CAPITOLO 4
DUBBI E PROGETTI
“Oh iissaaa…Mamma mia, quanto pesa!”.
Kagome si
sedette sul bordo del pozzo, trascinando verso di sé due pesantissimi zaini,
che sembravano pronti a scoppiare da un momento all’altro.
“Sei tornata finalmente! Sono tre
giorni che ti stiamo aspettando!”. Inuyasha
le si avvicinò con la sua
solita aria di rimprovero, ma in realtà era contento di rivederla. Le era
mancata, anche se non lo avrebbe ammesso mai, neanche sotto tortura. Ma ormai
la presenza al suo fianco di quella ragazza cocciuta e delicata, bisognosa di
protezione da quel mondo selvaggio e tanto forte da sconfiggere demoni e
purificare
“E dai, Inuyasha! Non ti arrabbiare; sono stata via di più
perché avevo bisogno di qualcosa contro la neve e poi ogni tanto devo anche
farmi vedere a scuola, se no
non riesco a recuperare e resto indietro. Guarda che quest’anno ho gli esami!”
“Esami? E cosa sono?”
Kagome
sospirò. Sarebbe stato duro spiegare al suo amico la complicata trafila
scolastica, allora si limitò a paragonare il tutto ad una prova un po’
speciale. Il ragazzo non fu molto soddisfatto della risposta, ma Kagome
era troppo impegnata a issare un voluminoso pacco per prestargli troppa attenzione.
Accidentaccio, ma quanto pesa?! Speriamo che sia l’imballaggio, se no come faccio
a portarmela dietro?
“Kagome…”. Il mugolio della ragazza lo convinse a
continuare. Doveva farle quella domanda, se no non sarebbe stato tranquillo. Era vero che non aveva
più avvertito nulla, ma una forza simile l’aveva percepita solo una volta, cinquant’anni prima,
mentre stringeva fra le mani la sfera dei quattro spiriti.
“Senti Kagome…l’altro giorno…In quell’energia…”
“Finalmente! Adesso mi carico
tutto in spalla e andiamo al villaggio. Ho portato tante cose interessanti e
utili. Va bene?”
“Ehi! Ma non mi stai neanche
ascoltando?!”.
Il giovane mezzo-demone si
arrabbiò, ed era pronto a continuare la sua sfuriata, ma quando la vide, mentre
tentava di portare tutto quel peso, la rabbia gli passò completamente. Anzi,
più la guardava, avvolta in quella giacca ingombrante, soffocata da quella
lunga sciarpa azzurra, più la sua testa azzerava i pensieri. E l’unica cosa che
gli venisse in mente per
descriverla era: incantevole.
Scosse la testa
con forza, sorprendendosi di quei pensieri. Ma che gli prendeva? Si avvicinò
alla ragazza e le prese zaini
e pacco, avviandosi a grandi passi verso il villaggio. Possibile? Perché non lo
stava mai ad ascoltare? Perché?
“Lascia fare a
me. Sono troppo pesanti per te”
Kagome
rimase molto sorpresa del gesto. Era abituata ad essere protetta da Inuyasha, ma capitava di rado che
il ragazzo si mostrasse così gentile con lei. Sorrise. Forse era in pensiero
per lei e così voleva mostrarle che era contento che fosse tornata.
“Allora?! Vieni
o hai deciso di restar lì a prender freddo?”. Sì, decisamente era gentile. Kagome fece una piccola corsa e
lo raggiunse, iniziando a camminare al suo fianco in silenzio.
“Senti…”
“Mh?”
“Cosa volevi
chiedermi prima?”. Inuyasha
ne fu sorpreso, non si aspettava quella domanda. E ancor di più non si
aspettava il tono interessato della ragazza. Ma allora mi ascoltavi…
“La sfera…”
Kagome si
fece attenta. Cosa c’entrava la sfera dei quattro spiriti? Era da tanto che non
ne avvertiva la presenza.
“Tre giorni fa,
hai avvertito la presenza della sfera assieme all’aura di Naraku?”. La ragazza scosse la testa, e lui ne fu
deluso. Possibile che si fosse sbagliato?
“Kagomeee!!!Che bello! Sei tornata!”. Il piccolo Shippo le saltò al collo, mentre
anche Sango e Miroku si avvicinavano agli
amici.
*****
“…e per finire
una tenda”. Kagome aveva
svuotato i suoi bagagli sotto gli occhi meravigliati dei suoi amici. Non
avevano mai visto nulla del genere.
“Cos’è una
tenda?”chiese curioso Shippo.
“Una specie di
capanna portatile. Serve per dormire all’aperto”.
Kagome aveva
controllato tutto. Non si era dimenticata niente per fortuna; anche se l’idea
di viaggiare con l neve non
la entusiasmava per niente, sperava almeno di aver pensato ad ogni evenienza.
In realtà, non si era mai preoccupata più di tanto del suo girovagare,
confortata dal fatto di non esser mai sola, ma dopo quello che aveva saputo a scuola…
“E che ne
facciamo di una…Sì, insomma, di quell’affare?”
“Mi sembra
logico, Inuyasha. Ci
dormiamo”. Shippo rispose
con aria da saputello e si beccò un pugno in testa dal mezzo-demone.
“Abbiamo sempre
dormito all’aperto, e non ci sono mai stati problemi. Perché dovremmo
cambiare?”
“Perché è
invero, e io no ho la minima
intenzione di buscarmi una polmonite”. Inuyasha
non rispose. Lui aveva sempre dormito all’aperto, con qualunque tempo, e non si
era mai ammalato. Non sapeva neanche cosa volesse dire polmonite. Però decise
di fidarsi.
