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Autore: ArchiviandoSogni_    23/05/2012    16 recensioni
Nicholas Moore aveva tutto quello che poteva desiderare : il successo,  l’amore e un futuro da sognatore, come ogni adolescente.
Ma la vita cambia e sconvolge ogni programma e ogni progetto.
A quattro anni di distanza, Nick è cambiato radicalmente.
Ora ha 23 anni, un lavoro e una figlia da crescere da solo.
Una figlia. Lui, l’ex capitano di baseball del liceo bello e desiderato da tutti, è diventato tutto ciò che non voleva essere : un uomo maturo con una famiglia a carico e senza più la spensieratezza di un tempo.
Ma Nick è un ragazzo forte. Non ha bisogno dell’ amore, a suo dire, ma sarà vero?
E se un ragazzaccio di nome Elena, entrerà improvvisamente nella sua vita, lui avrà il coraggio di allontanarla?
Forse, basta davvero un sorriso, per sconvolgere la vita.                       
Forse è proprio quello che Nick sta cercando da tempo, per essere davvero felice.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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cap 1 deeply Cap 1


Pieces of the Past




"Davvero papà, era orribile! Continuava a tirare la coda a quel povero micino per farmi cedere."
Lily strinse con forza il pugno, riprendendomi poi per mano con l'altra manina libera. 
Anche quel giorno, il povero Lucas-il-puzzone aveva fallito clamorosamente.
"Lily, non essere così critica. Voleva solo impressionarti."
I suoi occhioni azzurri mi guardarono con stizza, prima di abbandonare il mio viso per concentrarsi sulle vetrine al nostro fianco.
Tornò a riguardarmi con tanto di muso ben pronunciato e aria scocciata da prima donna.
"Papà, lasciatelo dire... Voi uomini non capite un fico secco di queste cose! Quello stupido faceva lo sbruffone solo per farmi arrabbiare e basta. Non mi interessa, se lui ha la forza come Hulk! E poi Hulk è pure verde e brutto! Se fosse come il principe di Biancaneve o di Cenerentola,  potrei davvero fare amicizia con lui. Ma visto che è brutto e puzza, non ci penso proprio!"
Finsi di offendermi, fermandomi di scatto sul marciapiede.
"Quindi a me non mi vuoi più come principe azzurro?"
La piccola mi guardò con stupore.
"Cosa? Ma papà..."
Mi abbassai per tuffarmi tra le sua braccine che - proprio in quel momento - si erano aperte per rincuorarmi e consolarmi, come se fossi io il figlio e lei la madre.
Le braccia di Lily.
Quelle braccia che mi avevano letteralmente salvato dalla pazzia.

***

4 anni prima

"PIANGI? CHE CAZZO PIANGI? Santo cielo!"
Ritornai a mettermi le mani nei capelli, tirando le ciocche con forza e chiudendo gli occhi per immergermi nel buio della mia mente.
Urla, strilli, pianti.
Quell'essere non riusciva a rimanere tranquillo per più di due ore che, come una sveglia, riprendeva subito con pianti distruggi-nervi.
Non ce la facevo più! Chi cazzo me lo faceva fare?
Chi?
Quella stronza di Mad che mi ha lasciato da solo?
Io ho 19 anni, porca puttana! E' sabato sera e dovrei starmene fuori con i miei amici.. Sì, fanculo. Bella vita che mi sono scelto.
"Smettila!"
Mi alzai di scatto, sporgendomi verso la piccola culla.
Quelle mani piccole, quelle guance rigate di lacrime, quegli occhi identici ai miei.
"Aaaah! Ok, ok; vieni qui."
Appena toccai la sua pelle fresca e morbida, le urla si spensero e io mi rilassai all'istante.
Il suo corpo contro il mio petto, il suo cuore legato al mio, il suo sguardo così profondo.
Quell'attimo fu eterno.
Rimanemmo in silenzio a guardarci a vicenda, a scrutare le nostre anime ferite e rattoppate malamente.
E poi tutto cambiò, tutto cominciò a risplendere tra le lacrime.
Lily mi abbracciò, forse inconsciamente o forse per un riflesso involontario. Ma quando ritrovai le sua mani sul mio petto, capii che tutto quello aveva un senso.
Tutto quello era vita.
Tutto quello era Nick e Lily.

