero sarcastica, diamine!"

Un altro 'sterminare', anch'esso non proprio dolce e carino, rimbombò potente per tutto il corridoio, avvertendo dell'imminente minaccia. Andromeda sussultò, facendosi involontariamente più vicina al Dottore, che, istintivamente, si avvicinò a lei, facendo per toccarla, ritraendo però la mano esitante e, leccandosi il labbro inferiore, cominciò a strofinare i polpastrelli delle dita contro i palmi delle mani, come faceva sempre quando era sotto pressione, in una situazione imbarazzante o semplicemente, quando era indeciso, inspirando impacciato. Insomma, era lui che la stava trattenendo, non doveva certo pensare che un abbraccio rassicurante in un momento simile potesse servire a qualcosa. Certo, a qualcosa sarebbe servito, in realtà. Sarebbe servito a farlo finire per terra in una pozza di sangue, con diversi lividi sul viso, ma il Dottore sentenziò silenzioso che non era il momento per cominciare una rissa con la ragazza mora, specialmente adesso che era spaventata. La scrutò quindi attentamente, amareggiato, chiedendosi se era veramente la cosa giusta da fare, trattenerla, impaurendola più del dovuto. Si chiese se dovesse smetterla, se dovesse smetterla di giocare così con i sentimenti delle persone, di far girare le cose come andavano comode a lui, di aspettare sempre l'ultimo momento, la carica elettrizzante. Ma si divertiva, e doveva

purtroppo ammetterlo almeno a sé stesso. Conosceva bene quel Dalek, sapeva dove si sarebbe rifugiato successivamente e sapeva anche che non sarebbero morti, quindi, perché non prendersela con comoda e divertirsi? Sospirò, avvicinando lentamente la mano destra alla mancina tremante di Andromeda, anche solo per sfiorarla, per donarle una piccolissima dose di calore, per farle capire che stava andando tutto bene, che non sarebbe finita lì.. per nessun motivo nell’Universo.

-".. Che.. Che ne dici di Geronimo? Non sarà un’espressione di enorme potere e saggezza  e di consolazioni per l’anima nei momenti di bisogno o quello che ti pare, ma suona bene, non trovi?" - La ragazza interruppe titubante le gentili ma un po' insolite intenzioni del Dottore, scorgendo di sfuggita la mano destra di lui avvicinarsi incerta. Gli rivolse quindi un'occhiata ambigua, che bastò per far ritrarre istantaneamente l'arto del ragazzo, che, esitante, andò a grattare la nuca coperta di capelli arruffati mori e scuri, mascherando trasandatamente quel fallito e strano gesto di rassicurazione.

-"G-geronimo mi pare vada bene." - Balbettò impacciato, guardando altrove, le guance lievemente

porporee, fortunatamente velate dall'assenza di luce presente nel corridoio.

-"Okay! Quindi sei pronto!"

-"P-pronto? Ovvio. Io sono sempre pronto." - Incrociò le braccia, schioccando la lingua sul palato e guardandola altezzoso, barcollando distrattamente.

-"Certo, ho visto."

Il Dottore le fece la linguaccia, muovendo sbilenco il corpo, al ché Andromeda rise sottovoce, portandosi istintivamente la mano sulle labbra.

-".. Chi sei?" - Lo sguardo della ragazza si soffermò per un istante sul papillon, e gli occhi le si inumidirono, ma durò tutto per un solo istante, un breve, scarso, istante, che però non sfuggì al nostro Dottore, molto attento ai dettagli, che si limitò ad accennare un sorriso.

-"Sono il Dottore."

-"Dottor chi?"

-"Solo il Dottore!" - Sibilando la "s", il Dottore si sporse verso la ragazza, sghignazzando contento - "Beh, ci voleva tanto?"