“Divina Kagome. Perché questa freccia
indica Sango? Serve forse
ad individuare le belle ragazze?”. Il commento di Miroku non piacque molto alla sterminatrice, che infatti gli assestò un sonoro
ceffone, per poi restituire l’oggetto all’amica.
“Questa è una
bussola. Serve per non perdere la strada”.
“Kagome, scusa se mi permetto, ma
mi sembra che tu abbia preso più precauzioni del solito. Hai forse paura?”.
L’anziana Kaede era rimasta
affascinata anche lei da tutti quegli strani oggetti, ma aveva anche notato lo
sguardo preoccupato della ragazza.
“No!No!
Assolutamente! È solo che…”
“Che…?” la
invitò Sango a continuare.
“Ecco, non
vorrei fare l’esperienza che sta vivendo una mia compagna di scuola. È dispersa
da tre giorni e nessuno riesce a trovarla. Sembra sparita nel nulla. Me lo
hanno raccontato le mie amiche, a scuola, ma se ne parla anche ai giornali. Da
quello che mi è stato detto,
questa ragazza, assieme ad alcuni suoi compagni si era recata sul monte Fuji per raggiungere un laghetto
stupendo per pattinare. Però a un certo punto si è alzata la nebbia e lei è
sparita. Per questo sono un po’ preoccupata. Quella ragazza è nata sulle
montagne, è abituata a percorrerle con qualsiasi tempo…Quando ho saputo che era scomparsa, mi sono
ricordata che quando ero partita qui nevicava e ho avuto paura…”
“Kagome…Non ti fidi a stare con
noi?”
“No, Shippo…Lo sai che di voi mi fido.
Non so cosa mi abbia preso, ma mi sono sentita meno protetta e …”
“Quante storie!
Con o senza neve noi andremo lo stesso a cercare Naraku! Se tu hai paura, ritornatene a casa!” Inuyasha afferrò la sua katana e uscì dalla capanna,
scocciato. Aveva recitato proprio bene.
“Forse Inuyasha è stato un po’ brusco, ma cosa pensate di fare
divina Kagome?”
“Quello
stupido…Per chi mi ha presa? Non ho alcuna intenzione di andarmene. Ci siete
voi con me, no? Non ho motivo di aver paura di un po’ di neve!”
Intanto, fuori dalla capanna, sotto un cielo
terso spazzato da un vento glaciale, Inuyasha
osservava il vuoto, sperando in cuor suo che la ragazza decidesse di tornare a
casa sua. Anche se questo lo faceva star male. Ma più i giorni passavano, più
una sensazione di pericolo si faceva strada in lui. E tutto era iniziato dopo
aver sentito quell’aura…
Kagome…Ti prego,
vattene…Questa volta, c’è qualcosa di diverso…
*****
Le rocce
trasudavano acqua, e un leggero vapore si spandeva per i corridoi di pietra. Un
demone camminava attento, cercando di scorgere il sentiero nell’oscurità
totale.
Giunse infine in
una caverna più grande, illuminata da una fredda luce che sembrava venire dalle
pareti stesse. Si inginocchiò e attese, paziente.
“Che notizie mi
porti?”
Era arrivato. Il
suo signore gli si era manifestato all’improvviso,
immagine evanescente e sfumata in lingue azzurre.
“Ha accettato, e
i sigilli sono già stati indeboliti. È solo questione di tempo ormai, prima che
voi possiate tornare”
L’ectoplasma
annuì sommessamente. Il tempo era vicino, il giorno della riscossa che li avrebbe visti conquistare quelle
verdi isole bagnate dal mare.
“Che mi dici del
nostro nemico? Sei riuscito a rintracciarlo?”
Il demone
inginocchiato sussultò impercettibilmente. Lo aveva cercato a lungo, con
circospezione, per non destare sospetti e mandare a monte una vendetta
preparata nei secoli. Sapeva bene che i suoi signori, più ancora del potere,
del territorio, del bottino, desideravano prendersi vendetta su di lui, su quel
demone che più di quattrocentocinquant’anni
prima li aveva sconfitti, umiliati, costretti a ritirarsi sul continente. Una
vendetta che sembrava ormai impossibile.
“Mi dispiace,
mio signore,ma è morto”
“Morto?”. Il
demone annuì. “Non sono ancora riuscito a scoprirne le cause, ma se mi lasciate
un altro po’ di tempo, io…”
“No! È inutile
cercare nel passato qualcosa che non ci può servire”.
Lo spirito
strinse i denti, facendoli stridere sinistramente. Fino a un attimo prima, pregustava il sapore della vendetta,
un miele dolcissimo. Ora invece assaporava il gusto acre della delusione. Era
una situazione imprevista, che volgeva a suo vantaggio, ma che lo lasciava
insoddisfatto. Voleva lo scontro, la rivincita, lo aveva atteso per secoli, e
adesso se la vedeva sottratta.
“Aspettava un
erede. Trovalo!”.
Sì, aveva
deciso. Si sarebbe vendicato sul figlio del suo antico nemico. Avrebbe ucciso
lui, come se fosse il padre.
Non aspettò neanche la risposta e si voltò per andarsene, mentre le fiamme che
lambivano la sua inconsistente figura fremettero e ondeggiarono.
Si fermò un istante.
Un ultimo dettaglio.
“Naraku?”
“Per il momento
non è pericoloso. E ci può essere utile. Ma se si dovesse rivelare troppo
pericoloso, allora…”.La sciò la frase in sospeso, ma accarezzò i corti pugnali
che teneva alla cintura.
Il suo signore
sorrise, compiaciuto, per poi dileguarsi come era venuto.