- Old loves they die
hard;
- Old lies they die
harder.
Capitolo II: Dote.- Alexander
- Lo
vedevo da come ti muovevi
- che eri sola anche
in mezzo
alla gente.
- [Nel bene e nel
male, Mondo
Marcio
- Settimane
dopo, quella cena era caduta
nel dimenticatoio.
- Nel
frattempo, mia madre e Danielle
Miller avevano continuato con i preparatici per la maratona che fin dalla prima edizione
ospitava tantissimi
partecipanti e spettatori, provenienti sia da Chicago che dalle
città vicine.
- Io
e mio padre eravamo costretti a parteciparvi
dato che mia madre aveva lavorato molto perché tutto fosse
perfetto.
- Quindi
mi ero preparato e poco dopo
avevo raggiunto i miei genitori a Grant Park, addobbato con luci e
festoni
colorati, cartelloni d’incitamento e pubblicità.
- In
più, vicino all’entrata si trovavano
diverse bancarelle gestite dai negozi e dai locali di ristoro della
città che
vendevano piccoli oggetti ricordo o cibi e bevande “per
grandi e piccini” come recitativa una locandina.
- Fermai
la mia passeggiata per non
venire travolto dalla corsa di due bambini e poi proseguii,
raggiungendo il mio
amico Aaron Hughes e suo cognato Leonard Price.
- «Ragazzi»
li salutai, dando anche un
pacca sulla spalla ad Aaron.
- «Ehi,
Alex, come va?» mi chiese
Leonard.
- «Bene,
tu? Come si sta da sposati?»
domandai scherzando sul suo recente matrimonio.
- «Benissimo,
è un’esperienza che ti
consiglio» sorrise.
- Risi
anch’io, senza però replicare,
chiedendo invece dove si trovassero le loro signore.
- «Qui
in giro,» rispose Aaron, «a
spettegolare insieme ad altre ragazze, sicuramente. Ma è da
un po’ che non ci
vediamo, Alex,» aggiunse sempre il mio amico,
«dimmi un po’, tua madre ti ha
più organizzato cene per trovarti una donna?»
indagò divertito.
- Sbuffai
«no, per fortuna. La Miller
deve essere stata l’ultima.».
- «Regina?»
chiese Leonard. «È la
migliore amica di Eloise» spiegò, riferendosi a
sua moglie.
- «Davvero?»
domandai stupito, non
trovano affinità tra le due. «Mi è
sembrata l’opposto di tua moglie» aggiunsi
infatti.
- «Sono
molto simili sotto certi aspetti,
ma anche davvero differenti sotto altri, è vero. Sono amiche
fin da piccole,
almeno credo. Regina è una brava ragazza»
annuì.
- «Leonard,
ti sei alleato con la signora
Wood per trovare una moglie ad Alexander?» scherzò
Aaron.
- Price
rise «no, no, assolutamente. Per
quanto io pensi che sarebbe ora che anche tu, Alexander, metta la testa
apposto…».
- «La
mia testa sta benissimo così»
ribadii.
- «Non
mi trovi d’accordo» commentò una
voce femminili dietro di me.
- Mi
voltai, seppur riconoscendo il tono
tagliente di Breanna Price Hughes, moglie di Aaron e sorella di Leonard.
- «Breanna,
grazie, sei sempre molto
gentile» la salutai chinandomi per baciarle la mano.
«Eloise…» aggiunsi,
salutando alla stessa maniera anche la moglie di Leonard.
- «Buonasera,
Alexander» mi salutò lei,
lanciando un’occhiata alla sua sinistra. «Ah,
conosci Regina Miller?» aggiunse
allungando una mano verso la ragazza accanto a lei.
- «Sì,
Eloise, più o meno ci conosciamo
già. Buonasera» rispose la sua amica per me.
- «Regina…»
la salutai come avevo fatto
con le altre due signore.
- «Forse
Aaron non la conosce» riprese
Breanna. «Caro, è la figlia
dell’avvocato Gregory Miller. Lui, Regina, è mio
marito, Aaron Hughes» concluse.
- «Piacere»
disse lei allungando
una mano che lui baciò
cortesemente.
- «Piacere
mio. Finalmente conosco la
ragazza che completa questo magico trio» sorrise lui.
- Lei
rise, facendomi voltare verso di
lei per il suono così divertito ed educato: non era una
risata di finta
cortesia ma nemmeno una sguaiata o strillante. Infine tossì
leggermente, scusandosi.
- «Forse
non dovevi uscire, oggi. È da
qualche giorno che lamenti questa tosse» la riprese Eloise,
posandole una mano
sul braccio.
- «Non
è nulla, Eloise, tranquilla» le
sorrise. « Però forse hai ragione, è
meglio che rientri. Buona serata a tutti».
- Ricambiammo
i saluti e poi se ne andò
sola, dicendo di passare a salutare i suoi genitori prima di andarsene
a casa.
- La
osservai un attimo mentre si
allontanava tra la folla scalpitante. Lei, così piccola e
leggera col suo
abitino azzurro cielo e i capelli biondi raccolti in una lunga treccia
scomposta, che camminava cercando di schivare la gente che si muoveva
febbrile,
preoccupata di far del male o farsene.
- Sbattei
le palpebre, perdendola di
vista. Tornai a guardare i miei amici, cercando di capire di cosa
stavano
parlando per intromettermi nei loro discorsi.
