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Autore: Elle Sinclaire    23/05/2012    12 recensioni
Un liceo americano, sette ragazzi.
Una cittadina di provincia, una routine ormai collaudata che entrerà in crisi, feste e intrecci faranno da sfondo alle vite degli studenti del Sequins High che vivono le loro vite come nei migliori telefilm sui licei degli USA. O almeno così sembra.
[Dal primo capitolo: "La routine implicava comunque il suo passo affrettato, gli spintoni sull’autobus e la puzza di topo morto proveniente dalle ascelle di Jeremy Cunningham, suo compagno nel corso di scienze; il rientro a scuola, la prima sigaretta della giornata in cortile con Coop, la sosta davanti all’armadietto di Victoria.
Ed era da quel momento in poi che rimpiangeva i morsi ai polpacci di Lucy e i pugni nello stomaco di Jamie: il primo spintone di solito era di Simon Scott, il quarterback della squadra di football, accompagnato dagli insulti di JC Cook, il ragazzo più bello e popolare della scuola.
La storia che vi racconterò, parlerà proprio di come JC Cook scardinò per sempre la routine di Chase Lucas Walker.]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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A chi fa sogni discutibili
su Brian Kinney. 

Il principe azzurro è gay.

JC era sempre stato convinto di non aver bisogno di niente e di nessuno nella sua vita, nonostante a volte il suo cervello sembrasse necessitare di un supporto psicologico. Non che fosse stupido, solo odiava non esserlo: vivere tra cheerleader e sportivi era difficile quando si supera abbondantemente la media dei loro quozienti intellettivi.
Proprio grazie all’abbondante dose di cervello di cui i suoi genitori l’avevano gentilmente dotato, comunque, non aveva mai avuto dubbi sul fatto di riuscire a cavarsela da solo contro qualsiasi avversità la vita gli avrebbe messo davanti: solo così avrebbe affrontato i problemi economici della sua famiglia e l’inferno che sarebbe stato il liceo.
Per questo, all'inizio del suo Freshman Year aveva dovuto compiere una scelta: abbandonare per sempre i suoi sogni di popolarità, oppure rimboccarsi le maniche e guadagnare da sé i soldi che i suoi genitori non avevano.
Su cosa la scelta fosse ricaduta, nessuno aveva mai avuto dubbi: aveva venduto la sua anima al diavolo tentatore della vanagloria e deciso che avrebbe raggiunto il vertice della piramide sociale.
Il primo passo, trovato un lavoro, lo aveva portato su una poltrona del parrucchiere della signora Peterson, con la carta argentata in testa e un asciugamano rosso sulle spalle: i colpi di sole erano d’obbligo per un californiano doc e sarebbe apparso come il principe azzurro delle fiabe, ma più figo e meno gay di lui. Meno gay per quanto sarebbe potuto apparire tale uno che lo era a tutti gli effetti.
JC aveva sempre avuto il sospetto di avere tendenze particolari, ma, quando Grace lo aveva baciato a tradimento l’estate prima dell’inizio del liceo e lui aveva avuto voglia di un hamburger e di guardare le repliche di Queer as Folk, ne aveva avuto la conferma: le sue labbra non erano neanche in minima parte appetibili come quelle di Brian Kinney. Era stato allora che aveva capito che forse la cotta non se l’era preso per una bocca galleggiante nel vuoto come quella del Rocky Horror Picture Show – e a proposito di questo, avrebbe dovuto porsi qualche domanda già da quando aveva trovato sexy Tim Curry nel ruolo di Frank’n’Furter – ma anzi la sua venerazione era tutta per un uomo che ispirava sesso da qualsiasi angolazione fosse guardato. Se poi fosse stato il lato b, tanto meglio.
Era stato tentato di confessare la verità a Grace, comunque. poi però si era convinto che in fondo era un compromesso accettabile, farsi risucchiare la faccia ogni tanto dalla sua amica di infanzia, pur di essere ciò che sognava da sempre: l’eroe del liceo, il capitano della squadra di football, il ragazzo d’oro di Sequins; e poi un giocatore di fama mondiale e anche un modello che avrebbe partecipato ai video musicali di Madonna, mezzo nudo e attorniato da altri bellissimi ragazzi. In fondo, se il prezzo da pagare per questo era abituarsi all’odore troppo dolce di Grace e ai suoi capelli troppo lunghi e alle sue tette, avrebbe potuto abituarsi.
Un piccolo sacrificio per la gloria eterna.
Doveva ammettere però che sapeva essere piacevole; non parlava mai di cose troppo serie che richiedessero la sua completa attenzione, né faceva pressioni per il sesso come le altre cheerleader. Non che volesse aspettare il matrimonio: solo che gli aveva creduto quando JC le aveva raccontato di essersi preso la peste durante un viaggio a Milano, dove per altro non era mai stato. Oltretutto uscire pubblicamente con lei, la ragazza più popolare della scuola, seconda solo a Hope, aveva alzato la sua desiderabilità tra le altre ragazze.
Cosa più importante tra le altre, inoltre, Grace gli aveva trovato un lavoro: lo aveva fatto assumere dal ricco padre nel suo bar-ristorante in centro, dove lavorava ogni giorno dopo la scuola per guadagnare ciò che gli serviva per mantenere alto il suo stile di vita. Vestiti firmati, parrucchiere, benzina per la sua vecchia jeep, sbiancamento dei denti ogni tre mesi.
Anche quel pomeriggio era al Gold Lion e serviva i tavoli, veloce e annoiato come sempre. La scuola era iniziata da una settimana, ma lui era già stanco delle solite facce e delle solite cheerleader che gli sorridevano ammiccanti, sperando solo che lui tradisse la sua ragazza: l’amicizia tra ragazze, al Sequins, era pura utopia.
Aveva bisogno di un secondo lavoro, comunque, e alla svelta: le entrate del locale non erano più sufficienti a garantirgli un tenore di vita decente e lui aveva bisogno di andare a fare shopping e comprare la miracolosa nuova crema per il viso che avevano alla profumeria vicino casa. E c’era anche quel paio di jeans al negozio di abbigliamento che gli avrebbero fasciato il sedere in modo troppo perfetto per poterli lasciare sul loro triste scaffale.
Doveva trovare qualcosa da fare nel poco tempo libero a tutti i costi; la lontananza da Grace non gli avrebbe fatto male di certo.
Non avrebbe mai pensato però che la ricerca di un nuovo impiego avrebbe stravolto tutto. Forse allora avrebbe rinunciato alla sua bellezza.

