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Autore: SkyScraper88    25/05/2012    10 recensioni
Le prime gocce scivolarono silenziose sul viso, infastidendolo. Sbuffò, mentre cercava rapidamente rifugio oltre l’uscio di quel vecchio stabile ubicato alla periferia di Seoul. Gli piaceva la pioggia, ma non quando i capelli gli si schiacciavano sulla fronte e sulle guance, donandogli un aspetto insicuro e trasandato. Aveva lasciato l’ombrello a casa prima di partire, ricordò con un pizzico di irritazione sul bel volto. Attraverso il fitto incedere del temporale osservò la sua nuova città. L’ultima pioggia. L’estate stava arrivando.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Jonghyun, Key, Quasi tutti, Sorpresa
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - Il ragazzo dietro la fontana

Quando Jinki era tornato nel proprio appartamento, il giorno prima, lo aveva trovato vuoto. Sorrise, infilando la maglia viola e recuperando i jeans chiari. Non era andato a cercarli, sicuro che fossero insieme, preferendo lasciargli del tempo per poter restare da soli. Rilesse un’altra volta il foglietto spiegazzato, che aveva trovato sul tavolo, appena entrato.
 
“Grazie di tutto Hyung! Io sto tornando a casa e, anche se non so bene come, sono sicuro che in tutto questo ci sia il tuo zampino. ^^ Non dire niente a Minho-hyung… però ti meriteresti un bacio in bocca in questo momento! >_< A domani, Tae”.
 
Il ragazzo dagli occhi nocciola si riempì d’orgoglio, lieto di aver spinto quei due a chiarirsi. A dirla tutta… si era anche sentito un po’ in colpa, all’inizio, per aver tenuto il più grande lontano dal suo coinquilino. Così aveva cercato di fare ammenda, combinando il loro incontro, garantendo al moro la possibilità di confessarsi.
 
La porta si aprì, sul lungo corridoio di quel palazzotto non particolarmente nuovo, poco lontano dall’università. I guaiti, oltre le scale, li riconobbe subito. Jonghyun era già sul pianerottolo, e teneva gli occhi puntati sulla sottile figura di Kibum. Non che ci fosse da meravigliarsi, ma quando quest’ultimo si sporse in avanti, chinandosi verso Lucy, le guance del più grande si tinsero immediatamente di rosso.
 
La cagnolina si era rattristata, come ogni mattina, quando il suo padrone andava via. Si strofinò alla gamba del più piccolo, cercando di strappargli un ultimo istante di attenzioni. Il sorriso che l’inquilino del 22/B le rivolse fu estremamente dolce, mentre si sporgeva in avanti, accarezzando la sua testolona scura. Il ragazzo al suo fianco si passò nervosamente una mano tra i capelli, osservando con eccessivo interesse il piccolo sedere che si era proteso verso di lui.
 
Jinki si lasciò sfuggire una risatina, avvicinandosi a loro, e il bruno si schiarì velocemente le voce, voltandosi dall’altro lato. Gli occhietti allegri di Kibum apparvero subito dopo, appena occultati dalla frangetta chiara. Il maggiore gli arruffò i capelli, e Jonghyun grugnì il suo disappunto.
 
“Non sarai geloso anche di me?” indagò il padrone di casa, divertito, mentre il biondo si offriva volontario per andare a chiamare gli altri due ritardatari. Il ragazzone dai capelli scuri borbottò qualche parola incomprensibile, eclissandosi nel proprio imbarazzo. Jinki lasciò qualche pacca amichevole alle sue spalle nervose, e rise ancora.
 
Taemin spalancò la porta del proprio appartamento, con un sorriso talmente radioso da far storcere le labbra alla sua omma. Tutta quell’euforia gli puzzava di “novità”. Intrufolò la testolina curiosa oltre il braccio che sosteneva l’uscio, incrociando lo sguardo titubante di Minho.
 
Gli occhi di Kibum si strinsero, mentre il moro infilava velocemente una felpa. Da quando in qua ci si vestiva in cucina? Il ragazzino fissò a sua volta il ventre piatto del coinquilino, sul quale madre natura aveva disegnato dei perfetti addominali, e arrossì appena, mordendosi le labbra. Altro particolare da non tralasciare.
 
“Non esiste più la decenza?!” commentò il biondo, acido, con quella che suonò alle orecchie dei presenti come una domanda totalmente retorica. Difatti nessuno rispose, e i due abitanti del 24/D si affrettarono a seguirlo, uscendo dal proprio appartamento.
 
“Buongiorno!” squittì la vocina allegra di Taemin, che si stava velocemente allontanando dall’aria minacciosa della sua omma, raggiungendo il resto del gruppo. Jonghyun e Jinki risposero al suo sorriso, gentili, scambiando qualche frase di poco conto.
 
