Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |      
Autore: What is her name    27/05/2012    0 recensioni
1990, California.
Jude Russel è una ragazza di 16 anni. E' studiosa, obbediente, gentile. La sua vita va in direzione del verso giusto, fin quando un ciclone non entra a far parte di lei incasinandole tutto e facendola crescere.
N.B. Questa storia non è basata su un'amore. Leggete per scoprire
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia narra di come una vita può cambiare totalmente nel momento in cui un tornado entra a far parte della tua vita. Non sto di certo parlando di un ragazzo, è questa storia non è di certo incentrata su uno stupido amore adolescenziale, ma della situazione in cui mi ero cacciata. Quella situazione che mi avrebbe cambiato totalmente la vita, quella situazione che non puoi più rimediare, quella situazione così paurosa e bella allo stesso momento, Quella situazione che non ha alcun confronto con la rottura col proprio ragazzo, lo scioglimento del proprio gruppo preferito, la non accettazione nella squadra delle cheerleader. Niente a confronto del mio piccolo, grande, problema.
Era la mattina del 28 giugno 1990, io ero chiusa dentro il bagno del centro commerciale e la mia amica Stacy mi aspettava fuori la porta, parlandomi di come la mia vita sarebbe andata a puttane. Io, nel frattempo, me ne stavo chiusa lì dentro ad aspettare che la mia urina entrasse in contatto con l’adesivo. La mia mano sinistra accarezzava il dorso della porta verde pisello, mentre le mie dita la martellavano.
Sicuramente la tua vita sarà totalmente distrutta.” Disse Stacy dietro la porta.
Riuscivo ad intravedere le sua fidatissime ballerine bianche, che io odiavo tanto.
“Stacy, la puoi smettere per favore? Mi stai facendo diventare matta con tutte queste disgrazie!”
Te lo meriti! Cosa faranno i tuoi genitori. Oh mio Dio, non oso nemmeno immaginare come la prenderanno
Sbuffai contrariata del suo comportamento. Non riusciva neanche a cercare di farmi stare tranquilla. Rendeva quell’attesa ancora più martellante del dovuto.
“Sono passati cinque minuti?” chiesi arrogante.
Sì! Muoviti, sta per arrivare gente. Mi vergognerei di farmi vedere in un posto infettato di batteri
Sbuffai un’altra volta ed abbassai lo sguardo verso quell’affare. Quel giorno pensai che sarebbe stato meglio se non avessi abbassato lo sguardo. Perché avevo abbassato lo sguardo? Vidi quella sottile striscia rosa. Spalancai gli occhi e presa dal panico cercai lo scatolo del test. Possibile che fossi incinta? Davvero un marmocchio stava dentro il mio utero? Davvero un mostriciattolo avrebbe presto fatto gonfiare la mia piccola pancia?
Guardai le istruzioni e lessi mentalmente lo svolgimento.
“Urinare sopra… aspettare cinque minuti… dopo aver aspettato cinque minuti, guardare la striscia… se è rosa è positivo se è blu è negativo…”  
“Merda” mormorai, non udendo la mia amica che continuava a lamentarsi.
Misi il test dentro lo scatolo e lo infilai in borsa, non volevo che qualcuno sapesse della mia gravidanza; non al momento. Misi la borsa in spalla ed aprì lentamente la porta.
Non vi racconterò subito cosa successe quando dissi alla mia amica Stacy il risultato, prima vi racconterò tutto dal principio…
 
Era la fine del terzo anno di liceo ed io e la mia amica Stacy eravamo pronte a finirlo al meglio. Continuare con i nostri ottimi voti, vincere le gare di matematica e francese, finire il nostro lavoro come insegnanti per i corsi di recupero, organizzare i preparativi per il ballo di fine anno. Tutto un qualcosa di perfettamente normale. “Normale”, questa parola la userebbe la vecchia me, ma adesso ho smesso di usare termini del genere da quando la mia vita è diventata tutt’altro che normale. Comunque tornando alla storia, però solo una situazione mi frustrava, l’anno avvenire il mio fratellino Patrick avrebbe frequentato il primo anno alla High School, il che significava soltanto che avrei dovuto sopportare la sua faccia pure a scuola. Se penso ai problemi che avrei avuto nei giorni avvenire non mi sarebbe nemmeno passato dall’anticamera del cervello un problema così stupido, ma in quel periodo ero una semplice ragazza vergine di 16 anni e i miei unici problemi erano le prime cotte e gli imbarazzi che mi procurava il mio fratellino imbranato. Era tutto così terribile per me, senza sapere che un qualcosa di più terribile si sarebbe cimentato in me e proprio nel mio utero.
Comunque sia, verso la fine di maggio stavo camminando lungo i corridoi della scuola deserta e proprio lì notai quel qualcosa che non dovevo notare. Mark Rosenberg si stava avvicinando nella mia direzione. Il ragazzo per cui avevo preso una cotta a dir poco terminale. Quel ragazzo dagli occhi grigi come il ghiaccio e quei capelli perfettamente in ordine. Mi chiedevo come facevano ad essere così belli i suoi occhi, ma adesso mi chiedo se quegli occhi riuscivano a provare qualche sentimento. Lui si avvicinò a me e mi disse:
“Ciao Russel.”
