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Autore: Compostezza    23/05/2012    3 recensioni
«Sei peggio di mia madre quando ti ci metti.» sbuffò, aumentando il passo e scorgendo all’orizzonte il grande edificio in mattoni rossi.
«E’ per questo che sono la tua migliore amica.»
Si voltò verso di lei. «Perché sembri mia madre?»
«No, perché sono l’unica che riesce a non farti replicare ogni volta.»
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Efelidi.

Los Angeles.
June, 99. h17.28.







«Vuoi un milkshake alla fragola?»
«Che schifo, meglio la cioccolata!»
«Pensavo ti piacesse alla fragola, eri più da quel gusto.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Non so, forse l’ho collegato a quella volta in cui a scuola avevi portato un cesto di fragole e te l’eri mangiate tutte all’intervallo.» il ragazzo fece spallucce e mosse un passo in avanti dopo che la fila era diminuita,si piegò di lato guardando le tre persone di fronte a lui; una mamma e un bambino che giocava col suo dinosauro verde, una signora e una ragazza bassina e decisamente “in carne”. Tornò al suo posto e si voltò verso la bionda al suo fianco che si era lasciata i capelli sciolti e al naturale, con qualche ciocca mossa fino a sotto il seno, la frangetta, ormai un po’ lunga, a coprire gli occhi, truccati con un ombretto marrone come la sua canotta e si stava mordicchiando nervosamente, da quando erano entrati, un unghia con qualche residuo di smalto grigio. In quel momento incatenò i grandi occhi azzurri nei suoi, azzurri come l’oceano alle sue spalle, non si era mai accorto che la ragazza avesse delle iridi così belle che risplendevano ogni volta sorrideva, anzi non si era proprio mai accorto della sua bellezza sbocciata tutta insieme e così velocemente da lasciarlo sbalordito.
Sam incurvò un sopracciglio, stando attenta a non cedere nel suo vizio di mordersi il labbro inferiore da cui spiccava una lunga linea rossa e guardò torva colui che gliel’aveva causata, per sbaglio, grazie alla sua goffaggine.
«Haner, vogliamo rimanerci tutta la sera?»
Corrugò la fronte non capendo, poi sentì un ragazzo lamentarsi dietro di loro e si accorse che toccava proprio a lui.
«Ho qualcosa sulla faccia?» domandò, poggiando le mani sul balcone.
«Due milkshake al cioccolato e anche quella ciambella lì, grazie.» estrasse il portafoglio nero e tirò fuori una banconota da dieci. «No, a parte la tua solita orrenda faccia, nient’altro.»
«Come siamo dolci.» prese l’agognato milkshake dalle mani della ragazza dai capelli bianchi, come la neve, e uscirono a passo di marcia, stando attenti a non scontrarsi con il fiume di persone, dal negozio. Appena fuori raggiunsero James e Johnny, appoggiati a un muretto di mattoni pieno di graffiti, a fumare l’ennesima sigaretta.
«Allora siete vivi, menomale.» scherzò Jimmy prendendo la ciambella dalle mani del moro.
«Colpa di Haner.»
«C’era una con un culo assurdo, Jim, la dovevi vedere.» la bionda diede un sorso alla bevanda alzando gli occhi al cielo e il batterista fece lo stesso.
«L’avevo detto, io, che dovevo venire!»
Il più piccolo si schiarì la voce, staccandosi dalle pietre. «Che si fa adesso?»
«Ho una voglia matta di disegnare.» disse all’improvviso, mentre camminavano per la strada che dava, da una parte, sulla spiaggia e, dall’altra, sui piccoli negozietti.
«Sapessi che voglia ho io.»
«Non ne avevo dubbi.»
«Ehi, ragazzi, guardate laggiù, stanno suonando una batteria.» urlò James, emozionato come una bimba alla vista di una barbie in un negozio di giocattoli, e indicò un piccolo gruppo di persone da cui provenivano, effettivamente, degli assoli di batteria. Fu il primo a corrervi contro e a farsi spazio tra la gente, fino ad arrivare davanti al ragazzo che se la cavava davvero bene. La batteria era piccola, a confronto con le sue spalle e le braccia, dietro le quali si muovevano su e giù dei lunghi capelli biondi legati in tanti, piccoli, dread. Le sue spalle nude erano tappezzate da alcuni tatuaggi tribali, che, da quello che ricordava, avevano dei significati legati agli spiriti e alla religione.
