Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Beautiful Lie    23/05/2012    3 recensioni
«Quindi rimarremo amici per sempre?» chiese, affondando le mani un po’ più a fondo nelle tasche dei jeans sgualciti.
«In realtà, trovo che questa eventualità sia decisamente scarsa.»

Buon compleanno. ♥
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scars
And it’s you and me,
I don’t want anything more.

 
 

«Quindi rimarremo amici per sempre?» chiese, affondando le mani un po’ più a fondo nelle tasche dei jeans sgualciti.
La neve cadeva da ore, come se qualcuno avesse voluto spolverare dello zucchero filato sulla loro piccola cittadina già colma di addobbi natalizi, e il freddo gli gelava le ossa costringendolo a seppellire la faccia tra le pieghe della sua sciarpa a righe. Una bellissima sciarpa a righe.
«In realtà, trovo che questa eventualità sia decisamente scarsa.»
Non si stupì della sua risposta fredda e tenne d’occhio un fiocco di neve che si stava depositando sul cappello dell’altro, in attesa di ulteriori chiarimenti. Era quando qualcuno stimolava i suoi pensieri in quel modo, che si convinceva di poter scorgere nei suoi occhi il riflesso di mille idee, numeri e variabili. Forse era solo una conseguenza della scarsa visibilità, ma gli piaceva pensarla diversamente.
«Ecco, io – proseguì, nascondendosi la bocca con la sciarpa e riducendo la sua voce ad un mugugno imprecisato – ritengo che sia impossibile.» Avrebbe voluto dire che sperava potesse andare in modo diverso, però non gli piaceva sbilanciarsi troppo. In fondo, lui era la prova vivente di un ragazzo cresciuto e educato senza la minima sensibilità.
«Potrei rubarti la ragazza, domani.» Tentò di scherzare l’altro, mentre evitava un pupazzo di neve costruito ai lati della strada.
«Se tu non fossi gay.»
«Touché.»
«Non credo, comunque. È più probabile che tu ti stanchi delle mie stupide manie.»
«Come la volta dell’aquilone umano?» ridacchiò al pensiero di quell’episodio e non si preoccupò nemmeno di chiedersi come facesse a ricordare un evento così datato.
«Erano ali.» Le guance quasi completamente nascoste dalla sciarpa si tinsero di rosso, come il suo naso ormai del tutto insensibile. L’altro, però, non mancò di notare il sorriso tipico che l’amico assumeva ogni qualvolta si sentiva fiero di se stesso, e rinunciò persino a capire come due ali di cartone appiccate dietro la schiena con lo scotch potessero scatenare quell’improvviso moto d’orgoglio.
Rimasero in silenzio per tutto il resto del viaggio e, non appena si trovarono sotto casa, capì che l’amico voleva dirgli qualcosa. Era sempre il riflesso degli occhiali a tradirlo.
«Passami le chiavi. Ho cambiato idea.»
Non contestò l’apparente scortesia di quell’affermazione. Era abituato a sentirsi dare ordini da chiunque e avrebbe potuto giurare che quello non lo era del tutto, perché sebbene lui stesso non capisse quanto doveva essere difficile vivere con la paura di chiedere per favore, qualcosa gli assicurava che l’amico ci provava sul serio a sputare quelle parole.
Senza riuscirci.
«Vuoi già tornare a casa?»
«Voglio lasciare un ricordo.»

~

Si slegò la cravatta, sopraffatto dal caldo estivo. Per un uomo in carriera come lui, nel bel mezzo dei suoi quaranta, tornare a casa in una cittadina così isolata era quasi un piccolo lutto. Niente servizi aggiornati, autobus in orario o metropolitana da prendere ogni mattina. Non doveva svegliarsi e costringersi a spegnere la sveglia strategicamente posizionata lontana dal letto, mentre si abbottonava di corsa la camicia inamidata. Eppure, tutte le estati era lì, a rivivere il passato con i suoi genitori che lo trattavano ancora come se avesse cinque anni.
Oltrepassò la gelateria colma di bambini in coda per aspettare il loro cono e giunse all’incrocio con un piccolo vicolo, che sarebbe stato facilmente superato da chiunque non lo aspettasse sul suo percorso: era stretto e fresco a causa dell’ombra creata dai palazzi. Camminò ancora un po’ e quando trovò il muro di fronte a casa sua cominciò ad accarezzare i mattoni grigi, in cerca di qualcosa. Non appena trovò l’incisione rilasciò il respiro, soddisfatto.
Non sapeva come mai ogni tanto sentiva il bisogno di tastare quel muro, poiché si rendeva perfettamente conto che non si addiceva per niente al ruolo che aveva scelto d’interpretare, ma non riusciva ad evitarlo. Era un ricordo legato alla sua adolescenza che solo durante l’estate e solo quando si trovava in quella città si permetteva di rievocare, perfettamente consapevole che sarebbe rimasto per sempre da qualche parte dentro di sé, come un’incisione. Come una cicatrice.
Quindi non si stupì quando per un attimo fu convinto di scorgere – fra la luce, le ombre e i rumori – un ragazzo con delle ali di cartone attaccate sulla schiena che piangeva per essersi fatto male durante il suo esperimento. Al suo fianco, un altro individuo più basso chinato a rassicurarlo.

Eppure scomparve tutto così in fretta che quasi non se ne rese conto e tutto tornò così ordinario che, quando salì le scale per mettersi a lavorare su quella relazione che doveva consegnare, quasi ne sentì la mancanza.
 
 

«Sei sicuro che si possa? Voglio dire, è vandalismo!»
«Per un attimo ho pensato di farci un taglio insieme, quindi ringrazia che quel muro non sia tu.»
«Puoi almeno spiegarmi perché?»
«Non saremo amici per sempre, ma io voglio lasciare qualcosa che lo sia. Le nostre cicatrici ci ricordano che il passato è reale.» Non appena ficcò le chiavi in tasca, entrambi sorrisero con le guance rosse dal freddo e le dita intirizzite.

 

 
 
Note dell’Autrice:
Questa roba forse non è un granché. Buon compleanno, bellissimaH.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Beautiful Lie