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Autore: loganseyes    23/05/2012    3 recensioni
Un ragazzo e una ragazza possono diventare all'improvviso amici. Forse si innamoreranno. Probabilmente poi si perderanno di vista, forse senza un valido motivo, senza una buona ragione. L'amore a volte può nascere all'improvviso, e altrettanto velocemente può finire.
A volte, invece, l'amore dura per sempre.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se non sai cosa fare, vai su you tube, cerca “To build a home” della Cinematic Orchestra e ascoltala mentre leggi.
Sentirai il vento passarti fra i capelli.  


One day.

"Un ragazzo e una ragazza possono essere semplicemente amici,
ma in un momento o in un altro, loro si innamoreranno.
Forse temporaneamente, forse nel momento sbagliato, forse troppo tardi,
o forse per sempre.”

(500) giorni insieme
 
 

 
Questa storia inizia di domenica, come tutte le storie che si rispettino.
Le favole iniziano di domenica, le battaglie finiscono di domenica, Pasqua cade di domenica, Dio si riposò la domenica. I ragazzi tornano a casa la domenica mattina all’alba, i bambini si svegliano presto la domenica per andare a messa, la domenica è il giorno della tranquillità per alcuni, per altri è giorno di noia; la domenica è simbolo di pic-nic all’aperto, di cioccolate calde davanti a un camino scoppiettante, di film visti su un sofà sotto la coperta mentre fuori nevica, di pane fatto in casa.
Era una domenica mattina, non troppo calda, né troppo fredda per essere il 17 aprile. Il sole splendeva alto nel cielo, facendo proiettare per terra le ombre delle case, dei tetti, dei comignoli.
Per strada si sentivano le urla di bambini allegri che giocavano ad acchiapparsi. L’odore di fiori di pesco iniziava a diffondersi per le città e per le campagne. Se si faceva attenzione si riuscivano a distinguere le rondini che veloci e allegre volavano nel cielo limpido.
In quella domenica, in quel 17 aprile del 1994, nacque una bambina. Sarebbe stata la seconda figlia di cinque futuri bambini.  Venne chiamata Allison e i suoi occhi erano azzurri proprio come il cielo che quel giorno splendeva.
 
 
Allison, o come era chiamata da tutti, Allie crebbe velocemente nella città di Wolverhampton. I suoi occhi divennero sempre più grossi e più chiari, quasi come il mare che bagnava le coste di quella magnifica isola, chiamata Inghilterra. I capelli divennero sempre più lunghi, così come le sue gambette tozze e i piedini cicciotti.
Era una ragazza allegra, spensierata, ma mostrò di desiderare l’indipendenza da tutti già dai primi mesi di vita. Voleva contare solo su se stessa. Era sfuggevole, era come il vento che ti passa fra i capelli e che te li scompiglia, era come gli uccelli che migrano alti nel cielo, che ti osservano indiscreti.
Era un’anima libera.
Lei poteva leggere le anime degli altri, ma lei rimaneva un enigma per tutti. 
Era bella.
Bella come l’alba che vedi sorgere sul mare, bella come il rumore dell’acque che si infrange contro gli scogli, bella come il rumore delle foglie che sfregano fra loro, bella come le colazioni portate a letto, bella come il sorriso appena sveglio della persona che ami, bella come pochi.
 