Minho deglutì a fatica, mentre le dita della prima donna si chiudevano con forza attorno al suo braccio. Fu obbligato a rallentare il passo, mantenendosi lontano dagli altri, che avevano già iniziato ad imboccare la via per le scale. Il moro si voltò a guardare il più grande, trepidante, in attesa della ramanzina che era sicuro fosse sul punto di fargli.
 
“Avete chiarito?” la domanda venne posta con un tono tranquillo, e sinceramente interessato. Kibum sollevò gli occhi felini verso l’amico, stupendolo con la comprensione che Minho ci lesse dentro. “Non sono fatto di pietra, e anche se a volte sono… intollerante… questo non vuol dire che non ti voglia bene” si erano fermati, e il biondo aveva abbassato la testa, improvvisamente a disagio.
 
“Sono rimasto in disparte per due giorni, e non credere che non avessi intuito quello che stava succedendo” ammise quest’ultimo, storcendo le labbra rosse “Ho cercato di non mettermi in mezzo, una volta tanto…” proseguì, e un sorriso imbarazzato incurvò la sua bocca a forma di cuore “Se tu puoi renderlo felice, non hai bisogno della mia benedizione”.
 
Il moro sgranò gli occhi, commosso dalle parole del più grande. Sorrise a sua volta, abbracciando brevemente il ragazzo che gli stava di fronte, sorprendendolo. Kibum gli apparve titubante, ma alla fine alzò a sua volta le braccia, circondando i fianchi dell’amico. Sospirò contro la sua spalla, e pochi secondi dopo si ritirò dolcemente dalla sua stretta.
 
“Solo una cosa” lo ammonì, sollevando il dito indice in aria “Non farmi assistere mai più a scene come quella di poco fa!” intimò, spintonandolo piano “Sono debole di cuore… e non posso credere di aver appena concesso, ad un pervertito come te, la mano del mio piccolo Minnie!” sbuffò, fingendosi contrariato, e riprese a camminare.
 
Minho non si fece ingannare dal suo tono burbero, e il sorriso che aveva ridisegnato, poco prima, la curva delle sue labbra, non scomparve. Gli occhi scuri si riempirono d’affetto, mentre seguivano le esili spalle del più grande, che si era fermato in quel momento davanti alle scale. Gli corse incontro, felice, e insieme raggiunsero gli altri.
 

*****

 
La mia omma, lo sapevo bene, non avrebbe mai fatto del male al ragazzo di cui mi ero innamorato. Così trattenni Jinki, quando fu sul punto di tornare indietro a cercarli. Eravamo già nel cortile, ma Kibum e il mio coinquilino ancora non si vedevano. Sorrisi, rassicurando il nostro padrone di casa, e anche Jonghyun appoggiò la mia scelta.
 
“Tranquillo Hyung!” disse rivolto al più grande, schiacciandomi l’occhio “Minho gli starà chiedendo il permesso di sposare Tae!” se ne uscì con quella battuta, come se fosse totalmente convinto di quello che stava dicendo, e io credo di essere diventato rosso come un peperone.
 
Lo avevano capito tutti, giusto? Jinki conosceva il mio segreto, e aveva combinato l’incontro del giorno prima. La mia omma era troppo intelligente, per non aver intuito cosa stava accadendo tra noi. E, a quanto sembrava, anche per Jonghyun eravamo ormai un libro aperto.
 
“Ma scusate” borbottai, risentito “da quanto tempo lo sapevate voi due?!” chiesi stizzito, incrociando le braccia sul petto. Le loro risposte, convinte e affatto titubanti, mi fecero spalancare la bocca.
 
“Dalla prima volta che vi ho visti insieme!” esclamò Jinki, euforico, poggiando una mano sulla spalla di Jonghyun, alla ricerca di una conferma. “Da quando Minho mi ha aiutato a traslocare!” disse a sua volta, sorridendo al più grande “Impossibile non notarlo!” aggiunse, divertito, mentre la mia mascella toccava il suolo.
 
In pratica… ero stato solo io il cieco! Sbuffai, arrossendo ancora di più, e il braccio che mi avvolse le spalle mi fece sussultare. Dovevano essere arrivati mentre noi parlavamo ma, tutto preso dalla conversazione, non mi ero assolutamente accorto della loro presenza. Il mio coinquilino mi sorrise, facendo aumentare notevolmente il mio imbarazzo.
 
“Tempismo perfetto…” sbiascicai, facendogli sollevare un sopracciglio. Kibum lo notai solo in quel momento. Si era avvicinato a Jonghyun, infilandogli per la centesima volta il berretto di lana in testa, e quest’ultimo era tutto intento a cercare di acciuffarlo, mentre la mia omma sgusciava come un’anguilla lontano dalle sue braccia.
 
I nostri occhi si incrociarono, solo per un attimo, e la sua espressione si addolcì immediatamente. Mi sorrise, e l’amore che lessi nel suo sguardo mi sciolse il cuore. Kibum è sempre stata una parte importante della mia vita. Ricevere la sua approvazione, quel giorno, ebbe il potere di lavare via le mie ultime paure.
 
