Un
incontro che può cambiarti la vita
POV Robert
- Avanti amore, dormi. – imploro mia
figlia a bassa voce, mentre continuo a passeggiare su e giù per la sua
cameretta.
Fosse per la mia piccola Rachel, io e
sua madre non dovremmo mai dormire.
E questa sera purtroppo, tocca a me
farla addormentare.
Fisso i miei occhi azzurri in quelli
altrettanto chiari della piccola che tengo in braccio, mentre non posso fare a
meno di tornare con la mente a quel giorno in cui avevo conosciuto sua madre.
Sembra passato un giorno, invece sono
ormai 9 anni.
Però
ricordo ancora il giorno esatto: era l’11 luglio 2010…
- È mai
possibile che con ben 3 macchine, non riesca mai ad
usarne una io? E poi dicono casa dolce casa.- mi
lamentai uscendo dalla casa dei miei genitori, mentre mia madre rideva
divertita.
Ero tornato a
Londra ormai da un mese e nonostante avessi un appartamento tutto mio, passavo
la maggior parte del mio tempo libero a casa dei miei; la cucina della mamma è
sempre la migliore.
Contando
soprattutto il fatto che se avessi vissuto per conto mio i miei pranzi
sarebbero stati tutti a base di tramezzini, e mamma Pattinson non poteva
accettare una cosa del genere per il suo bimbo.
Già, mamma
Pattinson: la mamma di quello che le riviste chiamavano
“il vampiro del secolo”.
O forse avrei
dovuto dire mamma Cullen, visto che ormai non ero più
Robert Pattinson, ma Edward Cullen.
Fico, doppia
identità!
No, solo una
gran rottura; ma era il lavoro che mi ero scelto, e dovevo sopportare.
Certo, ero
tornato a Londra per girare “Bel Ami”, ma nessuno si
sarebbe poi ricordato di me come Georges Duroy, ma sempre e solo come Edward
Cullen.
Ero segnato!
Mi accesi una
sigaretta e mi diressi verso la fermata dell’autobus più vicina.
Il marciapiede
era colmo di gente, ma fortunatamente, almeno a “casa”, nessuno sembrava
interessarsi a me.
Ma guarda come mi devo ridurre io che a
Los Angeles ho più di 2 macchine, pensai fissando gli orari dei bus.
Non che
volessi vantarmi di una cosa del genere, ma prendere un autobus nel traffico di
Londra mi faceva impazzire.
- Robert?-
sentii improvvisamente sussurrare una voce accanto a me.
Per un momento
pensai di essermela immaginata, tanto era stato basso il tono, ma quando mi voltai vidi una ragazza poco lontana da me, che mi fissava
chinata in avanti, lo sguardo rivolto verso l’alto per guardarmi in faccia.
Era carina,
aveva occhi e capelli scurissimi, ma in quella posizione era davvero troppo buffa.
Dopo pochi
secondi sembrò riprendersi e si rimise in posizione eretta tossicchiando.
- Ehm, scusa,
volevo accertarmi che fossi tu. Pensavo di avere le allucinazioni.- tentò di
giustificarsi, continuando ad usare un tono di voce
appena percettibile.
- Perché parli
sottovoce?- le domandai, senza riuscire ad impedire
che un sorriso incurvasse le mie labbra, cercando di mitigare così la mia
voglia di ridere divertito; non mi sembrava educato.
- S-scusa,
pensavo che così nessuno si sarebbe accorto di te…- mi spiegò lei, parlando con
un tono normale, mentre un adorabile rossore le imporporava le guance.
- Capisco. Ma puoi stare tranquilla, qui nessuno mi assale. Forse
perché sono a casa.- la rassicurai, inclinando la
testa da un lato.
Lei rimase
immobile, senza più dire una parola, ma continuando a
fissarmi con i suoi occhi incredibilmente profondi.
Mi passai una
mano tra i capelli, imbarazzato, quando la vidi sbattere le palpebre,
imbarazzata a sua volta.
- S-scusami.. f-forse è… è meglio se vado. Ciao.-
La vidi
voltarsi per allontanarsi, ma mi resi improvvisamente conto che non volevo che
se ne andasse.
- Ehi, aspetta.
Non mi hai detto come ti chiami.- richiamai la sua attenzione.
La vidi
voltarsi lentamente, come se non fosse ben sicura del fatto che le avessi
rivolto nuovamente la parola.
- A-Andrea.- farfugliò, mentre continuavo a guardarla
divertito.
- Piacere di
conoscerti, Andrea. Non sei inglese, vero?- le domandai continuando a
sorridere.
- No, sono
italiana.-
- E cosa ti ha
portato a Londra?-
- Un viaggio
di piacere.-
Vidi
nuovamente le sue guance diventare rosse, senza capire bene il perché.
- Ho da poco finito
gli esami e mi sono concessa un po’ di relax.- aggiunse,
mettendosi un ciuffo di capelli dietro un orecchio.
- Sei da
sola?- le chiesi curioso.
Dannazione Rob, così penserà che hai in mente chissà cosa, mi rimproverai mentalmente, ma lei sembrò non farci
caso.
- Sì. Diciamo
che sono qui anche per… migliorare il mio inglese.-
- Già ottimo.-
Ancora quel
rossore: forse dovevo smetterla di farle domande.
- Ho un
collega di mia madre che mi da una mano, ma sono da
sola.-
- Capisco.-
risposi semplicemente, senza sapere cosa aggiungere.