***

"Papà! Papà, mi stai soffocandooo!"
Ritornai al presente e rilassai le braccia. Povera Lily, l'avevo stritolata senza rendermene conto.
"Allora sono ancora il tuo principe preferito?"
Lei mi guardò, sorridendo felice e accarezzandomi il viso.
"Certo, papà. Ora voglio fare merenda."
La presi in spalletta e ci dirigemmo così verso la gelateria.
Ormai mancava davvero poco all'estate; il cielo limpido e le nuvole bianche e fumose non smettevano di ricordarmelo.
Adoravo l'estate. Adoravo sentire il sole sulla pelle, il vento tra i capelli e l'odore di salsedine impregnarmi i polmoni.
Come ogni anno, anche quell'estate sarebbe stata fantastica per me e Lily. I miei genitori avevano una seconda casa poco lontano da Boston, vicino al mare e in un posto divertente e tranquillo.
Io e la piccola avevamo trovato da anni, in quella vecchia casa di legno, una sorta di rifugio dallo smog e dallo stress della vita quotidiana.
Entrambi eravamo dei tipi socievoli e di compagnia, ma quelle due settimane di silenzi, sorrisi e tanti abbracci, ci rendevano più uniti e - sotto certi aspetti- anche migliori.
Mangiammo il gelato facendo troppo baccano, sporcandoci i nasi e ridendo all'unisono.
Troppo spesso venivamo scambiati per fratello e sorella, ma d'altronde era anche comprensibile.
Non mi infastidiva nemmeno più di tanto, era bello avere pochi anni di differenza e con tutta una vita ancora da vivere e scoprire insieme.
Prima di passare a casa per iniziare a cucinare, mi accorsi che dovevo assolutamente comprare la besciamella per le lasagne.
Maledetta birbante; Lily era una buona forchetta, proprio come me.
Non avevo mai capito la sua passione per il cibo italiano, però mi ero adeguato senza alcuna remora.
Mia madre era una cuoca eccezionale, sempre al passo coi tempi sia in cucina che con la moda.
Era una donna di appena 50 anni con una bellezza stratosferica e una carattere brillante e solare.
Ma mio padre era il vero punto fondamentale della famiglia. Un uomo molto normale per i suoi 60 anni, ma con un sorriso da far sciogliere anche i cuori più gelidi.
Era un uomo simpatico, giocherellone, bravo nel suo lavoro da muratore tanto quanto in quello di padre. Era il mio eroe, l'uomo che avevo sempre voluto essere fin da ragazzino.
Forse non ero un padre bravo come lui , però il caro Trevor Moore non mi aveva mai fatto sentire in colpa per le mie scelte di vita. Era sempre stato orgoglioso di me.
Entrammo così nel supermercato e liberai Lily dalle mia presa salda.
Strinsi la sua piccola mano e ci dirigemmo oltre le casse, mentre le commesse si voltavano a sorridermi quasi fameliche.
Ah, le donne.
Quasi si stavano uccidendo con gli sguardi, solo per ricevere un mio sorriso.
Sapevo di piacere, sia caratterialmente che fisicamente.
Certo, quando poi si scopriva che ero un ragazzo padre, le reazioni erano le seguenti :se le ragazze erano giovani o della mia età, si dileguavano subito. Se le donne erano più grandi, mi vedevano come una fonte di sesso e di soldi inestimabile e,armate di una melliflua dose di pietà nei miei confronti, cercavano di fare colpo. Leggermente ridicole, credevano di farmi tenerezza con i loro "Povero caro, una figlia da crescere tutto solo a soli vent'anni". Ma io non cercavo nulla di tutto quello.
Io e Lily stavamo benissimo da soli, senza piantagrane inutili.
Certo... Non si può dire che in questi quattro anni io non sia andato a letto con qualcuna, ma era solo qualcosa di fisiologico, di super protetto e nulla di davvero intenso.
Mi ero ripromesso che la donna che avrebbe preso il posto della madre di mia figlia, doveva essere una persona di sani principi, bella fuori e dentro, ma soprattutto: che mi facesse stare bene. Che accettasse me e Lily.
Questo era tutto.
"Papà, ogni anno sei sempre pensieroso il giorno prima della morte della mamma. Dai, non essere triste. Domani ci divertiremo dai nonni al mio compleanno, vedrai!"
La mia grande donna.
Come potevano definire i bambini ingenui? Io ancora non me ne capacitavo; Lily era molto più matura di me.
"Non ti preoccupare, principessa."
Lei mi sorrise, lasciando la mia mano e correndo verso il reparto giocattoli.
Un angelo con l'animo da piccola peste, ecco cos'era!
"Lily, per favore! Non ancora Barbie, questo mese sarebbe la terza!"
Cominciai a seguirla con passo svelto, svoltando l'angolo e scontrandomi contro uno scaffale.
"Ma che diavol-"
Mi massaggiai un braccio, mentre mi accorsi che il fantomatico scaffale era una ragazza.
Una ragazza a terra con tanto di stampelle, cavolo!
"Ma io dico, razza di idiota che non sei altro! Mi vedi o vai addosso a tutti per simpatia?"
Ragazza? No no, mi dovevo correggere: era un cobra velenoso e letale, capace di stenderti ad insulti.
"Ma come siamo gentili, Mademoiselle."
Le sorrisi fingendo gentilezza, fin quando mi accorsi che, in fondo, lei non aveva tutti i torti.
Era per terra, con due stampelle di metallo incrociate sopra il suo copro e una gamba ingessata che penzolava pericolosamente.
"Ok, scusami, non volevo venirti addosso."
Senza pensarci, la presi in braccio, aiutandola ad alzarsi.
I nostri visi arrivarono forse troppo vicini, ma non ci diedi molto peso. Tranne per un particolare...
Che occhi, pensai.
Occhi determinati, forti, ipnotici. 
Mi ripresi subito dopo, scusandomi ancora e offrendole il mio aiuto per uscire dal supermercato.
Purtroppo la ragazza non era stata colpita - nel senso letterale del termine- dal mio fascino come lo ero stato io, in un modo strano e del tutto nuovo, dai suoi occhi.
Mi lasciò così, intento ancora a ricordarmi quegli occhi troppo forti e troppo simili a quelli di Madeline.