 

Hope sbattè la porta di casa con un diavolo per capello e lanciò la borsa contro il muro davanti a sé. Imprecò in un paio di lingue inventate sul momento contro la tinta di Christina Aguilera e il culo troppo grande di Jennifer Lopez, poi prese un respiro profondo nel preciso istante in cui la porta dietro di lei si riapriva, facendo apparire Grace, sorridente come sempre.
“Chiunque sia il ragazzo con cui hai una relazione clandestina, dovresti vederlo più spesso, sorellina. Non mi sembri rilassata come chi vive di orgasmi.”
Hope boccheggiò qualche istante senza sapere come ribattere, sorpresa dal fatto che la sorella sapesse di lei e Coop. Poi recuperò la sua alterigia e sorrise gelida alla sorella, gli occhi fiammeggianti di collera.
“E tu, forse,  dovresti insegnare a JC a centrare un buco.”
La sua uscita di scena fu teatrale, accompagnata da porte sbattute e ticchettio delle sue zeppe sul parquet della villa; arrivò in camera con veloce eleganza e si buttò sul letto, lamentando poi il dolore al fianco.
Non poteva continuare così. Il sesso con David era sempre stato fantastico, divertente e assolutamente folle, ma, se non avessero trovato un luogo comodo per darsi alla pazza gioia, il suo corpo si sarebbe accartocciato su se stesso.
Dopo la fallimentare esperienza dello sgabuzzino delle scope, avevano provato la cabina di uno stabilimento sullo spiaggia, il bagno del Gold Lion, la casetta sullo scivolo del parco comunale. No, non potevano proprio andare avanti così, con il rischio di essere beccati da qualche bambino o dalla polizia; suo padre l’avrebbe uccisa.
Quanta fatica, mantenere una relazione clandestina. All’inizio sembrava eccitante e divertente, ma con l’inizio della scuola le occasioni si erano dimezzate e crearle non era affatto semplice. Cosa c’era di bello in una relazione senza legami né complicazioni, se era così complicato portarla avanti?
Sbuffò e si massaggiò il livido sullo stinco, causato dalla colluttazione con una chiave inglese del capannone degli attrezzi dei genitori di Cooper e imprecò di nuovo.
Qualcuno decisamente ce l’aveva con lei, pensò, perché quella giornata era stata orribile: allontanare Simon da Cooper e Walker diventava ogni giorno più difficile. Sembrava quasi fosse stato morso da una tarantola, quel nuovo anno, e che non vedesse l’ora di attaccare il trio più sfigato del Sequins; quello di pestare Coop, sembrava il suo scopo primario.
Lei non avrebbe mai voluto difenderlo, ma lui sapeva come comprarsi il suo aiuto – oh, sì, che lo sapeva. Gli bastava fare quella cosa con la lingua e allora…
Scosse la testa e si alzò dal letto, afferrando il cellulare e componendo un numero che ormai aveva imparato a memoria.
“In spiaggia, tra dieci minuti,” sibilò quando una voce dall’accento inglese rispose dall’altro capo.
“Certo, sua Maestà, come no,” rispose Coop ironico, “e pensi che io, che non obbedivo neanche alla Regina Elisabetta, ti raggiungerò in spiaggia senza neanche un per favore?”
“Fottiti, Cooper!”
Il ragazzo rise. Nessuno aveva mai sentito Hope dire parolacce o perdere il controllo.
Beh, nessuno a parte lui.
“A tra poco, zuccherino.”

 

