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Autore: Elle Sinclaire    19/05/2012    12 recensioni
Un liceo americano, sette ragazzi.
Una cittadina di provincia, una routine ormai collaudata che entrerà in crisi, feste e intrecci faranno da sfondo alle vite degli studenti del Sequins High che vivono le loro vite come nei migliori telefilm sui licei degli USA. O almeno così sembra.
[Dal primo capitolo: "La routine implicava comunque il suo passo affrettato, gli spintoni sull’autobus e la puzza di topo morto proveniente dalle ascelle di Jeremy Cunningham, suo compagno nel corso di scienze; il rientro a scuola, la prima sigaretta della giornata in cortile con Coop, la sosta davanti all’armadietto di Victoria.
Ed era da quel momento in poi che rimpiangeva i morsi ai polpacci di Lucy e i pugni nello stomaco di Jamie: il primo spintone di solito era di Simon Scott, il quarterback della squadra di football, accompagnato dagli insulti di JC Cook, il ragazzo più bello e popolare della scuola.
La storia che vi racconterò, parlerà proprio di come JC Cook scardinò per sempre la routine di Chase Lucas Walker.]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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(not another teen drama)


La routine di Chase.

A chi combatte ogni giorno.


Ad Emily che ha finito.
 

Chase Lucas Walker aveva una routine mattutina di cui andava più che fiero e che mai avrebbe voluto spezzare, a meno che un meteorite non si fosse abbattuto sulla terra.
Solo allora avrebbe abbandonato la sua postazione davanti al computer e lasciato incompiuta una partita di scacchi e avrebbe ballato sulle tombe di chiunque il cielo avesse voluto punire, convinto che si sarebbe salvato; lui solo, per dar vita a un mondo privo di trogloditi platinati dai muscoli guizzanti.
Chase Lucas Walker si svegliava ogni mattina alle sette, grazie alla sveglia suonata dai Metallica a tutto volume, si trascinava fino in bagno ancora bestemmiando contro James Hetfield e compagni e si lavava i denti per dodici minuti e quattordici secondi.
Meno tempo lo passava davanti all’armadio: la sua collezione di camicie Armani vantava modelli identici di variazione cromatica pressoché infinita ed erano pochi i secondi di contemplazione alla ricerca del colore adatto. Quarantasette, per la precisione.
Sorrideva davanti allo specchio, sistemandosi la piega dei pantaloni e il ciuffo di capelli più lungo sulla fronte, poi riempiva la cartella con il solito quaderno su cui appuntava storie che non avrebbe mai concluso e usciva dalla porta della sua stanza.
In quel preciso istante il caos invadeva la sua tranquillità interiore, abbattuta a colpi di urla e risate da due bambini di cinque anni: i gemelli erano la sua più grande croce. Lucy e Jamie, i piccoli di casa Walker, non conoscevano il significato di molte parole, data la loro tenera età, ma la parola che proprio non voleva entrargli in testa era “silenzio”. Due piaghe più basse di un metro, dai capelli neri e gli occhi azzurri, che passavano le loro giornate a giocare agli indiani, ai Power Rangers, ai Transformers e agli X-men.
Chase Lucas Walker avrebbe volentieri barattato la parte della sua routine giornaliera che comprendeva il loro cercare di assassinarlo fuori dalla porta della sua stanza ogni mattina dell’anno, con l’ultimo cd di Lady Gaga, ma i gemelli non sembravano essere d’accordo con questo scambio per tutti vantaggioso.
Ci impiegava con esattezza nove minuti e otto secondi a liberarsi di loro, scendere finalmente le scale e bere un bicchiere di succo di frutta e addentare una brioche alla marmellata di ciliegie. In quel momento faceva la sua apparizione la matrona di casa Walker, la signora Emma, e Chase sperava con intensità sempre maggiore che le sue raccomandazioni durassero meno dei soliti sette minuti, perché altrimenti avrebbe dovuto correre per non perdere l’autobus e non collezionare l’ennesima nota disciplinare per un’entrata in ritardo.
La routine implicava comunque il suo passo affrettato, gli spintoni sull’autobus e la puzza di topo morto proveniente dalle ascelle di Jeremy Cunningham, suo compagno nel corso di scienze; il rientro a scuola, la prima sigaretta della giornata in cortile con Coop, la sosta davanti all’armadietto di Victoria.
Ed era da quel momento in poi che rimpiangeva i morsi ai polpacci di Lucy e i pugni nello stomaco di Jamie: il primo spintone di solito era di Simon Scott, il quarterback della squadra di football, accompagnato dagli insulti di JC Cook, il ragazzo più bello e popolare della scuola.
La storia che vi racconterò, parlerà proprio di come JC Cook scardinò per sempre la routine di Chase Lucas Walker.