Io e Minho ci eravamo innamorati, e i nostri amici appoggiavano la nostra unione. Mi lasciai stringere dal mio Hyung, ridendo piano quando i suoi capelli mi solleticarono il collo. Si era chinato verso di me, baciandomi una guancia, e la gioia che provavo dentro… divenne finalmente completa.
 
La strada verso scuola mi parve più breve del solito, animata dalle chiacchiere di Jonghyun e le battute pungenti della mia omma. Battibeccavano di continuo, per le cose più banali e prive di significato. Il ragazzo dai grandi occhi scuri si imbronciava, rattristato, e il più piccolo sbuffava, concedendogli quello che voleva.
 
Jinki li osservava, sorridente. La sua espressione sembrava volesse dire: “Adesso restate solo voi due”. Io condividevo in pieno i suoi pensieri, e quando Kibum rimase intrappolato tra le braccia del più grande, arrossendo fino alla punta dei capelli, l’euforia di Jonghyun coinvolse anche me.
 

*****

 
Hyuri camminava verso l’università, assonnata, con Min Nyu al seguito. Erano vicine di casa, ma avevano avuto modo di conoscersi meglio solo in facoltà. La ragazza dai capelli chiari scosse la testa, ridendo, divertita da quello che aveva appena ascoltato.
 
“Ti giuro, quasi cascavo a terra! Credo si fosse dimenticato del mio arrivo, perché i suoi occhi mi sono apparsi completamente stralunati!” sospirò, unendo entrambe le mani davanti al viso e sollevando gli occhi al cielo “Kibum-Oppa… quanto mi piace il suo nome…” con quella voce sognante, e lo sguardo emozionato, Hyuri poté solamente ridere più di prima.
 
“Ti sei presa proprio una bella cotta!” la punzecchiò, facendola arrossire, ma la più piccola si aggrappò al suo braccio, per niente risentita. Dopotutto era la verità. Quel ragazzo dagli occhi affilati e i capelli biondi… le piaceva da impazzire.
 
“Poi è così gentile, così attento…” Hyuri inarcò un sopracciglio, sorpresa da quell’osservazione “Davvero!” continuò Min Nyu, intuendo il suo scetticismo “Mi chiedeva sempre se avessi capito, e poi mi ha anche offerto del tè… credo di aver perfino balbettato, in più di un’occasione” ammise, imbarazzata, gonfiando le guance rosate.
 
L’amica non rispose, limitandosi ad osservare il profilo dell’altra, pensierosa. E così Jonghyun non era il solo…a subire il fascino del bel saputello. Si, lo sapeva. Lei e quella testa calda si conoscevano da troppo tempo, e il modo in cui il più grande fissava Kibum, o tutte le scuse che utilizzava per toccarlo… non erano passate inosservate.
 
“Poi è arrivato quel tuo amico” disse ancora Min Nyu, ridestando l’interesse di Hyuri “e tutta la magia è scomparsa…” la ragazza dai capelli scuri sospirò, rattristata, incurvando le spalle delicate. “Avresti dovuto vederlo. Si è piazzato senza troppe cerimonie accanto a noi, senza neanche un briciolo di discrezione. Oppa mi sembrava infastidito dalla sua presenza. Si è innervosito subito, e non lo degnava di considerazione…”
 
Hyuri, nell’udire quelle parole, fu di tutt’altro avviso. Immaginò la scena, e fu assolutamente certa che la tensione creatasi… non fosse dovuta minimamente al fastidio. A Kibum piaceva Jonghyun. Era talmente palese da risultare perfino stupido. Ogni volta che erano vicini, gli sguardi che si scambiano parlavano abbastanza chiaro.
 
“Più volte ci ha anche interrotti, chiedendo spiegazioni su questo e su quello. Ma anche a lui Oppa ha concesso delle ripetizioni?” chiese Min Nyu, rivolta all’amica. Quest’ultima si lasciò sfuggire una risatina, che occultò rapidamente dietro una mano, con la quale si coprì la bocca.
 
“Si, diciamo così…” confermò, sollevando appena le spalle “Ma non credo che Jonghyun debba pagarlo, come fai tu…” aggiunse, ironica, e lo sguardo perplesso della più piccola… finse di non vederlo.
 
Le dita di Hyuri si intrufolarono veloci dentro la borsa, recuperando il proprio cellulare. Era rosa, come la gonna che la sua proprietaria stava indossando, con un piccolo panda che ci penzolava affianco. Il messaggio venne composto velocemente, mentre un nuovo sorriso increspava le labbra della ragazza.
 
“Buongiorno Jong! Dormito bene? Ho sentito parlare della tua frustrazione, di ieri sera… ^^ Il tuo piccolo Bummie ti mette a dura prova? Non temere, nessuno può resistere al tuo fascino! u.u Un bacione ^^”
 
Il destinatario sussultò, leggendo quelle parole, e nascose il palmare alla vista del suo coinquilino. Kibum si irrigidì, diventando scontroso. Quando il bip dell’e-mail aveva fatto tremare la tasca del bruno, al cui braccio era ancora aggrappato, il più piccolo si era sporto istintivamente verso l’altro, sbirciando il display colorato.
 