-"Oh, andiamo, urla quel maledetto 'Geronimo' e filiamocela." - Andromeda gli rivolse un'occhiata di sbieco, facendogli intuire che la situazione non era affatto divertente .. E, anche se Andromeda sapeva che in realtà lo era veramente, non volle ammetterlo. Non di certo davanti ad un individuo del genere, insomma, il suo orgoglio prepotente si mostrava fiero di tutto il suo potenziale proprio in casi come questo. Il ragazzo si ritrasse istantaneamente, con una smorfia seccata sul volto e, alzando la mancina, aprì scocciato e chiuse diverse volte le dita, imitando, come si suol fare, la frase pronunciata dalla ragazza, muovendosi scompostamente e mimando il tutto con la bocca, sbuffando. Pronunciò poi sottovoce la parola che doveva dare quel che di "vittorioso" al tutto, indispettito. Andromeda si trattenne nuovamente dal prenderlo a pugni e, spingendolo, cominciò a correre verso la porta in legno, intenzionata a non fermarsi. Il Dottore la seguì stizzito a ruota, superandola e facendole una smorfia, a cui la ragazza non fece caso. I suoi modi di pseudo rivincita riconducevano malvolentieri a quelli dei bambini. E alla ragazza quei marmocchi perdi-moccio non andavano decisamente a genio, specialmente con quelle vocine stridule. Una luce violacea illuminò il corridoio dietro di loro, dando tempo ad Andromeda di scorgere il Dottore che la prendeva per le spalle e la faceva abbassare. Cadendo a terra in un tonfo, intravide la porticina in legno illuminarsi di viola, segno che non era lontana. Prese dunque per mano il ragazzo e, facendolo rialzare a forza, cominciarono nuovamente a correre verso la destinazione in legno, oramai non troppo lontana. Arrivarono quindi davanti alla scura porta, respirando affannosamente e, per dare nuovamente un tocco Hollywoodiano alla situazione, la trovarono chiusa. Andromeda, tremando, sbuffò seccata, per mascherare la sua apparente debolezza, mentre il Dottore prese con la mancina parte della giacca che si ritrovava addosso e, con la mano destra andò a frugare dentro la tasca interna, estraendone un oggetto metallico dalla punta verde, simile ad una grossa penna. La ragazza lo guardò stupita, mentre lui puntava il marchingegno verso la porta e, appena premuto una specie di pulsante sopra di esso, la punta dell'oggetto si illuminò di verde, producendo quello strano suono metallico che aveva sentito pochi minuti prima. Quel suono secco, che assomiglia ad un fischio, che si aggancia all'ultima nota più alta e continua, con alti e bassi, a fischiare, stridendo. Si aspettò dunque che la porta si aprisse magicamente come era successo prima, ma, tutto ciò che successe, fu un urlo graffiante del Dottore, che sbatté riluttante la mano destra sulla porta, sbuffando.

-"Diamine, lo so che è legno, ma non possiamo andare avanti così ogni volta!" - Il ragazzo si portò davanti agli occhi l'oggetto, sgridandolo (cosa non ci si poteva aspettare da quel pazzo Dottore), infilandolo nuovamente nella tasca, poggiando sfinito la testa sulla porta, ansimando. Andromeda lo spinse seccata di lato, facendolo cadere in un tonfo al suolo, sollevando una nuvola di polvere.

-"Togliti di mezzo!" - Esclamò lei, mollando un potente calcio alla porta, che, principalmente tremando, cadde in un rimbombo sulle scale, scivolando per pochi secondi prima di stabilizzarsi. La ragazza rivolse uno sguardo fiero al Dottore a terra, che, esterrefatto, si limitò ad additarla in un'altra delle sue smorfie, tentando di balbettare qualcosa. Lei pensò dunque alla raccolta facciale di smorfie del ragazzo mostrate fin'ora, e, rabbrividendo, concluse che un libro non sarebbe stato necessario per raccoglierne nemmeno la metà. Certo, andava diviso in sezioni. Dalle idiote - alle più idiote.

-"S-Sei un mostro!" - Balbettò lui, sconvolto.

