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Da
un istante all’alto, Yugi e gli altri si ritrovarono
da una palude mefitica ad un deserto sconfinato, sul quale batteva un sole
tremendo.
«In qualche modo ce l’abbiamo fatta.» disse Jounouchi riprendendo fiato
«Credevo di morire.» disse Honda «In senso
metaforico, ovviamente.»
«A quanto pare, abbiamo superato il primo
mondo del Duat.» disse Anzu
«Sembra di sì.» rispose Yugi
«Ma non abbiamo idea di quanti ne dovremo affrontare, né di cosa potremo
incontrare.
Atem aveva
ragione. Questo viaggio non sarà per nulla semplice.»
«Mai una volta che ci rendano la vita facile.»
mugugnò Jounouchi
«Forza e coraggio.» disse invece Honda «Almeno
uno ce lo siamo lasciato alle spalle».
A quel punto i quattro si guardarono attorno,
alla ricerca di qualche riferimento.
«Che situazione.» commentò Jounouchi
«Prima una palude, e ora un deserto.»
«Non si può certo dire che questo sia il posto
più ospitale del creato.»
«Probabilmente abbiamo oltrepassato il primo
mondo.» disse Yugi «Quindi questo è il secondo.»
«E come ne usciamo?» domandò Anzu
«Di certo, non restando qui a discuterne.»
replicò Honda.
Yugi prese
nuovamente il Libro dei Morti.
«La prima volta ci ha aiutati rivelando il
passaggio. Quindi, probabilmente lo farà ancora».
Dal momento però che il libro non sembrava
emanare alcun potere, era lecito supporre che la porta non si trovava da quelle
parti, o che comunque non era ancora giunto il momento che si aprisse, quindi
l’unica cosa da fare era spostarsi ed esplorare la zona.
«Mi raccomando, prudenza.» disse Yugi mentre prendevano a camminare «Come abbiamo avuto modo
di vedere, in questo posto i pericoli non mancano».
Così come la palude dalla quale erano appena
usciti, anche quel posto era alquanto terrificante e minaccioso.
La sabbia, dura e ruvida, scricchiolava sotto
le scarpe, ed era di un colore ambra molto intenso, che riflettendo la luce del
sole faceva bruciare gli occhi e aumentava ancora di più il senso di calore;
colonne di roccia si alzavano qua e là assumendo le forme più diverse, come di
giganteschi termitai, e regnava il silenzio più totale.
Ben presto, continuare a camminare divenne
sempre più difficile. I ragazzi sudavano, e benché sapessero che in quanto
anime non erano in alcun modo legate ai bisogni o alle sensazioni mortali, la
sete minacciava di ucciderli; le gole erano riarse, gli occhi pieni di sabbia,
e i capelli imperlati di sudore.
«Dite una cosa.» disse Jounouchi
avanzando a fatica «Ma in questo mondo si può morire? Perché se è così, credo
che mi stia succedendo.»
«Forse questo fa parte della prova che
dobbiamo superare per andare avanti.» ipotizzò Yugi
col fiato corto «Vincere il caldo e la fatica».
Honda sembrava sul punto di svenire; era così
esausto e fuori di sé che senza accorgersene inciampò su di una pietra
sporgente, rotolando sulla sabbia e riempiendosene i vestiti.
«Dannati sassi!» brontolò mettendosi a sedere.
Quasi per caso gli occhi gli caddero sulla
sciagurata pietra, e quello che vide lo fece sudare freddo per la paura.
«E adesso che succede?» chiese Anzu vedendolo gattonare terrorizzato all’indietro.
Lui però era troppo spaventato, e tutto quello
che poteva fare era indicare il sasso. Anche gli altri allora lo guardarono,
restandone atterriti e sconvolti quanto il loro amico.
Sulla superficie levigata e liscia di quella
pietra era impresso quello che era senza ombra di dubbio un volto umano, freddo
ed immobile, con un’espressione leggermente enigmatica e non necessariamente
minacciosa, ma non per questo meno spaventosa.
«Ma questo… questo è…» disse Jounouchi.
A quel punto i ragazzi si guardarono attorno,
attoniti ed increduli.
Non solo su quel sasso, ma anche sulle altre
pietre, sulla superficie della sabbia e anche scolpiti sulle pareti delle alte
rocce, si vedevano facce e figure umane più o meno intere, e tendendo bene
l’orecchio sembrava quasi di sentirle parlare, emettendo un mormorio continuo e
poco distinguibile.
«Ma che razza di posto è questo?» disse Yugi spaventato.