“Solo un vecchio amico…” commentò Jonghyun, che si era accorto delle sue labbra imbronciate. Il biondo borbottò che non gli importava, separandosi completamente da lui. Una mano si allungò immediatamente, cercando di trattenerlo, ma il ragazzo la evitò senza indugio, allontanandosi.
 
“Problemi?”
 
Kibum aveva raggiunto Taemin, che trotterellava davanti a tutti, e Minho si accostò al compagno di corsa, osservando il suo profilo rattristato. Il più grande non rispose, allungandogli il proprio cellulare.
 
Il moro inarcò un sopracciglio, leggendo il messaggio. Non aveva capito. Jonghyun fissò le sue sopracciglia aggrottate, e sospirò pesantemente. “E’ di Hyuri. Ieri sera, quando sono tornato a casa, c’era quella tizia insieme a Bummie” spiegò abbattuto “Deve averle raccontato che ho cercato di intromettermi tra loro, e lei mi ha mandato quello…” concluse, indicando il palmare con un gesto del capo.
 
“Mmm…” fu l’unico suono che venne emesso da Minho, mentre chiudeva automaticamente la casella dei messaggi. La schermata iniziale apparve sul display quadrato, rendendo ancora più perplessa l’espressione del moro. Sullo sfondo c’era una foto di qualche anno prima, al mare, raffigurante un Jonghyun abbronzato… che teneva Hyuri tra le braccia.
 
“Sembrate molto uniti” commentò il più piccolo, indicando lo schermo luminoso, e l’altro annuì, distratto. Non aveva afferrato il sottile sottointeso, celato tra le parole di Minho. “C’è qualcosa tra voi?” chiese l'altro a bruciapelo, facendo bloccare improvvisamente il bruno, che si voltò a guardarlo, sorpreso.
 
Jonghyun si passò una mano tra i capelli, chiudendo gli occhi, e inspirò profondamente. Non sapeva bene come rispondere, e il suo indugio era ben visibile sul suo volto espressivo. Il moro rimase sconcertato da quel comportamento. Era convinto che al maggiore piacesse Kibum. Ma allora perché, davanti alla sua insinuazione, non negava fermamente un suo coinvolgimento amoroso nei confronti della ragazza.
 
“E’ una faccenda complicata” mormorò alla fine, rabbuiandosi “Io e Hyuri ci siamo stati vicendevolmente vicini, in momenti delle nostre vite che non sono stati propriamente facili” spiegò, infilando le mani dentro le tasche dei jeans e ricominciando a camminare. Manteneva lo sguardo basso, e quel comportamento a Minho non piacque per niente. Non era da Jonghyun… nascondere le proprie emozioni.
 
“Tengo tantissimo a lei, e per Hyuri è la stessa cosa, ma siamo solo buoni amici” concluse il bruno, rivolgendogli un sorriso che non gli parve completamente naturale. Dopo quella breve conversazione, il ragazzo più alto si ritrovò con qualche pensiero in più. Niente che potesse essere considerato piacevole, fra l’altro. Mentre, a sua insaputa, la mente dell’amico si riempiva di vecchi ricordi.
 
Jonghyun si riprese il cellulare, fissando per alcuni secondi quella foto, di molti anni prima, dove i propri occhi apparivano un po’ più sereni. Poi sospirò, infilandolo in tasca, e la scuola di Taemin apparve all’orizzonte.
 

*****

 
Avevo un’ora buca, ma di andare a cercare quella scimmia non ne avevo la minima voglia. Il cielo si era schiarito, facendo trapelare tra le sue folti nubi qualche timido raggio. Scrollai le spalle, incurante di ciò che il buon senso mi suggeriva, e mi allontanai in direzione del cortile. Faceva ancora freddo, e non sarebbe stato consigliabile passare tutto quel tempo all’aperto, ma me ne infischiai. Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria.
 
Feci qualche passo sull’erba, perdendomi tra i miei pensieri, e prima ancora di rendermene conto ero arrivato ai piedi della fontana. Lasciai vagare lo sguardo sulla limpida superficie dell’acqua, sedendomi sulla sponda di quella gigantesca costruzione in pietra. In alto, una donna dall’aspetto fiabesco, teneva le mani unite a coppa, davanti al viso. Fra le dita, il forellino dal quale zampillava l’acqua neanche si vedeva. Quella fontana era l’orgoglio del preside.
 
Mi venne da sorridere, ricordando l’uomo attempato, conosciuto il primo giorno, con quegli strani occhietti tondi e il pancione pronunciato. Era gentile, ma sorrideva anche un po’ troppo. Accarezzai la superficie riflettente, trovandoci nascosta la mia espressione triste, e mi feci una smorfia.
 
