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Autore: Iwuvyoubearymuch    26/05/2012    16 recensioni
Ho provato a mettere nero su bianco ciò che può essere accaduto dopo gli eventi dell'ultimo libro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo Settimo
"Peeta sta pensando di aprire una nuova panetteria"

"Si, me ne ha parlato" dice il Dr. Aurelius.  "Tu cosa ne pensi?" 

"Trovo che sia una buona idea" rispondo. Annuisco, sebbene sappia che non può vedermi. "Potrà ritornare a fare ciò che gli piace". L'idea che Peeta inizi a fare le cose che faceva prima è rassicurante. Ho la sensazione che in questo modo possa recuperare almeno una parte della sua vita. Quella di cui Capitol City l'ha privato. Mi rendo conto, purtroppo, che non potrà mai tornare tutto come una volta. Ma è un passo avanti. Un passo che gli farà sicuramente bene. 

Il Dr. Aurelius aspetta qualche istante prima di parlare di nuovo. "Mi ha parlato anche di qualcos'altro" inizia, con un tono che lascia intendere che Peeta non gli ha parlato esclusivamente di lui. In fondo, però, l'avevo immaginato. Con il dottore deve parlare della sua vita e, per quanto abbia cercato di tagliarmi fuori, ne faccio parte. Forse, ne costutuisco una fetta bella grande e non certo per eventi piacevoli. E poi, non sto parlando di lui anche io?

"Cosa le ha detto?" domando.  

Non mi aspetto una vera e propria risposta. E infatti, il dottore mi rifila la storia del segreto professionale. E' vietato raccontare le conversazioni avute con gli altri pazienti. L'ho imparato al Distretto 13. Quando venivano delle persone da mia madre, lei non sbandierava i fatti dei suoi pazienti ai quattro venti, ma non era così riservata. Non penso che fosse perché non era un vero e proprio medico. Che necessità c'era di essere così segreti quando tutto il distretto ne era già al corrente, a volte anche prima della famiglia dello sventurato? Non capisco, quindi, questa segretezza. Ma il medico è lui. 

Mi chiede di raccontargli qualcosa del rapporto che ho con Peeta. Anche se il Dr. Aurelius non può dirmi cosa gli è stato detto, sono sicura che Peeta gli ha parlato del sogno. "Si sforza di non sembrare preoccupato per i sogni o i flashback quando è con me" dico tutto d'un fiato. Non me l'ha mai detto chiaramente. E' solo una mia sensazione, alimentata dai suoi comportamenti. Se gli sfioro il braccio, si irrigidisce. E' più cauto quando parla di certi argomenti. Trova qualsiasi scusa per non restare troppo tempo da solo con me. A poco è servito, quindi, il bacio di incoraggiamento. E anche avergli detto che mi fido di lui. Mi domando come non faccia a capire che non lo ritengo capace di fare del male a qualsiasi persona. In entrambe le arene è quello che ha ucciso meno persone e quando l'ha fatto, è stato per sbaglio o per vera necessità. Ha tentato di uccidere me e ci è riuscito con Mitchell, ma in quelle occasioni non rispondeva delle sue azioni. Adesso, è guarito. Non del tutto, ma penso che come i miei incubi, i suoi episodi non andranno mai via. Quasi un ricordo dell'esperienza vissuta, da aggiungere alle tante cicatrici sparse per i nostri corpi. Il tutto sta lì a dirti - Hey, guarda cosa ti ho tolto -. 

"Ti da fastidio?" 

Mi da fastidio? Non ho mai avuto l'occasione di pensarci. Anche perché è la prima volta che esprimo a parole i miei dubbi. Fin quando vivevano rinchiusi nella mia testa, mi dicevo che forse mi sbagliavo. Che vedevo cose che non c'erano. La paranoia è una delle conseguenze che mi sono portata dietro dagli Hunger Games. Quindi, mi sono semplicemente ripetuta che ero paranoica. Adesso, a parlarne con il Dr. Aurelius, sembra che sia stata sciocca a non accorgermene prima. E, quindi, mi da fastidio? "Non vorrei che passare del tempo insieme possa diventare un peso per lui" confesso. Ecco, questa è una cosa che mi darebbe fastidio. Anzi, no. Mi ferirebbe. E mi fa star male il pensiero che non lo farebbe per le ragioni giuste. Certo, non potrei mai volere che Peeta si sentisse in un certo senso intrappolato in una situazione da cui vorrebbe solo tirarsi fuori. E se ne avessi anche la più misera delle conferme, non esiterei a lasciarlo andare. La verità, però, è che ne soffrirei troppo. Ho scoperto di avere bisogno di lui più di quanto sia disposta ad ammettere. E' come se fossi ritornata all'età di undici anni, quando Peeta mi diede il pane, senza il quale, con molte probabilità, sarei morta. Adesso, Peeta rappresenta quel pane per me. "So che lo fa per me, ma vorrei che non si preoccupasse" aggiungo, quando mi rendo conto di essere rimasta troppo tempo in silenzio. E, in più, non voglio che il dottore pensi che sono egoista. Perché è di questo che si tratta, no? Egoismo puro. 