"Va bene, Mamma. Sì, ti ho detto che vanno bene le coroncine per le bambine e il cappellino per i bambini... Sì, ok. No, non sento Matt da due settimane. Mamma, per favore, devo mettere a letto Lily! No, no; non ti azzardare a regalarle un'altra Barbie che anche oggi mi ha convinto a comprarle «Barbie va al mare con Ken e Shelly». Ok, ti voglio bene anche io. A domani."
Mi passai una mano dietro al collo, depositando il cordless sul tavolino in salotto.
Sorrisi, ripensando a quell'uragano chiamato Elizabeth Moore.
Mia madre era giovanile e moderna per alcuni versi, e apprensiva e sempre preoccupata per suo figlio e la sua piccola nipote, per altri.
Domani sarebbe stato il grande giorno e Lily mi aveva chiesto di festeggiare il suo quarto compleanno a casa dei nonni.
Beh, la loro casa era delimitata da un giardino grande vicino ad una piccola radura, ideale per far correre e divertire i bambini.
Il nostro appartamento, per quanto comodo e ben dislocato nella cittadina, non poteva offrire quel tipo di libertà e divertimento a dei bambini così piccoli.
Mi diressi verso il frigorifero, bevendo poi un po' di latte dal contenitore.
Quattro anni.
Il tempo era davvero volato; sia nel bene che nel male.
Lily cresceva forte e sana, mentre io mi stavo rinchiudendo sempre di più nella mia vita da padre.
Personalmente non mi lamentavo, erano i miei genitori e amici, che non la finivano di propormi donne e ragazze pronte a fidanzarsi con me. Non le volevo.
Stavo bene così, era davvero difficile accettarlo?
Il mio sguardo si mosse in automatico verso la penisola della cucina, dove una foto mia e di Mad trionfava sotto la luce fioca della luna.
Eravamo giovani e felici.
Lei era stupenda; magnifica e non avrei mai dimenticato il suo sorriso.
Forse era proprio per questo che mi era difficile andare avanti e aprire il mio cuore a qualcun'altra.
Era difficile amare, sentendo ancora l'amarezza di un amore non vissuto e troncato sul nascere. Spezzato dentro il proprio cuore.


"Ciao mamma."

