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Autore: Glory Of Selene    24/05/2012    6 recensioni
"Vai, vai, bellezza, il viaggio alla riscoperta del tuo passato comincia ora. E, chissà, magari imparerai anche qualcosa"
Cosa succederebbe se Tuomas e i Nightwish fossero trasportati in una favola, all'inseguimento di alcune delle loro vecchie canzoni?
Genere: Fantasy, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anette Olzon, Erno Vuorinen, Jukka Nevalainen , Marko Hietala , Tuomas Holopainen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Almeno, Jukka ebbe la grazia di aspettare i raggi mattutini per renderli partecipi della sua dimestichezza con l’uso dei coltelli, più per un irresistibile e malcelato desiderio di riposo che per l’arrivo di una strana forma di compassione.
E così, senza aver avuto la possibilità di replicare alcunché – non che sarebbe servito poi molto –, si ritrovarono gettati nell’angolo più buio ed umido della cambusa della nave, ad attendere la venuta del sole, e la loro molto probabile morte.
Sia Tuomas che Emppu avevano stancamente accettato quella loro nuova condizione, entrambi riponevano le speranze nei ricordi e nella coscienza di Julius, forse ben nascosti, ma sicuramente presenti.
Di certo, il più irrequieto era Marco, era diventato del tutto isterico quando li avevano separati dalla povera ragazza che avevano invano tentato di proteggere, e nonostante il vicecapitano li avesse rassicurati riguardo alle sorti della fanciulla il guerriero aveva quasi rischiato di farsi gettare fuoribordo.
«Ma vuoi startene un po’ tranquillo?» gli aveva detto Emppu, dopo una buona mezz’ora di borbottii e colorite imprecazioni.
«Tranquillo? Tranquillo? Secondo voi, là fuori, che cosa le stanno facendo che noi non possiamo vedere?»
Sul volto di Tuomas si delineò una smorfia disgustata, molto esagerata dalla penombra dello scafo.
«Sei pazzo?! Jukka non farebbe mai una cosa del genere!»
Marco stava per prendersela anche con l’illusionista, ma s’interruppe proprio mentre stava per esplodere in tutta la propria rabbia.
Si bloccò, riflettendo sulle parole del compagno.
E quando riuscì finalmente a comprenderne il significato, lasciò che tutta la propria frustrazione e il proprio disappunto venissero a galla reclinando il capo, una mano sulla fronte a sorreggerlo.
«Santo cielo. Non ditemi che lui è…» mormorò, ma trovò nei loro volti solamente la tanto temuta conferma alle proprie ipotesi.
«Ah, meraviglioso. Tra tutte le persone esistenti in queste maledettissime terre, proprio il vicecapitano della Dark Passion dovevate andare a scegliervi, come compagno. Suppongo che questo voglia dire che non posso picchiarlo a sangue, qualora ne avessi l’occasione»
Emppu gli rivolse un sorriso soddisfatto.
«Esattamente. Hai visto che, se ti applichi, riesci a comportarti come una persona normale?»
Marco si rintanò nel proprio angolino buio, troppo mal disposto per accogliere la provocazione dell’amico.
Passarono diversi minuti, minuti di silenzio, di bruciante attesa; e avrebbe dovuto passare tutta la notte.
«…Nemmeno un pugnettino, piccolo?»
«Al massimo una cuscinata.»
Tornò a calare il silenzio, sui tre e sulla faccia tutta imbronciata di Marco, il quale aveva ormai rinunciato a far valere le proprie ragioni.

Gli uomini che aprirono con forza la porticina della loro prigione improvvisata li trovarono ovviamente svegli, indolenziti e stravolti per la notte passata in bianco.
Vennero bruscamente afferrati e gettati fuori, sul ponte, sotto gli occhi di un equipaggio ridacchiante che li scherniva con battutine stupide, e quelli del sole forte che per un attimo ebbe il potere di accecarli.