Calò un
silenzio imbarazzante; la vidi guardarsi intorno, mentre io non riuscivo a
toglierle gli occhi di dosso: c’era qualcosa che mi attraeva in lei, anche se
non sapevo bene cosa.
- Dannazione,
è tardissimo.- imprecai improvvisamente avendo gettato uno sguardo
all’orologio; Stephanie mi aspettava per discutere di alcuni appuntamenti che
avevo in settimana ed ero in super ritardo.
- Scusami, ma
devo proprio scappare.- le spiegai riportando lo sguardo sulla ragazza che mi
stava davanti.
Come aveva
detto di chiamarsi? Ah si, Andrea.
Un bel nome.
- Si, certo, capisco. È… è stato… bello incontrarti.-
- Quanto resti a Londra?- le chiesi dopo qualche secondo di
titubanza.
- Sei giorni.-
rispose.
- Bè, allora
forse ci incontreremo di nuovo. Londra non è poi così grande come sembra. Ciao
Andrea. Anche per me è stato… bello incontrarti.- la salutai, riprendendo le
sue stesse parole.
Mi voltai per
allontanarmi quando fu lei a fermarmi questa volta.
- Robert.-
Mi girai
curioso, fissando i miei occhi azzurri in quelli color pece di lei.
- Potresti…
potresti indicarmi la direzione per Oxford Street?-
chiese titubante.
Questa volta
non riuscii ad impedirmi di scoppiare a ridere, prima
di riportare il mio sguardo su di lei.
- Prosegui
fino alla fine di questa via, poi gira a destra. Fai
circa
- G-grazie
mille.-
Le rivolsi un
ultimo cenno di saluto poi mi allontanai da lei, lasciandola sola in mezzo al
marciapiede.
Presi un
autobus alla fermata dopo; preso com’ero dalla conversazione con quella ragazza mi ero completamente dimenticato di essere senza
macchina.
Mentre il
doble bus percorreva le vie di Londra, non potei impedire alla mia mente di
tornare a quella strana giovane, al pensiero di come mi aveva “abbordato”, se
così si può dire, e di come era evidentemente
imbarazzata nel parlare con me.
Ma la domanda vera era un’altra: perché
non riuscivo a togliermela dalla testa?
* * *
Erano passati
ormai 2 giorni dal mio incontro con quella giovane
italiana, Andrea, eppure mi ero ritrovato più di una volta a ripensare a lei, a
casa durante la cena, tra una pausa e l’altra durante le riprese, al pub con
gli amici la sera prima, e ancora non riuscivo a spiegarmi cosa mi fosse
successo.
Mi allontanai
dal set delle riprese dirigendomi verso Victoria Street; per quel giorno il
lavoro era finito ed avevo un enorme bisogno di caffè.
Non mi stupii
della confusione che trovai allo Starbuck, ero ormai abituato alla cosa.
Mi misi in
fila ad aspettare il mio turno, quando vidi l’uomo poco più avanti di me urtare
la ragazza che gli stava dietro, la quale
inevitabilmente mi urtò a sua volta.
Il mio cuore
aumentò improvvisamente i battiti per alcuni secondi quando mi resi conto che
si trattava di Andrea.
- Oh, scusa.-
mi disse voltandosi appena verso di me.
- Tranquilla.
Qui dentro è impossibile non pestarsi a vicenda.- la rassicurai sorridendole.
Quando si
accorse che ero io, i suoi occhi neri si spalancarono increduli, mentre io
ancora una volta non potei fare a meno di pensare quanto fosse adorabile.
- Ehi, ci
ritroviamo. Te l’avevo detto che Londra non è poi tanto grande.- aggiunsi
facendole l’occhiolino, cercando di rompere il ghiaccio.
- G-già.. Ciao.- mi salutò lei, mentre l’ormai noto rossore le
ricopriva le guance.
Finalmente
giungemmo entrambi al bancone, così mi rivolsi nuovamente a lei.
- Cosa prendi?-
- Un caffè.-
mi rispose lei senza capire.
- Due caffè…
grandi.- aggiunsi guardandola con la coda dell’occhio come a cercare conferma.
- Enormi
direi.- mi corresse lei facendomi sorridere.
Quando
finalmente si rese conto di quali erano le mie intenzioni
cercò di fermarmi.
- Oh, no, non
se ne parla.-
- Non divento
povero per un caffè.- le feci notare, allungandole il suo bicchiere grande,
dopo aver pagato la cassiera.
- Non mi interessa.- continuò senza desistere, estraendo il
portafoglio dalla borsa.
Le posai una
mano sulla sua per fermarla, e mi sembrò quasi che un piccolo brivido le
percorresse il corpo.
Sarà stata un’impressione, pensai ritirando però la mano.
- Questo lo
offro io e non accetto rifiuti.- insistetti.
- Ok.- sospirò infine rassegnata, mentre cercavamo di farci
largo tra la folla per uscire.
- Amante del
caffè?- le chiedi curioso, mentre finalmente assaporavamo l’aria pomeridiana di
Londra.
- Drogata vorrai dire.-
- Ahahahah!! Quanto ti capisco.- risi io, notando di averla finalmente
fatta sorridere.
- Visto,
abbiamo già una cosa in comune.- le feci poi notare.
- Già, l’ho
sempre pensato anche io.- rispose lei, prima di
arrossire di nuovo; pensai divertito che forse aveva detto qualcosa di troppo.