Lily mi lasciò la mano per avvicinarsi alla piccola lapide di marmo.
Le sue labbra sfiorarono la foto di sua madre con timidezza e tanta gioia. La mia bimba non piangeva, ma anzi, sorrideva nel giorno più bello della sua vita.
Nonostante la morte, la sofferenza e il dolore, lei riusciva a sorridere.
Mi inginocchiai, iniziando a togliere qualche ciuffo di erba che disturbava la composizione di sassolini bianchi e cemento.
Una mano si posò sopra la mia, facendomi sollevare lo sguardo.
"Papà, vado a cambiare l'acqua per i fiori... Arrivo subito, ok?"
La guardai, socchiudendo gli occhi e annuendo leggermente con il capo.
Avevo un groppo in gola e facevo fatica a rimanere forte di fronte ai suoi occhi.
Forse... Forse lei mi capiva più di chiunque altro, perché appena rimasi da solo, scoppiai a piangere silenziosamente.
Aveva trovato la scusa perfetta per lasciarmi da solo con i miei pensieri, senza farmi sentire in colpa.
Mi avvicinai così alla foto di Mad e l'accarezzai con la punta delle dita.
"Ti Amo, Mad."
Le baciai il volto sorridente della fotografia, chiudendo gli occhi per assaporarla fino in fondo.
Era come se fosse ancora con me, stretta tra le mia braccia.
Era come i suoi lunghi capelli biondi mi avvolgessero di nuovo con il loro profumo di lavanda e rosa.
Era come se i suoi occhi marroni mi cullassero e mi facessero di nuovo sentire migliore; unico.
Mi appoggiai con una spalla al marmo, inclinando il capo e continuando a piangere.

"Allora tu sei il campione indiscusso dei Lions, vero?"
Mi voltai, trovando una ragazza piccolina, bionda, snella e con un paio buffo di occhiali a incorniciarle uno sguardo vivace e profondo.
"Nicholas Moore, piacere. Tu  sei...?
Lei mi porse la mano, stringendo con l'altra una cartellina.
"Madeline Stewart, capo redattrice del giornalino della scuola. Posso rubarti cinque minuti?"
Ma che voce aveva questa ragazza? Era così dolce e sensuale al tempo stesso.
Perché non l'avevo mai vista prima?
"Certo, anche dieci."
Ammiccai, facendola arrossire.
"Ok... Come ci si sente ad essere stato scelto da niente e popò di meno che Stanford?"
Eh, bella domanda.
"Madeline, è una sensazione strana. Mi sento potente e invincibile. Niente potrà allontanarmi dal mio sogno, e magari un giorno potrò essere un giocatore dei Red Sox che guadagna tanti soldi e vive di popolarità e successo."
La ragazza cominciò a scrivere velocemente, non perdendomi mai di vista.
La trovavo adorabile, anche se non certamente il mio tipo. Certo, ormai le cheerleader mi avevano stufato, e... E questa giornalista dall'animo infuocato, mi stava incuriosendo fin troppo.
"Pensi che con Stanford, i tuoi sogni si realizzeranno almeno in parte?"
Sorrisi. "Lo spero, davvero. Mi sono sbattuto in questi anni e ho sopportato allenamenti stancanti e massacranti solo per questo. Beh, non so se diventerò famoso, però frequentare Stanford è già un traguardo enorme per me. E te, Madeline? Che farai da grande?"
Lei rimase stupita dalla mia domanda.
Nicholas, Nicholas... Frena gli ormoni e datti una calmata!
"Sarò una giornalista e studierò come te a Stanford."

Mi asciugai le lacrime, cercando di allontanare il passato dalla mia mente.
Era impossibile, purtroppo.
Madeline sembrava ancora così presente e viva ai miei occhi.
Il nostro primo appuntamento, il primo bacio, il primo ti amo e... Il nostro primo rapporto.
Non l'avrei mai potuta dimenticare, questo era certo. Però era anche evidente  che non potevo continuare a vivere nel passato e non potevo dare a Lily un futuro roseo e sereno se mi riducevo sempre in quello stato pietoso.
Mentre i miei pensieri si addensavano prepotentmente nella mia mente, sentii due mani accarezzarmi le guance. Abbassai il viso per ritrovare quello della mia principessa.
"Forza papà, andiamo a casa."
E nonostante fosse sbagliato e poco da uomini, mi abbandonai di nuovo alle sue carezze, piangendo come un bambino.