Sam concentrò tutta la sua forza sulle gambe e allungò il collo nella speranza di vedere qualcosa di più, non era stata veloce e scattante come Jimmy e si era ritrovata in fondo, dietro a due ragazzi dall’aspetto simile al biondo alla batteria che le bloccavano la vista. D’un tratto, però, sentì il tanto amato suolo mancare e due forti mani, rugose sulle dita, stringerle possente i fianchi nudi e si aggrappò automaticamente, salda, alle braccia che la tenevano su e da una parte le permettevano di vedere.
«Brutto idiota, cosa stai facendo? Mettimi giù.» urlò, divincolandosi.
«Ehi, stai ferma! Così mi fai male, si dal caso che stai colpendo le mie preziose parti basse.»
«Se ti volevo far del bene ti davo cento dollari.»
«Ok, ma mettila di muoverti, cazzo Ti stavo solo aiutando a vedere meglio, testona.»
Brian sbuffò lasciando la presa: era impossibile quella ragazza, se prima era un’esplosione di felicità e dolcezza, dopo, era un’esplosione nel verso senso della parola.
«E chi te l’ha chiesto» sbottò scontrosa, voltandosi verso di lui.
«Scusa, credevo di farti un piacere.» arrogante, la guardò incrociare le braccia al petto, dove spuntava il costume bianco, e gonfiare le guance come era solita fare quando era arrabbiata, scocciata o mentre pensava come ucciderti nei più dolorosi e peggiori modi. All’improvviso uno dei ragazzi di prima si voltò, mostrando inoltre la sua faccia totalmente andata, e spinse la povera bionda inevitabilmente contro il petto del ragazzo, che indietreggiò a sua volta.
La prima cosa che percepì fu il freddo, poi una sostanza scivolarle su tutta la pelle. Abbassò lo sguardo e vide una lunga e larga macchia marrone scura al centro della maglietta e trattenne il respiro e la voglia di far fuori quell’essere.
«Merda.» urlò, cercando con lo sguardo l’essere tra la folla, ma era scomparso.
«Il mio milkshake.» piagnucolò Brian.
Gli lanciò un’occhiataccia omicida e rossa dalla rabbia se ne andò a grandi passi verso la piccola piazza rotonda, dove una piccola fontana spruzzava acqua ai lati. Dalla tasca posteriore dei jeans prese il fazzolettino che le aveva porto la commessa e lo inzuppò metà nell’acqua fredda, sperando in un miracolo.
Tutte a me, che ho fatto di male, eh?
La macchia invece di diminuire si allargò ancora di più, arrivando quasi fin al bacino.
«Fanculo, fanculo, fanculo e fanculo.» lanciò il fazzolettino bagnato nel cestino di fianco a lei e, sedendosi sul bordo asciutto della fontana bianca, si accese una sigaretta, inspirandola nervosamente. Se non poteva sfogare la rabbia su quella testa di cavolo che le aveva fatta andare contro l’altra testa di cavolo e di certo, non sulla maglietta, come al suo solito, avrebbe cercato di reprimerla e di cacciarla via, calmandosi e fumando.
Necessitava della sua Cass, della sua voce, del suo tocco leggero sulla spalla e delle sue parole che riuscivano a calmarla come una medicina. Ma adesso il ragazzo di cui era follemente innamorata gliel’aveva “portata via”, rubandole quel poco di tempo in cui riuscivano a vedersi. Sicuramente non ce l’aveva con nessuno dei due, tuttavia le mancava della presenza della sua migliore amica e non di un ragazzo odioso, presuntuoso, menefreghista, prima donna, egoista e dannatamente bello come Brian. Sì, aveva detto bello, e, diavolo, se lo era.
Lanciò la sigaretta per terra e fece un lungo respiro, chiudendo gli occhi.
«Sam.» soffiò una voce al suo orecchio.
«Cosa.» rispose dopo pochi minuti.
«..ehm, stai bene?»
«A meraviglia.»
La calma è la virtù dei più forti.
«Sicura?»
Aprì gli occhi di scatto, voltandosi. «Sì, ho detto di si.» non teneva più tra le mani il frullato, ma il pacchetto di sigarette rosso che ne conteneva ancora due, una era tra le dita spenta.
«Stai calma e che cazzo. Sei impossibile, non ti si può neanche fare una cazzo di domanda!» alzò le braccia, voltando la testa dall’altra parte.
