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Autore: The Cactus Incident    24/05/2012    4 recensioni
«La vita è bellissima, sono gli eventi che ti fottono e te la rovinano».
-confessioni di un chitarrista distrutto dentro-
perché in alcuni casi, dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima è un banale eufemismo.
[Leggerissimi accenni di Bratt]
(con questo che ho scritto non intendo in alcun modo offendere nessuno o provare ad avvicinarmi a quello che può aver davvero pensato lui, è giusto uno sfogo da parte di un'altrA chitarrista distrutta dentro)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SYn comet

Vi è mai capitato d’incontrare una persona in grado di cambiare la vostra vita con un solo incontro?
Di quelle persone che dopo il primo incontro ti cambiano qualcosa nel petto e col passare del tempo, ti fanno pensare sempre “Ma come ho fatto prima a vivere senza?”
A me sì e ho passato quasi vent’anni spalla a spalla con questa persona e posso assicurarvi che non c’è niente di meglio di vivere con una stella cometa con gli occhi colore del cielo.
Una persona fantastica che lasciò un buco nero nel mio petto che non si sarebbe mai richiuso e con cui, a due anni e tre mesi di distanza, stavo imparando a convivere.
Anche se non avrei mai capito come vivere senza di lui. Avevamo passato troppo tempo insieme e avevo completamente dimenticato com’era la vita senza.
Era una nuvolosa giornata di marzo e io ero a New York, quando mi accadde un evento strano. E se sono io a dire che è strano, credetemi. Più che strano forse, sarebbe meglio dire insolito.
Resta il fatto che mi cadde dal cielo. Un po’ come una stella, ma più come un angelo, solo che non credo che gli angeli sappiano fare salti di tre metri o che indossino felpe nere.
Una ragazza mi planò davanti da sopra il tendaggio d’ingresso dell’Hotel da cui stavo uscendo e assunse una posa quasi felina per atterrare.
Jeff, la mai guardia del corpo, mi si parò davanti e lei si voltò a mala pena, incrociò per un secondo il mio sguardo e poi riprese a correre, inseguita da due della polizia che mi passarono di fianco.
I suoi occhi.
Quegli occhi avrebbero rischiando di uccidermi con un solo secondo di più.
Erano azzurri, come il ghiaccio, come il mare dei caraibi, solari e spaventati, di chi ne aveva viste troppe nella propria vita, ma che continuava a tirare avanti con le migliori intenzioni.
Proprio come gli occhi di Jimmy, come gli occhi di una stella cometa.
Rimasi di sasso fino a che non vidi anche la sagoma del poliziotto cicciotto che le correva dietro, sparire.
A quel punto scossi la testa e ripresi a camminare.
Nah, mi ero sbagliato.
No, col cazzo che mi ero sbagliato. Quegli occhi erano identici, fottutamente identici, peggio della sorella di Jimbo e la cosa m’inquietava e incuriosiva.
Non ricordavo nessun altro particolare del viso della ragazza, tranne i suoi occhi e dei lunghi capelli neri con forse un paio di ciocche blu, non ne ero sicuro.
Mio Dio…… New York è una città piena di sorprese.

Ma quella non fu l’unica volta che mi trovai davanti quella piccola cometa spaventata e fuggitiva, accadde anche qualche giorno dopo, forse tre o quattro, non ricordo.
Stavo entrando nella limousine ed ero solo perché gli altri avevano tutti da fare con le proprie ragazze, mentre Michelle mi aveva mollato per andare in vacanza con le sue amiche.
Una macchia nera mi strusciò di fianco e si buttò nella limousine in cui stavo entrando, prima di me. Rimasi un tantino interdetto, ma non dissi niente e m’infilai pure io.
Chiusi la porta e guardai al figura. Respirava a fatica e stava incollata sul sedile. Si tolse il cappuccio nero e saltarono fuori di nuovo quegli occhi di qualche giorno prima.
“Prego accomodati pure..” feci sarcastico sorridendole. Lei prese un respiro profondo e mi guardò. Mio Dio, era agghiacciante.
 “Scusami, ma sto scappando” “Che hai combinato?” rise distrattamente fra sé.