- Come
se nulla fosse successo. Perché
nulla era successo.
- ~
- La
corsa ebbe inizio sotto le urla d’incitamento
di moltissime persone accorse da ogni dove per assistere
all’evento che, dopo
ormai anni dall’inizio destava ancora molta
curiosità.
- Mi
allontanai da quella folla, infastidito da
tutto quel baccano e quell’entusiasmo, raggiungendo mio padre
che se ne stava solo
in disparte, a fumare una delle se sigarette.
- «Alexander,
sei qui» mi salutò.
- «Sono
arrivato da un po’, a dir la verità, ma ho
perso tempo con Aaron e Leonard» spiegai.
- «Capisco»
annuì, restando con lo sguardo a fissare
un punto lontano ed indefinito.
- Lo
osservai, perplesso dal suo silenzio e dalla
sua espressione tormentata. «Qualche problema,
papà?» domandai, quindi.
- Finalmente
girò il viso per guardarmi, seppur di
sfuggita. «No. No, Alexander. Poco fa ho incontrato Jack
Brown, mi ha detto che
ha promesso in sposa Catherine ad un imprenditore di
Springfield» cambiò
discorso.
- «Oh»
mormorai, sorpreso, ripensando alla frivola
ragazza che mi era stata presentata durante una delle famose cene.
- «Sì.
Alexander, dovresti deciderti prima che anche
le altre ragazze vengano promesse» mi consigliò.
- «Non
mi voglio sposare, papà, quante volte devo
ripetertelo?»
mi trattenni dallo sbuffare.
- «E
invece lo farai, Alex. Non ho intenzione di
dover stare in pensiero o consolare tua madre perché tu sei
in guerra. Non ci
renderai orgogliosi di te, così» sbottò.
- «Io…
Vi renderei orgogliosi essendo io infelice?»
domandai, incredulo.
- «Non
sarai infelice. Sono tutte belle donne,
vedrai che ti troverai bene. Anche il mio matrimonio è stato
svolto con le
stesso modalità del tuo, ed io e tua madre ci amiamo. No
sarà facile, è vero,
ma vedrai che…» spiegò.
- «Papà,
ti prego…» lo interruppi.
- «No.
Decidi, Alex, o mi costringerai a scegliere
per te. Ti do una settimana» concluse, gettando la sigaretta
per terra.
- La
schiacciò col piede, allontanandosi, mentre io
guardavo la sua figura fondersi con la gente.
- La
mia dignità era stata pestata come quel
mozzicone, caduto a terra e lasciato lì a bruciare i propri
resti.
- ~
- Una
settimana, una settimana per scegliere la
donna con cui avrei formato una famiglia, la donna che sarebbe stata
mia
moglie, con cui avrei passato una vita.
- Una
donna che mi avrebbe reso –anche se non
direttamente per colpa sua- infelice, già lo sapevo.
- Una
o l’altra, a quel punto non mi importava più,
sarebbe stato lo stesso.
- Troppo
sconvolto dalle parole di mio padre, me ne
andai da Grant Park, senza salutare nessuno. Semplicemente mi inviai
verso
l’uscita e poi vagai per le strade dei quartieri vicini,
cercando di realizzare
un pensiero che non fosse rabbioso e contro mio padre.
- Dopo
diversi minuti, mi guardai intorno, per
cercare di capire dove il mio camminare senza destinazione mi aveva
portato.
- Mi
trovavo in un o dei tanti quartieri benestanti
di Chicago, poco lontano dal mio, costellato da case di simile fattura,
dalle
mura bianche e con un porticato che dava sui giardini che
d’estate erano pieni
di fiori colorati.
- Continuai
a camminare per raggiungere la mia
abitazione, indeciso tra il chiudermi in camera o mettermi al
pianoforte per
tentare di rilassarmi.
- Sospirai,
sollevando il viso per guardare davanti
a me, nonostante i marciapiedi fossero vuoti: solo qualche giovane
coppia si
concedeva una passeggiata tranquilla, lontana dal marasma del parco da
cui mi
ero io stesso allontanato.
- Sul
portico di una casa, una ragazza se ne stava
in pace a ricamare, seduta su una sedia a dondolo di legno scuro.
- Fissai
i miei occhi sui suoi capelli biondi e
ricci, sulle sue mani piccole che leste guidavano l’ago sulla
stoffa bianca.
- Regina
Miller sollevò il viso, sentendosi forse
osservata. Portò una mano sulla fronte per coprirsi la vista
del sole pallido
di gennaio, cercando con lo sguardo una figura nota.
- Appena
mi vide, sorrise alzando una mano e
muovendo le dita in segno di saluto. Subito dopo le spostò a
coprirsi la bocca,
venendo scossa immediatamente dai singhiozzi della tosse.
- Non
restai un attimo di più e proseguii per la mia
strada.
- Lei
era una delle ragazze presentatemi.
- Lei,
un’altra… ormai non aveva più
importanza.
- Salve!
- Allora, la storia inizia a delinearsi sempre di più. Il padre di Alexander è stato molto duro, più in là vedremo meglio il suo carattere e soprattutto le sue motivazioni.
- Spero che questa storia vi stia piacendo!
- Come sempre, per eventuali domande, critiche, etcetera, potete contattarmi tramite recensioni, messaggi, o siti vari che troverete nella mia pagina autore.
- A presto!