Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: valli    24/05/2012    4 recensioni
Inizi del '900, Chicago (Illinois). Un matrimonio combinato, la finzione di un amore, il dolore di una donna. Finirà tutto così? Le cose si possono sistemare?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Old loves they die hard;
Old lies they die harder.

Capitolo II: Dote.
Alexander
Lo  vedevo da come ti muovevi
che eri sola anche in mezzo alla gente.
[Nel bene e nel male, Mondo Marcio
 
Settimane dopo, quella cena era caduta nel dimenticatoio.
Nel frattempo, mia madre e Danielle Miller avevano continuato con i preparatici per la maratona che  fin dalla prima edizione ospitava tantissimi partecipanti e spettatori, provenienti sia da Chicago che dalle città vicine.
Io e mio padre eravamo costretti a parteciparvi dato che mia madre aveva lavorato molto perché tutto fosse perfetto.
Quindi mi ero preparato e poco dopo avevo raggiunto i miei genitori a Grant Park, addobbato con luci e festoni colorati, cartelloni d’incitamento e pubblicità.
In più, vicino all’entrata si trovavano diverse bancarelle gestite dai negozi e dai locali di ristoro della città che vendevano piccoli oggetti ricordo o cibi e bevande “per grandi e piccini” come recitativa una locandina.
Fermai la mia passeggiata per non venire travolto dalla corsa di due bambini e poi proseguii, raggiungendo il mio amico Aaron Hughes e suo cognato Leonard Price.
«Ragazzi» li salutai, dando anche un pacca sulla spalla ad Aaron.
«Ehi, Alex, come va?» mi chiese Leonard.
«Bene, tu? Come si sta da sposati?» domandai scherzando sul suo recente matrimonio.
«Benissimo, è un’esperienza che ti consiglio» sorrise.
Risi anch’io, senza però replicare, chiedendo invece dove si trovassero le loro signore.
«Qui in giro,» rispose Aaron, «a spettegolare insieme ad altre ragazze, sicuramente. Ma è da un po’ che non ci vediamo, Alex,» aggiunse sempre il mio amico, «dimmi un po’, tua madre ti ha più organizzato cene per trovarti una donna?» indagò divertito.
Sbuffai «no, per fortuna. La Miller deve essere stata l’ultima.».
«Regina?» chiese Leonard. «È la migliore amica di Eloise» spiegò, riferendosi a sua moglie.
«Davvero?» domandai stupito, non trovano affinità tra le due. «Mi è sembrata l’opposto di tua moglie» aggiunsi infatti.
«Sono molto simili sotto certi aspetti, ma anche davvero differenti sotto altri, è vero. Sono amiche fin da piccole, almeno credo. Regina è una brava ragazza» annuì.
«Leonard, ti sei alleato con la signora Wood per trovare una moglie ad Alexander?» scherzò Aaron.
Price rise «no, no, assolutamente. Per quanto io pensi che sarebbe ora che anche tu, Alexander, metta la testa apposto…».
«La mia testa sta benissimo così» ribadii.
«Non mi trovi d’accordo» commentò una voce femminili dietro di me.
Mi voltai, seppur riconoscendo il tono tagliente di Breanna Price Hughes, moglie di Aaron e sorella di Leonard.
«Breanna, grazie, sei sempre molto gentile» la salutai chinandomi per baciarle la mano. «Eloise…» aggiunsi, salutando alla stessa maniera anche la moglie di Leonard.
«Buonasera, Alexander» mi salutò lei, lanciando un’occhiata alla sua sinistra. «Ah, conosci Regina Miller?» aggiunse allungando una mano verso la ragazza accanto a lei.
«Sì, Eloise, più o meno ci conosciamo già. Buonasera» rispose la sua amica per me.
«Regina…» la salutai come avevo fatto con le altre due signore.
«Forse Aaron non la conosce» riprese Breanna. «Caro, è la figlia dell’avvocato Gregory Miller. Lui, Regina, è mio marito, Aaron Hughes» concluse.
«Piacere» disse lei  allungando una mano che lui baciò cortesemente.
«Piacere mio. Finalmente conosco la ragazza che completa questo magico trio» sorrise lui.
Lei rise, facendomi voltare verso di lei per il suono così divertito ed educato: non era una risata di finta cortesia ma nemmeno una sguaiata o strillante. Infine tossì leggermente, scusandosi.
«Forse non dovevi uscire, oggi. È da qualche giorno che lamenti questa tosse» la riprese Eloise, posandole una mano sul braccio.
«Non è nulla, Eloise, tranquilla» le sorrise. « Però forse hai ragione, è meglio che rientri. Buona serata a tutti».
Ricambiammo i saluti e poi se ne andò sola, dicendo di passare a salutare i suoi genitori prima di andarsene a casa.
La osservai un attimo mentre si allontanava tra la folla scalpitante. Lei, così piccola e leggera col suo abitino azzurro cielo e i capelli biondi raccolti in una lunga treccia scomposta, che camminava cercando di schivare la gente che si muoveva febbrile, preoccupata di far del male o farsene.
Sbattei le palpebre, perdendola di vista. Tornai a guardare i miei amici, cercando di capire di cosa stavano parlando per intromettermi nei loro discorsi.
Come se nulla fosse successo. Perché nulla era successo.
 