Simon viveva in una villa fuori Sequins, circondata da un parco degno delle Riserve Naturali degli Apache. I genitori erano sempre via per lavoro e lui odiava rimanere lì da solo, a giocare a NCAA Football ’12 alla playstation3. Quando accadeva, non poteva fare a meno di insultarsi mentalmente, perché sembrava fosse un nerd come Walker e Cooper. Ci mancava solo che cominciasse a giocare a scacchi e si tatuasse “Che la forza sia con te” sul braccio.
No, lui era un figo: uno sportivo, un uomo d’azione, il più bel ragazzo della scuola; era inutile che JC provasse a eguagliare la sua popolarità, lui era sempre un passo avanti. Non che fossero in competizione, anzi. Quella con Jackson, era l’unica amicizia sincera che avesse, nata il primo giorno di liceo dell’altro: quattro anni di scherzi ai nerd, di partite giocate nel giardino di casa sua, di scaramucce degne di due fratelli; le scommesse, le confidenze e infine la verità. L’anno precedente Simon aveva ammesso per la prima volta ad alta voce di essere innamorato di Hope: ubriaco e abbracciato a una bottiglia di vodka al melone, aveva pianto mezz’ora mentre descriveva con perizia le sue labbra e i suoi capelli davanti a un JC esterrefatto e poco lucido. Aveva anche provato a baciare la statua in legno di un babbuino che suo padre e la sua nuova fiamma avevano riportato da un viaggio in Brasile, ma almeno quello aveva avuto il buon gusto di far finta di dimenticarlo.
La comodità di una casa perennemente vuota, comunque, era poter invitare cheerleader a passare la notte lì, nel suo letto e tra le sue braccia. Non c’era ancora stata una ragazza che lo avesse rifiutato; nessuna a parte Hope Peterson, un’ossessione paragonabile solo a quella che JC aveva per i propri capelli. A ben pensarci, c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel suo amico.
Il suo letto non era vuoto neanche quel pomeriggio, sebbene non fosse di Hope il corpo nudo accanto al suo. Era una moretta niente male, una che aveva conosciuto a qualche corso pomeridiano: Emma, forse, o Jennifer, non ricordava. Ma che importanza aveva in fondo un nome? Bastava trovare dei soprannomi abbastanza smielati da far sciogliere di contentezza quelle oche: dolcezza o stellina di solito funzionavano.
Quel giorno però era troppo nervoso per considerare troppo la ragazza stesa accanto a lui: poteva vedere il suo sedere sodo spuntare da sotto le coperte e le lunghe gambe, ma pensava solo al fatto che i suoi capelli fossero troppo scuri e troppo lisci.
“Bambolina, forse è meglio che te ne vai,” le disse con tono svogliato.
Lei aprì gli occhi verdi e lo guardò come se Simon avesse risposto centonove alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto.
“Cosa?”
Il ragazzo sbuffò e si alzò dal letto, coprendo le sue chiappe d’oro alla vista della moretta che lo fissò incantata qualche istante.
“Devi andartene, i miei stanno tornando. Ci vediamo…” rifletté qualche istante sul suo nome e si ricordò l’iniziale “...Vivian!”
Gli occhi della moretta sembrarono andare a fuoco di collera e lui ebbe paura che riuscisse a evirarlo con la sola forza dello sguardo; lei avrebbe tanto voluto avere quel superpotere, ma aveva capito tanti anni prima di non essere Wonderwoman.
“Ammazzati, Scott!” Gli urlò contro mentre usciva dalla camera e poi di casa. Simon scrollò le spalle con indifferenza e finì di vestirsi, per poi uscire. Non sarebbe mai stato il principe azzurro, lui: era troppo maschio per le tutine di lycra celesti.