«Allora. Sbaglio o avevamo un discorso in sospeso? …Dio, quanto odio lavorare di prima mattina»
Era stato Jukka a parlare, si avvicinò sbadigliando e stiracchiandosi, Emppu non riusciva ancora a credere che lui stesse seriamente prendendo in considerazione la possibilità di far loro del male.
«Qui abbiamo: un biondone barbaro con la faccia incazzata, un nanetto appena uscito da una rissa e un tizio inquietante vestito da satanico. Non oso immaginare quale mestiere possiate mai fare conciati in questo modo, ma evidentemente non paga bene, non abbiamo mai abbordato una barca che facesse così schifo… con tutto il dovuto rispetto, ovviamente. E, altrettanto rispettosamente, devo informarvi del fatto che ci risultate completamente inutili, e quindi verrete uccisi. Qualche obiezione?»
Sia Tuomas che Emppu erano rimasti senza parole, era riuscito ad effettuare tutto il discorso con quel suo tono svogliato, come se fossero le affermazioni più abituali che si potessero fare.
«...Come sarebbe a dire “satanico?”» fu l’unica obiezione che al tastierista venne in mente.
«Dov’è la ragazza?» chiese invece Marco, fulminando il pirata con lo sguardo.
«E’ al sicuro con il capitano. A lei la morte verrà risparmiata» fu la risposta di Jukka, che aveva ignorato completamente la domanda di un Tuomas a metà tra l’offeso e lo sconvolto.
Il guerriero aveva digrignato i denti, si sarebbe subito gettato addosso a quell’uomo così irritante, non fosse stato per le promesse fatte la notte precedente.
Così, la sua smorfia si trasformò a fatica in un sorriso tirato, troppo caricaturale e forzato per essere credibile, con il quale si avvicinò ai compagni, la furia che bruciava nell’azzurro dei suoi occhi strideva con il suo tentativo di mantenere la calma.
«Spero che voi due non abbiate intenzione di dire a lui la verità come l’avete detta a me, desidererei avere ancora un po’ di tempo da vivere, quel tanto che basta per toglierla dalle grinfie di quello schifoso capitano» sussurrò loro, il suo tono voleva in qualche modo risultare gentile e vellutato, ma ottenne soltanto l’effetto di renderne più sinistre le parole tinte di rabbia.
E infatti queste non ricevettero risposta, certo nessuno dei due aveva voglia di canzonare un uomo a capo di un’intera nave pirata, uomo che peraltro aveva appena ammesso l’intenzione di ucciderli con tanta scandalosa tranquillità.
«Ehm, metterci tutti a morte, grandiosa decisione, davvero splendida, non vorreste prenderne in considerazione una migliore?» si fece allora avanti Emppu, sfoderando il suo sorriso più largo ed incoraggiante.
«Prima scuoiarvi per saggiare i miei coltelli, e poi uccidervi? Sì, si può fare»
Era un confronto di sorrisi, il bardo rimaneva a fatica nella sua espressione amichevole, davanti a quella del pirata che trasudava della sua macabra ironia.
«Possiamo barattare la nostra vita con una canzone?»
L’attenzione di tutti passò ora all’illusionista, era intervenuto a favore del compagno brandendo le uniche parole che gli fossero venute in mente, certo, suonare era tutto ciò che loro sapevano fare e tutto ciò che avevano da offrire.
Sperò che fosse anche tutto ciò che potesse in quel momento toccare la coscienza dell’amico, forse si sarebbe ricordato, forse avrebbe almeno desistito nella tanto radicata intenzione di ucciderli.
«Tu guarda, abbiamo pescato un gruppo di suonatori» fu l’unico commento di Jukka, che Tuomas interpretò come un commento positivo, in qualche modo avevano acceso quella sua sopita curiosità, infrangendo la quotidianità della noiosa vita di bordo che tanto lo stancava.