“Troppo per passare impunita” Le offrii la mano.
Era giovane e piena di casini, si leggeva in quelle iridi fantastiche, proprio come Jim alla sua età.
“Io sono Brian” Guardò un po’ titubante la mia mano, ma poi sul suo viso si aprì un grosso sorriso e la strinse.
“Vera” Lasciai la sua mano e mi spaparanzai comodamente sul seggiolino, osservandola.
Era dannatamente giovane, troppo per dover scappare così dalla polizia.
Vera era una bella ragazza, dall’incarnato pallido, le labbra rosse, dei lunghi capelli neri con delle sfumature blu e una croce tatuata su una tempia.
Una versione moderna, incasinata e newyorchese di Biancaneve.
“Quanti anni hai?” chiesi dopo un po’ che la osservavo, divertito.
“Mai abbastanza per fare quello che voglio” “Allora immagino minorenne…. sedici? Diciassette?” “Sedici” asserì annuendo leggermente con la testa.
“Beh, i tuoi genitori saranno in pensiero…” azzardai e lei fece una faccia scocciata.
“Nah, non credo” “Perché?” “Non so se sottoterra si possa ancora pensare” fece lei distrattamente.
Oh diamine, che figura di merda.
“Oh, mi dispiace” “Tranquillo, non lo sapevi. Tu? Devi essere pieno di soldi se hai le guardie del corpo e giri in limousine…”
Davvero non mi aveva riconosciuto? Wow, era un secolo che non succedeva.
Scrollai distrattamente le spalle “Un po’. Dove devo accompagnarti?” “Lo faresti davvero?” “Certo, perché no? Sai, non ho avuto sempre trent’anni” “Spero anche che tu non sia sempre stato così triste”
Rimasi di sasso.
“C-come?” “Si insomma, sembri un guscio vuoto. A giudicare dalle tue braccia e dal tuo petto non credo proprio che tu sia un imprenditore. La mano che ho stretto era piena di calli da chitarra elettrica o forse basso e hai le dita storte, quindi decisamente suoni uno strumento, a corde, forse. Hai la fede quindi sei spostato e a giudicare dall’età che dimostri, non è da molto, quindi perché un eventualmente fresco sposo dovrebbe avere il tuo aspetto distrutto? Non ha senso” fece lei ovvia, scrollando le spalle.
Prima ero rimasto di sasso? Bene, adesso facciamo proprio di marmo.
“Ah…. dov’è che devo accompagnarti?” ripetei, provando ad ignorare quello che aveva detto. Lei fece una smorfia e mi diede un indirizzo che poi comunicai all’autista.
Come da manuale eravamo semplicemente fermi nel traffico, avanzando un metro ogni mezz’ora.
“Allora? Proprio non vuoi parlare?” chiese dopo un po’, aprendosi la felpa e mo-strando una maglietta lunga nera con delle sottili righe orizzontali bianche, sotto un leggins nero pieno di buchi sulle ginocchia che arrivava a metà polpaccio e ai piedi un paio di Dr. Martens color vinaccia che avevo anche io nella mia vasta collezione.
Mi guardò a lungo.
“Con me puoi parlare, sai?” fece spostandosi i capelli tutti su un lato del collo, mostrando meglio la croce tatuata sulla tempia e una piccola mera rossa dietro l’orecchio.
Che fosse davvero Biancaneve?
“Non ti conosco” “Proprio per questo, che mi frega e poi con chi potrei mai sputtanarti?” Feci un sorriso amaro.
“Posso assicurarti che ci sono parecchie persone con cui potresti farlo” “Quindi sei pure famoso…. uhm… Che suoni? Metal? Rock? Se dici pop mi butto fuori dalla limo in corsa” risi distrattamente prima di risponderle.
“Metal” “Bello, anche se non è il mio genere” “Che ascolti?” “Stai sviando?” “Leggermente” “E’ così brutto?” presi un respiro profondo.
“L’unica persona di cui mi fidavo, l’unica a conoscermi davvero e il miglior amico che avessi mai potuto desiderare e che mi era capitato, è morto due anni fa” “Oh, mi dispiace, come si chiamava?” “Jimmy” “Oh, mio padre si chiamava James, sai? Morto molto tempo prima però” sembrava parlasse di cosa aveva mangiato il giorno prima, non dei genitori morti.