Io emozionata risposi:
“Ciao Mark”
Lo so, avrei dovuto rispondergli freddamente, ma non lo feci. Inizialmente non sapevo qual era la sua idea su di me, pensavo che forse potevo piacergli in qualche modo.
“Interessante la lezione di oggi, non trovi?” mi chiese lui incominciando a camminare.
“Ma noi non siamo nella stessa classe, neanche nello stesso anno” dissi io confusa.
Lui assunse un espressione meravigliata e disse:
“Oh, giusto. Tu sei del penultimo anno”
“Esattamente” risposi io, fermandomi davanti l’armadietto e mettendo la combinazione.
“Bè.. la mia lezione è stata interessante, la tua?”
“Oh molto costruttiva direi. La matematica riesce sempre ad ampliare la mia logica. La mia lucidità” dissi io posizionando i mie libri nell’armadietto.
“Okay… adesso io vado. Mi chiedevo se potrei avere il tuo numero… sai, vorrei tanto poterti chiamare”
Io sorrisi felice e diedi il mio numero alla mia futura disgrazia.
Mark Rosenberg non mi chiamò per diverse settimane, fin quando il secondo giorno di vacanze estive, mentre ero in giardino a prendere il sole, mia madre corse da me sorridendo con malizia e mi disse:
“Tesoro, c’è un certo Mark al telefono”
Io mi alzai velocemente dalla sdraio e corsi lungo le mattonelle, fin quando non afferrai la cornetta.
“Pronto?”
Ciao Russel
“Oh, ciao Mark. Pensavo non avresti chiamato”
E invece eccomi qui. Mi chiedevo se questa sera ti va di uscire con me?
“Certo! Non vedevo l’ora!” risposi io come una stupida.
Perfetto ti passo a prendere alle sette. Ci vediamo.
“Ciao.” Risposi io per poi riattaccare.
 Felice come non mai, digitai il numero di Stacy ed aspettai la sua risposta.
Casa Vasquez buon giorno, qui parla Stacy
“Ciao Stacy, non sai cosa è successo!” esclamai io.
Cosa? Il professore ti ha chiamato per i risultati della gara di matematica?
“No. Mark Rosenberg mi ha appena chiamata!”
Ohh! Stupendo! E cosa ti ha detto?
“Mi ha invitata ad uscire con lui stasera.”
Non ci credo!
“Davvero! Alle sette verrà a prendermi ed io non so cosa mettere”
Devo venire assolutamente! Tu ti vesti come quegli stupidi fricchettoni e quindi non va bene
“Come fai a dire che non va bene?” chiesi io mangiando biscotti.
Come faccio? Tesoro ma ti sei guardata? Nessuno uscirebbe con una ragazza che si veste così! Io mi vesto meglio e già ho avuto tre ragazzi
“Okay, vieni da me adesso”
Stacy venne, mi sistemò a modo suo, che se ci penso ancora oggi mi viene da vomitare, ed infine mi truccò e modellò i miei capelli.
“Adesso sì che si ragiona! Sei…” disse assumendo un espressione tra uno schifato e un mortificato, per poi aggiungere: “Discreta”
“Discreta? Non penso proprio possa andare bene. Sulla scala della bellezza Mark è un dieci, il che significa che per potermi concedere un secondo appuntamento devo essere almeno un otto.”
“Mi sembra difficile” rispose lei con superiorità.
“Un sette?” chiesi più implorante che curiosa.
“Diciamo un cinque e mezzo.”
Sbuffai disperata, mentre, mentalmente, maledicevo i miei genitori per avermi procreato con un aspetto del genere.
“Io vado. Ci si vede” disse Stacy, quasi annoiata per poi chiudersi la porta dietro le spalle.
Rimasi per un po’ in silenzio, fin quando decisi di alzarmi e soffermarmi di fronte lo specchio lungo e sottile, posizionato di fronte il mio letto ad una piazza e mezza.
Non ero poi così male come diceva quella prepotente di Stacy. I miei capelli castano erano sciolti in una cascata di boccoli, il vestito a tubo lungo fino alle ginocchia era rosso con una sottile cintura bianca, niente di particolare, portavo delle scarpe bianche con un tacco quasi invisibile e il mio trucco era moderato. L’ombretto che mi aveva messo Stacy era una tonalità di rosso sfumato col bianco, molto carino direi, i due mascara avevano permesso alle mie ciglia di avere più volume, il fondo tinta aveva permesso alla mia pelle liscia di coprire le imperfezioni e il leggero lucida labbra, che stavo tanto odiando, mi rendeva le labbra più luminose pronte per essere maledette da un tenerissimo bacio.
Qualcuno bussò alla porta della mia camera per poi aprirla silenziosamente.