La cittadina di Sequins vantava un numero di poco superiore alle trentamila anime perse e annoiate.
Affacciata sull’Oceano Pacifico dal Nuovo Continente, a pochi chilometri da San Francisco, si presentava come uno dei luoghi più colorati della West Coast: le case a schiera e i prati perfettamente curati e verdi, si snodavano lungo vie e viottole strette con una geometria precisa; le pareti pitturate di colori pastello, alternati secondo abbinamenti scelti con sapienza e maestria dal sindaco Johnson, le fontane e le panchine nel parco della Sequoia e i portoni delle case aperti anche di notte.
Le trentamila anime vivevano, al sicuro da ogni tipo di perversione e crimine, una vita votata alle feste cittadine e ai barbecue nei giardini curati. Dallo svincolo autostradale, erano poche le strade da percorrere per raggiungere il corso principale: lì i negozi erano perfettamente incasellati uno accanto all’altro e animati dal via vai giornaliero dei compaesani affaccendati nelle commissioni giornaliere.
Proprio tra l’alimentari e il negozio di articoli da pesca, di fronte al monumento ai fondatori, c’era un piccolo bar dalle mura dipinte di rosa confetto, gestito dalla famiglia Peterson.
All’interno del locale dei suoi genitori, Grace Lydia Peterson poteva ammirare in tutto il suo splendore il suo fidanzato: JC si muoveva, con eleganza innata e improbabile per un giocatore di football, tra i tavoli e i clienti esigenti, distribuendo sorrisi falsi come banconote da sette dollari. Ammiccava alle cheerleader con una naturalezza che non poteva che invidiargli, fino a quando non si fingeva mortificato, vedendola entrare.
Grace anche quel giorno lo baciò con trasporto, pronta a ricevere occhiate di fuoco dalle sue compagne di squadra, invidiose della sua relazione con il ragazzo più popolare del Sequins High, poi le salutò come se niente fosse.
“Kelly, questo nuovo taglio di capelli ti dona.”
“Oddio, Sonia, ma quel braccialetto è meraviglioso! Chi te l’ha regalato, Matt?”
“Grazie, Julie, ho usato la trousse che mi ha regalato Lana per il compleanno!”
‎”Piccola, tra dieci minuti stacco.”
JC interruppe le sue futili chiacchiere, parlando al suo orecchio. Con il grembiule nero e il vassoio in mano non sembrava poi così bello, ma non le interessava molto; non era la sua bellezza ad averla colpita, dodici anni prima. E poi quella bocca enorme stonava sul suo viso angelico, come un film porno proiettato al cineforum della parrocchia.
Un’ora dopo si ritrovò sul serio al cineforum e quasi rimpiangeva le voci stridule delle altre cheerleader che mentre lei se n’era andata avevano dato luogo a una discussione su chi fosse più glamour tra Paris Hilton e Nicole Ritchie. Era così ovvio che la migliore tra le due fosse Paris che non aveva senso per lei partecipare, perciò non ci aveva pensato due volte prima di prendere la mano di JC e farsi portare fuori.
Sperava in un film più romantico, però: magari il Titanic o Casablanca; passare la serata a guardare Mars Attack! non era il suo prototipo di appuntamento ideale. Soprattutto se JC appariva così rapito dalla visione da non passarle neanche un braccio dietro le spalle.
Cosa avevano quegli abominevoli esseri alieni più di lei? Dubitava fosse il cervello, perché era convinta di averne più lei di JC, nonostante non le piacesse farne un vanto. Forse aveva gli occhi troppo piccoli.
Sì, sicuramente era per quello.
Quando durante l’intervallo JC si voltò finalmente a guardarla, la trovò con un’espressione allucinata e gli occhi sgranati che apparivano due volte più grandi del normale.
“Grace, ti senti male?”
Gli occhi ormai le lacrimavano, tanto era lo sforzo di mantenerli aperti, e tante piccole vene rosse erano apparse nella sclera.
“No, sto benissimo, perché?”
JC la osservò ancora qualche istante in silenzio, poi scosse la testa, tornando a guardare il film che era appena ricominciato.