“Oh.. wow” “Già, dicevi? E’ stato così terribile?” fece preoccupata. “Si, la nostra vita andava alla grande, stavamo preparando un nuovo album e qualche giorno dopo Natale lo hanno trovato i pompieri in casa sua, morto nel suo letto”
Rimasi un po’ in silenzio prima di guardarla mentre armeggiava col cellulare. Aspettai che si rendesse conto del mio sguardo e la guardai in quelle iridi spettacolari. Quanto mi erano mancati quegli occhi felici e velati di malinconia.
“Hai i suoi stessi occhi” lei fece un sorriso triste prima di scrutare a lungo le mie iridi scure.
“Cosa ne è rimasto dei tuoi occhi, Brian?” non mi guardava negli occhi come se volesse carpire le mie emozioni, guardava proprio i miei occhi, come a studiarne ogni particolare e sfumatura. Era una strana sensazione e mi metteva soggezione, ma non era così male.
“C-come?” feci non capendo cosa intendesse dire.
Fece una smorfia e mi mostrò il suo cellulare.
Google immagini, parole chiavi: Brian e Jimmy, terza foto.
Io con una fedora e una maglia bianca che faccio le corna e Jimmy di fianco che fa una faccia di cazzo.
Oltre a noi c’erano un po’ di volte Brian May o Jimmy Page.
“Non la vedi la differenza?” fece guardandomi “Vedo solo il tempo che è passato e che non tornerà più indietro” “Io vedo i tuoi occhi svuotati, Bri, ed è triste vederti così…”
La guardai e lo sguardo, le sopracciglia corrucciate, le mani giunte e le labbra strette in quel particolare modo di ricordarono Jimmy come mai niente al mondo.
“Mi spaventi” sospirai guardandola, per niente intimorito o forse troppo per rendermene conto.
Scrollò distrattamente le spalle e rimise il cellulare in tasca.
“Lo dicono sempre tutti, ma non li ho mai ascoltati: se fossi stata così spaventosa mia avrebbero già ucciso” e mi fece un sorriso tranquillo.
“Dove sei stata per sedici anni?” “Sempre qui, in attesa che qualcosa cambiasse”
Prima che potessi dire o fare altro, controllò l’orologio e dopo aver decretato “Si sta facendo tardi”, aprì il tettuccio della limo e salì sul tettuccio, facendo piovere dentro perché si, ci si era messo pure il tempo.
Diluviava, stava venendo giù a secchiate e lei mi lasciò con un “Torna a vivere e fai quello che ti rende felice; sii felice Brian, nessuno merita di soffrire così”
E via, scomparsa nello stesso modo in cui era arrivata.
Coma una carezza da adolescenti, il sorriso di un passante o un cane randagio che si acciambella vicino ai tuoi piedi e ti fa sentire meno solo in quei momenti tristi, ma che poi se ne va.
Effimera ed eterea, come una bolla di sapone.
Vera era scomparsa, e forse era meglio così.
Chissà cosa ne avrebbe fatto della sua vita, se ne avrei sentito più parlare.
Speravo fosse felice il doppio di quanto lo ero stato io e triste nemmeno un ottavo.
Richiusi il vetro e continuai il mio viaggio in auto, fino all’albergo.
Eravamo a New York per una mostra/spettacolo di Cam Rackam, artista nostro grande amico, erano i primi di marzo dell’anno in cui, secondo i Maya, il mondo sarebbe finto e da un po’ speravo che avessero ragione.
Quel giorno invece tornai a pensare semplicemente che i popoli antichi dicevano un sacco di stronzate.
Synyster Gates non sarebbe mai tornato lo stesso di due anni e mezzo fa, e le speranze per Brian Haner si esaurivano ogni secondo che passava, ma almeno continuavo a vivere.
Già, continuavo a vivere, anche se con un nuovissimo taglio di capelli che aveva fatto accapponare la pelle a molte fan e esaltato altre, un paio di nuove consapevolezze e troppo dolore per andare avanti così.