Sì, solo Julius avrebbe avuto il coraggio di definire ‘noiosa’ la quotidianità di un pirata.
«Sono i suonatori più strambi che abbia mai visto» intervenne un altro, osservandoli in cagnesco dall’alto del suo unico occhio castano, pareva ovvio che non erano giudicati interessanti dagli altri membri dell’equipaggio come lo erano da Jukka.
Erano perfettamente consapevoli d’avere la vita appesa ad un filo, l’unico motivo per il quale non erano ancora stati gettati fuoribordo con una zavorra al collo era solo il divertimento del vicecapitano.
Strano come quei temibili fuorilegge, che a nessuno dovevano la propria fedeltà, fossero così rispettosamente devoti ad un nome e ad un grado.
«Beh, peggio di quell’idiota di Steven non potrebbero fare. Dio mio, quando suona è un insulto all’intero genere umano.» fu la replica del batterista, appoggiato con la schiena al bordo della nave in una posa rilassata, come durante una conversazione tra amici, come se non dovesse decidere della vita o della morte di tre persone.
Eppure, il suo piglio tranquillo non si modificò, né quando si concesse qualche istante per riflettere, né quando finalmente prese fiato per esprimere la propria sentenza, la propria fatale sentenza.
Il sorriso di Emppu era scomparso, Tuomas stava involontariamente trattenendo il respiro, Marco nella sua pessimistica visione della cosa stava osservando con occhi esperti lo spazio che aveva attorno a sé, calcolando quante persone avrebbe potuto ferire, mordicchiare o tramortire prima di venire riacciuffato e infine ucciso. Lo sguardo cupo nei suoi occhi parlava di cifre molto basse.
Ma la presa decisione riguardo alla loro sorte non uscì mai dalle labbra di Jukka, perché in quell’esatto momento la porta della cabina del capitano si stava aprendo.
«Falla finita, Julius, scansafatiche nullafacente, maledetto il giorno in cui ho affidato a te l’incarico di essere il mio secondo, non hai neanche voglia di vivere, figuriamoci di gestire un veliero!»
Così, quella tanto bramata e tanto odiata sentenza morì nella gola stessa del suo giudice, così gelidamente rimbrottato.
«E’ sempre così bello sentirti parlare, dolcezza. Finito con le scartoffie, hai deciso di cominciare a fare il vero pirata?»
Il ghigno divertito sul volto del batterista incorniciava le sue parole provocatorie, aveva risposto senza nemmeno spostare lo sguardo dal mare poco mosso che li circondava.
«Nevalainen, se usi un’altra volta quella tua lingua irritante per parlare a sproposito, giuro che te la taglio. Il che vuol dire che non durerà più di dieci minuti. E voi, inutile equipaggio di uomini pettegoli come vecchie comari, filate a dare una regolata alla rotta della Dark Passion, altrimenti andremo ad incagliarci contro il primo scoglio che incontriamo.»
E così, il tanto temuto capitano di quell’enorme e imbattibile nave pirata raggiunse il proprio vice con un abile salto, mentre il piccolo affollamento che si era andato a creare attorno a loro già si disperdeva.
Il pirata si posizionò di fianco a Jukka, li scrutava con lo sguardo duro e pratico dei suoi occhi chiari.
I comodi vestiti da combattimento avvolgevano piacevolmente il suo corpo formoso, le sue curve erano curve femminili, e femminile era il volto, un volto molto particolare, ma di certo femminile, con quel naso all’insù e quegli zigomi marcati.
«Porca miseria. Ti prego, Tuom, dimmi che quella non è Anette. Non è Anette, vero?»
Il tastierista preferì non rispondere ad Emppu, stava ancora cercando di dare un senso a ciò che i suoi occhi stavano dicendo al suo cervello, un’Anette vestita da pirata, con qualche decina di armi sparse lungo tasche, taschine e segreti risvolti degli abiti, a capo di un’enorme veliero, regina del più fiorente degli imperi illegali.