-"Oh, grazie tesoro, sempre così gentile." - Andromeda si arrampicò dunque su per la porta, poggiando finalmente i piedi sugli scalini tanto ricercati. Scorse poi la figura del Dottore precipitarsi dietro di lei, e, giuntogli vicino, prese con entrambe le mani la porta, tentando di tirarla su. Andromeda sbuffò scocciata, urlandogli di lasciar perdere, ma il ragazzo, tremante per la fatica, riuscì però ad incastrarla di nuovo nello stipite, sospirando esausto. Andromeda si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto sul volto, che purtroppo durò ben poco e si trasformò in una smorfia di orrore, non appena la porticina in legno venne pervasa da una simpatica luce violacea e incenerita davanti agli occhi del Dottore, che si trovò di fronte il Dalek, adesso più minaccioso che mai. Il ragazzo portò le mani di fronte a lui, per impedire al robot di passare, beh, piuttosto per implorare di fermarsi, allargando le gambe e inclinando la schiena, in una posizione goffa come soltanto lui era in grado assumere. Andromeda aggiunse al libro che aveva intenzione oramai di scrivere, una sezione per le pose goffe, che avrebbe denominato "so fare anche il contorsionista" o random, in un bel arancione mandarino, su sfondo giallo limone. O forse no. Il Dottore cominciò poi a balbettare qualcosa di insensato al Dalek, quando Andromeda scese di corsa le scale rimanenti e lo prese per la collottola della giacca, strattonandolo verso di sé.

-"Ehi, ciao friggitrice. Ci siamo incontrate oggi. Bella giornata né? Sai, ti inviterei volentieri a bere un caffè di sopra, magari con i biscotti, ti piacciono i biscotti?" - Finse palesemente lei, facendo arretrare il Dottore - "Il problema è che io e il signorino qui presente abbiamo un impegno che non possiamo rimandare, e ci dispiace veramente tanto. Non tornare a trovarci, eh, che non ti aspettiamo." - Strattonò poi il ragazzo verso di sé, cominciando a correre su per le scale velocemente, pregando un qualsiasi Dio di non venir

seguita dal robot. Salite tutte le scale, lei e il Dottore si buttarono sfiniti sul parquet del primo piano, ansimando rumorosamente. Giusto il tempo di prendere un respiro, e Andromeda si alzò di scatto per serrare la porta blindata che portava al piano sottostante. Non sarebbe probabilmente riuscita a fermare il Dalek, ma avrebbero guadagnato tempo. Si accasciò poi distrutta a terra, strofinando la schiena contro la porta, le spalle sulla fredda superficie ferrea, ansimando. Il Dottore alzò il viso da terra, rivolgendo alla ragazza un pollice alzato, incapace momentaneamente di parlare per il troppo ansimare, e si ributtò giù, cercando di calmarsi. Andromeda annuì faticosamente, poggiando l'orecchio alla porta per udire una qualsiasi prossima mossa della friggitrice. Si maledì per un attimo: non avrebbe mai dovuto aprire quella diavolo di porta. Insomma, era blindata per un motivo, no? Di certo suo nonno non aveva costruito anche la porta del bagno blindata, o magari quella della cantina.. e un motivo c'era. Stupida, stupida, Andromeda. Cercando di saziare i polmoni con grandi boccate d'aria, volse un'occhiata distratta al ragazzo inerme di fronte a lei e, dopo che un accenno di un sorriso le si formò in viso, giunse alla conclusione che forse ne era valsa la pena. Sbarrò istintivamente gli occhi, volendosi prendere a schiaffi per aver pensato una cosa così insulsa. Si limitò quindi a scacciare dalla testa quello stolto pensiero, tornando ad ascoltare qualunque rumore provenisse dietro quella porta. Niente. Niente di niente. Un brivido le percorse la schiena: di certo la friggitrice era più "simpatica" quando faceva rumore. Adesso poteva essere finita ovunque, magari, pensò Andromeda sarcastica, teletrasportandosi con un raggio giallognolo in un'altra stanza della casa. Magari in bagno. Perché sarebbe dovuta finire in bagno? La ragazza si rimproverò da sola per aver pensato una cosa così idiota (da far persino concorrenza al Dottore!) in un momento simile. Un brivido le percorse la schiena. Il solo pensiero che potesse distruggere la biblioteca del nonno la spaventava a morte. Chissà quali altri tesori c'erano là dentro, e lei non li avrebbe potuti vedere. Il Dottore si tirò faticosamente sulle ginocchia, guardando spaesato Andromeda, aspettando con ansia un qualsiasi riporto della situazione.

Toc Toc.