Scesi dall’auto ed entrai nella Hall dell’albergo, assediato dai fan.
Maledetto Zack e quel fottutissimo Twitter. Ancora un po’ e ci scriveva pure quante volte andava al cesso, quindi perché non informare il mondo della sua pisciata nella Grande Mela?
Giusto per renderci impossibile mettere il naso fuori, sai com’è.

Era quasi mezzanotte quando tornai in camera. Lo spettacolo di Cam era stato eccezionale e adesso mi aspettava una bella dormita.
Certo, bella dormita se prima non mi fosse pigliato un infarto.
“Ma porca puttana!” urlai quasi “Ti ho spaventato?” “Nno, hai solo provato ad uccidermi, tutto regolare” scrollò distrattamente le spalle, seduto comodamente sulla poltrona della mia stanza.
“Ok, allora sto tranquillo” Schioccai la lingua e richiusi la porta alle mie spalle. Buttai la giacca sul divano di fronte a lui e gli lanciai un’occhiata distratta.
“Che vuoi Matt?” bofonchiai mollando la fedora che avevo in testa sul cassettone e dando una sistemata con le mani ai miei capelli corvini.
“Evitare la mia diBenedetto. Da quando è incinta, russa come una motosega” “Wow” feci scettico e disinteressato “Già, non ti dico le nottate insonni che mi sto facendo….” “Beh, vorrei dire ‘Ti capisco’ ma fortunatamente non posso”
Matt fece una smorfia.
“Sai che prima o poi toccherà anche a te?” “Oh certo, e quando avverrà, ben venga, ma non ora” “E se fosse proprio quello di cui avresti bisogno?” alzai la testa  e lo guardai truce.
“Tu sai bene io di cosa avrei bisogno” “Già, peccato che Gesù Cristo che faceva i miracoli fra cui resuscitare i morti è andato un po’ di tempo fa” “Sempre delicato e simpatico come un calcio in culo, eh Matt?” feci acido, mentre cercavo nella valigia il pantalone della tuta che usavo per dormire.
Sentii la sua mano grande e calda posarsi sulla mia spalla e carezzarmi lungo l’incavo della schiena, per poi scivolare languidamente sul mio fianco.
“Ehi Bri, non ti alterare. Anche a me piacerebbe riavere Jim qui con noi” Spostò anche l’altra mano sul mio fianco e il viso sulla mia spalla. Voltai appena il viso di lato.
“Perché non te ne torni dalla motosega, eh? Oh, giusto, viste le sue condizioni non può dartela e quindi torni dalla tua puttana, vero? Altrimenti che ci sto a fare io?” Feci acido.
Lui mi guardò accigliato, lasciò cadere le braccia e alzò il viso dalla mia spalla. Così mi voltai a guardarlo con il beauty e i boxer puliti in mano, diretto verso il bagno.
“Quando però sono io la tua puttana va tutto bene, eh?” schioccai la lingua e alzai gli occhi al cielo.
“Adesso non fare la vittima, eh? Scopiamo domani, ok? Stasera lasciami in pace, diamine, voglio stare da solo”
Inarcò un sopracciglio e fece una faccia scocciata.
“Per ubriacarti come tuo solito e vomitare ovunque?” “Anche se fosse, non sono affari che ti riguardano” “Non mi pare” “Hai deciso che non ti riguardavano quando hai preferito questa vita di merda e di facciata alla felicità, quindi adesso non venire a farmi la paternale proprio tu su quello che e giusto e quello che non è giusto. Hai sposato una donna? E adesso veditela tu con la sua gravidanza e tutte le cazzate varie”
Matt serrò la mascella e alzò il mento.
L’avevo offeso pesantemente, ma Matt è peggio di un bambino: gli dai la caramella e passa tutto e non credo di dovervi spiegare io che caramella si aspetta Matt Sanders.
“Bene, ci si vede, Gates” fece freddo e distaccato “Good bye Matty!” feci a pigliata per culo, salutandolo con la mano in modo ridicolo prima che sbattesse pesantemente la porta.