«Se sono impossibile, allora perché mi parli?»
«Perché tu mi rispondi costantemente male?»
«Non si risponde con una domanda a una domanda!»
«Ti prego.» scosse la testa, rassegnato.«Non ho le forze per litigare.» supplicò infine, portandosi la sigaretta martoriata fino a quel momento alle labbra e coprendo con una mano l’accendino, l’accese.
Sam si zittì, abbassando la testa e fissando le punte delle sue scarpe bianche. Forse era stata un po’ troppo scontrosa, dopotutto le aveva chiesto soltanto come stava e prima stava cercando davvero di aiutarla a vedere qualcosa, però, come al solito, aveva alzato le barriere e risposto male; impulsiva e testona com’era non si era accorta che il ragazzo la stava semplicemente aiutando.
Aprì la bocca per chiuderla immediatamente dopo, mordendosi la guancia dall’interno. «Scusa.» sussurrò.
«Come?» spalancò gli occhi, fissandola.
«Hai capito cosa ho detto, non fare il finto tonto.» abbassò ancora di più la testa, era diventata rossa e non glielo voleva far notare.
«Sai, è una cosa che non succede tutti i giorni. Di solito sono sempre io a chiederti scusa e non dire di no.» sorrise, facendo aderire la sua spalla lievemente muscolosa a quella esile delle ragazza. «Comunque, vuoi sapere il motivo per cui ti parlo sebbene mi tratti come un criminale?»
Accennò a un sì, muovendo la testa impercettibilmente e stringendo le gambe l’una contro l’altra, senza staccare gli occhi da un bambino che rincorreva un gabbiano di fronte a lei. Perché il cuore le aveva iniziato a battere più forte? Aveva paura di sentirsi dire la verità, spiaccicata in faccia come il frullato prima sulla sua maglietta?
«Sinceramente non lo so.» alzò lo sguardo verso di lui. «E’ un po’ difficile da.. spiegare.»
«Provaci.» lo incoraggiò.
«Ok. Allora, hai presente quella volta a casa tua?»
Come non dimenticarsela, quel giorno era riuscita a perdere dieci anni di vita in un secondo, sia per la sua richiesta, sia per il modo in cui l’aveva domandato. Era stato scontroso, possessivo e senza peli sulla lingua.
Annuì ancora, non lo voleva interrompere.
«Lo avrai preso come uno scherzo, una presa in giro o qualcosa del tipo, giusto?»
«In effetti.» mordicchiò la guancia con i denti, senza spostare gli occhi o un muscolo, immobile come una statua.
«A tuo posto avrei fatto così, ma vedi, anche se non sembra, io.. io ero serio. Volevo davvero uscire con te, cioè lo vorrei ancora, certo.» perché sentiva così tanto caldo? «Oramai dovresti conoscermi, sai come mi comporto e conosci la mia fama come sciupa femmine. Tutte le ragazze vogliono uscire con me o meglio, venire a letto con me, e questo me lo aspettavo pure da te. All’inizio ti vedevo semplicemente come una ragazzina di cui non mi importava niente, la compagna di banco che portava i libri al posto mio e che mi divertivo a vedere arrabbiata o a farci due litigate.» 
«No, spiegami cosa cazzo c’entra? Se stai cercando di farmi innervosire ricordandomi tutte le volte che ti avrei strozzato, beh, Haner, ci stai riuscendo in pieno.» scosse la testa, stringendo i pugni.
«No, fammi finire. Dicevo.. nonostante questo, in parte, ti odiavo. Odiavo il modo in cui guardavi la lavagna assorta nei tuoi ragionamenti, odiavo quando ti mettevi a disegnare tutto il banco con il tuo lapis mordicchiato blu, o ti scostavi da me durante i compiti, o quella volta in cui mi avevi tirato il libro di letteratura sulla testa. L’odio è aumentato quando mi hai respinto.»
«Mi odiavi?» chiese, scandalizzata peggio di prima.
«Sì. Cioè, è ovvio, come ti comporteresti tu con il ragazzo che ti piace e che ti respinge nettamente in quella maniera?»
Spalancò gli occhi, arrossendo. «Cosa intendi, scusa?»
«Avanti che hai capito.» sorrise mostrando quella fottuta dentatura perfetta.
«No, cioè, almeno credo.» rispose impacciata. Passò le mani sudate sulle gambe lisce e nude.