 
Tutto cambiò un giorno.
Era il 17 aprile 2003. Era il suo nono compleanno.
Era un giovedì, e i giovedì, lo sanno tutti, fanno sempre schifo.
Più schifo delle sbronze colossali del sabato sera, più schifo dello stato di coma dei lunedì mattina, più schifo di un pasto salato male.
I giovedì sono un po’ come il grigio, i “se” e i “ma”, i “forse”,le nuvole. Sei in una situazione di stallo, a metà dove nulla è definito. E non puoi fare nient’altro che rimanere lì.
Allie odiava le situazioni dove era semplicemente impotente, dove le cose dipendevano dagli altri. Dove lei non poteva fare altro che aspettare.
“Sii paziente.”le ripeteva sempre il padre, ma lei non faceva altro che chiedersi se valesse veramente la pena aspettare qualcosa che alla fine mai arrivava.
Era seduta su una panchina gelata alla fermata del pullman che avrebbe dovuto portarla a casa.
Il cielo era scuro; fra poco sarebbe arrivato un temporale. Tutto era completamente diverso in confronto al giorno in cui era nata.
Sentiva lì vicino le chiacchiere a bassa voce delle sue coetanee. Quella era l’età delle prese in giro, delle cose sussurrate nelle orecchie, delle risatine.
Probabilmente parlavano di lei; sicuramente lei era disinteressata. Con tranquillità continuava a giocare con le frange colorate della sua sciarpa rossa.
Non le piaceva parlare con la gente. Normalmente le persone facevano domande con doppi fini o non erano realmente interessati; le affermazioni erano pungenti, cattive.
Altri erano semplicemente e tristemente stupidi. Vuoti come le uova di cioccolato, come il suo salvadanaio a forma di maialino.
Un ragazzino si sedette lì accanto a lei.
Lei lo guardò di sottecchi. Non le piaceva essere fissata dalle persone, quindi pensava che anche agli altre non piacesse più di tanto.
Il ragazzo le sorrise. Lei arrossì.
-Ciao sono Liam.- le disse facendo uscire del vapore acqueo condensato dalla sua bocca, mentre le tendeva la mano la manina grassottella. Lei gliela strinse.
-Ciao sono Allie.-
Da quel giorno non si lasciarono più.
 
 
Il 17 aprile 2004 arrivò velocemente. Il tempo scorreva così veloce per Allie.
Intanto lei cresceva fra una partita a nascondino con i fratelli, una puntata di “Una mamma per amica”, fra un compito e una litigata.
Liam le era stato accanto tutto l’anno. Erano inseparabili.
Due facce della stessa medaglia, due calamite che si attraevano.
Liam era sempre lì per difenderla a scuola. Ma ormai anche da sola aveva imparato a farsi rispettare dalle oche della sua classe.
Quel compleanno cadeva di sabato, e i suoi genitori avevano organizzato una piccola festicciola.
C’erano tutte le sue amichette, i suoi compagni e Liam.
-Tieni è per te.- il ragazzino, anche se cercava di essere intraprendete, era piuttosto timido, e con poco le sue guanciotte piene si tinsero di rosso.
Allie con una strana luce negli occhi - quella che appartiene alle persone che aprono i regali - scartò il pacchetto.
I suoi occhi si aprirono ancora di più, facendoli sembrare due pozze d’acqua. La bocca si spalancò in una piccola “o” muta.
-Non è niente di che.. l’ho preso con i soldi della paghetta. Ma non è nulla di speciale.- Liam aveva sentito quella frase in diversi film, che le sorelle si divertivano a guardare. Così pensò di utilizzarla in quel momento.
-Non è vero.. E’-è bellissimo.- lei era ancora meravigliata dal piccolo braccialettino in cuoio con inciso sopra Allie. Forse in quel momento non c’era bambina più contenta.
-Non credi che sia obesa Emily?- lei scoppiò in una fragorosa risata.
Da quel ramo alto del suo albero si poteva vedere tutto con precisione.
Era il suo rifugio segreto. Nessuno andava lì. Solo lei. Lei e l’amato vento che allegramente passava tra le foglie, che scompigliava i capelli, proprio come in quel momento.
-Liam?- lo chiamò. Le sue gambe a penzoloni incominciarono a dondolarsi più ritmicamente.
-Sì?- rispose lui, voltandosi con sguardo furbo e allegro. I capelli biondi incasinati, il sorriso genuino, gli occhi profondi.
-Sei il mio migliore amico.-
-E tu la mia migliore amica, Allie.-
E non ci fu bisogno di aggiungere altro.
 