Quando raggiunse il Gold Lion, trovò JC impegnato in una fitta conversazione con il signor Peterson, il proprietario e padre di Hope. Sembrava agitato e muoveva le mani in aria concitato, mentre l’altro lo ascoltava con un’espressione imperturbabile sul volto.
Simon si guardò intorno alla ricerca di Hope ma non sembrava essere lì; invece, a sorpresa era presente Chase Walker.
Il ragazzo stava bevendo una limonata, seduto su un divanetto accanto alla finestra più grande e osservava l’esterno con sguardo malinconico; sembrava stesse aspettando qualcuno, qualcuno che evidentemente gli aveva dato buca o era in ritardo.
Chase spostò gli occhi sul quarterback e un lampo di terrore li attraversò, mentre l’altro ghignava, ma non fece in tempo ad avvicinarsi a lui che il frocetto fu raggiunto dal suo amico inglese: non aveva voglia di picchiare Cooper quel giorno, perciò fece dietrofront e si avvicinò a JC, pronto a placcarlo non appena avesse finito la chiacchierata con Peterson.
Chase sospirò di sollievo e salutò con un sorriso Coop: aveva uno sguardo trasognato e gli occhi lucidi, oltre che i capelli disastrosamente scompigliati.
“Hai fatto sesso!”
L’altro lo zittì con un’occhiata feroce, poi riprese a sorridere come se nulla fosse e annuì.
“Mi dirai mai chi è la fortunata? Ormai sono due mesi che sparisci ore e ore per intrallazzare con la donna del mistero e io non conosco neanche il suo nome!”
“Se conoscessi il suo nome, non potresti più chiamarla la donna del mistero ed entreresti in crisi; ami troppo dare soprannomi alla gente.”
“E che soprannome darei a lei?”
“Stronza”
Chase rise e portò una mano tra i capelli, scompigliandoli con attenzione maniacale; niente in lui era mai fuori posto, ossessionato com’era dall’ordine e dalla pulizia. Girò di cinque gradi la boccetta dell’olio davanti a sé, allineandola a quella del sale, per confermare questo assunto, e tornò a guardare l’amico, sempre più curioso.
“Quindi tu esci con Miss Stronza…”
“Usciamo solo perché non abbiamo una casa dove far sesso, altrimenti fidati che non andremmo da nessuna parte,” rise Coop, “e a proposito di questo, non dovevi vederti con l’uomo della tua vita?”
Il viso dell’altro si adombrò per un istante, ma poi tornò sorridente come suo solito; gli occhi scuri socchiusi e le adorabili fossette sulle guance ben visibili. Se fosse stato gay, Coop non ci avrebbe pensato due volte prima di legarlo al letto della sua stanza e non farlo uscire più.
“Non si è presentato, dovevamo vederci qua un’ora fa.”
David gli prese la mano e la strinse sopra al tavolo, incurante della gente intorno; al diavolo i pregiudizi di quei gorilla platinati del Sequins High, Chase aveva bisogno di lui.
“Avrà avuto un contrattempo.”
Era dolce, Cooper, come non lo era mai con nessun altro all’infuori di lui; avrebbe voluto proteggerlo da qualsiasi bullo e insulto, lui che da sempre era stato discriminato per le sue origini europee e per il suo strano accento. Poteva solo immaginare cosa significasse non essere accettato per i propri gusti e voleva troppo bene a Chase per lasciarlo solo in quella crociata contro l’omofobia.
“Sai che ti dico? Stasera vengo con te al Pink Flamingo!”
“Cosa?” Tutt’a un tratto il suo sorriso aveva riacquistato luminosità e Coop si sentì fiero di se stesso. “Dici sul serio?”
“Se mi prometti che non mi farai indossare le mutande sopra i fuseaux blu anche questa volta, sì.”
“Era una festa a tema supereroi! Eri bello vestito da Superman!”
“Non uccidere la sua virilità in questo modo barbaro, Chase.”
La voce di Victoria li sorprese ed entrambi si voltarono subito a guardarla. Aveva gli occhi arrossati, come di chi avesse da poco pianto. Coop le sorrise e le fece spazio vicino a sé.
“Tutto ok, Vicky?”
“Mai stata meglio,” ribattè, acida come solo lei poteva essere. “Stasera, allora, Pink Flamingo?”

