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Autore: Skred    24/05/2012    0 recensioni
«Secondo la tradizione Giapponese si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà trovare la persona che ne porta l'altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la persona cui siamo destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella. Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa, perchè quel filo che le unisce non si spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi.»
Tuttavia, questa storia non è ambientata in Giappone, tutt'altro, benvenuti nella terra della grande mela... l'America!
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Facendo forza sulle braccia, la smisi di ‘’abbracciare’’ il pavimento e mi rialzai da terra. « Jun Reed... sono io. » aggiunsi, mentre mi spolveravo via la polvere dai vestiti. Quel maledetto proprio me doveva fare cadere?! Il tizio che prima aveva pronunciato con voce incerta il mio nome, ora mi fissava insistentemente. Sentivo che i suoi occhi, color miele, mi stavano squadrando dalla testa ai piedi. « … questo nanerottolo? » disse, indicandomi con il pollice. Okay, aveva iniziato decisamente con il piede sbagliato. « E-ehi, Yuki, non è carino dire queste cose! » la ragazza che stava nello stand cercò di difendermi. « Sarete compagni per un anno, sarebbe sfavorevole non andare d’accordo! » aggiunse lei. « Cooosa? Devo stare in camera con Golia?! » Lui mi chiamava nanerottolo? E allora lui era uno stupido gigante! « Cerca di potare rispetto per le persone più grandi di te… marmocchio rosso! » Ed ecco un nuovo nomignolo. « Sei stato tu ad iniziare, chiedi scusa! » E dire che mio fratello mi aveva raccomandato solo una cosa: non dare troppo nell’occhio. « Su! Su! E fate la pace! » La ragazza inutilmente cercò di farci calmare, quel tizio era troppo odioso, come avrei fatto a conviverci per un intero anno?! « Cos’è tutta questa confusione? » Un terzo ragazzo si avvicinò a noi, ancora più alto di quello che, da come avevo capito dalla ragazza, si chiamava Yuki. Ma dov’ero finito, nel paese dei giganti? O forse ero io ad essermi rimpicciolito. « Mi dispiace se Yuki s’è posto in modo scortese, ma lascialo stare, è un tipo molto antipatico. » mi disse lui, con un mezzo sorriso. Ecco, lui era una persona apposto. « Ehi, Jed, tu da che parte stai?! » mentre Yuki replicava le parole appena pronunciate dal nuovo arrivato, io, richiamato dalla ragazza, presi le chiavi della stanza. « Su, smettila di fare tutte queste storie, andiamo. » Non feci nemmeno in tempo a ringraziare la ragazza che Jed, il secondo “Golia’’, afferrò sia me che quello scorbutico dal colletto, trascinandoci via da quel luogo.

Pochi minuti dopo, eravamo giunti in quello che poteva essere un parco. Era davvero così grande quella scuola?! Jed lasciò la presa, e con l’indice ci suggerì – si fa per dire – di sederci su una delle panchine. Noi non replicammo e in silenzio seguimmo il suo consiglio.
« Allooora … » iniziò lui, ponendosi davanti a noi e porgendomi la mano destra. « Io sono Jed, compagno di stanza di Yuki e … da oggi anche il tuo. » aggiunse. Io, per educazione, dovetti ricambiare la stretta di mano, ma non mi interessava più di tanto stringere buoni rapporti o fare amicizie. Dovevo solo rimanere nell’anonimato e superare quell'anno scolastico. « Tsè, non stringere amicizia con il nemico! » Ed ecco che Golia numero 1 diceva la stupidaggine del momento. « Non è da te comportarti in modo così infantile! Forse l’arrivo di una nuova persona ti mette paur- » il ragazzo non riuscì a completare la frase che l’amico si affannò a tappargli la bocca. « Cosa diavolo stavi per dire?! » Io rimasi un po' perplesso. Forse avevo sbagliato edificio ed invece di essere finito in una scuola, ero in un manicomio. « Che forse hai... » Il ragazzo tentò di ripetere ciò che prima non era riuscito a dire, ma nuovamente fu bloccato. « Era un'affermazione ironica la mia! Non dovevi davvero ripetere! Aaaah, stupido-Jed! » Sembrava proprio che Yuki non trattasse male solo me, che ero il nuovo arrivato, ma un po' tutti. « E su, lasciami. » Jed si divincolò dalla prese di Yuki, visibilmente scocciato. « Non so cosa Yuki abbia contro di te, ma sappi che sei il benvenuto, Jun. » Quei due ragazzi erano decisamente l'uno l'opposto dell'altro. Mi domandavo come potessero essere compagni di stanza. « Ora che ne dite di rientrare? » Pensai che con quel rientrare volesse intendere il raggiungere la nostra stanza, quindi con un semplice cenno del capo io acconsentii ed alzandomi dalla panchina, attesi che i due ragazzi mi facessero strada. « Sarà davvero un lungo anno questo... » Brontolò Yuki, iniziando a muovere alcuni passi. « Su, che ci divertiremo! Lo sai com'è il detto: tre è il numero perfetto! » Insistentemente intanto Jed cercava di far accettare a quel brontolone la nuova situazione. Era davvero così tragico per lui avere un nuovo compagno di stanza? « Zitto o torneremo ad essere in due... e tu non sei compreso. » Affascinante metafora per dirgli che prima o poi lo avrebbe fatto fuori. Intanto io scattai per raggiungerli. Non avrei potuto sopportare l'idea di perdermi di nuovo in quella scuola-labirinto. Preso dal non perdere di vista i due che erano leggermente più avanti di me, non mi resi conto della presenza di un'altra persona, a cui per sbaglio diedi una spallata. « Uh... Scusami! » Senza fermarmi, ma semplicemente voltandomi, chiesi scusa per averlo urtato. Non diedi molto peso a chi quella persona potesse essere, ma ben presto avrei scoperto che lui sarebbe diventato un tassello importante della mia scacchiera. « Volete aspettarmi?! » Urlai contro ai due, accelerando il passo. Intanto, il tizio che avevo appena sorpassato, anche se non poté vederlo, stava sorridendo. Che stesse già tramando qualcosa? Farsi nemici il primo giorno di scuola era una cosa che sarebbe potuta accadere solo a me.

   
 
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