 
Era passato un altro anno.
Era nuovamente, come tutti gli anni, il 17 aprile.
Era il 2005.
Era stato un anno piuttosto duro quello. Aveva dovuto affrontare diversi mesi senza il suo amico Liam. Lui ormai era alle medie. Era grande.
Sentiva la sua mancanza a scuola, soprattutto all’intervallo, quando non c’era nessuno con cui giocare.
Ma tutte le domeniche andavano insieme da qualche parte: al cinema, allo zoo, al circo. Ovunque.
-Sei contenta che quest’anno stia per finire?- le chiese quel pomeriggio di aprile dal ramo del loro alto albero.
-Sì abbastanza. E’ stato un lungo anno.-
-Quindi saresti pronta per affrontare le medie?-
-Mh, credo di sì..- esitò lei.
-Devi sapere che le ragazze sono ancora più insopportabili e i ragazzi ancora più simpatici.- confessò lui.
-Mi incoraggi molto, amico.- disse lei scherzando, tirandogli un pugno piano sulla spalla.
-Ahia! Mi hai fatto male!- si lamentò il ragazzo.
-Oh, non fare la femminuccia Liam!-
I due risero insieme. Il leggero vento spettinava loro i capelli; si sentiva già il profumo di fiori quell’anno - la primavera era già arrivata.
Le risate finirono e per un po’ rimasero in religioso silenzio, ascoltando solo i battiti dei loro cuori, che lentamente scandivano il tempo che passava.
-Ti sono mancata un po’?- domandò con voce così bassa, che pensò che non l’avesse sentita. Liam si girò verso di lei.
-Ogni singolo giorno.- disse scandendo parola per parola. I suoi occhi dicevano la verità.
L’intensità del suo sguardo le tolse per un attimo il respiro.
Lei era sempre stata brava ad analizzare il carattere degli altri. Era arguta e intelligente. E Liam per lei era come un libro aperto.
Era lei l’enigma. Era lei l’incognita. Era lei quella che non esprimeva mai i sentimenti, le emozioni.
Era lei quella che aveva più paura di soffrire. Ma per quella volta decise di dare uno strappo alla regola.
-Ti voglio bene.- sorrise.
Sorrise con gli occhi, non solo con la bocca.
E mentre il vento le muoveva i capelli, i suoi occhi ridenti mutavano in un azzurro più chiaro e la sua pelle emanava un profumo di rose, Liam capì che per quella ragazzina sentiva qualcosa.
 
 
Un altro anno era passato.
Andato via.
Con lui erano spariti i giochi, i libri per bambini, le matite da colorare, le frasi sussurrate nelle orecchie. Per alcuni era arrivato il momento delle prime carezze leggere, le frasi sussurrate sottovoce, i primi baci dati di nascosto, i primi incontri fuori da scuola, i primi brividi, le prime farfalle nello stomaco.
Per Allie, non ancora.
Liam e lei si vedevano tutti i giorni. Facevano i compiti insieme, ridevano, scherzavano, si divertivano. Sembrava che tutti si fossero resi conto che lui sentisse qualcosa per lei, fatta eccezione la stessa interessata. E anche se Allie si ostinasse a dire di conoscerlo come le sue tasche, non aveva ancora intuito quell’interesse che il ragazzino portava dentro di sé.
Liam non sapeva come esternare i suoi sentimenti, quando, dove. Non era pratico di queste cose. Lui era un ragazzo piuttosto riservato. Era socievole, ma non amava parlare di quello che provava.
Pensò che il suo undicesimo compleanno sarebbe stato perfetto.
Era il 17 aprile 2006. Era stata una giornata calda.
Era il tramonto e loro due erano seduti sul loro amato albero.
-Pensi che io sia brutta?- chiese all’improvviso lei.
-A volte mi chiedo come possano passarti certe cavolate per il cervello.- ammise lui.
-Dai, sinceramente. Credi che io sia bella?- i suoi occhi chiedevano sincerità. Lui li accontentò parlando con il cuore mano.
-A parte il fatto che sei intelligente, arguta, simpatica, buffa, sei la più bella ragazza che io abbia mai incontrato. Quindi non capisco perché ti fai tutti questi problemi.-
Lei arrossì.
-Quindi secondo te..-
-Sì?- che avesse capito? si domandò lui.
-Secondo te.. se io, ipoteticamente.. volessi chiedere a un ragazzo di uscire, sempre secondo te.. lui accetterebbe?-
“E’ di me che sta parlando!”pensò sicuro Liam. Il suo cuore iniziò a battere più forte, si sentì più leggero, come se riuscisse a toccare il cielo con un dito.
-Io credo proprio di sì.- disse mentre si fissava i piedi imbarazzato. -Ma se posso, chi sarebbe il fortunato?-
-Em.. No.. Così, era per chiedere..- disse lei arrossendo.
-Allie, ti conosco più delle mie tasche. Dimmelo!-
-Okay.. Lui è..- adesso dirà che sono io, pensò Liam. - E’ Matt McCorny.- disse tutto d’un fiato la ragazzina.
Liam sentì la terra tremare, mancargli all’improvviso sotto i piedi. L’unica cosa che desiderava era chiudersi in una stanza e mettersi a piangere.
-Ehi, Payne, tutto okay?- chiese la ragazzina sorridente. Lui non rispose. -Ehi? Dormi?-
-No, ci sono, ci sono.-
-Non dirmi che te la sei presa perché mi piace Matt.-
-No, ma va.- il suo tono risuonò falso e bugiardo persino alle sue stesse orecchie.
Stettero per un po’ in silenzio ad ascoltare il verso degli uccellini.
-Allie?-
-Sì?- chiese lei vispa, girandosi verso l’amico.
-Buon compleanno.- e mai fu pronunciata altra frase con tanta amarezza.
 