Camminammo per
un po’ senza più dire niente; giungemmo in St James’
Park immersi in un silenzio quasi imbarazzante, quando decisi di romperlo.
- Ci
sendiamo?- le chiesi, indicando una panchina a pochi metri da noi.
La vidi guardarsi
intorno come se non si fosse accorta di dov’eravamo arrivati e si dovesse un
attimo riambientare.
Chissà a cosa
stava pensando prima che la interrompessi.
Mi sarebbe
piaciuto tanto saperlo.
- Non so…-
rispose lei titubante, dopo aver lanciato una rapida occhiata all’orologio che
aveva al polso.
- Hai da
fare?-
- No, no,
assolutamente, però magari tu…-
- Non ho niente
da fare, tranquilla.- dissi, scuotendo la testa e sorridendo; che carina, si
preoccupava anche per me.
O forse era
troppo in imbarazzo per restare in mia compagnia?
Mi sedetti
sulla panchina di ferro, imitato subito dalla ragazza che era con me;
continuava a sorseggiare il suo caffè lentamente, come a voler prolungare il
piacere di quel calore.
- Stai girando
“Bel Ami”, vero?- disse improvvisamente dopo qualche
secondo di silenzio, facendomi sobbalzare.
- Esatto,
anche se siamo ormai alle battute finali. Non manca molto.- le risposi
sorridendo.
In
effetti eravamo in
perfetto orario sulla tabella di marcia e mancava circa una settimana alla fine
delle riprese, poi me ne sarei tornato in America per iniziare con quelle di
“Breaking Down” a Vancouver.
- Sono… sono
proprio curiosa di vederlo.- aggiunse Andrea quasi sussurrando.
- Sei una fan
della Twilight Saga?- le chiesi all’improvviso, facendola quasi soffocare con
il caffè che aveva appena bevuto
- Cosa?- esclamò
sputacchiando leggermente; lo ribadivo, era proprio
buffa.
- Ehi,
calmati, era una semplice domanda.- le dissi ridendo.
- In effetti si.- rispose infine, senza guardarmi negli occhi.
- Hai visto i
film?-
- S-sì..-
- E cosa ne
pensi?-
Continuò a
fissarmi senza rispondere, come se mi vedesse per la prima volta; cominciavo a
pensare che fosse completamente pazza.
E forse era
per quello che mi piaceva tanto.
- Ehi, non
guardarmi con quella faccia. La maggior parte dei commenti delle fans sono tutti
per Edward, ma tu mi sembri abbastanza razionale da darmi un buon giudizio sui
film, in qualità di fan.- cercai poi di spiegarle.
- Bè, io li ho
trovati molto… azzeccati. Twilight… bè, Twilight è Twilight, non c’è molto da
dire. Anche se penso che Edward avrebbe dovuto essere un po’ meno cotonato.-
- È quello che
penso anche io.- commentai, indossando un finto
broncio e facendola ridere di nuovo; mi piaceva tanto quando rideva.
- New Moon è stato
perfetto. Il regista ha fatto davvero un ottimo lavoro, era molto fedele al
libro e la cosa mi è piaciuta parecchio. Eclipse… bè, l’ho appena visto, per
farmi un’idea buona devo vederlo almeno altre 5 volte.
Però anche quello mi sembra molto bello. Scusa, a
volte straparlo.- aggiunse infine arrossendo, forse
notando che la stavo guardando divertito.
- Non ti devi
scusare. Mi fa piacere sapere il tuo parere.-
- Ti prego,
cambiamo argomento. Se ci mettiamo a parlare di Twilight non smetto più.-
Così parlammo
di tante cose, sempre seduti su quella panchina, mentre il sole cominciava a
sparire dietro gli alberi del parco, quando guardando l’orologio
mi accorsi che era tardissimo; mamma mi aspettava per cena e nonostante i miei
24 anni ero sicuro che si sarebbe preoccupata se non mi avesse visto tornare in
orario.
- Si è fatto
tardi, devo andare.- la avvisai quindi guardandola; possibile che quando ero
con lei mi dimenticavo di tutto e di tutti?
- Certo.
Grazie per il caffè.- mi disse, sollevando il bicchiere che teneva ancora
stretto in una mano, ormai vuoto.
- Prego.-
Continuai a
guardarla, senza sapere bene cosa e se aggiungere qualcosa.
Avanti chiedile il numero senza tante
storie.
Ma
se poi pensa male?
Ma
cosa vuoi che pensi male? Non aspetta altro.
Si, avevo proprio la sensazione che
stessi impazzendo: ora litigavo anche con me stesso.
- Perché non
mi lasci il tuo numero? Così potremmo sentirci ogni tanto, senza doverci
incontrare per caso.-
Mi sembrò di
scorgere un piccolo sussulto da parte sua, mentre io estraevo il cellulare
dalla tasca e glielo porgevo per farle scrivere il suo numero.
Questa volta
ero sicuro di vedere le sue mani tremare leggermente mentre afferrava il mio iPhon: davvero le facevo quell’effetto strano?
- È Patty?- mi
chiese poi, forse notando la foto della mia cagnolina bianca che avevo
impostato come sfondo.
- Eh, già. La
porto sempre con me.- risposi io, passandomi una mano
tra i capelli in disordine: quella ragazza aveva il potere di farmi imbarazzare
una volta sì e l’altra anche.
Cominciavo
davvero a pensare di avere qualche strana malattia.