Il nostro non era amore come s’intende si solito questo sentimento del cazzo di cui tutti sono alla disperata ricerca.
La nostra era più un’affinità fuori dal comune, condita da un’attrazione fisica non indifferente che ci portava a stare alla grande insieme, meglio di molte coppie che si dicevano dei vuoti “Ti amo” una ventina di volta al giorno da oltre trent’anni.
Io non gliel’avevo mai detto, non ce n’era bisogno, lo sapeva già e andava benissimo così. Lui lo diceva quando voleva farsi perdonare, ma non mi sembrava poi tanto convinto.
Era sempre andato bene così, per anni, fin quando Matt non portò una lieta novella.
-Mi sposo-
Che dite, ci sono rimasto di merda? La risposta e no (piccola bugia, lo ammetto. Un po’ me n’era fregato).
Alla fine lui stava con Val anche da prima che “ci mettessimo insieme noi” (se quella….. cosa che c’era fra di noi si poteva definire insieme) e sinceramente ero anche abbastanza convinto del fatto che lei lo sapesse, ma tenesse la bocca chiusa per qualche strano motivo.
Non era la relazione con Val il problema, ma il matrimonio.
Matt aveva paura, aveva una paura fottuta dei pregiudizi, peggio di un campagnolo a nord della Russia.
E la copertura per evitare i pregiudizi era Val e la fede che teneva al dito.
Così pretendeva che anche io fossi soffocato da questa farsa di cui le diBenedetto erano nostre complici silenziose e accondiscendenti senza dire una parola ed era stata una fortuna, vista la stupidità di quell’uomo.
M’infilai nel bagno e dopo aver buttato a terra tutti gli abiti m’infilai sotto la doccia, aprendo l’acqua bollente, come piaceva a me. Se pensavo a tutte le volte che Matt aveva rischiato di ustionarsi per farmi una “sorpresa” mentre ero sotto la doccia……
Alla fine Matt era così: spontaneo, pervertito, con un cazzo da cavallo, ingenuo e dolce.
L’uomo perfetto per tante di quelle persone che il pensiero che abbia solo due persone sembra quasi egoista.
Sto scherzando ovviamente, non diciamo stronzate.
Un’altra grande cosa di Jim era che lui sapeva tutto, sin dall’inizio di quello strano rapporto fra me e Matt.
Non che Zack o Johnny ne fossero all’oscuro, ma lui c’era stato dagli albori fino alla fine.
La sua, di fine.
Era stato lui a sopportare le seghe mentali di Matt, i miei momenti di scazzo e tutto quello che era stato il nostro “rapporto” e di questo non gli sarò mai grato abbastanza, come di ogni giorno passato insieme.
Finita la doccia, mi asciugai e tornai in camera, spensi tutte le luci a e aprii le tende della finestra, lasciandomi illuminare dalla vitalità e dai neon dell’ennesima città che non dorme mai.
Afferrai il mio zaino e mi misi ad armeggiare con una pacchetto di cartine e dell’erba.
Sono un cultore delle droghe leggere, lo ammetto, e di tanto in tanto faccio anche uso di qualcosa di più pesante, ma è raro.
Rollata alla perfezione la mia canna, afferrai l’accendino a benzina e passai la nottata a guardare il panorama e riempirmi la gola di fumo denso e dolciastro, mentre vedevo le luci farsi brillanti e colare lungo il profilo scuro dei grattacieli che riempivano quella zona.
Nella mia mente risuonava “Life is Beautiful” dei Sixx: AM e non mi sembrava avessero mai avuto così ragione.
La vita è bellissima, sono gli eventi che ti fottono e te la rovinano.
«Non c’e’ niente di meglio del sangue, per ritrovare la strada di casa»
Mi pare che Nikki Sixx all’inizio del video dicesse qualcosa del genere, con quel suo vocione da ultra quarantenne che se la intendeva con quella figa di Kat Von D. Ok, sto divagando.
Personalmente preferisco le stelle, al sangue. Jim mi aveva insegnato a trovare il Nord grazie alla Stella Polare e un sacco di altre stronzate da lupo di mare che si divertiva a trasmettermi.