“Dannato Jonghyun!” borbottai, schiaffeggiando l’acqua. Perché non mi aveva permesso di leggere il messaggio? Ok, il mio comportamento era stato inopportuno però… che avesse qualcosa da nascondere? Quell’ipotesi fece incurvare ancora di più le mie spalle, mentre sollevavo le ginocchia al petto, e ci lasciavo cadere sopra il mento, sospirando.
 
Passarono diversi minuti, ma il mio sguardo continuava a rimanere fisso sull’erba. La sera prima, quando si era comportato in quel modo infantile, frapponendosi con un sorriso tra me e Min Nyu, mi aveva reso felice. Si, sono idiota, basta poco per farmi battere il cuore. O meglio, basta poco a Jonghyun. Avevo gongolato, prima di addormentarmi, fissando il soffitto e immaginando la sua gelosia. Evidentemente mi ero sbagliato.
 
Aveva allontanato il cellulare, impedendomi di leggere il contenuto di quell’e-mail. Non era stato molto veloce, comunque. Il nome del mittente lo avevo riconosciuto subito. Sbuffai, infastidito, ma quando gli occhi divennero lucidi… mi rifiutai di lasciarmi andare allo sconforto. Non era da me. E poi la conoscevo da troppo poco tempo… quella scimmia sorridente, che a quanto sembrava era anche capace di farmi piangere.
 
Il vento soffiò forte, all’improvviso, facendomi rabbrividire. Mi strinsi nella braccia, cercando di preservare il petto, ma ciò che custodivo si era già congelato. Una lacrima scivolò, silenziosa, e l’asciugai rapidamente, furioso.
 
“Ti prenderai un malanno, se continui a restare qui…”
 
Quella voce mi fece sussultare, e anche arrossire. Credevo di essere solo. Avevo ancora il capo chino, sulle gambe, e speravo con tutto il cuore che quella persona non mi avesse visto piangere. Sollevai lo sguardo, cercando il proprietario di quel tono pacato e gentile. Intravidi una sagoma, alle mie spalle, ma l’acqua che sgorgava dalla fontana mi impediva di scorgerne il volto.
 
Quando si alzò, venendomi incontro, schiusi istintivamente le labbra, sorpreso. Riconobbi il ragazzo contro il quale ero finito il giorno prima. Quello della biblioteca. Lui mi sorrise, sedendosi accanto a me. Non disse nulla, neanche quando notò i miei occhi rossi, e ringraziai mentalmente quella discrezione che mi aveva concesso.
 
Volse lo sguardo al cortile, allargando le braccia e portandole all’indietro. Puntò le mani sul granito freddo, e notai i guanti che indossava. Sembravano quelli di un motociclista. Di pelle. Fasciavano il palmo e lasciavano scoperte le dita. Aggrottai le sopracciglia, senza neanche accorgermene, e lui si voltò proprio in quel momento.
 
“Cosa c’è?” mi chiese, sorridente, stendendo le gambe e incrociando le caviglie.
 
“I guanti…” risposi sincero, arrossendo subito dopo. Parve capire, e il suo sorriso divenne più largo. Che il mio imbarazzo lo divertisse? Scossi la testa, e lasciai correre via quel pensiero. In un'altra occasione avrei risposto a tono, mandandolo a farsi un giro, ma in quel momento ero troppo abbattuto per uno scontro verbale.
 
“Ho la moto” spiegò poco dopo, e il suo tono mi parve improvvisamente più dolce. “Guarda, è quella lì…” aggiunse, allungando un dito, indicandomi un punto poco lontano. Dall’altra parte della strada, proprio davanti alla facoltà, riconobbi un’Honda arancione. Non avrei saputo identificarne il modello, non ci capivo una mazza di quegli aggeggi. Il suo fianco affusolato, e il suo muso sporgente, comunque… mi piacquero.
 
“Viaggi con quella?” lo dissi senza pensarci troppo, felice di poter parlare di qualcosa di insignificante. Mi serviva una chiacchierata leggera, disinteressata, che non mi desse modo di pensare al mio coinquilino.
 
“Già” confermò quel ragazzo, abbassando la testa. “E’ il mio gioiellino” aggiunse, sorridendo ancora, e si passò elegantemente una mano tra i capelli.
 
Lo osservai per un attimo, mentre chiudeva il libro che teneva sulle ginocchia, e lo riponeva nella seconda tasca del proprio zaino. Le ciocche che gli ricaddero davanti agli occhi erano scure, così come i suoi occhi. Il profilo era regolare, preciso. Più morbido, rispetto a quello di Jonghyun. Le labbra non erano molto grandi, ma ben disegnate. In quel momento era serio, mentre appuntava un segnalibro tra le pagine di quel grosso volume, e lo faceva ricadere nella cartella.
 