La vidi
digitare il numero per poi rendermi il cellulare
- Devo proprio
scappare. Ti faccio uno squillo. Ciao Andrea.- la salutai, finalmente alzandomi
ed allontanandomi verso casa mia, mentre mi portavo il
cellulare all’orecchio.
Feci uno
squillo poi rimisi il telefono nella tasca dei pantaloni, mentre aumentavo il
passo.
Come previsto
quando arrivai a casa mia madre mi fece il terzo
grado: ero in ritardo di ben 5 minuti.
Ma che ci potevo fare, la mamma è sempre
la mamma.
- Ti vedo un
po’ distratto ultimamente. C’è qualche problema con il lavoro?.-
mi chiese preoccupata, mentre anche noi raggiungevamo il resto della famiglia a
tavola.
- No, mamma,
tranquilla, va tutto bene.- cercai di tranquillizzarla, mentre infilavo in
bocca il primo pezzo d’arrosto.
- Mmmh.. secondo me c’è di mezzo una ragazza. – mi prese in giro
Lizzy, facendomi l’occhiolino.
La guardai per
un secondo, per poi tornare al mio piatto senza rispondere; avevo la terribile
sensazione che una volta tanto mia sorella avesse
proprio ragione.
* * *
- Ok, per oggi
basta così ragazzi. Ci vediamo domani mattina alle 7.
Puntuali mi raccomando.- ci disse Nick, uno dei
registi, alzandosi dalla sua postazione.
- Così
presto?- si lamentò Christina afferrando una bottiglietta d’acqua da una delle
assistenti.
- Dai ragazzi,
tenete duro, sono gli ultimi giorni.- cercò di risollevarci il morale Declan,
l’altro regista.
Già peccato che appena torno in America
mi aspettano altre levatacce di questo tipo, mi ritrovai a pensare, mentre mi
dirigevo verso il mio camerino.
Quando vi entrai guardai il cellulare che avevo lasciato vicino alla
maglietta.
Lo faccio o non lo faccio, lo faccio o
non lo faccio… o al diavolo,
pensai afferrando l’iPhon e cercando il suo numero
nella rubrica.
- Pronto?-
sentii rispondere dall’altra parte.
- Ehi, Andrea,
sono io. Dove sei?- le chiesi, mentre quasi mi sentivo emozionato nel sentire la sua voce.
- A James
Park, perché?-
- Non
muoverti, ti raggiungo.- e senza aggiungere altro, chiusi la chiamata.
Mi cambiai e
lavai in tutta fretta, per poi uscire sfrecciando dagli studi.
- Ehi Rob,
dove scappi? Non vieni con noi a bere qualcosa?- mi chiese Uma, vedendomi
passare di corsa.
- No, ragazzi,
scusate, ho un impegno. Sarà per un’altra volta.
Grazie lo stesso.- risposi io sorridendo alla mia
collega, ma senza fermarmi.
Camminai
veloce per le vie di Londra, arrivando finalmente a St. James Park; entrai
guardandomi intorno, quando la vidi distesa sotto uno degli alberi, immersa
nella lettura.
- Rob. Mi hai fatto prendere un colpo.- mi rimproverò quando
mi sdraiai accanto a lei senza farmi sentire, mentre si portava una mano al
petto chiudendo gli occhi.
- Scusa.-
risposi io, sogghignando.
- Avevi
bisogno?- chiese poi, guardandomi attentamente.
- No. Sono in
pausa dal lavoro e avevo voglia di vedere qualcuno che non fosse un truccatore,
un costumista, un regista o chiunque altro che avesse a che fare con il mondo
del cinema.- le risposi, distendendomi e perdendo lo sguardo tra le fronde
degli alberi sopra di me.
- Anche a te
piace leggere all’aria aperta?- le chiesi poi, voltandomi nuovamente verso di
lei.
- È una delle
tante cose che adoro di Londra. In Italia non ci sono posti come questo.-
Parlammo di
tutto e di più, senza più renderci conto del tempo che
passavo; non mi chiese niente del mio lavoro, non volle sapere niente
dell’attore Robert Pattinson, ma mi ascoltò parlare del ragazzo Rob, come se
fossimo amici da sempre.
Ma non potevo certo immaginare cosa
sarebbe successo di lì a pochi minuti.
Non ricordo
assolutamente cosa mi avesse fatto reagire, ricordo solo le mie mani che si
avvicinavano ad Andrea ed iniziavano a farle il
solletico.
- No, Robert,
tutto ma non il solletico.- mi riprese, alzandosi in ginocchio.
- Oh, oh, ho scoperto il tuo punto debole.-
- No, Rob,
Rob…- mi supplicò lei, ma non fece in tempo a sottrarsi alla tortura, ero più veloce di lei.
Ci rotolammo
sull’erba ridendo come matti, mentre vedevo le lacrime scendere dai suoi occhi.
Dopo pochi
minuti mi fermai per farle riprendere fiato.
- Ti odio
sai?- mi rimproverò asciugandosi gli occhi e prendendo grosse boccate d’aria.
Quando si
voltò verso di me, potei sentire il suo dolce respiro sulle mie labbra, i
nostri nasi si sfioravano quasi per la vicinanza.
Fissai i suoi
occhi neri, profondi e bellissimi, mentre vedevo che anche lei mi scrutava, le
nostre mani ancora intrecciate.
Poi successe
tutto in un secondo, senza più riuscire a trattenermi
posai le mie labbra su quelle morbide e rosse di lei; fu un contatto breve, lei
si ritrasse subito, gli occhi spalancati
- No…-
sussurrò piano, scostandosi da me.