D’un tratto, una voce più forte ed echeggiante
parve sovrastare le altre.
«Anime vaganti e sperdute. Che cosa ci fate
qui?» sentirono dire.
Gli occhi di tutti allora si posarono su di
una statua, o comunque una figura scolpita in una vicina roccia, alla quale si
avvicinarono; raffigurava un uomo, dai tratti indistinguibili e a mezzobusto,
con le braccia e le gambe fuse con il costone ed il busto proteso verso
l’esterno; non si vedevano né bocca, né naso né altri tratti somatici, tranne
due piccoli fori all’altezza degl’occhi.
«Meglio fare attenzione.» disse Anzu «Potrebbe essere una trappola.»
«Rispondete.» disse nuovamente la figura «Che
cosa ci fanno delle anime in questo luogo di oblio e dimenticanza eterna?»
«Stiamo affrontando una prova prima di entrare
nell’altra vita.» rispose Yugi
«In tante migliaia di anni, questa è la prima
volta che vedo anime senzienti transitare per questi luoghi. In questo deserto
senza vita, esiste solo una solitudine senza pari.»
«Ma tu che cosa sei?» chiese Honda
«Io sono quello che resta.»
«Quello che resta!?»
«Quando un’anima lascia il proprio corpo
terreno, sono solo tre le vie che può percorrere. Se è corrotta da un’oscurità
e da un male insanabili, sarà precipitata all’inferno dove soffrirà per
l’eternità; se ha compiuto il proprio commino spirituale, tornerà ad essere
parte del grande tutto che regola ogni cosa; se il suo cammino non è ancora
compiuto, rinascerà in altre forme per avvicinarsi di nuovo ed un po’ di più
alla verità.
In quest’ultimo caso, prima di accedere alla
nuova vita l’anima deve liberarsi di tutto ciò che la tiene legata alla
precedente, così da poter continuare nel suo cammino di purificazione ed
ascensione.
«Questo deserto è il luogo in cui ci si lascia
alle spalle i propri sentimenti e desideri terreni, i quali una volta separati
dall’anima si fondono e si amalgamano con l’ambiente che li circonda, diventando
un groviglio inestricabile di sciocchi ed inutili fantasmi che gli esseri umani
hanno inseguito per tutta la vita, come fossero stati i loro più grandi
tesori.»
«I propri sentimenti e desideri terreni?»
ripeté Yugi
«Voglio essere bello. Voglio avere tanti
soldi. Voglio essere potente. Questa è solo zavorra, che qui viene scaricata».
I quattro amici non riuscirono a non pensare a
sé stessi.
Cosa avrebbero lasciato in quel posto?
Ognuno cominciò a riflettere su quali fossero
state le proprie ambizioni, i propri desideri, interrogandosi se fossero stati
buoni o cattivi, giusti o sbagliati.
Che poi aveva poca importanza; in ogni caso, e
comunque fosse andata la loro missione, li avrebbero lasciati lì.
Chissà, forse se ne sarebbero liberati nel
momento stesso in cui avessero lasciato quel deserto per passare alla prova
successiva. L’idea li spaventava, perché sentivano che senza desideri né
ambizioni non avrebbero avuto la forza né gli stimoli per voler andare avanti.
D’un tratto, uno strano rumore interruppe i
loro pensieri.
Sembrava un tremore, come se una talpa
gigantesca stesse facendosi strada sotto la sabbia sventrando ogni altra cosa
al suo passaggio.
Il terreno all’improvviso parve esplodere
proprio sotto i piedi dei ragazzi, che finirono scaraventati in tutte le
direzioni mentre la roccia con la quale avevano parlato si sgretolava assieme a
ciò che vi era dentro.
«Ma cosa…» disse Yugi.
Poi, la sabbia e la polvere si posarono, e
sempre più riconoscibile comparve agli occhi di Yugi
e dei suoi compagni una figura che tutti loro non vedevano da parecchio tempo,
e che non avevano mai dimenticato per tutte le sofferenze e le disgrazie che
aveva portato.
«Marik!?».
In verità quello era l’ultimo luogo dove i
ragazzi si sarebbero aspettati di incontrare l’altro Marik.
Ora che conoscevano l’ordine cosmico che regolava il ciclo della vita e dello
morte, per quello che aveva fatto lo immaginavano a bruciare all’inferno.
Come mai, dunque, si trovava lì?
«Ma guarda che sorpresa.» disse sfoggiando il
suo solito ghigno «Allora, quello che avevo sentito dalle altre anime e spiriti
erranti era vero.