«Porca miseria.» ribadì il bardo, nell’ascoltare il suo silenzio.
«Una donna!» esclamò invece Marco, la sorpresa spiccava palese sul suo volto.
«Sai una cosa, Nevalainen, penso che questi tre non dureranno molto di più della tua lingua.» fu l’unico commento di quella che una volta era la loro cantante.
Il batterista ridacchiò, per nulla scalfito dalla maniera sinistra con la quale Anette si riferiva alla sua lingua.
«Noi… stavamo per suonare una canzone, An… capitano.»
Tuomas aveva ancora gli occhi spiritati, increduli, fissi sulla figura della piratessa, e lui stesso si era stupito di essere riuscito a mettere insieme una frase di senso compiuto nello stato in cui si trovava.
Si vide squadrato da capo a piedi da uno sguardo al confine tra il divertimento e lo scetticismo.
«Pittoreschi, gli amici. Dunque, siete intrattenitori? E tu, ti sei conciato da satanico per esigenze artistiche o perché non hanno ancora trovato una cura alla tua malattia mentale?»
Il commento del capitano lo avvilì, cosa che almeno lo aiutò a superare lo shock di poco prima. Si girò verso Emppu con un’aria estremamente infastidita e lamentosa.
«Ma perché tutti dicono che sembro satanico?»
Il chitarrista gli mise una mano sulla spalla, come per consolarlo, ma non gli rispose.
Il suo sguardo era posato su Anette, ed era lo sguardo di un rapace che riesce ad avvistare il primo topolino della giornata… era lo stesso sguardo, per inciso, di quando egli stesso riusciva ad avvistare una ragazza in un luogo affollato.
Si fece subito avanti, pronto a sfoderare le sue (discutibili) doti di ammaliatore sciupafemmine. Si esibì in un inchino esagerato, mentre intanto allungava una mano – per un attimo ebbe timore di vedersela tagliata di netto – a prendere delicatamente quella di Anette, e vi posava le labbra in un immancabile baciamano.
«Concedeteci una canzone, una canzone sola, vi prego, mia signora. Dopo potrete legarci agli alberi e fare tutte quelle cose cruente fate voi pirati, promesso.»
Nel sentire quelle parole, Marco incrociò le braccia con uno sbuffo e roteò gli occhi.
«Eh certo. Fai pure con comodo, Erno, muoio dalla voglia di sperimentare “tutte quelle cose cruente che fanno i pirati”»
Il bardo non lo degnò d’uno sguardo, impegnato com’era a fissare il capitano con un sorriso incoraggiante e sperare con tutto sé stesso  che concedesse loro una possibilità.
Lei gli sorrise e si piegò verso di lui per poter ricambiare il suo sguardo con un’occhiata dolce dritta nei suoi occhi. 
Quello che uscì dalle labbra di lei, poi, fu solo un languido sussurro.
«Se non ti allontani immediatamente da me e dalla mia mano, giuro che tra qualche attimo non avrai più molto per cui pregarmi. Sono stata chiara?» mormorò, melliflua.
Il sorriso di Emppu gli si congelò su viso, e non poté che indietreggiare e tornare a fianco dei compagni sotto i loro sguardi vagamente sconsolati.
La situazione non era cambiata, anzi, forse erano passati dalla padella alla brace: l’espressione sul volto di Anette non prometteva nulla di buono, e loro (almeno, Tuomas ed Emppu) sapevano bene quello che lei era capace di fare quando era infuriata. Sperarono solo di non averla fatta arrabbiare, perché la loro vita era appesa ad un filo, e più precisamente il filo della volontà di quella donna.
Dopo qualche attimo di bruciante attesa, lei sospirò. In un primo momento, sembrò che qualcosa la addolorasse; ma qualsiasi cosa fosse, sparì in fretta, troppo veloce per essere identificata.