Si alzò in
piedi, raccogliendo in fretta le sue cose, cercando di tenere tutto in mano.
- Scusami,
devo andare.- disse poi cercando di allontanarsi, ma non potevo permettere che
se ne andasse via così, senza dirle niente.
- Aspetta.- la
fermai, afferrandola per un braccio.
Si voltò
nuovamente, mentre il mio sguardo esprimeva tutto il dispiacere che provavo:
non sapevo cosa mi fosse preso, era stato più forte di me.
Le sue labbra
dolci mi avevano attratto come un ape col miele e non
avevo avuto la forza di fermare il mio corpo che si era proteso verso di lei
per quel rapido ma intenso contatto.
- Devo… devo raggiungere il collega di mia madre che mi aspetta.
Ciao. – aggiunse, per poi allontanarsi e lasciarmi da solo in mezzo al parco.
Avevo la
sensazione di aver rovinato tutto.
E se davvero
così fosse stato, non me lo sarei mai perdonato.
* * *
Che diavolo avevi
in mente Robert? mi domandai furioso con me stesso, camminando su e giù per
la stanza senza sapere bene cosa fare.
Il giorno
prima, dopo quello che era successo con Andrea, me
n’ero tornato a casa e non avevo rivolto la parola a nessuno per tutta la
serata, tanto che perfino mia sorella Lizzy aveva cominciato a preoccuparsi.
Ma cosa mi era saltato in mente? La
conoscevo da 3 giorni e io, come se niente fosse,
l’avevo baciata.
Certo, era una
cosa che desideravo fare dal primo momento in cui l’avevo incontrata, ma questo
non mi giustificava.
Sapevo a cosa
aveva pensato, cosa le era passato per la mente in quei pochi secondi: che la
stavo prendendo in giro, che tra di noi non ci sarebbe mai potuto essere
niente, che appartenevamo a due mondi troppo diversi…
Ed erano cose
vere, o almeno lo erano relativamente, perché io ci tenevo davvero a lei.
La conoscevo
da troppo poco, lo sapevo, ma c’era stato qualcosa in lei che mi aveva attratto
subito e non sapevo bene nemmeno io come ma era scattato qualcosa in me quando
l’avevo vista 4 giorni prima.
Sentii bussare
alla porta della mia camera, e con un brontolio invitai l’ospite ad entrare.
- Ehi
fratellino, tutto bene?-
La solita
sorella rompi balle, ma in quel momento dovevo
ammettere che forse mi avrebbe fatto bene parlare un po’ con lei; nonostante ci
punzecchiassimo di continuo mi fidavo di lei ed eravamo sempre stati molto
uniti.
- Sono un
idiota.- risposi semplicemente, senza voltarmi verso di lei.
- Dimmi
qualcosa che non so.- disse ironicamente lei,
guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.
- Ok, come non
detto. Avanti, dimmi cos’è successo.- si corresse, sedendosi sul mio letto ed invitandomi a fare altrettanto.
Le raccontai
tutto per filo e per segno, dal momento in cui avevo incontrato Andrea al bacio
della sera prima.
- L’avevo
detto io che c’è di mezzo una ragazza.- commentò lei, alla fine del racconto.
- C’era direi.
Dopo ieri sera non so nemmeno se mi vuole più vedere.- risposi io, torturandomi
le mani e fissando un punto davanti a me.
- Avanti non
essere così drastico. Se ha reagito in quel modo vuol dire che le interessi.-
- Ma se anche
fosse, se ora non vuole più vedermi la cosa non mi
consola molto.-
- Lo dici tu
che non vuole più vederti. Noi donne siamo complicate, devi prenderci con i
guanti.-
- Si questo
l’avevo capito.- dissi, guadagnandomi uno scappellotto.
- Comunque sia
non mollare, sono sicura che anche lei in questo momento sta
pensando a quello che è successo. Forse è confusa, sai meglio di me cosa comporta stare accanto a quelli come te.-
- Già, come se
avessimo malattie strane.- commentai ironicamente.
- Hai capito
cosa intendo.- aggiunse lei, alzando gli occhi al cielo.
- Si
tranquilla.- dissi io, sorridendole: mi aveva fatto bene parlare con lei.
- Chiamala e
invitala fuori a cena. Domani parte no?- mi consigliò Lizzy dopo qualche
secondo.
- Pensi che
accetterebbe?-
- Se davvero le interessi, non vorrà tornarsene in Italia senza averti
rivisto.- rispose lei, strizzandomi l’occhio.
Si alzò per
lasciare la mia stanza, mentre io prendevo il cellulare, quando decisi di
fermarla.
- Ehi Liz.-
- Mmmh?-
- Grazie
sorellina.-
- Dovere.-
rispose lei sorridendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Mi portai l’iPhone all’orecchio aspettando ed incrociando le dita.
- Pronto?-
rispose finalmente.
- Ehi, credevo
non rispondessi.-
- Scusa, non
avevo sentito il telefono. Dimmi.-
Era la verità
o davvero non avrebbe voluto rispondermi?
Troppe domande, Rob, dacci un taglio.
- Che ne dici
se ti porto fuori a cena?-
- Io… non so…-
rispose Andrea dopo pochi secondi.