Era il tipo che nel bel mezzo di una conversazione ti guardava con aria a metà fra il trasognato e l’onnisciente e ti diceva cose del tipo: «Sai che ogni anno, gli ippopotami fanno molte più vittime degli squali?» o «Sai che le formiche non dormono mai? Non ti sa un po’ di minaccia? potrebbero farci un film, no? Le formiche non dormono mai» Anche nel bel mezzo di un’intervista.
Che ti faceva venir voglia di guardarlo e dire -Ma che cazzo me ne fotte degli ippopotami e delle formiche?- eppure non lo facevi mai, perche dal suo sguardo, improvvisamente, sembrava la cosa più importante del mondo che un insetto insignificante come una formica non dorme mai o che gli ippopotami sono letali e violenti.
Oppure come quando, anche se ci eravamo lasciati da due minuti, giusto il tempo di andare a pisciare, quando tornavi nella sua stessa stanza ti abbracciava e accoglieva come un reduce di guerra tornato in patria dopo anni di dura battaglia.
Ci scherzavo sempre un sacco, con uscite del tipo -Ehi! Ho vinto contro il gabinetto pure sta volta!- o cagate così, mai avrei pensato che tutte quelle piccole stranezze di quell’uomo mi sarebbero mancate così tanto.
Era un tipo più unico che raro e avere a che fare con persone così è un onore non concesso a tutti.
Potevo ritenermi fortunato, in pratica.
Avevo conosciuto un genio.
Amavo un uomo sposato.
Ero sposato con una donna di cui non m’interessava praticamente niente.
Si, poteva andarmi peggio.
Potevo avere la stessa vita, ma essere Johnny Christ, ad esempio.
Battute a parte, mi ritenevo fortunato. Quante persone potevano dire di aver passato l’adolescenza e di essere cresciuto con Jimmy Sullivan? Quanti potevano dire di essersi scopati/fatti scopare da Matt Sanders?
E quanto potevano dire di essere stati negli Avenged Sevenfold?
Basta guardare dalla giusta prospettiva e in questo, occhi azzurri e canne aiutano.
Forse di più gli occhi azzurri delle comete, che quelli rossi delle canne.
Sta di fatto che la vita è bellissima e, come mi diceva mia madre, per quanto male possa andarti, tirati su pensando che un modo per cambiare le cose c’è sempre e che di certo qualcuno se la passa peggio di te.
Egoista, certo, ma funziona.
Quindi, grazie Jim della tua breve e intensissima esistenza, grazie Vera del tuo breve incontro e grazie ai miei genitori, perché esisto.


OKOKOKOKOK v.v
non chiedetemi cosa sia, perché proprio non lo so.
So solo che ho visto le foto degli ultimi live dei sevenfold e mi è preso lo sconforto.
No, non per il nuovo tagli di capelli di Gates (sei sexy sempre e comunque, Gates) quanto per i suoi occhi che si fanno più tristi e vuoti ogni giorno che passa. [if you want…… http://24.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo1_250.jpg
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo3_250.jpg
http://25.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo6_r1_250.jpg  ]
Davvero, non posso sapere cosa abbia passato e questa schifezzuola qui di certo non è un tentativo di capire, ma non so cosa possa svuotare così lo sguardo di una persona.
O forse lui sta alla grande e io devo smetterla di drogarmi v.v (lo dico sempre, ma non lo farò mai)
Un annuncio importante: HO SMESSO DI FUMARE!
Non ve ne fotte un cazzo, lo so, ma volevo condividere con voi la giuoia dei miei problemi respiratori che m’impediscono di portare avanti la mia «carriera» da fumatrice v.v (me ne sono sempre fottuta, ma rischiare lo svenimento sul marciapiede, da soli, alle 7 e 30 di mattina non è divertente)
Dopo avervi annoiato con i cazzi miei, forse nessuno arriverà a leggere questa parte, ma si mormora che il figlio di Val e Matt (si, se non lo sapevate, Val è incinta) sia maschio e che forse sia già nato.
I saluti sono più lunghi del capitolo e vabbè.
Lay ti amo (e di ‘sto coso non ne sapevi niente v.v)
See you next time!
The Cactus Incident

  
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