Due battiti metallici risuonarono sulla porta, facendo sobbalzare la ragazza, che cadde terrorizzata di schiena verso il Dottore, respirando rumorosamente, pronta ad un eventuale incenerimento della porta, che però non arrivò. Entrambi si fermarono in silenzio ad osservare la porta, mentre niente accadeva. Andromeda si voltò confusa verso il Dottore, il quale, alzando le spalle, deglutì, schiudendo la bocca.

-"Chi è?"

La ragazza gli mollò un ceffone sulla nuca, al ché il ragazzo rotolò per terra, strofinandosi la testa con le mani, farfugliando qualcosa di incomprensibile. Ce ne voleva davvero per essere così idioti. Andromeda si alzò lentamente, tremante. Si avvicinò adagio alla porta, poggiandoci cautamente l'orecchio.

-"E' inutile."

Il Dottore la fece sobbalzare di nuovo. La ragazza si chiese se fosse masochista.

-"Che significa?"

-"Significa semplicemente che è inutile!" - Risposte noncurante il ragazzo alzandosi, sempre massaggiandosi la nuca. Andromeda gli rivolse un'occhiataccia, avvicinandosi minacciosa.

-"So chi è. Se n'è andato."

-"Andato dove?"

-"E io che ne so? Mica sono un ufficio informazioni, diamine." - Grattandosi distratto la testa con la mano destra, il Dottore le rivolse un'occhiata di sbieco, leccandosi il labbro inferiore.

La ragazza sospirò, guardando in basso.  

-"Tornerà, se è quello a cui stai pensando."

-"Oh, non vedo l'ora." - Rispose sarcasticamente lei, scrollando le spalle.

-"Davvero? Nemmeno io!" - Il Dottore le sorrise divertito e, ricevendo un'altra occhiataccia, si limitò a sbuffare, strofinandosi l'occhio destro e serrando le labbra. Restarono in silenzio per pochi secondi, scrutandosi a vicenda, finché Andromeda si appoggiò con le spalle alla porta, incrociando le braccia.

-"Che ci fai qui?"

-"Chiedo scusa?"

-"Sì, insomma. Sei un pagliaccio, no? Che ci fai qui? Sei in tour?"

Il Dottore spalancò gli occhi, incerto se fosse seria o meno.

-"Pagliaccio?"

-"Non prendermi in giro, dai. Sei troppo goffo e idiota per non esserlo."

-"Oh, grazie." - Il ragazzo si aggiustò il papillon, lasciandosi sfuggire una smorfia infastidita. Andromeda sghignazzò sotto i baffi, continuando a bulleggiarlo, divertita.

-"Allora, che ci fai qui? E chi sei?"

-"Te l'ho detto. Sono il Dottore."

-"Sì, va bene, ma la gente, ti chiama il Dottore?"

-".. Sì."

-"Cioè, ti chiami proprio 'Dottore'?"

-".. Sì." - Il ragazzo le rivolse un'occhiata non troppo intelligente, chiedendosi da dove fosse nata l'idea di quello strano nomignolo, tanti anni fa.

-"I tuoi genitori erano ubriachi la sera del parto?"

-"Oi!" - Il Dottore le si avvicinò con il suo fare minaccioso da bambino irritato, mentre Andromeda se la rideva soddisfatta, prendendosi la sua rivincita - "Smettila!"

-"Oppure?"

-"Faccio tornare qui il Dalek."

-"Oh, certo, lo chiami con un fischietto?"

-"Ovvio che no." - Il ragazzo storse la bocca, come se fosse veramente così ovvio quanto diceva, mentre lei lo fissava divertita - "Mi basta invertire la polarità dei protoni e il processo di dematerializzazione base che ha usato per andarsene." - Rispose lui altezzoso. – “Facile come bere un bicchier d’acqua.”

Andromeda lo squadrò divertita, nascondendo la confusione che le cresceva man mano in testa.

-"Ah, quindi sei un Nerd?"

-"Nerd- Oh, andiamo ragazza, sii un po' più inventiva!" - Il Dottore lasciò sbattere i palmi delle mani sulle proprie cosce in un sonoro schiocco, prendendola a sua volta in giro.