- Senti, se è
per quello che è successo ieri pomeriggio… mi dispiace, non avrei dovuto farlo,
ho sbagliato. Ma sarà una semplice cena tra amici,
niente di più. Domani parti, giusto?-
- Sì.-
- Voglio
salutarti. Non voglio farti tornare in Italia senza averti detto un “Ciao”
decente.-
Mi resi conto
dal suo silenzio che stava soppesando la proposta, quando finalmente sentii
quello che volevo.
- Ok.-
- Perfetto.
Vengo a prenderti alle 20.-
- D’accordo.
Aspettami fuori dal mio albergo che ti raggiungo. A
dopo.-
Chiusi la chiamata e sorrisi sollevato: ancora una volta mia
sorella mi aveva dato un buon consiglio.
Avvisai mia
madre che quella sera non sarei stato a casa a cena ed
andai a farmi una doccia.
Mi vestii con
cura e mi diressi a passo tranquillo verso il suo albergo: non volevo arrivare
troppo in anticipo, avrei fatto la figura dell’idiota, ma non ce la facevo più
a restare in casa.
Arrivai sotto al suo albergo con 10 minuti di anticipo, così mi appoggiai
ad un albero e mi accesi una sigaretta.
- È molto che
aspetti?- sentii improvvisamente una voce accanto a
me.
Mi voltai
piano, assaporando la sua presenza, ed osservando il
suo dolcissimo corpo fasciato da una gonna bianca, con canottiera nera e
giacchetta beige, il tutto accompagnato dai sandali bianchi dal tacco
abbastanza alto.
- No tranquilla.- le risposi poi sorridendole.
Trascorremmo
una cena tranquilla, in un ristorante carino non molto lontano dal centro; una
semplice cosa tra amici, come le avevo promesso.
Ma nemmeno io sapevo per quanto potevo
ancora resistere.
Usciti dal ristorante le proposi di fare un giro per il centro di
Londra, finchè giungemmo sul Westminster Bridge.
Le luci che
illuminavano il London Eye si specchiavano nel Tamigi,
mentre il grande orologio del Parlamento si stagliava alle nostre spalle.
- A cosa stai
pensando? – le chiesi dopo un pò con voce roca, notando lo sguardo perso a
contemplare una barca che navigava veloce lungo fiume.
- Ancora una
volta mi sono affezionata a questa città. Sarà dura partire domani.- mi rispose
sospirando.
- Ti sei
affezionata solo alla città?- le domandai, avvicinandomi pericolosamente a lei
da dietro.
Non riuscivo
più a starle distante, a trattarla come una semplice amica: le mie labbra
avevano fame di lei.
Si voltò verso
di me, mentre i nostri visi si trovarono vicinissimi ancora una volta, sentivo il
suo respiro affannato su di me.
- Rob…- mi
sussurrò, ma la zittii prontamente.
- Sssh..-
La distanza
tra di noi si annullò, mentre appoggiavo la mia bocca su quei dolci petali, che
dopo poco si schiusero permettendomi di entrare, per gustare il suo sapore.
Questa volta
non mi respinse, e gliene fui grato, perché non avrei più voluto lasciarla
andare, avrei voluto restare in quella posizione per
sempre.
Dopo pochi
secondi, tuttavia, mi allontanai di pochi millimetri, per permettere ad entrambi di riprendere fiato.
- Robert..- provò Andrea, ma ancora una volta la fermai.
- Aspetta, Andrea…-
- Andy.-
- Come?- chiesi
stupito allontanandomi da lei quel tanto che bastava
per guardarla nei suoi bellissimo occhi neri.
- Andy. Mi
chiamano Andy.-
- Andy.- mi corressi divertito. - So cosa stai pensando. Che
ti sto usando, che non potrà mai esserci niente tra di noi, che apparteniamo a
due mondi troppo diversi… e hai ragione. Almeno in parte.- mi affrettai ad
aggiungere, quando vidi la sua espressione.
- Non mi sto
prendendo gioco di te. Su questo sono sicuro. Desideravo baciarti fin da quando
hai sussurrato il mio nome, piegata su te stessa, 4
giorni fa. Mi hai colpito subito. Non so in cosa, ma sei diversa da tutte le
altre che ho incontrato. Forse anche perché non mi sei saltata addosso appena
mi hai visto.- continuai facendola finalmente ridere.
- Ma è vero, apparteniamo a due mondi diversi, viviamo
lontani. Non voglio trascinarti nel mio mondo di matti, non voglio obbligarti a
sopportare tutti i giorni orde di paparazzi e di
ragazzine impazzite, pronti a far di te carne da macello. Ma
lo ripeto e non finirò mai di farlo; mi sei entrata dentro e non voglio
lasciarti uscire. Non voglio dimenticarti.-
Dissi tutto quello con la mia fronte
appoggiata alla sua e gli occhi chiusi.
Non ero sicuro
al 100% di quello che stavo per fare, ma non riuscii a
trattenermi; pregai solo di non rovinare tutto ancora una volta.
- Ho una…
richiesta, ma voglio che tu mi dica di no, se la riterrai troppo egoistica.-
Aprii gli
occhi e la guardai fisso delle sue iridi scure.
- Domani
parti. Passa la notte con me. Solo io e te.-
Non era quello
che volevo, o meglio, era quello che volevo, ma avrei
voluto molto di più, avrei voluto tenerla sempre con me, svegliarmi tutte le
mattine con lei accanto, pranzare con lei a casa o in qualche ristorante,
passare con lei i miei momenti di pausa tra una ripresa e l’altra; ma allo
stesso tempo non volevo obbligarla a rinunciare alla sua vita tranquilla per
me, non sarebbe stato giusto.