 
Il 17 aprile 2007 arrivò.
Le cose erano cambiate notevolmente in quell’anno.
Allie aveva avuto il coraggio di uscire con Matt, ma poi le cose non erano andate poi così a buon fine.
A Liam la cotta era passata, come a tutti i ragazzini della sua età passano i frivoli innamoramenti. Intanto oltre ad aver continuato la sua passione per il pugilato, aveva incominciato a praticarne un’altra, con altrettanta dedizione e cura.
Proprio quella sera avrebbe tenuto il suo primo spettacolo e Allie era stata invitata.
Era più agitata lei di lui; aveva indossato il miglior vestito che avesse mai comprato, aveva lisciato i capelli con l’aiuto della sorella maggiore e si era fatta mettere anche un filo di trucco.
Lo spettacolo doveva iniziare alle nove in punto, e così accadde.
Era seduta in terza fila; Liam e i suoi parenti le avevano riservato un posticino.
Passarono in rassegna vari ragazzini e ragazzine, chi più grandi, chi di meno, finchè non fu il turno di Liam.
Partì un forte applauso da parte dei suoi genitori e il ragazzino, come suo solito, arrossì.
-Grazie, grazie a tutti.- la sua voce, allora non era così profonda. -Em.. Io vorrei dedicare questa canzone alla mia migliore amica che oggi compie gli anni.- la cercò con lo sguardo nel pubblico, e quando la trovò le sorrise. -Sei veramente importante per me Allie, non ti dimenticherò mai. Ti voglio bene.-
Dei vari fischi imbarazzanti partirono dal fondo della sala da dei ragazzi più grandi, ma ad Allie il cuore scoppiava di gioia e al resto, quella sera, non badò.
 