"Hai mai provato a parlargliene?" chiede, interessato. 

Scuoto la testa, ma poi mi ricordo che non può vedermi. "No" dico. 

"E vorresti?" chiede ancora. 

Non mi è mai piaciuto il modo in cui cerca di analizzarmi. E' il suo lavoro, ma a volte è snervante. Sembra che sappia ciò che mi passa per la testa prima ancora che lo pensi io stessa. Come adesso. Non sono mai stata sicura nemmeno di quello che vedevo, quindi come faccio a sapere se voglio parlargliene? "Non vorrei peggiorare le cose" affermo, titubante, dopo averci pensato un po' su. 

"Perché dici peggiorare? Mi sembra che le cose vadano bene tra di voi a parte questo" Lo dice come se fosse una cosa da poco, ma non lo interrompo. "Siete amici"

Ecco, l'allusione che stavo aspettando. Fin da quel "Mi ha parlato di qualcos'altro" ho avuto l'impressione che non volesse chiedermi altro. Che non aspettasse altro che questo momento. Ormai sembra che anche Haymitch e Sae tengano particolarmente a cuore il tipo di rapporto che ho con Peeta. Prima l'allusione di Sae sul fatto che sia successo molto più di quanto è accaduto la notte che abbiamo dormito insieme. Poi, Haymitch che mi chiede di proposito di Peeta riferendosi a lui come il mio ragazzo. E adesso, il Dr. Aurelius. A quanto pare, il significato della parola "amici" è scomparso dalla mente di chiunque ci circondi. Scommetto che a Capitol City c'è ancora qualcuno che si chiede degli sventurati amanti del Distretto 12, che ormai possono stare insieme senza ulteriori ostacoli. 

Cerco di sembrare quanto più calma possibile quando dico che siamo amici, scandendo per bene l'ultima parola in modo da evitare futuri fraintendimenti. "Amici" ripeto. E in cuor mio so che non è del tutto vero. Gale era il mio migliore amico. Ma non ho mai dormito con lui, tra le sue braccia. Non abbiamo mai trascorso ogni momento dei pasti insieme, anche in silenzio. E non ho mai piantato primule con lui davanti a casa mia. In effetti, con Gale ho sempre solo cacciato. E spesso ascoltavo le sue invettive contro Capitol City. Ci capitava anche di parlare di altro, ma raramente. Cosa questo voglia dire, non lo so. 

Il Dr. Aurelius, comunque, deve aver capito che il suo riferimento all'amicizia che mi lega a Peeta non è stato parecchio gradito, visto che cambia argomento di discussione. "Come passi il tempo?" 

"Ho ripreso ad andare nel bosco e a cacciare" rispondo semplicemente. 

"Ti rende felice?" chiede il dottore. 

Riesco quasi a immaginarmelo, seduto nel suo ufficio, a sorridere per i progressi di una sua paziente. Se il mio può essere davvero considerato un progresso. Si, è vero, sono andata di nuovo a caccia. Ma perché tutti sono convinti che sia ciò che mi serve? Cacciare, e quindi uccidere, è l'unica cosa che so fare bene. Non è mai stata una scelta. Sempre una necessità, dettata dallo scarseggiare del cibo. Se non volevo far morire di fame la  mia famiglia, dovevo farlo. Semplice. Ma non l'ho mai visto come un passatempo che rende felici. "Mi aiuta" mi limito a rispondere. Non è la risposta esatta alla domanda del dottore. 

E infatti lui non capisce subito cosa voglia dire. O forse vuole sentirselo dire. "In che senso?" mi chiede. Non fatico a cogliere la nota di curiosità nel tono. 

"Mi impedisce di pensare e... ricordare"  aggiungo a fatica. 

"Cosa non vuoi ricordare?" chiede il Dr. Aurelius. 

E c'è anche bisogno di chiedermelo, mi verrebbe da dire. Mi mordo la lingua. "Che non mi è rimasto più nessun membro della mia famiglia, il mio migliore amico è nel Distretto 2, mi sento responsabile della morte di troppe persone, più di quante riesca a sopportare" elenco velocemente. Mi fermo solo quando sono a corto d'aria. Il dottore non aggiunge nulla. "A volte penso che sarei dovuta morire io" confesso alla fine. Tengo per me il fatto che ci abbia davvero provato, con la speranza che Peeta non gli abbia parlato anche di questo. 

"Perché?" 

"E' colpa mia se è successo tutto questo" spiego, in modo brusco. Come può farmi una domanda del genere? Non ha seguito i dettagli della rivolta in tv? "Non è giusto che io sia viva e molti che non c'entrano siano morti" E' uno dei fantasmi della guerra che ancora mi tormenta. Suppongo che gli incubi derivino da questo. 

"Ci sono cose peggiori della morte, non credi?" mi domanda, il tono calmo e pacato come quello all'inizio della telefonata. Sembra che non si sia nemmeno accorto della mia sfuriata. Lo apprezzo. In fondo, sta solo cercando di aiutarmi, mentre io mi limito a giudicare il suo metodo di lavoro. 