«Basta, mi avete già portato via troppo tempo. Siete il gruppo di persone più strambo che abbia mai visto, forse se ci fossimo incontrati in qualche altro modo mi sareste stati anche simpatici… ma io sto lavorando. Comunque sia, non preoccupatevi per la donna che viaggiava con voi, a lei non sarà torto un capello. È il vantaggio di essere il capitano donna di una nave pirata, cercare di salvaguardare il proprio sesso, almeno per mare.»
Passò lo sguardo su ognuno di loro, un ultima volta.
«Mi dispiace gente. Spero che l’acqua non sia troppo fredda oggi.»
Si raddrizzò, staccandosi da dov’era stata appoggiata tutto il tempo a fianco a Jukka, e si allontanò dando loro le spalle. La sentenza era stata emessa.
«No!» ruggì Marco mentre tentava di scagliarsi su di lei, e veniva bloccato prontamente da due enormi ammassi di muscoli sbucati da chissà dove.
Emppu si guardava intorno, smarrito, si rendeva conto di essere una seconda volta destinato alla morte.
Incrociò gli occhi di Julius, ma lui distolse lo sguardo e se ne andò a sua volta, scuotendo piano il capo. Il chitarrista era riuscito a scorgervi qualche traccia di dispiacere, ma evidentemente non era sufficiente da esortarlo a disobbedire agli ordini del proprio capitano.
Tuomas era sconvolto.
Non riusciva a comprendere ciò che stava succedendo. Sto per morire, era quello che il suo cervello continuava a ripetersi meccanicamente, ma erano quattro parole, solo quattro parole, erano ammassi di lettere ai quali non riusciva a dare un significato.
Eppure, era così, lui stava per morire.
Stava per morire, per ordine di Anette. Quella stessa Anette che aveva riso con loro, che aveva pianto dietro le quinte di un palcoscenico. Quella stessa Anette che era riuscita a tirarlo su di morale dopo il litigio con Tarja, che aveva sfoggiato una delicatezza e una comprensione che sono le donne possono avere. Quella stessa Anette così dolce, eppure tosta, fragile, eppure straordinariamente forte, che si era guadagnata l’amicizia di tutti, con la sua simpatia. Quella stessa Anette, ora, l’aveva mandato a morte.
Erano forse questi i concetti che più di tutti non riuscivano, non volevano trovare un significato nella sua testa.
Si rese improvvisamente conto di quanto fossero stati inutili i suoi sforzi. Le sue speranze di convincere Marco a ricordarsi di lui, i tentativi di resistere al fascino mortale della sirena, il sogno dove aveva incontrato Tarja, la rabbia e la frustrazione di quando aveva visto Emppu insultato e malmenato.
Tutto era stato inutile, e si ritrovò a pensare che inutili erano stati anche i gesti della strega.
A che scopo, catapultarlo in una realtà tanto surreale e crudele? Per una sorta di sadico divertimento?
A che scopo gli scrigni, a che scopo quella stupida messinscena delle carte?
Un paio di mani, forti, ruvide, lo afferrarono bruscamente per i polsi e glieli legarono dietro la schiena. Lui non oppose neanche resistenza.
Non avrebbe mai scoperto ciò che la zingara voleva dirgli. Non avrebbe mai conosciuto la fine di quella favola misteriosa ed avvincente. Non avrebbe mai neanche scoperto il significato delle altre carte…
La terza, ad esempio. Quattro uccelli stilizzati, volavano in cerchio. Erano forse avvoltoi, giunti a preannunciargli quella macabra fine?
Sarebbe stato beffardo.
Ma avvoltoi in mezzo all’oceano? Forse erano gabbiani…
Lui li aveva sempre odiati, i gabbiani. Non come le colombe. Le colombe erano così belle ed aggraziate, così candide, così straordinariamente poetiche… aveva anche scritto una canzone riguardo ad una colomba.
Alzò la testa di scatto; fu come se fosse uscito da uno stato di trance.