 
17 aprile 2008.
Un altro anno.
Si potevano persino respirare passeggiando per la città i cambiamenti che erano avvenuti in quello strambo anno.
Liam era cresciuto, era diventato adulto. E insieme a questi cambiamenti erano giunte anche le prime fidanzatine e le prime uscite. La sua passione per il canto era continuata, invece.
Voleva diventare un cantante a tutti i costi, diceva spesso ad Allie e lei, anche se non credeva molto a quelle parole così surreali, lo appoggiava sempre e insieme a lui sognava un loro futuro.
-Allora festeggiamo insieme il mio compleanno? Sono già quattordici, sembra impossibile, eh? -
Anche Allie era cresciuta. Aveva incominciato a sognare ad occhi aperti e chiusi, veda l’avventura in ogni dove, sperava nel principe azzurro con tutta se stessa, si chiedeva quando la sua grande occasione sarebbe arrivata anche per lei, come per le sue amiche. Il suo vaneggiare era comunque alimentato dal suo amore per la lettura che la spingeva ad ambire a college piuttosto seri e che potessero indirizzarla sulla giusta strada.
-Mi dispiace, ma ‘sta sera ho un appuntamento.-
Allie finse di non rimanerci male. Finse che non gliene fregasse minimamente della notizia ricevuta, ma in verità, nel profondo del suo cuore sapeva alla perfezione che le dispiaceva non festeggiare il suo compleanno con il suo migliore amico.
-Non ti dispiace,vero?- chiese Liam ingenuo.
-No, figurati.- rispose l’amica sorridendo.
La serata passò tranquilla, ma anche con un po’ di malinconia. Chi cavolo si poteva divertire a festeggiare da sola il suo compleanno nella propria stanza? Chi?
Erano le 9:30 di sera e all’improvviso sentì un ticchettio provenire dall’esterno.
Si avvicinò alla finestra e una volta aperta, trovò davanti a sé Liam sul tetto con in mano un cupake con una candelina sopra.
-Ehi, che diavolo ci fai qui?-
-Non potevo mica mancare al compleanno di una certa amica. Si sarebbe potuta offendere.- disse ridendo.
-Oh, la tua amica si sarebbe offesa, credo.-
-Ma io ho rimediato, quindi la mia amica non sarà arrabbiata, anzi sarà contenta di avere un amico splendido come me.-
-Lei è contentissima di avere un amico splendido come te.- disse con il cuore in mano, gli occhi scintillante a testimoniare la verità.
-Ehi Allie?-
-Oh,che scema entra pure dentro.-
-Allie, spegni la candelina, esprimi un desiderio.-
 
 
Quel 17 aprile dell’anno 2009 era iniziato come il peggiore di sempre.
Liam era andato a partecipare all’X Factor ed era stato rifiutato dopo aver passato solo una parte delle selezioni. Era a pezzi.
Se prima non era abituato a parlare con le altre persone, adesso lo era ancora meno.
Si era chiuso come un riccio; rifiutava l’aiuto, la parola, il confronto con gli altri. E anche Allie non riusciva a superare questo muro che lui si era costruito intorno.
Era una giornata piovosa, come se anche il tempo sapesse il suo umore in quei giorni.
Non si parlavano da un bel po’ loro due, e rintanata sotto le coperte, passava la serata a deprimersi.
Sperava nella comparsa all’ultimo minuto del suo amico; ascoltava con attenzione un qualsiasi rumore che potesse preannunciare il suo arrivo. Ma niente.
Niente.
Non si fece né vedere né sentire tutto il pomeriggio e anche la sera.
Alle 11:59 le arrivò un messaggio.
“Volevo assicurarmi che fossi l’ultimo a farti gli auguri. Buon compleanno amica mia. Mi dispiace per non essere lì con te, ma ti voglio bene. Chiudi gli occhi, esprimi un desiderio. Ti voglio bene. Liam. xxx”
E non appena ebbe letto il messaggio, il ragazzo spuntò da dietro la porta e non poterono fare altro che abbracciarsi sinceramente.
 