"Ora ragazzi, potete giocare tranquilli! Tra mezz'ora ci sarà la torta, va bene?"
Un coro di "sì" si librò nell'aria mentre i bambini si disperdevano per il grande giardino retrostante la casa dei miei genitori.
Io ero seduto sotto la veranda con una birra fresca e dei salatini.
"Nick, smettila di pasticciare che poi non mangi la torta e tutto quello che ho cucinato stamattina!"
Mi madre mi schiaffeggiò una mano con dentro delle arachidi, facendomi sorridere e alzare un sopracciglio.
"Mamma, non ho quattro anni come Lily."
Lei si sedette di fianco a me, con lo sguardo verso i bambini.
"Tesoro sei sempre mio figlio, cosa c'entra! E poi lo sai che non ti fa bene bere la birra.. Ti rovina il fisico!"
Scoppiai a ridere, sorseggiando ancora dalla mia bottiglia.
"E tu lo sai che ho finito di essere uno sportivo da ben tre anni e che quindi, il fisico è quello che è."
Mia madre appoggiò il volto su una mano, continuando a guardarmi scettica.
"Sì, certo. Come se io non sapessi che vai ancora in palestra... So che ti piace essere in forma, e soprattutto, so che ti piacciono gli sguardi delle ragazze che ti vedono lavorare senza maglietta. Ah, mica sono vecchia, mio caro!"
Sorrisi, passandole un braccio intorno alle spalle.
"Lo sai che ho smesso con il baseball da anni."
"Già e sai benissimo che è un gran peccato. Nemmeno lei l'avrebbe voluto."
Il mio sguardo vagò lontano, prima nel cielo e poi verso il volto della mia ragione di vita.
"Lo so, ma il baseball mi ricorda Madeline. E' più forte di me."
Mia madre mi accarezzò una mano, comprensiva.
"E quando la smetterai di fare quest'ammenda? Sei giovane, Nick."
"Mamma.."
Sbuffai, allontanandomi leggermente.
"No, non sbuffare! Lo sai che non smetterò di romperti le scatole con questa storia.. E non iniziare con i tuoi soliti «Ma io sto bene così» o «Io ho Lily, non mi serve nessun'altro», sono solo scuse, perché hai paura di innamorarti di nuovo e di rimanere ferito. Ma ancora più grave è che tu hai paura di dimenticare Madeline e tutto quello che c'è stato tra di voi."
Profondi occhi neri, sguardo deciso e nessuna via di scampo.
Mia madre era decisamente testarda, ma -ahimé- lo ero anche io.
"E se anche fosse? Cosa c'è di male in tutto questo? E' o non è la mia vita?!"
Mia madre mi accarezzò un braccio, facendomi scattare e rilassare nello stesso momento. Mi accasciai sulla sedia, tamburellando le dita contro il tavolo di legno.
"Nicholas è la tua vita, ma non buttarla via. Ricordati, anche lei te lo aveva detto e non sentirti in colpa di aprire di nuovo il tuo cuore."
Mi alzai di scattò, preso da un'ira quasi incomprensibile.
"Ma il mio cuore è ROTTO, Mamma. Lo vuoi capire o no?!"
Entrai in casa, camminando veloce e scontrandomi poi con mio padre.
"Eccolo il tornado di famiglia."
Mi sorrise, quasi non si accorgesse dei mie pugni stretti, tesi e del mio sguardo infuriato.
"Papà, vado a prendere una birra."
Lui sollevò una mano, picchiettando le dita sul  mio petto.
"L'ira ha un motivo per esistere. Se tua madre ti dice sempre cose che ti fanno arrabbiare è perché senti che ha ragione. Nick,  vivi la vita e non continuare a essere seduto nel pubblico. Lily ha bisogno di vederti felice e tu ora non lo sei, anche se tu credi di esserlo. L'amore rende felici, Nick. Tu lo sai meglio di me, non è vero, figliolo?"
Le parole di un padre erano sempre forti ed efficaci. Mio padre non era mai stato un uomo di molte parole, ma quelle poche che proferiva, erano per me come oro colato.
Forse non ero davvero così forte e appagato come credo di essere da quattro anni.
Forse stavo vivendo una vita che non mi apparteneva davvero.



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Non aggiungiamo altro, visto che il capitolo parla da sé.
Ringraziamo con tutto il cuore coloro che hanno commentato o semplicemente letto il prologo di questa storia.
Speriamo di non deludere le vostre aspettative :)

Un grazie di cuore; crediamo che  questo capitolo sia molto importante e non servono ulteriori parole.
Nick è un ragazzo come tanti e la sua storia non è così diversa da molti suoi coetanei.
La vita è bella in ogni sua sfumatura, anche se all'inizio può essere dolorosa.
Prima o poi, tutti saremo felici di ciò che possediamo.

Un bacio grande e alla prossima <3


Jess & Giuliet





















 
   
 
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