Se non lo vedessi con i miei occhi, non ci
crederei.
Il lacchè del faraone e il suo trio di insulsi
lacchè morti e sepolti, e le loro anime a vagare in questo dannato deserto
ultraterreno.»
«Anche noi siamo felici di vederti.» disse
beffardo Honda
«Che ci fai qui, specie di sadico necrofilo?»
chiese sprezzante Jounouchi «Il tuo posto dovrebbe
essere al piano di sotto.»
«Sarebbe troppo bello.» replicò Marik «Ve ne siete dimenticati? Io non esisto realmente.
Non sono mai esistito. Sono solo un concentrato di energie, pensieri ed
emozioni di quell’incompetente del mio alter ego.
Io non possiedo un’anima, quindi non posso né
passare ad un’altra vita, né ascendere né sprofondare all’inferno. Il mio posto
è qui.»
«Considerato quello che hai fatto» disse Yugi «Te la sei cavata anche troppo bene.»
«Senti, senti. Il piccoletto fa la voce
grossa. Forse ti sei dimenticato che ora non c’è più il faraone a proteggerti».
Detto questo Marik agitò
il braccio, e una tempesta di vento si abbatté sui ragazzi minacciando di far
loro prendere il volo.
«Ho saputo che state affrontando una prova, e
che se fallirete sarete spediti agli angoli opposti del creato.» disse lo
spirito facendo comparire una sfera di luce nera nel palmo della sua mano «Non
posso uccidere chi è già morto, purtroppo. Ma posso pur sempre prendermi una
rivincita su di voi!».
Marik lanciò la
sfera, che investì in pieno i ragazzi, ma questi riuscirono a difendersi
facendosi scudo dei propri ka, comparsi al momento
giusto per proteggere i loro padroni.
«Niente male per dei lacchè, vero?» disse
provocatorio Jounouchi
«Meglio così.» disse invece Marik «Sarà più divertente».
I ka si separarono,
tentando di attaccare Marik da ogni direzione, ma lo
spirito scomparve nel nulla come una specie di fantasma, per poi riapparire
alle spalle del Comandante ed esplodergli una di quelle sfere nere direttamente
nell’addome, facendolo volare direttamente addosso al Guerriero e spedendo
entrambi al tappeto con un solo attacco.
Poi venne il turno del Mago della Fede; questi
cercò di fare ricorso alla sua magia, e contemporaneamente il Mago di Yugi tentò un attacco alle spalle. Marik
fulmineo raggiunse il mago di Anzu, lo stese con un
pugno e quindi lo mise davanti a sé come scudo contro l’attacco dell’altro
mago, che sbagliò in pieno il bersaglio colpendo il proprio alleato.
L’urto fu tremendo, tanto che il Mago della
Fede divenne per un istante evanescente come un ologramma, mentre Anzu cadde in ginocchio in preda ad un dolore tremendo in
tutto il corpo, come se l’avesse travolta un treno.
«Anzu!» disse Yugi.
Marik a quel
punto lasciò andare l’inerme maga e passò al mago di Yugi,
che rendendosi conto di essere in svantaggio optò per una strategia mordi e fuggi,
attaccando e muovendosi di continuo nel tentativo di disorientare l’avversario.
La tattica funzionò abbastanza a lungo da
permettere il ritorno sul campo di Honda e Jounouchi,
e dopo poco l’attacco combinato a tre parve dare qualche risultato. Il combattente
di Jounouchi, più rapido del mago, teneva a bada Marik con una tecnica tipo pugilato e molta velocità; poi,
al momento giusto, il ka si allontanava dando modo al
Comandante o al mago di Yugi di bersagliare il nemico
da lontano con un incantesimo o un paio di razzi.
Ben presto, e nonostante tutta la sua iniziale
baldanza, fu Marik a mangiare la polvere,
ritrovandosi disteso sulla sabbia; essendo solo uno spirito, e non avendo una
scintilla come i quattro ragazzi, non poteva provare dolore, ma ad ogni colpo
subito o inferto la sua energia si esauriva un po’ di più, e dovevano passare
migliaia di anni per poterla riavere indietro.
«Ecco, bravo.» disse Honda «Mangia la polvere.
È un ruolo che ti si addice.»
«Maledetti…
maledetti mocciosi ficcanaso».
Gli occhi dello spirito erano iniettati di
rabbia, molto simili a quelli che avevano già visto anni addietro, durante il
grande torneo di Battle City e in cima a quella
torre.