Ripensai al suo sorriso gentile e, per qualche motivo a me sconosciuto, decisi che quel tizio mi piaceva. C’era qualcosa di familiare in lui, qualcosa che… non sapevo bene come… mi ricordava me stesso. Il titolo del libro che aveva posato lo avevo riconosciuto. Era un testo scritto da un famoso scienziato, diversi anni prima, che trattava di riproduzione e selezione naturale, ricollegandosi alle più antiche ideologie di Darwin.
 
“L’ho letto anch’io” osservai, e lui capii immediatamente a cosa mi riferivo. Il vento non voleva saperne di calmarsi, e quando rabbrividii nuovamente… il giubbotto che mi allungò mi fece arrossire ancora.
 
Passammo parecchio tempo, seduti lì, parlando di fisica e motori. Sul primo argomento andavo tranquillo, risultando anche un po’ puntiglioso, ma a lui la parola non mancò mai. Se ne intendeva, e la sua intelligenza mi sorprese parecchio. Non l’avrei mai detto, dai suoi jeans strappati e gli anfibi di pelle.
 
Il settore motori era per me un immenso punto interrogativo. Se ne accorse, e cercò di parlarne nel modo più semplice possibile. Gliene fui grato, ma non capii niente ugualmente. Quando le nuvole divennero grigie, e il primo lampo illuminò il cielo, la pioggia era ormai imminente.
 
“Forse è meglio se entriamo dentro” mi suggerì, alzandosi. Lo seguii verso la facoltà, con addosso il suo piumino, e le guance non persero neanche per un attimo il loro colorito imbarazzato. Mi sentii un idiota, e quasi inciampai sull’ultimo scalino davanti alla porta.
 
Quel tipo tese una mano, sorreggendomi. “Cadi un po’ troppo spesso” commentò, divertito, e io mi allontanai dalla sua presa, borbottando. Non erano solo i lineamenti ad essere differenti. Anche il suo tocco… non era come quello di Jonghyun. Gentile, caldo… quello si. Ma nonostante il disagio, il mio cuore non prese a battere più forte, e il mio corpo non vibrò sotto le sue dita.
 
Quella scimmia era speciale. O forse… era speciale solo per me. Quella consapevolezza mi irritò moltissimo. Quell’idiota mi aveva fatto arrabbiare, e star lì a pensare a lui… non mi aiutava a dimenticare quello che era successo.
 
“Ti chiedo scusa se l’altro giorno sono scappato via in quel modo, ma andavo parecchio di fretta” aveva ripreso a parlare, incamminandosi verso il lungo corridoio del primo piano. Scossi la testa, dicendo che non importava. Mi aveva aiutato a rialzarmi, raccogliendo e riordinando i miei appunti, tanto mi era bastato.
 
Sorrise, porgendomi la mano destra, e io la presi immediatamente. “Piacere, il mio nome è Jung Byung-Hee”. La sua stretta era forte, salda. Per un attimo temetti che mi stritolasse le dita, ma lui si dimostrò gentile, ancora una volta.
 
“Kim Kibum, piacere mio” risposi, facendo una piccola smorfia, che lo fece ridere subito dopo. Quando lo spintonai lo feci istintivamente, con naturalezza, quasi lo conoscessi da anni. Byung-Hee non si scompose, e continuò a camminare al mio fianco, allegro.
 
Il suono della campana annunciò la fine della quinta lezione. Era ora di pranzo. Il cellulare vibrò, nella tasca dei miei pantaloni, e io lo raccolsi. Pigiai con il polpastrello del pollice sull’icona lampeggiante, senza badare al nome in grassetto, che contraddistingueva quel breve messaggio.
 
“Bummie, dove sei? Sono venuto a cercarti, ma non ti ho trovato. Stiamo andando in mensa, raggiungici là”.
 
Storsi le labbra, cacciandomi nuovamente il palmare in tasca, e il sopracciglio di Byung-Hee si inarcò immediatamente. Il mio disappunto doveva averlo incuriosito. Non dissi nulla. Come spiegare la mia travagliata convivenza con quella scimmia in poche parole? Era inutile, per cui ci rinunciai. Un’altra idea, molto più perfida, stava prendendo forma nella mia mente.
 
“Resti per le lezioni del pomeriggio?” gli chiesi, tranquillo, e lui confermò la mia ipotesi “Ti va di pranzare insieme? Non conosco molta gente in facoltà, ma io e i miei amici normalmente occupiamo lo stesso tavolo. Ti unisci a noi?”
 
Il sorriso di Byung-Hee fu sincero, così come le sue parole, quando rifiutò il mio invito. “Mi spiace, oggi non posso proprio. Dovrei incontrare una persona tra…” sollevò il polso, controllando rapidamente l’orologio “Venti minuti”  aggiunse, con una piccola smorfia.
 
“Peccato” mi dissi, scrollando le spalle di fronte alla sua espressione rammaricata, e gli restituii il giubbotto. Il suo sguardo tornò ad addolcirsi, mentre mi proponeva un compromesso. “Facciamo domani, va bene?”
 