Sentii il suo
respiro accelerare, mentre la vedevo perdersi in mille pensieri che avrei dato
qualunque cosa per conoscere.
- Scusami,
forse ti ho chiesto troppo, io…- aggiunsi infine, notando che non sembrava
intenzionata a rispondermi.
Ma questa
volta fu lei ad interrompermi, posandomi un dito sulle
labbra.
- Sì.- disse soltanto.
Le sorrisi radioso, prima di baciarla di
nuovo.
La presi per mano e mi diressi verso il mio appartamento;
grazie al cielo avevo portato con me le chiavi.
Quando entrammo mi persi completamente in lei, il mio cervello non
pensò a nient’altro se non alle sue labbra e al suo corpo, quando la distesi
finalmente sotto di me sul letto della mia camera.
Cominciai ad eliminare le barriere che ci separavano, mentre lei facevo
lo stesso.
Prima di farla
mia la guardai intensamente negli occhi, rendendomi conto che in quei 4 giorni mi ero innamorato di quegli occhi così belli e
profondi, e che non sapevo se sarei riuscito a lasciarli andare il giorno dopo.
Ma in quel momento non ci pensai ed
entrai in lei, assaporando quel magnifico contatto.
Non distolsi
mai lo sguardo dal suo, e vi lessi quella stessa tristezza che ero sicuro
potesse leggere anche nel mio, ma a cui entrambi non
volevamo pensare.
Mi distesi
accanto a lei, mentre si avvicinava a me e posava la sua testa sul mio petto.
Dopo pochi
secondi la sentii addormentarsi e non ci misi molto a raggiungerla anche io nel mondo di Morfeo.
* * *
La mattina
dopo mi svegliai piuttosto tardi, e quando ripensai alla notte che avevo appena
trascorso, mi voltai verso la figura che credevo dormisse ancora beatamente al
mio fianco, ma il posto accanto a me era vuoto e ormai freddo.
Mi sedetti di
scatto chiamando il suo nome, ma non rispose nessuno.
Se n’era
andata e senza nemmeno salutarmi.
Mi sfiorai le
labbra con le dita: ero convinto di averla sentita baciarmi, o forse era stata
soltanto una mia impressione, forse un sogno?
Non potevo
dare una risposta alla mia domanda, dal momento che
non avevo fatto altro che dormire.
Che sia maledetto il mio sonno pesante, mi ritrovai a pensare mentre
appoggiavo i piedi a terra.
Perché se
n’era andata senza svegliarmi e soprattutto senza salutarmi?
Forse quello
che c’era stato quella notte tra di noi non aveva
significato nulla per lei?
O forse
proprio perché aveva significato qualcosa, non voleva che il nostro fosse un
addio?
E io lo volevo? Volevo che se ne
tornasse in Italia? Volevo non rivederla mai più?
O volevo
costruire qualcosa con lei?
Forse sarebbe
stata una cosa difficile e con alti e bassi, ma volevo davvero rinunciare così?
No!
Mi alzai di
scatto, indossando le prime cose che mi capitarono in mano.
Scesi in
strada correndo e fermai un taxi, dicendogli di andare all’aeroporto il più
velocemente possibile.
Non sapevo a
che ora aveva l’aereo Andrea, e sperai con tutto il cuore di arrivare in tempo.
Pagai il
taxista senza aspettare il resto e mi fiondai all’interno del terminal; guardai
rapidamente il tabellone delle partenze e finalmente trovai quello che mi interessava.
Quando sentii
l’altoparlante gracchiare “I signori passeggeri del volo diretto per Parma,
Italia, sono pregati di dirigersi agli appositi
sportelli” la mia mente si offuscò e cominciai ad urlare il suo nome.
- Andrea!-
Mi sentivo un
idiota, soprattutto perché tutti si voltarono a guardarmi, ma non mi importava, dovevo ritrovarla, volevo ritrovarla, e il mio
cuore continuava a pregare che non fosse già salita su quell’aereo.
- Andrea!-
ripetei a squarciagola ignorando gli sguardi su di me.
E finalmente
la vidi, bellissima come sempre, bagaglio alla mano; la vidi voltarsi verso di
me e fissarmi con occhi increduli.
- Andrea!- continuai
a chiamarla, nonostante mi trovassi ormai davanti a lei, le mani appoggiate
sulle ginocchia e il fiato corto per la corsa.
- Robert…-
sussurrò piano.
La abbracciai
senza lasciarle il tempo di dire nient’altro, volevo solo sentire il suo corpo
stretto al mio, il suo profumo entrarmi nelle narici ed
inebriarmi.
- Proviamoci.-
sussurrai infine, affondando il volto nei suoi capelli.
- Cosa?- chiese
senza capire.
- Proviamoci, io e te. Forse i nostri mondi non sono poi tanto
diversi. E per la distanza… bè, hanno inventato gli aerei per qualcosa, ci vedremo il più spesso possibile, te lo prometto.- le
risposi, incatenando i miei occhi azzurri a quelli neri di lei.
- Rob, io
non…-
- Ascoltami. Io
non so cosa mi sia successo, cosa tu mi abbia fatto. Non mi era mai capitata
una cosa del genere, non sono certo una di quelle persone che riesce a dare
subito confidenza agli altri, io ho bisogno di tempo. Ma
con te è stato diverso. Non posso assicurarti che andrà bene, così come non
posso assicurarti una vita tranquilla. Ma se non ci proviamo, potremmo
pentircene, non credi?-
La vidi
guardarmi intensamente, perdendo i suoi occhi color pece nei miei color del mare; sapevo che stava riflettendo su quello che
le avevo appena detto, che stava decidendo se rinunciare a me oppure no.