Ci sono cose peggiori della morte. Solo adesso mi rendo conto di quanto è vero. L'intera Star Squad si era munita di mezzi per morire pur di non finire tra le mani del Presidente Snow. Avevamo concordato tutti che sarebbe stato meglio addormentarsi in pace, piuttosto che subire le torture che Capitol City aveva in serbo per i ribelli. E di certo, loro sarebbero stati entusiasti all'idea di infliggercele. Ci era bastato vedere le condizioni in cui avevano ridotto Peeta, Johanna ed Enobaria - e Darius e Lavinia - per renderci conto che una morte veloce era preferibile. "Ne è valsa davvero la pena?" domando, improvvisamente. "Combattere questa guerra, intendo"

"Secondo te?" 

Scuoto la testa. "Ho perso troppo e lo stesso molte altre famiglie" dico, ribadendo il concetto. 

"Cosa sarebbe successo se non avessi sfidato le regole di Capitol City?" mi domanda il Dr. Aurelius dopo un momento di silenzio. 

Sbuffo. "Me lo sono chiesto troppe volte" ammetto, cercando di mettere un freno al senso di vergogna. "Non ho una risposta" 

"Proviamo ad arrivarci insieme, ok?" E' una domanda, ma ho la sensazione che sia più un'esortazione. "Avresti ancora la tua famiglia, ma avresti perso altre persone - colgo al volo l'allusione a Peeta, ma prosegue prima che possa intervenire - I giochi non sarebbero stati eliminati. Moltissimi ragazzi sarebbero morti nelle arene future e..." 

"Ne parla come se fossi un eroina" esplodo dalla rabbia. "Non ho mai voluto niente di tutto questo. Ho fatto solo ciò che ritenevo giusto e mi sono ritrovata in una cosa più grande di me. Più di una volta ho provato a tirarmi indietro". La mia voce si è alzata man mano che continuo a cacciare fuori ogni cosa che ho tenuto dentro da quando Snow ha fatto visita a casa mia, prima del Tour dei Vincitori. Probabilmente, molti si erano accorti che l'idea di essere la Ghiandaia Imitatrice, la Ragazza in Fiamme o qualsiasi altro stupido nome che mi avevano affibbiato, non mi rendeva esattamente entusiasta. Eppure, non hanno fatto altro che incitarmi a continuare, facendomi girare promo su promo. 

"Ma non l'hai fatto" dice tranquillo il Dr. Aurelius. 

Già, non l'ho fatto. E forse avrei dovuto. "Non dovrei sentirmi meglio?" chiedo, al limite delle forze. 

"Le decisioni giuste non sempre portano a conseguenze piacevoli" è tutto ciò che mi dice lui. 

"E' solo che non mi sembra giusto andare avanti" dico, dopo averci pensato un po' su. Abbasso lo sguardo, sebbene non ci sia nulla che mi costringe a farlo. "Non riesco a pensare di poter continuare a vivere con tutto il dolore che ho provocato" ammetto. Suppongo che questo sia il problema principale. Non sono sicura che sia giusto per me essere viva. Magari, la morte non è la cosa peggiore che esista, come dice il Dr. Aurelius. Ma rimane il fatto che in molti - troppi - si trovano al di sotto metri di terra, mentre io posso ancora respirare, mangiare, dormire e magari anche la possibilità di voltare pagina. Per non parlare, di quelli che a causa mia stanno soffrendo per la perdita di un figlio, un marito, un fratello o tutti insieme. 

"Per questo provi a dimenticare?" mi chiede il Dr. Aurelius, con cautela. 

Annuisco, ma poi mi ricordo ancora che non può vedermi. "E' l'unico modo che ho per non impazzire" ammetto, senza giri di parole. 

"E se invece di dimenticare provassi a convivere col dolore?" 



Ho postato il nuovo capitolo in anticipo rispetto a quello che avevo programmato, per due motivi. Primo, ho un lieve calo di ispirazione. Anzi, l'ispirazione c'è ma non riesco a metterla per iscritto. Secondo, non ho un attimo di tempo per scrivere. Fra poco ho un esame difficile e in fatto di preparazione sono quasi a zero. Terzo, devo essere completamente sola quando scrivo e in questo periodo casa mia è un porto di mare. Quindi, è molto probabile che la settimana prossima non riesca a postare nulla. 
Passando ad altro... il capitolo è abbastanza corto, me ne rendo conto. E fosse stato per me non l'avrei neanche messo. Ma qualcosa mi diceva che un confronto con il Dr Aurelius era d'obbligo. Poi, Peeta non esce proprio. Mi dispiace, ma sarà poco presente anche nel prossimo, anche se i pensieri di Katniss saranno incentrati quasi su di lui. Poi, vedrete perché...
Come al solito, concludo col dirvi che mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Ne ho più bisogno delle altre volte, visto il flop del capitolo precedente. 
Al prossimo capitolo. Vedrò di sbrigarmi.
-M
  
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