Lisciai la frangetta bionda, gongolante, eliminando con cura le poche pieghe che avevano increspato la mia felpa. Lo sguardo attento che mi venne rivolto lo notai appena. Solo quando entrammo in mensa, e i miei occhi si puntarono euforici sul tavolo in fondo alla sala, al quale era seduto Jonghyun, Byung-Hee parlò.
 
“Ti sei rimesso in ordine. Andiamo ad incontrare qualcuno di importante?” aveva avvicinato le labbra al mio orecchio, sussurrandoci direttamente quella domanda maliziosa. Sbiancai, punto sul vivo, voltandomi repentinamente verso di lui. Me lo ritrovai ad un pelo dal naso, e il suo sorriso raggiante parve dire “Beccato!”
 
Avvampai in un battito di ciglia, mentre la bassa risata del ragazzo che mi stava di fronte mandava completamente in pappa il mio cervello. “Ci vediamo domani” mi disse, portando due dita alla fronte, quasi fosse un militare. Rise ancora, per poi allontanandosi verso l’uscita.
 
Degli occhi che si puntarono, furiosi, nella nostra direzione… non mi accorsi.
 

*****

 
Jonghyun era seduto al solito posto, in attesa del suo coinquilino. Quando il più piccolo entrò in sala, la sua presenza attirò immediatamente gli occhi del bruno, portandolo a voltarsi. Quello che vide... non gli piacque per niente.
 
Kibum era fermo, accanto alla porta, insieme ad un tizio che non aveva mai visto. Era alto, muscoli proporzionati e fisico asciutto. Si stava abbassando verso l’orecchio del biondo, mentre questi era distratto, bisbigliandoci qualcosa. Gli occhi di Jonghyun si chiusero in due fessure, minacciosi, e il ragazzo accanto allo sconosciuto arrossì fino alla punta dei capelli.
 
Serrò i pugni, lungo i fianchi, mettendosi repentinamente in piedi. La sedia finì a terra, allarmando gli amici accanto, che non si erano accorti di nulla. Jinki sollevò istintivamente una mano, con l’intenzione di toccargli una spalla, ma il bruno era già scattato in avanti, allontanandosi.
 
Minho sgranò gli occhi, afferrando il braccio dell’assistente di laboratorio. “Guarda!” esclamò, facendolo ruotare velocemente verso l’entrata. Kibum era lì, impalato, con un tipo ad un pelo dal naso. Quest’ultimo sorrideva, soddisfatto, mentre il loro vicino sembrava avesse appena visto un fantasma.
 
“Lo ammazza” furono le uniche parole che uscirono dalla bocca di Jinki, in risposta a quella scena, mentre già si muoveva, lanciandosi all’inseguimento di Jonghyun. Il moro gli fu subito dietro, ma nel frattempo lo studente accanto a Kibum si era allontanato, abbandonando la mensa.
 
La mano che si strinse attorno alla spalla del biondo non fu affatto gentile, semmai rude, rabbiosa. Lo strattonò appena, spingendolo repentinamente verso il corpo del coinquilino. Gli occhi del bruno stavano letteralmente schizzando fuori dalle orbite, mentre la voce profonda formulava duramente la prima domanda.
 
“Chi era?!” il più piccolo aveva strabuzzato gli occhi, ancora rosso in viso, osservandolo stralunato. Non si era accorto della marcia furiosa che aveva portato Jonghyun verso di lui, né tanto meno dello sguardo di fuoco che aveva rivolto alle spalle di Byeong-Hee.
 
“Che voleva da te?!”
 
Il più grande iniziava a perdere la pazienza, e i gesti bruschi con i quali strattonò Kibum, cercando di farlo parlare, ebbero solo il potere di far imbestialire quest’ultimo. Le dita sottili si arpionarono con irritazione alle braccia del bruno, spingendolo via.
 
“Non sono affari tuoi!” ringhiò, furioso, allontanandosi a sua volta in direzione del corridoio.
 
La mente annebbiata di Jonghyun dovette suggerirgli che stava andando dietro a quel tizio perché, dopo un attimo di sorpresa, dovuto alla reazione del biondo, questi partì immediatamente all’inseguimento del coinquilino. Minho e Jinki si fissarono, non sapendo come comportarsi.
 
La rabbia per quello che gli era stato fatto, giusto quella mattina, si impossessò nuovamente di Kibum, spingendolo ad allungare il passo. Quella scimmia nana aveva le gambe più corte delle sue, ma era anche incredibilmente veloce. Lo raggiunse subito, appena varcata la porta della mensa, bloccandolo per un polso.
 
Se non altro, adesso, non daremo spettacolo!
 
“Rispondimi quando ti parlo!” urlò il più grande, facendo rabbrividire gli altri due amici, che li avevano seguiti. L’assistente di laboratorio poggiò una mano sul petto del moro, fermandolo. Scosse la testa, indicandogli gli altri ragazzi, poco distanti.
 