“Tesoro, sei nervosa?” chiese mia madre guardandomi dal ciglio della porta.
“Un po’…” risposi io distogliendo lo sguardo dallo specchio.
“Sei bellissima, andrà tutto bene” disse lei entrando
“Questo non è vero.” Dissi io sedendomi ai piedi del letto.
“Certo che è vero! Chi mai ti dice che non è così?”
“Solo tu mi dici che sono bella!”
“Oh tesoro, chi ti ha detto che non sei bellissima?”
“Stacy ritiene io sia un cinque e mezzo”
Mia madre sbuffò divertita e disse:
“Questa è tutta invidia tesoro.”
“Non è vero, Stacy è stupenda!”
“Davvero? Lo pensi davvero?” chiese mia madre contrariata.
“Sì. Lo penso davvero. Non avrebbe motivo di essere gelosa di me.”
“Un motivo c’è.”
“Sarebbe?”
“Mi pare che sia tu quella che ha un appuntamento”
“Non vuol dire niente, già Stacy è stata fidanzata tre volte.”
“Davvero tre?” chiese mia madre sconvolta, per poi aggiungere: “Comunque sia, lei potrebbe aver avuto tutti i ragazzi del mondo, ma mai Mark Rosenberg. A quanto pare sembra il ragazzo più popolare della scuola”
“Lo è. Lo è davvero” risposi io sorridendo.
Qualcuno bussò alla porta della mia stanza ed entrò Patrick.
“Jude, c’è Mark qui sotto”
Presa dal panico mi guardai un’ultima volta allo specchio, sospirai profondamente e scesi le scale, seguita da mia madre eccitata.
Quando arrivai all’ultima rampa lo vidi. Mark Rosenberg era posto di fronte la porta di casa, impegnato in una discussione imbarazzante col mio padre super geloso.
Non potevo essere più felice di vederlo. Indossava una camicia bianca e dei jeans chiari. Era davvero bello. Davvero tanto. I suoi occhi grigi come il ghiaccio erano in risalto grazie alla luce giallognola dell’atrio.
“Ciao Mark” dissi io imbarazzata.
“Oh, ciao Russel” rispose lui.
Come facevo a non chiedermi se lui avesse una vaga idea di quale fosse il mio nome.
“Bene. Ti aspetto in macchina, è stato un piacere signor Russel. Signora Russel” disse per poi uscire.
“Divertiti tesoro.” Disse mia madre abbracciandomi.
“Non provare ad avere un contatto fisico con lui. Lo sai che anche se gli sfiori una mano potresti rimanere incinta?” disse mio padre ingenuo della sua predizione futura.
“Lenny!” rimproverò mia madre.
“Papà, so esattamente come una ragazza può rimanere incinta, e ti assicuro che non succederà” dissi io per poi uscire di casa.
Quel giorno pensai che quella fu la serata più bella della mia vita, ma adesso credo sia stata la più noiosa ed imbarazzante. Non avevamo argomenti e quando parlavo lui rispondeva distrattamente, come se non gli importasse niente di quello che gli stavo raccontando. Non mi aveva fatto un piccolo complimento, non aveva pagato la cena anche per me e aveva continuato a chiamarmi per cognome. Durante la serata, nel momento in cui scesi dalla sua auto per entrare in quel ristorante, un ragazzo molto alto, carino, uno dei fricchettoni, mi guardò. Non posso dimenticare lo sguardo che mi riservò. Per la prima volta qualcuno mi aveva fatto sentire carina. E forse è stato anche grazie a lui che l’uscita è sembrata bella.
Verso le dieci Mark mi riaccompagnò a casa e proprio lì ricevetti il mio primo bacio. Fu una sensazione formidabile, una di quelle sensazioni che forse sarebbe meglio farle con la persona giusta.
“Eccoci arrivati” mi disse.
Io sorrisi e dissi: “Grazie per la serata Mark, mi sono davvero divertita molto.”
Mark mi guardò, mi prese per mano, avvicinò il suo viso angelico al mio e mi baciò. Mi baciò passionalmente, facendomi provare diverse sensazioni tutte in una volta. Infine mi diede la buonanotte ed io corsi a casa.
Uscimmo per altri due giorni, fin quando lui mi portò in discoteca. Non ho idea di come io abbia potuto varcare quella soglia, ma l’ho fatto. Siamo arrivati lì, abbiamo ballato, lui mi ha offerto diversi drink, dicendomi fossero analcolici, poi mi ha dato ”un’aspirina per il mal di testa” ed infine, quando ha capito fossi abbastanza ubriaca e drogata, mi ha scopata. Non ricordo neanche una frazione di secondo di tutta quella faccenda. Dopo quella sera Mark non si fece né vedere né sentire.




<--Nota dell'autrice--> 
Spero che questo primo capitolo sia piaciuto. E spero che abbia dato un idea di come la storia andrà avanti. Per qualsiasi dubbio o parole da dirmi non vi rimane che lasciarmi una recensione, bella o brutta che sia.  
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: What is her name