~
 
La corsa ebbe inizio sotto le urla d’incitamento di moltissime persone accorse da ogni dove per assistere all’evento che, dopo ormai anni dall’inizio destava ancora molta curiosità.
Mi allontanai da quella folla, infastidito da tutto quel baccano e quell’entusiasmo, raggiungendo mio padre che se ne stava solo in disparte, a fumare una delle se sigarette.
«Alexander, sei qui» mi salutò.
«Sono arrivato da un po’, a dir la verità, ma ho perso tempo con Aaron e Leonard» spiegai.
«Capisco» annuì, restando con lo sguardo a fissare un punto lontano ed indefinito.
Lo osservai, perplesso dal suo silenzio e dalla sua espressione tormentata. «Qualche problema, papà?» domandai, quindi.
Finalmente girò il viso per guardarmi, seppur di sfuggita. «No. No, Alexander. Poco fa ho incontrato Jack Brown, mi ha detto che ha promesso in sposa Catherine ad un imprenditore di Springfield» cambiò discorso.
«Oh» mormorai, sorpreso, ripensando alla frivola ragazza che mi era stata presentata durante una delle famose cene.
«Sì. Alexander, dovresti deciderti prima che anche le altre ragazze vengano promesse» mi consigliò.
«Non mi voglio sposare, papà, quante volte devo ripetertelo?» mi trattenni dallo sbuffare.
«E invece lo farai, Alex. Non ho intenzione di dover stare in pensiero o consolare tua madre perché tu sei in guerra. Non ci renderai orgogliosi di te, così» sbottò.
«Io… Vi renderei orgogliosi essendo io infelice?» domandai, incredulo.
«Non sarai infelice. Sono tutte belle donne, vedrai che ti troverai bene. Anche il mio matrimonio è stato svolto con le stesso modalità del tuo, ed io e tua madre ci amiamo. No sarà facile, è vero, ma vedrai che…» spiegò.
«Papà, ti prego…» lo interruppi.
«No. Decidi, Alex, o mi costringerai a scegliere per te. Ti do una settimana» concluse, gettando la sigaretta per terra.
La schiacciò col piede, allontanandosi, mentre io guardavo la sua figura fondersi con la gente.
La mia dignità era stata pestata come quel mozzicone, caduto a terra e lasciato lì a bruciare i propri resti.
 
~
 
Una settimana, una settimana per scegliere la donna con cui avrei formato una famiglia, la donna che sarebbe stata mia moglie, con cui avrei passato una vita.
Una donna che mi avrebbe reso –anche se non direttamente per colpa sua- infelice, già lo sapevo.
Una o l’altra, a quel punto non mi importava più, sarebbe stato lo stesso.
Troppo sconvolto dalle parole di mio padre, me ne andai da Grant Park, senza salutare nessuno. Semplicemente mi inviai verso l’uscita e poi vagai per le strade dei quartieri vicini, cercando di realizzare un pensiero che non fosse rabbioso e contro mio padre.
Dopo diversi minuti, mi guardai intorno, per cercare di capire dove il mio camminare senza destinazione mi aveva portato.
Mi trovavo in un o dei tanti quartieri benestanti di Chicago, poco lontano dal mio, costellato da case di simile fattura, dalle mura bianche e con un porticato che dava sui giardini che d’estate erano pieni di fiori colorati.
Continuai a camminare per raggiungere la mia abitazione, indeciso tra il chiudermi in camera o mettermi al pianoforte per tentare di rilassarmi.
Sospirai, sollevando il viso per guardare davanti a me, nonostante i marciapiedi fossero vuoti: solo qualche giovane coppia si concedeva una passeggiata tranquilla, lontana dal marasma del parco da cui mi ero io stesso allontanato.
Sul portico di una casa, una ragazza se ne stava in pace a ricamare, seduta su una sedia a dondolo di legno scuro.
Fissai i miei occhi sui suoi capelli biondi e ricci, sulle sue mani piccole che leste guidavano l’ago sulla stoffa bianca.
Regina Miller sollevò il viso, sentendosi forse osservata. Portò una mano sulla fronte per coprirsi la vista del sole pallido di gennaio, cercando con lo sguardo una figura nota.
Appena mi vide, sorrise alzando una mano e muovendo le dita in segno di saluto. Subito dopo le spostò a coprirsi la bocca, venendo scossa immediatamente dai singhiozzi della tosse.
Non restai un attimo di più e proseguii per la mia strada.
Lei era una delle ragazze presentatemi.
Lei, un’altra… ormai non aveva più importanza.

 

Salve! 
Allora, la storia inizia a delinearsi sempre di più. Il padre di Alexander è stato molto duro, più in là vedremo meglio il suo carattere e soprattutto le sue motivazioni. 
Spero che questa storia vi stia piacendo! 
Come sempre, per eventuali domande, critiche, etcetera, potete contattarmi tramite recensioni, messaggi, o siti vari che troverete nella mia pagina autore.
A presto!

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: valli