Dal canto suo Marik
era fuori di sé; se oltre che nella vita, fosse stato sconfitto anche nella
morte da quel quartetto d’incapaci, avrebbe trascorso il resto dell’eternità
divorato da una furia ancor più grande di quella che già provava, e che gli
permetteva di vagare come voleva attraverso quel deserto come se avesse avuto
ancora un corpo, immune al destino che toccava agli altri avanzi di anima che
gli tenevano compagnia.
«Se sperate di cavarvela così, siete solo
degli illusi!».
Un’aura
nera lo circondò interamente, la sue pelle e le sue vesti si riempirono
di crepe e di strappi, per poi lacerarsi completamente.
Come un insetto che si libera del proprio
vecchio esoscheletro, così lo spirito oscuro di Marik
si liberò del proprio aspetto umano, mettendo a nudo quella che era sempre
stata la sua vera essenza e forma; sembrava una via di mezzo tra un drago ed
una falena, due gigantesche ali membranose, una testa rotonda da bestia con un
cranio quasi piatto che si protendeva all’indietro, occhi piccoli e neri e una
bocca parzialmente coperta da strisce di pelle che le impedivano di aprirsi completamente.
Non aveva zampe, perché all’altezza dell’addome il suo corpo sprofondava nella
sabbia, segno che probabilmente non si poteva muovere.
Infine, da varie parti del corpo spuntavano
tentacoli lunghi e sinuosi, che si agitavano nell’aria come tanti serpenti.
«Sarebbe questo il suo vero aspetto?» domandò Jounouchi, molto più preoccupato di quanto cercasse di fare
apparire.
Marik non aveva
mai avuto occasione di mostrare quella forma, e anche adesso i pericoli non
mancavano; essa richiedeva un enorme dispendio di energie, ed era molto
probabile che nel giro di pochi minuti la sua essenza si sarebbe completamente
sfaldata, lacerandosi in milioni di frammenti che avrebbero impiegato millenni
per tornare assieme.
Ma sapere quei piantagrane separati per l’eternità
valeva bene il sacrificio.
«Ora capirete cosa significa sfidare la mia
ira.»
«Non contarci, sottospecie di scherzo della
natura!» esclamò Jounouchi «Combattente, schiaccia
questa specie di falena!»
«Anche tu, comandante!»
«No, aspettate!» tentò di dire Yugi, ma era troppo tardi.
I due ka attaccarono
insieme, colpendo rispettivamente con un pugno pauroso e una selva di missili,
ma Marik prese il colpo senza sentire praticamente
nulla.
«Sparite!» tuonò con la sua nuova e
terrificante voce.
Gli bastò agitare le ali, e un vento oscuro e
fortissimo si abbatté sui ragazzi e sui loro ka,
scaraventandoli a terra dopo averli privati di buona parte delle loro forze.
«Se credi che questo basterà per metterci al
tappeto.» disse Jounouchi cercando di mettersi in
piedi «Allora sei tu quello che ci sta sottovalutando».
Ma poi, quando gli occhi di tutti tornarono a
concentrarsi sul nemico, i tre ragazzi gelarono; nel tempo che avevano
impiegato a rialzarsi, uno dei tentacoli di Marik
aveva saettato veloce in mezzo a loro, afferrando una Anzu
ancora in parte intontita dal colpo che aveva subito, e mettendola davanti a sé
come uno scudo.
«Anzu!» gridò Yugi.
Lei era ancora troppo scossa per avere la
forza di rispondere, ma capiva in che situazione si trovava.
«Non fate una mossa!» ordinò il mostro quando
si avvide che i ragazzi stavano cercando di reagire «Posso divorare la sua
scintilla prima che voi abbiate anche solo il tempo di pensare a qualcosa. E
voi sapete bene cosa succederà se lo faccio».
Yugi e gli
altri non potevano muoversi.
«Razza di verme senza coscienza.» ringhiò Jounouchi a denti stretti.
Cercando di mantenersi il più calmo possibile,
Yugi iniziò a pensare ad una possibile soluzione, e
intanto Honda e Jounouchi scalpitavano per dare una
lezione a quella specie di bestia.
«Non pensate a me!» disse Anzu
dopo essersi ripresa «Fermatelo! Tanto, in ogni caso, uno di noi è destinato a
non farcela!»
«Ma senti.» disse Marik
ridendo e stringendo più forte la presa attorno a lei «Sei più coraggiosa di
quanto appaia».