 
L’anno era passato. Era il 2010. Di nuovo un numero pari. E ad Allie i numeri pari avevano sempre portato fortuna.
Liam aveva ripreso la sua forza. Non aveva abbandonato il canto, ma anzi con ancor più costanza di prima aveva ripreso a esibirsi, a provare.
Allie era però sempre molto preoccupata di un suo imminente crollo, perché come da una parte si era ripreso velocemente, sarebbe potuto ricadere di nuovo in un baratro senza fine da un momento all’altro.
Liam James Payne aveva, in ogni caso, trovato una bellissima fidanzata. Anzi una perfetta fidanzata.
E Allie non poteva fare altro che stargli accanto, come la figura di sfondo di un’intensa vita da protagonista di Liam.
Era la sera del suo compleanno e lei era stata invitata alla partita di football del college del ragazzo.
Appena arrivata vide il braccio sventolante di Emily indicarle dove erano i loro posti. Aveva passato tutta l’intera serata l’insopportabile fidanzata di Liam lodarsi per essere, appunto, la fidanzata dell’amico.
Era stufa, frustrata, annoiata, scocciata, irritata.
Perché una stupida ragazza poteva avere Liam, quando lei che ci teneva veramente, no?
Per migliorare ulteriormente la situazione cominciò anche a piovere.
La partita finì alle 10:00, ma dopo ci sarebbe stata una festa, a cui lei era stata invitata.
Inseguì Liam con passo corto e veloce.
-Ehi! Liam James Payne potresti farmi la cortesia di cagarmi, per favore?- i suoi capelli erano ormai fradici e restavano attaccati alla sua pelle. Era d’impiccio, fastidiosi.
-Dimmi.- rispose sorridente. Quel ragazzo non era mai toccato da niente, né dalla pioggia, né dal caldo, né dalla neve, né da un tornado.
-Brutta razza di idiota, riportami a casa.- dire che era infuriata era dire poco.
-Ehi, ehi, ehi. Perché sei arrabbiata?-
-Perché? Cioè tu mi chiedi pure il perché?- ad Allie venne da ridere. La situazione ai suoi occhi era così comica.
-Sì, esatto, ti chiedo il perché.-
-Forse perché mi hai invitato a una stupida partita di uno stupido sport di cui non me ne frega nulla? O forse perché la serata del mio stupidissimo sedicesimo compleanno l’ho passato ad ascoltare una stupida gallina a blaterare riguardo a quando fosse fottutamente perfetto il suo ragazzo? Eh, cosa ne dici di questo?-
-Allie, dio, perché devi essere sempre così tragica? E porca miseria, smettila di fare la superiore solo perché tu sai tutto del tuo futuro, Emily non è una stupida!-
Lui si sentiva offeso. Lei anche, adesso.
-Cosa? Cioè dovrei smetterla io?! Questa è bella. Porca miseria, come puoi essere così..-
-Così?-
-Così.. Ahf, lascia stare.-
-No dimmi adesso. O sono troppo stupido per capirlo?-
-Dio, la smetti? Sei diventato insopportabile.-
-Ah, io sarei insopportabile? Io?! Quando tu ogni tre secondi mi chiedi se sto bene, se sono okay, se mi sento perso, ho paura, o cavolate varie?-
-Oh, scusami se io ci tengo a te. ‘Fanculo. Lo vedi questo fottutissimo braccialetto del mio compleanno? Ecco, tienitelo. Io non me ne faccio niente. Prendine uno uguale per la tua stupida clone di Barbie senza cervello! Lei lo apprezzerà.-
-Come ti pare.-
-Fottiti, stronzo. Non parlarmi mai più.-
-Come ti pare.-
-La smetti di ripetere “come ti pare” a random, eh? Guarda mi chiedo come possa essere stata tua amica. Mi chiedo addirittura come tu possa essermi piaciuto.-
Detto questo, Allie si girò e si allontanò velocemente e infreddolita, lasciando per la prima volta Liam senza parole.
L’aveva detto. Aveva detto proprio tutto.
Arrivò a casa e pianse tutta la notte.
 
 
17 aprile 2011.
La vita scorre. Ci sono momenti più veloci, più intensi, quelli che ti fanno battere il cuore, ti fanno emozionare. Quei momenti in cui tutto sembra perfetto, quando tutte le componenti sembrano fare parte di un fottutissimo film.
E poi ci sono i momenti lenti. Quelli che non passano. Quei momenti in cui senti solo il tuo cuore che pompa, il ticchettio dell’orologio che non hai, il fruscio delle foglie che si muovono, il sangue che pompa dolorosamente nelle ferite.
Trascorre.
In qualche modo tutto passa.
Persino il dolore.
 