Il primo giorno di scuola dello Junior Year al Sequins Hugh, David Elliot Cooper sfoggiava un occhio nero e un labbro tagliato a metà, ostentandolo come uno dei trofei vinti al club degli scacchi.
Nel cortile pieno di studenti camminava a testa alta e occhi socchiusi, dal dolore e dal sole, poco interessato agli sguardi preoccupati di chi sorpassava con indifferenza. Si fermò solo quando arrivò alla sinistra del grande portone d'ingresso, una sigaretta tra le labbra e un piede incrociato davanti all'altro.
Le cheerleader occupavano la sua visuale: gambe lunghe e nude e colli scoperti dai capelli raccolti; Coop era votato alla venerazione di quelle ragazze e delle loro mosse sensuali, come un pellegrino al proprio santo preferito. Soprattutto a una di loro.
“Smettila di sbavare, Coop!”
Il momento perfetto ucciso brutalmente da Victoria Roberts: un classico.
“Buongiorno a te, Vicky.”
“Non offenderti, sto solo salvando la tua dignità, cercando di evitarti il cliché del nerd innamorato della cheerleader.”
David si indignò a quelle parole e piegò le labbra in una smorfia che procurò dolore al labbro.
“Io non sono nerd, non ho neanche mai visto Star Wars.”
“E perché allora ti vesti da sfigato?”
“Sono inglese, Vic. Sono alla moda, io,” ringhiò, gli occhi ridotti a due fessure. “Non è colpa mia se voi fottuti yankees non sapete cosa siano i Mods.”
“Gli Oasis si sono sciolti, amico.”
Un’altra voce maschile interruppe la sua solita filippica e fece tirare un sospiro di sollievo a Victoria. Ecco un’altra parte della routine mattutina che Chase avrebbe volentieri barattato per un caffè decente e pieno di zucchero.
“Non ricordarmelo,” scandì Coop, mentre si avviavano tutti e tre insieme verso gli armadietti, dopo il suono della prima campanella dell’anno. “Venderei la mia collezione di vinili per una canna,” biascicò poi in uno sbadiglio.
Chase rise e scosse la testa, aprendo l’armadietto e riflettendosi nello specchio al suo interno; si sistemò il ciuffo con aria seriosa e lanciò un’occhiata apprensiva a Coop che aveva di nuovo preso a fissare le gambe di una cheerleader.
Victoria piantò un gomito ossuto nello sterno dell’inglese e imprecò a bassa voce, prima di insospettirsi per l’insolita allegria di Chase.
“Come mai sei così felice, stamattina?”
“Oh, Vic, speravo proprio me lo chiedessi!” sospirò, portandosi una mano sul cuore, in un gesto teatrale. Lasciò che per sette secondi il silenzio calasse su di loro, aumentando la suspense. “Ieri sera al Pink Flamingo ho conosciuto l’uomo della mia vita!”
Coop rise di gusto e gemette per il dolore al labbro spezzato. “Questo mese hai conosciuto tre uomini della tua vita,” disse ghignando, “e dall’inizio dell’estate sono stati almeno dieci, più qualche distrazione momentanea.”
“Questa volta è quello giusto, lo so…”
Vicky sbuffò, spostandosi la frangia troppo lunga da davanti agli occhi e sorrise. “Lo hai detto anche di Mike. E del ragazzo francese, come si chiamava? Leòn… Ah, e di Samuel!”
“E Robert come sta? È tornato in Massachusetts?”
“Stronzi,” borbottò, contrariato, e chiuse l’armadietto con un colpo secco.
La risata che sgorgò dalle gole degli amici fu interrotta da una voce profonda e sprezzante e dall’entrata in scena di un corpo dalla mole imponente e spaventosa.
“Cosa sono queste parole, principessa? Non si addicono di certo a una bocca di rosa come la tua.”
Ed eccolo lì, il bullo; lo sportivo tutto muscoli che ama usare contro i più deboli. Simon Ray Scott era uno dei ragazzi più popolari della scuola, bello e ricco; il quarterback della squadra di football, il migliore amico del capitano; il ragazzo che ogni essere di sesso femminile avrebbe voluto presentare ai propri genitori e sposare un giorno, sfornando bambini a sua immagine e somiglianza.
Un clichè ambulante, in carne, ossa, muscoli esagerati e divisa della squadra.
E Chase avrebbe scambiato quel momento delle sue giornate con i morsi di un cane rabbioso o i pugni di Mohammed Alì, perché forse sarebbero stati più dolorosi ma meno umilianti.
“Non oggi, Scott,” ringhiò Coop.
Il caro e vecchio Coop. La mattina riuscivano a tenerlo a bada per soli otto minuti esatti, prima che smettesse di ragionare e saltasse al collo di qualche armadio di muscoli; con esiti disastrosi per il suo viso, ovviamente.
Non fu Victoria però a fermarlo quella mattina; quello fu il primo segno dello spezzarsi di una routine che andava avanti da più di un anno.
“Lascia perdere, Simon.”
Fu la capo cheerleader Hope Peterson a intervenire: la ragazza più desiderata di tutta la scuola; la figlia di una delle famiglie più ricche di Sequins; la ballerina più talentuosa che si fosse mai vista in quel liceo.
“Non ne vale la pena,” continuò e Chase avrebbe dovuto capire che quell’anno avrebbe dovuto dire addio alla confortante sensazione di sapere esattamente cosa sarebbe successo ogni giorno.
Forse, se avesse visto lo sguardo che Hope lanciò a Coop prima di spingere via Scott, lo avrebbe capito prima.