Sentendo Anzu urlare
per il dolore, e unendo ciò alla propria sensazione di impotenza, Yugi si sentì invadere da una rabbia infinita, e lo stesso
accadde ai suoi due compagni.
«Lasciala stare!» urlò.
D’improvviso, il suo mago venne circondato da
una specie di guscio di luce, ed il bagliore prodotto fu così forte da accecare
Marik.
«Che sta succedendo?» ringhiò.
Sentendo che la presa su di lei si era
allentata Anzu ne approfittò, mordendo il tentacolo
che la imprigionava e riuscendo a liberarsi, venendo presa al volo dal suo mago
che la portò al sicuro in mezzo ai suoi compagni.
Dopo poco il guscio si ruppe, e da esso un
Mago Silente più grande e potente di prima.
«Incredibile.» disse Honda «Ma che gli è
accaduto?»
«È come se si fosse evoluto.» disse Anzu.
Il nuovo mago di Yugi
sprigionava una luce fortissima, che costringeva Marik
a coprirsi gli occhi con una delle sue ali, visto che apparentemente non aveva
palpebre per poterli chiudere.
«Maledizione!» urlò lanciandosi contro il
nemico.
Il mago non si scompose, e un istante prima di
venire investito puntò il suo scettro contro Marik,
che venne circondato da un mare di fiamme luminose che presero immediatamente a
sbriciolarlo un pezzo alla volta.
«No! Mi rifiuto! Non può finire così!».
Ma ben presto si rese conto che era davvero
finita, e a quel punto rise istericamente.
«Non crediate di poter riuscire in questa
follia! Non avete neanche idea di quali prove vi aspettano più avanti! Il vostro
legame morirà, così come siete morti voi!».
Come finì di parlare, Marik
sparì, lasciandosi dietro nulla più che il gigantesco foro nella sabbia da cui
spuntava il suo corpo.
Tornata la calma, e non senza una punta di
angoscia per quello che il loro eterno nemico aveva detto nella sua ultima
dimostrazione di malvagità prima di scomparire, i ragazzi guardarono il ka di Yugi, che dopo poco svanì
assieme agli altri come suo solito.
«Ma si può sapere cosa è successo al tuo ka?» chiese Jounouchi
«Non lo so.» rispose lui guardando il dia dhank «Ma forse, più tempo passiamo in questo mondo
ultraterreno, più le nostre anime si rafforzano, acquisendo nuova forza, che si
riflette automaticamente sui nostri ka.»
«Potrebbe essere.» disse Honda.
Yugi allora
guardò Anzu.
«Ti ringrazio, Yugi.»
«Non c’è di che. Sono felice che tu stia
bene.»
«Piuttosto, voi che dite?» continuò il
biondino «A questo punto, direi che la nostra prova è superata».
E infatti, dopo qualche secondo, il Libro dei
Morti si illuminò di nuovo, aprendo un secondo portale.
«Il nostro compito in questo mondo è finito.»
disse Yugi «Un altro mondo ci attende.»
«Fate attenzione, anime erranti.» disse l’entità
con la quale avevano parlato prima della comparsa di Marik,
e che terminato lo scontro si era letteralmente ricostruita davanti ai loro
occhi «Molto probabilmente, le prove che avete sostenuto fino a questo momento
sono niente rispetto a quelle che vi attendono più avanti.»
«Grazie dell’avvertimento.» disse Anzu «Faremo attenzione.»
«Andate, ora. E dimostrate agli dèi quanto può
essere inarrestabile la forza di volontà degli esseri umani».
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Ora che i corsi
universitari sono finiti (almeno per me), posso finalmente tornare a dedicarmi
con più tranquillità alla mia fiction, distribuendola tra tutti gli altri miei
impegni giornalieri.
Pensandoci adesso,
forse avrei dovuto fare più attenzione quando dissi che sarebbe stata una
fiction di soli tre capitoli.
Anche adesso, avevo
intenzione di arrivare direttamente al momento dell’ultima prova (che, anticipo
subito, si terrà nella Sala del Giudizio, uno dei luoghi più importanti dell’oltretomba
egizio), ma ho deciso di fermarmi qui perché altrimenti sarebbe venuto fuori un
capitolo da dodici pagine o più, visto che Yugi e
compagnia devono superare ancora un mondo prima di arrivarci.
Quindi, in
conclusione, alla fine mancano esattamente 3 capitoli, epilogo incluso. Il
primo di questi dovrei poterlo inserire già venerdì. Staremo a vedere.
Grazie ai miei
recensori e lettori, come sempre.
A presto!^_^
Carlos Olivera