 
17 aprile 2012.
Le cose erano cambiate.
Anzi quasi tutto.
Liam e Allie erano sempre gli stessi però, nonostante non si fossero più parlati.
Lui era diventato famoso in quei due anni. Era diventato veramente un cantante, aveva una band, ora. Aveva amici, soldi, fama, ragazze, tutto ciò che un ragazzo di diciotto anni potrebbe desiderare.
Lei era rimasta fregata. Oltre a essere un’ordinaria ragazza era rimasta privata del migliore amico, della persona che più al mondo la conosceva.
Era anche quella la sera del suo compleanno e Liam si trovava a un’enorme distanza da Wolverhampton.
Liam, il suo migliore amico che ora stava con un’oca giuliva, peggio di Emily. Se gliel’avesse presentata, avrebbe avuto sicuramente qualcosa da dire. Ma lui sapeva come era fatta.
Aveva una dura corazza all’esterno, ma all’interno, alla fine era morbida come la nutella.
Era in camera sua, al buio, fatta eccezione per la candelina che si trovava sul suo cupcake colorato.
Davanti al computer, attendeva che la live dei One Direction - era così che il gruppo si era chiamato - iniziasse.
Ormai il suo compleanno era quasi terminato. Erano già le undici.
Per un momento si chiese se Liam avesse scelto per una buona ragione di fare quella live proprio quella sera, o se invece avesse già rimosso tutto ciò che la riguardava. Se la decisione fosse stata presa all’ultimo momento come dimostrava l’annuncio, fatto circa un’ora prima.
Finalmente il video partì.
Era da un anno a quella parte che lei li seguiva nell’ombra. Si era iscritta a tutti i siti possibili e immaginabili per stargli dietro, persino su twitter, anche se non aveva mai osato scrivergli qualcosa direttamente.
Vide apparire Liam e fu come un colpo al cuore. Faceva effetto vederlo così “vicino”. C’era solo uno schermo a dividerli. Avrebbe persino potuto toccarlo se voleva. Era un vero e proprio regalo quello, in confronto all’ammirazione di stupide e sciocche foto, come accadeva invece tutti i giorni.
Sì, era il suo personale regalo.
In silenzio ascoltò le chiacchiere dei ragazzi.
Ma poi Liam parlò.
“Oggi.. Bè, oggi è il compleanno di una ragazza importante per me. Em.. Io e lei eravamo.. Eravamo molto amici, poi ci siamo separati divisi. Ma come una volta ti ho detto, tu sei importante per me. Non ti scorderò mai. Ti voglio bene, diciottenne. Chiudi gli occhi, spegni la candelina. Esprimi il tuo desiderio.”
E dopo che una lacrima cadde, e un’altra ancora la seguì, Allie prese un bel respiro e spense la sua candelina.
 
 
Questa storia non si sa se abbia una fine positiva o no, se sia felice o di per sé, triste.
Ma la vita non è sempre fatta “a rose e fiori”, non esiste il “per sempre felice e contenti” e la persona che amavi, puoi improvvisamente odiarla; la persona che chiamavi amica può pian piano sparire dalla tua vita e diventare all’improvviso un’estranea. Il “sempre” in cui speravi, diventa all’improvviso un vuoto e triste “ieri”. Le promesse fatte, giurate nel silenzio della notte, vengono spezzate, rotte, infrante.
Le persone cambiano. Le cose cambiano. Le nostre vite cambiano. Nuove persone sostituiscono le vecchie; volti più colorati, prendono il posto di quelli più grigi.
Forse la nostra intera vita dipende dall’arrivo o dalla partenza di una sola persona. O forse semplicemente dipende dalle nostre azioni, i nostri comportamenti, dall’azione del caso, e anche da un pizzico di fortuna.
Ma alla fine tutti ci completiamo. Forse non capiremo mai che significato abbia realmente la nostra vita che affrontiamo giorno per giorno, ma in fin dei conti l’unica domanda che possiamo farci è se abbiamo vissuto davvero. 



L'unica cosa di cui posso lamentarmi è che avrei voluto essere inglese per scrivere queste emozioni, sensazioni nella lingua che più mi appartiene. 
  
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