Quale sarebbe
stata la sua decisione? Sarebbe salita su quell’aereo per sempre, senza più tornare o solo per qualche tempo, per poi tornare
da me?
Dopo quella che mi sembrò un’eternità la sentii sospirare.
- Hai ragione.
Forse sto facendo l’errore più sbagliato della mia vita, o forse quello più
giusto, chi lo sa. Ma anche io voglio provarci. Voglio
poter vedere il tuo sorriso ancora e ancora, fino a quando non mi stancherò. O
per meglio dire, fino a quando tu non ti stancherai di me.-
- Non penso
che potrà mai accadere una cosa del genere.- le risposi, sorridendo raggiante, prima
di baciarla nuovamente.
Quel giorno Andrea
prese quell’aereo che l’avrebbe riportata a casa, ma non per sempre, solo per
un po’.
Solo fino a
quando sarebbe tornata a riprendere il suo cuore, quello stesso cuore che mi aveva affidato, per sempre.
Il respiro regolare di mia figlia mi
risveglia dai miei ricordi: finalmente si è addormentata.
La poso delicatamente nella culla
accarezzandole la testolina, per poi uscire dalla cameretta lasciando la porta
socchiusa.
Entro in camera mia e di mia moglie e
la vedo seduta sul letto, lo sguardo perso nel vuoto.
Chissà a cosa sta pensando.
Rimango sulla porta per un po’,
guardandola da lontano; non è cambiata di una virgola, sembra sempre la stessa
ragazzina di 20 anni che ho incontrato anni fa, sul
quel marciapiede della capitale inglese.
Già, io ed Andrea
alla fine ci siamo sposati.
Dopo il suo ritorno in Italia abbiamo
iniziato la nostra relazione, un po’ travagliata certo, ma siamo sempre rimasti
insieme, più innamorati che mai.
Non è stato facile all’inizio,
ritrovarsi improvvisamente catapultata nel mondo dello spettacolo
non è stata una passeggiata per lei, ma ce l’abbiamo fatta.
Sei anni fa si è trasferita a Los
Angeles per starmi accanto e non dover più prendere tutti quegli aerei e dopo 2 anni è diventata la signora Pattinson, con una cerimonia
per pochi intimi.
L’anno scorso è
nata la nostra piccola Rachel, una peste; secondo sua madre, proprio come me.
Andrea si è presa
un periodo di pausa dal suo lavoro di fotografa per badare a nostra figlia,
mentre io ho deciso di non accettare ingaggi che mi portassero fuori Los
Angeles: non sarei riuscito a stare per tanto tempo lontano dalle donne della
mia vita.
A volte vengono a trovarmi sul set,
adoro vedere mia figlia ridere divertita mentre mi guarda recitare.
Finalmente mi avvicino a mia moglie,
sedendomi accanto a lei sul letto.
- Andy, tesoro, Rachel si è addormentata.-
Si volta verso di me sorridente, mentre
io le poso un bacio sul collo scoperto.
- Che fai?- le chiedo.
- Niente. Stavo ripensando al nostro
primo incontro.-
Questa è
telepatia, penso divertito.
- Ti riferisci forse a quell’incontro a
Londra, dove una certa ragazzina impacciata ha sussurrato il mio nome nel bel
mezzo del traffico londinese?-
- Proprio quello. Ma ti devo forse ricordare, Rob, che tu mi hai dato corda? Ero convinta che saresti scappato a gambe levate.- mi ammonisce lei ridendo.
- Io l’ho sempre detto che mi piacciono
le ragazze pazze.-
- Non credi sia ora di andare a dormire
anche per noi? Domani mattina devo alzarmi presto.- aggiungo
poi.
La vedo fissarmi per un po’, con
sguardo quasi malizioso.
- Perché mi guardi così?- le domando,
sollevando un sopracciglio.
- Mi stavo chiedendo… dobbiamo proprio
dormire? Non puoi dedicare un po’ del tuo tempo anche alla tua mogliettina?-
risponde lei con un’altra domanda, avvicinandosi a me con sguardo malizioso,
posandomi un bacio sulle labbra.
- Mmmh… ora che mi ci fai pensare, non
ho poi tanto sonno.- rispondo io, stando al gioco ed
allontanandomi dalle sue labbra di pochi millimetri.
La afferro per i fianchi, stendendola
sotto di me e le mostro tutto il amore..
Ora come ora non so come avrei fatto se
quel giorno, impacciata ragazzina di 20 anni quale ere,
non avesse cercato di avvicinare me, l’attore inglese più ricercato di quegli
anni.
Ma
ora che lei si trova qui, tra le mie braccia, mi rendo conto che la mia vita
senza di lei non avrebbe avuto più senso.
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Ok, ero a
corto di idee, ma avevo voglia di pubblicare una nuova
FF, tanto x evitare che i miei “fans” si dimenticassero di me! XD
Quindi ho
pensato di riproporvi la mia one-shot “Un incontro che
può cambiarti la vita” ma dal punto di vista di Rob. J
Spero che
l’idea piaccia. J
Non ho molto
altro da aggiungere, quindi spero soltanto in tante vostri commenti. :P
Un bacione
grande a tutti, chi leggerà e chi commenterà. J
Cicci 12