-"Mhn, quindi, dimmi, chi saresti tu?"

-"Ma te l'ho detto!"

-"Se non sei un pagliaccio" - insisté lei - "e non sei un nerd.. Allora chi sei?"

Il ragazzo si lasciò sfuggire un ghigno beffardo sul viso e, guardandola malizioso, si inumidì le labbra, schiudendo la bocca in una frase pronunciata sottovoce.

-"Sono un viaggiatore del tempo."

Andromeda scoppiò a ridere, tenendosi il ventre con le mani.

-"Certo!"

-"Ehi, guarda che è vero!"

-"Sì, va bene! Poi, cos'altro? Te ne salterai fuori dicendo che sei un alieno supereroe incaricato di proteggere l'universo?"

-"Beh, non ho mai preso in considerazione quest’eventualità, perché la maggior parte delle persone/alieni/creature/varianti non appena mi vede prova un forte impulso, ancora a me del

tutto sconosciuto, di prendermi a schiaffi" - Si interruppe lui, salendo sulle punte dei piedi, un po'

confuso - " ma se proprio vogliamo metterla in questo modo, sì." - Concluse infine soddisfatto, guardandola provocante.

-"Conosco la sensazione." - Si limitò a dire lei, passandosi la lingua sui denti e alzando un sopracciglio. Restarono dunque in silenzio per un'altra manciata di secondi, finché lui, scrollando le spalle, si portò la mano destra sulla nuca, impacciato.

-"B-beh, potrei farti vedere che non mento."

-"Mhn, e come? Portandomi a spasso per l'universo?"

-"Esattamente."

Andromeda sbarrò gli occhi, chiedendosi quanto venisse pagato per essere così convincente.

-"Non prendermi in giro."

Si diresse quindi verso la cucina, seguita dal Dottore e, aprendo il frigo, ne estrasse un cartone di cioccolato di latte di soia, che versò in un bicchiere preso da uno scaffale lì vicino.

-"N-non ti sto prendendo in giro!" - Insisté lui.

-"Certo."

Lei si portò il bicchiere alla bocca, sorseggiandone lentamente il contenuto, non staccando però lo sguardo dai suoi occhi.

-"D-davvero!"

Andromeda finì il cioccolato, poggiando il bicchiere sul tavolo di ceramica al centro della cucina luminosa.

-"Anche se fosse vero, faresti seriamente vedere ad una come me tutta quella roba? A me? A me che ho persino un nome del genere?"

-"Mhn, perché, come ti chiami?"

-"Andromeda. Grazie per averlo chiesto."

-"Oh, che nome grazioso." - Sogghignò sarcastico lui.

-"Sì, certo. Sa di un guerriero Spartano."

-"Ti si addice." - Il Dottore fece spallucce, scrutandola malizioso.

Andromeda si limitò a guardarlo in malo modo, sbuffando e guardando in basso.

-"Va bene" - Concluse infine lui - "Se proprio non vuoi venire, allora me ne andrò." - Disse, voltandosi verso la porta d'uscita.

-"Fai pure." - Andromeda scrollò le spalle, versandosi un altro bicchiere di cioccolata.

Il Dottore si fermo di scatto sulla punta dei piedi, stizzito.

-"Va beeene" - Ripeté - "Se proprio non vuoi venire, allora me ne andrò!" – Concluse, a voce più alta.

-"Guarda che ho capito. Quella bianca è la porta, ricordati di chiuderla. Ci si vede." -  Andromeda si portò il bicchiere alle labbra, sorseggiando seccata. Il Dottore aggrottò le ciglia, dirigendosi sdegnato verso la porta bianca avorio, dove vi si fermò proprio di fronte, esitante.

-"Io me ne sto andando!" - Le urlò.

-"Ciao." - Una flebile parola provenne dalla cucina oramai lontana, perdendosi fra le pareti.

-"Ho detto che me ne sto andando!" - Urlò più forte.

-"E allora vattene!" - Un urlo di rimando arrivò dalla solita postazione, chiaro e conciso.