Guardò gli amici: Marco ancora lottava selvaggiamente, ed Emppu non era stato nemmeno legato – forse tutto quel giro complicato di pensieri e riflessioni non era durato così tanto come a lui era sembrato.
Notò che Emppu lo stava fissando, e Tuomas ricambiò lo sguardo, finché qualcosa non passò volteggiando fra di loro e si posò dolcemente ai piedi dell’illusionista.
Era una piuma nera come la pece.
Si sentì un lieve gracchiare in lontananza…
«Il Corvo, il Gufo e la Colomba» mormorò tra sé, osservando sbalordito quella piccola piuma rilucente di riflessi blu e viola.
Tornò di scatto con lo sguardo sul chitarrista, che annuì impercettibilmente e si affrettò ad imbracciare il suo strumento, che era sempre prontamente rimasto dietro la sua schiena.
Le prime note di quella canzone echeggiarono nell’aria, rimbalzando sulle vele della grande nave pirata e paralizzando tutti in ogni loro gesto.
Marco era sepolto sotto un ammasso di capelli, arti scomposti e brutte facce da pirata, ma riuscì a liberare la testa e un braccio per tendersi verso il bardo ed ascoltarne la canzone. Non poteva ricordare di averla composta lui stesso… eppure, qualcosa dentro di sé lo sapeva meglio di chiunque altro.
Con ritrovato slancio, si scrollò di dosso tutti gli uomini che erano aggrappati, aggrovigliati o abbarbicati a lui, liberandosene quel tanto che bastava per mettersi in piedi ed arrivare di fianco all’amico, che stava suonando.
Stava nascendo un istinto, in lui, un istinto primordiale, molto più importante e radicato di quello di spaccare la faccia ad un ammasso di criminali ubriachi e puzzolenti.
«…Non darmi amore. Non darmi fede, né saggezza, né orgoglio. Dammi l’innocenza, invece.»

Don`t give me love
Don`t give me faith
Wisdom nor pride
Give innocence instead


Guardava verso Anette, che si era fermata, ma i suoi occhi furono attratti da qualcos’altro.
Dall’alto della cabina del capitano, il viso di una donna faceva capolino dall’oblo. Appena si accorse di essere stata notata arrossì appena, ma non si ritirò, gli fece un cenno di incoraggiamento con la testa.
Marco le sorrise, fu un sorriso talmente gioioso e spontaneo da illuminargli gli occhi azzurri, che erano sempre stati cupi e pessimistici da quella mattina. Fu guardandola, e sorridendole, che intonò nuovamente la canzone.
«Non darmi amore (ne ho avuto la mia parte), né bellezza, né riposo… dammi, invece, la verità.»

Don`t give me love
I`ve had my share
Beauty nor rest
Give me truth instead


La musica cessò di colpo.
Marco si girò di scatto verso Emppu.
Era stato fermato da altri due uomini dell’equipaggio, ora lo tenevano fermo, lui non poteva che osservare il ponte con sguardo infuriato ed impotente. Uno di loro gli aveva rubato la chitarra, e l’aveva lanciata dall’altra parte della nave.
Il guerriero strinse i denti… come avevano potuto interrompere una musica così bella? Come avevano potuto interrompere la sua musica?
Fece per gettarsi nuovamente tra di loro, ma i suoi avversari precedenti non intendevano più spender troppo tempo con lui e riuscirono presto a sedare il suo tentativo di ribellione. Si ritrovò immobilizzato e costretto in ginocchio, talmente amareggiato da rinunciare a fare resistenza.
Nessuno parlava più; tutto ciò ch’egli riusciva a sentire era il rumore della propria rabbia.
Alzò gli occhi, sull’oblo, e vi trovò il volto della fanciulla, ora teso in un’espressione d’angoscia quasi insopportabile.