«Ok, non sono bravo con i rigiri di parole e le parole in se, te l’ho detto.» poi cessò di parlare. Sam sentiva i suoni ovattati e lontani, udiva soltanto il suo cuore rimbombare e pompare incessantemente il sangue da tutto il corpo, con la paura che lo potesse sentire anche lui, o nei casi peggiore, uscire fuori dal petto e scappare via. «Papale papale? Tu mi piaci dal momento in cui ti ho visto con James al chiosco e non so il cazzo di perché. Non so il perché in quel momento preciso, ti avevo sempre vicino a scuola, sette ore su sette, buffo no?.» si voltò verso di lei, rimasta con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata, espirando il fumo tranquillo. Come faceva ad essere così tranquillo, si può sapere?
«Ho ritenuto che fosse soltanto una sbandata, il preteso di portarti a letto come tutte le altre ed aggiungere un nome alla mia lista.»
«Ed è così?.»
Oh, allora la voce ce l’ho, un po’ rauca, ma ce l’ho.
«Secondo te, Scherlock?»
«Cazzo ne so.» rispose acida, sentendosi imbarazzata ai massimi livelli. Incrociò le braccia al petto e con una mano cercò di farsi vento.
«Secondo te se fosse così, avrei fatto questo discorso e sarei passato da scemo in questa maniera?» alzò un sopraciglio.
Non rispose, deglutì la saliva e sbatté lentamente le palpebre, non sapendo come comportarsi e cosa dire. Tutto considerato non si era mai ritrovata in una situazione del genere, lei, era più una che le cose se le prendeva, come Haner appunto, una che in vita sua l’unico sentimento che aveva provato era per l’attore di Dawson’s Creek e per il suo capelli biondi.
Fissò il braccialetto d’oro, di sua madre, al polso destro, le piccole lunette erano sparse per la pelle, altre penzolavano, mosse dal vento e dal suo tremore, mentre l’orsacchiotto era al suo posto, al centro, nascosto dalla stoffa della maglietta.
L’unica cosa che fece fu voltarsi piano, passando gli occhi dalle sue labbra morbide, al naso che sfiorava di pochissimo il suo, fino a quelle pozze castane che l’avevano sempre fatta impazzire e che, a sua volta, si spostavano veloci su tutto il suo viso. La loro vicinanza era talmente minima che, Sam, riusciva a vedere tutti i più piccoli particolari di quel viso perfetto e senza accorgersene si avvicinò di più: aveva delle piccole macchie verdastre sul naso, a formare un cerchi,o e altre più omogenee sotto gli occhi e sulle guance. Che fossero delle lentiggini? No, efelidi.
Poi successe, si ritrovò le labbra del ragazzo posate delicatamente sulle sue e una scarica in tutto il corpo. Avvertiva una mano sul suo fianco, sotto la maglietta, a sfiorare la pelle ed a crearle tanti piccoli brividi.
A quel punto, quando le attività del cervello ripresero a funzionare, lo prese per il colletto della maglietta, poco prima della scritta Black Sabbath  e lo avvicinò a se, facendo aderire i corpi.
«E smettila di sorridere cretino. Mi fai sentire più in imbarazzo di quello che non sono già.»




















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Salve, people :)
TADADATATATAAAA' (potere ai piccoli)
Non ce l'ho fatta, l'ho dovuto scrivere e mettere subito.Ma come sono belli insieme, eh.. EH? **
Oltre alla voglia matta di scrivere di questo maledettissimo bacio, tanto atteso, tanto desideratato, non so proprio quando riuscirò ad aggiornare. Capitemi, questi giorni sono impegnativi per tutti (manca una settimana alla fine, non ci credo) e i prof. mi stanno tartassando come non hanno mai fatto in tre anni. Io spero sempre in qualche idea improvvisa, perchè, fra questa e l'altra (chiunque la voglia leggere mi farà un grandissimo piacere http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1066498&i=1, quindi amanti del meraviglioso Matt fatevi avanti!) non ho più idee. Infatti, se qualcuno ha qualche consiglio o ideuccia non mi dispiace, anzi! Ringrazio, come al solito, le tre anime che amo taaaanto : Manganese, Amelie_ e Mezmer. (giuro vi amo seriamente)
Scusate per gli errori, perchè ci sono a palate, e spero vi piaccia.
Buona lettura,
un bacione.
  
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