Il Dottore sbuffò un'ultima volta, chiudendosi furiosamente la porta alle spalle e uscendo di casa. Andromeda si portò la mancina al viso, e, sospirando, ripensò all'accaduto. Un robot. C'era un fottuto robot nella biblioteca segreta di suo nonno. Non nascondeva la curiosità di andare a controllare cos'altro ci fosse in quella diavolo di stanza, ma era piuttosto seccata per la perdita di quell'idiota, sebbene non lo volesse accettare. Decise quindi di rilassarsi un po', prima di tornare curiosare là dentro, e quindi si svaccò sul

divano in pelle rossa vicino alla cucina, sbuffando. Una lieve brezza le carezzò il viso stanco, mentre la ragazza si decideva a trovare una posizione più comoda sul divano, quando un pensiero le lampò in testa: le finestre erano chiuse. Erano indubbiamente chiuse, si ricordava di averle serrate personalmente, prima di scendere in quell'inferno di biblioteca. Sbarrò quindi gli occhi, mentre delle folate di vento provenivano da

davanti il suo divano, scompigliandole i capelli corvini. Indecisa fra lo scappare o l'attendere l'arrivo di un'imminente friggitrice incazzata, Andromeda si alzò in piedi, riparandosi dietro il divano, mentre le folate di vento si facevano più intense. All'improvviso, al centro della stanza, la ragazza distinse una strana figura rettangolare, riconducibile ad una scatola. No, anzi, una cabina. Una cabina blu della polizia, di quelle che usavano mettere per le strade un tempo. Ed ecco che davanti a lei, fra folate di vento taglienti, si materializzò una cabina blu della polizia, seguita da rumori strani e meccanici. Un suono strano, ma bello nella sua diversità. Come una macchina che fa fatica a partire, in questo caso, che fa fatica ad atterrare.. Ma bello. Strano, ma decisamente bello. Andromeda si avvicinò con cautela all'oggetto, scrutandolo con diffidenza. Le porte della cabina si aprirono poi improvvisamente di fronte a lei, dalle quali uscì stizzito lui, il Dottore, che, con le braccia conserte, si appoggiò infastidito alla cabina, guardando la ragazza di sbieco.

-"Me ne stavo andando" - Si lasciò sfuggire dalla bocca, indispettito.

-"Però sei tornato, eh" - Andromeda cercò di far finta di niente, scrutando maliziosa il Dottore.

-"Beh, adesso me ne andrò veramente" - Annuì convinto lui, serrando gli occhi.

-"Okay, ciao" - La ragazza attese che il Dottore la guardasse sconvolto negli occhi, per sghignazzare poi divertita sotto i baffi, portandosi le mani ai fianchi.

-"Cos- " - Il ragazzo lasciò cadere le braccia sui fianchi, spalancando esterrefatto la bocca - "Non puoi!"

-"Non posso?" - Andromeda portò le braccia all'altezza del petto, ghignando divertita.

-"No, per niente!" - Il Dottore la additò stupito, avanzando verso di lei - "Non puoi proprio! Sai quanta gente aspetta questo momento? Sai quanta? E non arriva mai?"

-"No, non lo so."

-"B-beh, tanta!" - Gli urlò contro indispettito lui, abbassando il braccio - "E tu non puoi proprio!"

-"Dove vuoi arrivare?" - La ragazza incrociò le braccia, scrollando le spalle.

-"Io ti offro tutto il tempo e lo spazio e tu lo rifiuti così, scrollando le spalle?" - Il Dottore le prese una mano, strattonandola verso di sé - "Mi dispiace, ma no." - Buttò quindi di forza la ragazza dentro la cabina, continuando ad urlare diversi 'non puoi!' e 'vergognati!', chiudendosi le porte alle spalle.

Nella villa abbandonata di città, quella in cima ad un colle, dove abitava il vecchio Theodore e

dove i bambini andavano a nascondersi la notte di halloween, si sentirono degli strani rumori, quella sera. Ma questa, è un'altra storia.

.. O forse no?


~
Compagno di parole figoso che scrive bene (?): Black_Cat
I soci (?) vi augurano una buona lettura, speriamo che anche questo capitolo sia di vostro gradimento!
Vi aspettiamo al prossimo capitolo,
non mancate! (:
_S h i v e r & Black_Cat .
  
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