“Dave! Cazzo, Dave, stai attento!”
Nessuno che fosse passato davanti alla porta dello sgabuzzino delle scope avrebbe potuto ricondurre la voce roca e leggermente isterica a quella di Hope Cassandra Peterson: nessuno l’aveva mai sentita dire parolacce o perdere il controllo.
Beh, nessuno a parte David Elliot Cooper.
“Che c’è, piccola?”
“Sono infilata tra un mocio vileda e un rastrello, ecco cosa c’è!” Quasi urlò. Cooper la zittì con un bacio, allontanando il corpo dal suo per farle trovare una sistemazione più comoda, se mai ne esistesse una in uno stanzino di quattro metri quadrati, completamente buio.
Quando sentì il suo corpo appoggiarsi al suo petto nudo, pensò di poter tornare all’attacco e di nuovo la coinvolse in un piacevole scambio di saliva. Chase avrebbe contato tre minuti e nove secondi di apnea, se fosse stato presente, ma per fortuna non era lì con loro.
Poi un gemito diverso da quelli di piacere che le erano sfuggiti prima dalle labbra si librò nello spazio ristretto e fece staccare preoccupato il ragazzo.
“Stai bene?”
“Starei meglio in un letto!”
Dave rise e la spinse contro di sé, trattenendola per il sedere; lei provò ad allontanarsi, indignata, ma senza nascondere un sorriso divertito.
“Non ti sei lamentata quel giorno in spiaggia; neanche quella volta sulla lavatrice o…”
“Ok, ok! Ho capito!” si sbrigò a interromperlo. “Ora togliti quei dannati pantaloni e facciamo in fretta!”
Dave si immobilizzò e la guardò sconvolto per qualche istante; poi rise più forte di prima.
“Facciamo in fretta? Hope, quando mai ho fatto in fretta?”
“Si chiama sveltina, apposta, cretino! Non è una gara di resistenza, tra poco la pausa pranzo finisce!”
Il suo tono di voce era sempre più isterico e non faceva altro che alimentare l’ilarità di Coop. “Smettila di ridere!”
Indignata, gli diede un pugno sulla spalla e fece un passo verso la porta, pronta a uscire da quel buco e tornare a respirare aria pulita; aria che non puzzasse di detersivo e cacca di cane. David però le afferrò il polso e la tirò di nuovo verso di sé, baciandola a tradimento prima che dalla sua bella bocca uscisse un’altra petulante lamentela.
“Ci vediamo in spiaggia, dopo le lezioni,” sussurrò sulle sue labbra, quando si separarono.
Hope annuì con un delizioso broncio a incresparle le labbra e uscì in silenzio.
Coop sorrise, passandosi una mano tra i capelli corti e pensò che quello sarebbe stato l’anno buono per distruggere le fondamenta di quell’odiosa routine che identificava le loro giornate.

 

 

***

NOTE: 
Oddio. Io chiedo venia, sul serio.
Sappiate che da incolpare per questo primo capitolo di questa storia senza drammi è solo SidRevo. 
Il fatto  è che sto scrivendo - al sicuro nel mio allegro pc - due storie una più angst dell'altra e avevo bisogno di qualcosa che mi desse un po' di gioia di vivere, lontano da catastrofi naturali e morti e tormenti interiori.
Questa storia nasce per questo e la parola chiave è: NO DRAMA. Da qui anche il titolo, che è opera di Lyra ♥
Non so quanti capitoli conterà questa "cosa" né quanto impiegherò ad aggiornare - credo poco, per ora mi sta venendo tutto molto naturale - né quanto rimarrà sul comico demenziale di questo capitolo.
So solo che ci saranno tanti cliché dei licei americani e dei paesini di provincia - Sequins (che vuol dire Lustrini) è una città di fantasia che prende ispirazione da BlueBell di Hart of Dixie e dalla città di Edward Mani di Forbice - che vediamo nei telefilm e nei film. Molti saranno inseriti così come sono, altri verranno rovesciati un po' e mi divertirò a giocarci come meglio credo.
Questa storia non avrà comunque niente di originale, sarà solo un pretesto per divertirmi :D
I protagonisti sono sette e li ho presentati più o meno tutti; gli attori che ho scelto sono appositamente volti da teen drama et similia.
Ci sarà sia dello slash sia dell'het - teoricamente più het che slash, ma non sono così convinta, perché presto approderemo al Pink Flamingo e allora...
E boh, credo di aver detto tutto.
Mi piacerebbe leggere qualche parere perché è la prima volta che mi cimento in una cosa del genere e considerando anche che sono ormai quattro anni che non vedo un liceo manco da lontano mi trovo vagamente spaesata a tornare nei corridoi xD
Per spoilers, cazzeggi, foto, di tutto e di più, il mio gruppo facebook è Fenicotteri rosa e Serpi verde.
Alla prossima,
Elle

   
 
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