 

Canzone trash del capitolo.

NOTE:
Sono tornata, con una velocità che per me ha del paranormale, però questi scemi si scrivono da soli. E a parte questo i capitoli sono abbastanza corti – almeno per ora – perciò non ho troppi problemi di tempo mancante.
Pubblico di corsa, prima di andare all’università, perché se no tornerei stasera dopo le nove e rimanderei di nuovo – conosco i miei polli xD – e ne approfitto per ringraziare chiunque abbia inserito la storia tra le storie preferitr, ricordate e seguite e alle undici splendide persone che hanno recensito. Sono contenta che questa storia vi ispiri e adoro le vostre idee sui personaggi, mi sono fatta veramente tante risate, dato che IO SO lol.
Comunque qui non succede granché, a parte che scopriamo qualcosina di più su JC e su Simon che ha una cotta per l’unica cheerleader che non è interessata a lui e che anzi, continua a divertirsi nei posti più strani con Coop. Il nostro Coop dolce e carino che consola Chase e gli vuole un sacco di bene e che io continuo ad amare senza remore XD Hope è inutile ribadirlo è in assoluto la mia preferita, comunque. E tra le righe ho detto una cosa che Lyretta – che ringrazio per la betatura e i suoi meravigliosi commenti (dovete sapere che ho una relazione stabile e duratura con i punti e virgola) – non ha colto. Chissà se voi la cogliete :3
C’è una citazione all’interno del testo, comunque. La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, sull’universo e su tutto è 42, o almeno così dice Douglas Adams in Guida galattica per gli autostoppisti, che boh, è tipo una Bibbia :D
La frase "Ma che importanza aveva in fondo un nome?" è tutto un discorso tra me e Butterphil e Silver ed Eco. Tanti cuori per voi ♥ 
E niente, al prossimo capitolo con la serata al Pink Flamingo, scorcio di vita di Victoria – finalmente direte voi – l’introduzione di un nuovo personaggio e uhm credo basta con le novità!
Alla prossima e grazie ancora a tutti,
Elle.

Se volete, c'è il mio gruppo per spoiler et varie :3 Fenicotteri rosa e Serpi verdi.

   
 
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