Tuomas si girò amaramente verso i flutti, che presto lo avrebbero inghiottito. Aveva avuto una speranza… forse, proprio per questo, la delusione e la consapevolezza di ciò che li aspettava sembravano ancora più brucianti nel suo cuore.
Un lampo nero passò sopra la sua testa.
Era un corvo, un grande corvo, che si posò su una balaustra di legno e rimase a guardare l’intera scena dall’alto, con i suoi occhietti neri piccoli e superbi.
«Un corvo volò da me, mantenne le sue distanze. Una così prode creazione! Vidi la sua anima, invidiai il suo coraggio. Ma non avevo bisogno di nulla che lui avesse.»

A crow flew to me
Kept its distance
Such a proud creation
I saw its soul, envied its pride
But needed nothing it had


Non era stato Marco a cantare; era stata una voce alta e cristallina.
Anette si voltò verso di loro. Aveva l’espressione di una persona che cerca di capire, che si sforza, ma non ci riesce.
Sicuramente, aveva visto quel grande corvo, nero e regale.
«Liberate questi uomini, gente. Oggi non ci saranno funerali.» mormorò ad un equipaggio sempre più stranito, che però fu costretto ad eseguire i suoi ordini, ormai contraddittori.
Tuomas sentì tagliate le corde che gli bloccavano i polsi, gli ci volle qualche istante per realizzare che non tutto era perduto. Vide il corvo che si alzava in volo e si allontanava, andando per la propria strada, ma i loro sguardi fecero in tempo ad incrociarsi un’ultima volta e il tastierista poté solo muovere le labbra in un muto ringraziamento.
Si lasciò andare ad un sospiro, prima di venire sgarbatamente spinto al centro del ponte insieme agli altri due suoi compagni.
Si osservarono bene, tutti e tre, senza riuscire a dirsi nulla. Era successo così in fretta, che ora l’idea di essere salvi risultava loro strana come quella di dover morire per mano di un’amica.
«Julius, portali alle loro cabine e da’ loro i pochi effetti personali che abbiamo trovato sulla nave, comprese le armi. Poi, voglio vedervi tutti e quattro nella mia cabina. E in fretta.»
Anette era ancora turbata, il suo stato d’animo quasi tormentato non poteva non saltare all’occhio. Non aggiunse nient’altro a quei pochi ordini impartiti con durezza, e si ritirò velocemente sottocoperta.
L’equipaggio era confuso, ma fu costretto a tornare al lavoro quando arrivò il vicecapitano a portare l’ordine.
«Ahia… quando mi chiama per nome, la situazione è davvero grave.» commentò Julius inserendosi nel terzetto.
«Sono contento che non vi abbiano ucciso, ragazzi.»
A nessuno dei tre sfuggì il suo tono, sincero e sollevato, e Tuomas non poté che rivolgergli un largo sorriso. Era lui il Jukka che ricordavano.
«Sono contento di averti trovato, Jukka.» gli rispose, guardandolo con un affetto che ci può essere solo tra amici.
Era uno sguardo talmente accorato che Jukka si sentì come se l’avesse già conosciuto. Come se avesse già conosciuto quell’espressione sugli occhi grigio-azzurri di Tuomas, come se avesse già conosciuto le espressioni negli occhi di tutti.
E ricambiò anche lui il sorriso, per una volta senza ironia, senza divertimento.
Era un sorriso vero, caldo e felice.









Ciò che dice l'Autore
L'autore è assolutamente costernato.
Ho impiegato mesi a postare questo capitolo, non so come scusarmi! Davvero, scusate scusate scusate per il ritardo nella pubblicazione...>.< :S In un modo o nell'altro mi farò perdonare, giuro!
Spero comunque che non vi sia passata la voglia di seguire le loro vicissitudini all'interno della mia fiaba, e che questo capitolo vi sia piaciuto come....no, più degli altri! ^^ Baci a tutti quanti!







  
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