“E’ meglio lasciarli soli”. Minho non parve del suo stesso avviso, e fremette, tornando a guardare Kibum e Jonghyun.
 
Il primo si era liberato ancora una volta dalla presa del coinquilino, facendo subito dopo un passo verso di lui, e spingendolo lontano. Il bruno si lasciò nuovamente sorprendere, retrocedendo di pochi passi. Gli occhi affilati del più giovane si puntarono sui suoi, frustrati e pieni di rancore.
 
“Un vecchio amico” rispose, sprezzante, rifilandogli le stesse parole che si era sentito rivolgere quella mattina. Jinki sospirò, intuendo il motivo di quanto avevano appena visto. Trascinò il moro verso la mensa, ignorando le sue proteste, e una volta rimasti soli si voltò a guardarlo, sorridente.
 
“Sono solo scaramucce tra innamorati” poi scrollò le spalle, e riprese il proprio posto, iniziando a mangiare. La mascella di Minho per poco non cadde a terra mentre, fuori la porta, la battaglia non era ancora finita.
 
“Non prenderti gioco di me! Quello era ad un millimetro dal tuo viso!” Jonghyun gli aveva puntato un dito contro, con fare inquisitore, e il biondo aveva prontamente provveduto a schiaffeggiarlo via.
 
“Senti chi parla...” rispose, sarcastico, mentre un sorriso forzato si faceva spazio sul suo volto pallido “Come se tu non avessi fatto lo stesso con me, solo poche ore fa…” gli occhi si rattristarono appena, e il più piccolo si voltò veloce, nascondendo le lacrime che li aveva improvvisamente riempiti.
 
Non ci riuscì. Il bruno le aveva viste, vibrando di fronte al rancore di quel delicato ragazzo dalle spalle ricurve. Fu solo un attimo. Come la neve che viene giù d’inverno, sottile e quasi invisibile, la tristezza di Kibum invase anche il cuore del suo coinquilino, pungendolo con il proprio dolore.
 
“Bummie…?” lo chiamò, con dolcezza, mentre la rabbia scivolava via, silenziosa, veloce come era arrivata.
 
“Mi ha solo preso in giro, per il fatto che sistemo di continuo i capelli...” spiegò l'interpellato, debolmente, mordendosi le labbra per impedire alle lacrime di manifestarsi. “Cosa ho fatto di male?” soffiò, tirando su col naso, rabbrividendo subito dopo.
 
Jonghyun si era avvicinato, vinto dalla fragilità di quella voce spezzata. Si diede dello stupido, mentre lo attirava sul proprio petto, trovandolo inaspettatamente arrendevole. Il biondo si lasciò stringere, chiudendo gli occhi. Quel calore, intorno alle braccia, contro la schiena, lo avvolse velocemente. Il cuore perse un battito, e le labbra del più grande si mossero, oltre la curva del suo collo sottile.
 
“Mi dispiace…” il suo scimmione lo strinse più forte, mentre lasciava scivolare le mani sui fianchi delicati, esercitando su di essi una leggera pressione. Lo obbligò a voltarsi, ritrovandosi i suoi occhi smarriti vicinissimi ai propri. Kibum deglutì, lasciandosi accarezzare senza proteste.
 
Le dita del bruno scivolarono dolci, tra i capelli biondi, sulle morbide guance, nuovamente arrossate. Rise piano, mentre il più piccolo si lasciava vincere dall’emozione, chinando il capo. Sfiorò la fronte con la bocca, racchiudendo nei palmi delle mani quel viso dai lineamenti perfetti, che gli aveva stregato il cuore.
 
“Non sono arrabbiato…” lo rassicurò, notando il modo nervoso con il quale Kibum continuava ad afferrarsi alla sua maglia, stringendola tra le dita. “Solo che…” inspirò profondamente. Stava per dire una cosa molto importante. Il sangue aveva preso a fluire più velocemente, dentro le vene, nelle orecchie, annullando il suo udito.
 
Il resto della confessione venne bisbigliato, appena udibile, mentre il proprietario di quella voce emozionata lasciava andare la propria fronte... su quella del ragazzo che stava abbracciando. Il biondo sgranò gli occhi, sorpreso, quasi sconvolto.
 
Il più grande trattenne il respiro, trepidante, e le guance del suo coinquilino divennero ancora più rosse. Le dita sottili si sollevarono, ricoprendo le labbra a forma di cuore. Stavano tremando. Le iridi scure di Kibum si dilatarono appena, commosse, mentre le lacrime tornavano a riempire il suo sguardo.
 
Sorrise. Un sorriso felice… silenzioso. Non era solo il viso a portarne i segni. Le mani, il fiato spezzato, il cuore che batteva furioso nel petto. Tutto, fuori e dentro quel piccolo angelo dai capelli biondi, sembrava stesse urlando la gioia che provava.
 

“Solo io. Voglio essere l’unico... a poterti toccare”

  
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