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Autore: Sakura00    27/05/2012    2 recensioni
Ok, ora basta prendere frammenti dai capitoli che scrivo! Non troverò mai una intro per questa maledetta fan fiction. Mi toccherà scriverla di mio pugno! (*tossisce*)
Questa è una storia molto complicata, i cui fili si districheranno molto lentamente. Ci sono Ranma e Akane, ci sono il loro amici, c'è anche Soun, c'è Ranko, c'è Ryoga e un sacco di altre persone. Personalmente la storia mi piace dal capitolo 10, ma lascio a voi commenti ;)
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 12








22 settembre.


Scomparendo lentamente, sei perso e così spaventato. Dov'è la speranza in un mondo tanto freddo? Cercando una luce distante, qualcuno che possa salvare una vita, vivendo nella paura che nessuno sentirà i tuoi pianti.




Slowly fading away, you're lost and so afraid. Where is the hope in a world so cold? Looking for a distant light, someone who can save a life, living in fear that no one will hear your cries.


[Red - Not Alone]




Il fuoco scoppiettava e mutava forma, inconsapevole della sua bellezza. Bastava un piccolo soffio di vento per farlo contorcere e vorticare su se stesso. Una brezza poco più forte lo spinge piegandolo, spazzando via un poco del suo calore e facendomi rabbrividire.

Strinsi più forte le gambe al petto, incurante dei capelli che mi erano ricaduti sugli occhi. Meglio così, pensai, nascondevano le stupide lacrime che ancora lasciavo scorrere copiose e silenziose. Sei una piagnucolona, distolsi lo sguardo, ormai del tutto oscurato dalla frangia, dal fuoco e nascosi il viso tra le ginocchia.

Si, lui mi avrebbe rimproverata prendendomi in giro, ribadendo qualcosa sul fatto che bisogna essere uomini. Io gli avrei fatto notare il fatto che ero una donna e così avremmo dato via a un bel battibecco. Uno di quelli che si concludono con una linguaccia, oppure con una risata.

Strinsi con forza le dita intorno alle gambe e mi morsi il labbro, per soffocare il sussulto che cercava di sopraffarmi e strapparmi qualche gemito.

Una mano calda, gentile sciolse con dolcezza la morsa sulle mie sulle gambe. Prima una, poi l'altra. Poi con entrambe le sue mani guidò le mie in un abbraccio tiepido. Fu a quel punto che un singhiozzo mi scappò dalle labbra.«Ssh. Tranquilla.»

La sua voce roca sfiorò le mie ferite ancora sanguinanti come acqua ossigenata, le sentii scoperte e pulsanti nel petto. Mi si spezzò il respiro. Boccheggiai in cerca d'aria e cercai di allontanarlo, ma lui mi strinse più forte.

«Sfogati, Ranko. Nessuno ti sta biasimando.» Disse Ryoga con un soffio.

«Ma...» Ma, congiunzione avversativa. La mia intera vita era chiusa in quel monosillabo, era il suo riassunto. Continui ripensamenti. Mai una scelta seguita fino alla fine.

Strinsi i pugni sul suo petto. Stavolta avrei stretto i denti. Per una volta volli sentirmi al livello di mio fratello. Forte come lui.

«Lasciami.» Cercai di allontanarlo facendo forza sui pugni. Ma lui strinse ancora di più la stretta con cui mi ancorava al suo petto.

«Io so perché fai così. Lasciati dire che non ce n'è bisogno e che non ha senso.» Sempre sussurrando.

Ringhiai tra i denti per nascondere la voce spezzata. «Ho. Detto. Lasciami.»

Stava diventando troppo intimo quell'abbraccio. Abbatteva tutti i muri che avevo cercato di erigere in quel preciso istante.

Spostò le mani dalla mia schiena al viso, alzandolo per puntarmi negli occhi. «Fa male trattenersi. Il dolore si accumula e non lo affronti più. Ne abbiamo già parlato e ti ho già promesso che ti avrei sempre rialzato da terra, ricordi?»

Il sorriso che seguì a quelle parole fece cadere altri goccioloni dai miei occhi. Ripensavo a un'adolescente che sentiva che non le mancava quasi nulla, grazie agli stessi occhi e allo stesso sorriso che avevo davanti. Cercai di guardare altrove, ma la presa sul mio viso era ferrea.

«Ranma, lo farebbe. Non mostrerebbe il proprio dolore neppure a se stesso. Lui è forte. Voglio esserlo anch'io.»

Ryoga sbuffo forte dal naso. «Infatti tuo fratello sbaglia. È un vigliacco se rifugge così al dolore. Ma non lo hai visto? È logorato.»

Mi accigliai. Lo fissai un attimo negli occhi, mentre ripensavo alla stessa considerazione che avevo fatto io sul volto sfinito di mio fratello. Era... Logorato? Beh, ma di certo non doveva parlare così di lui. Ranma aveva...

Lo colpii in pieno sullo zigomo destro, così improvvisamente che sembrò immotivato, lasciandogli un'espressione tra l'incredulo e il confuso. Allentò la presa sul mio volto, consentendomi di allontanarmi, ma non lo feci. Passai lo sguardo da lui al pugno chiuso, sentendo un improvviso fervore pervadermi. Un tremito mi prese dalla punta dei capelli fino alle unghie dei piedi. Ora capisco perché fai sempre a botte, Ranma. Chiusi anche l'altra mano.

«Ranko! Che ti prende?!» Fece schivando il secondo colpo.

«Ranma non è un vigliacco! Ha salvato me invece che se stesso!»

Cercai di metterne altri a segno, ma si spostava sempre all'ultimo istante. Cominciai a emettere un ringhio liberatorio a ogni colpo che lanciavo. Sentivo le energie scorrermi forte nelle vene. Le sentivo pulsare e liberarsi. Disperdersi, ma mai finire. Sentivo le lacrime che continuavano scorrere sul mio viso, così strinsi i denti e infusi tutta la forza che avevo per fermarle.

Il volto di Ryoga, ancora sconcertato, prese una sfumatura severa. «Basta così, Ranko. Smettila.»

«No!» Cercai di sembrare autoritaria, ma uscì come un singhiozzo.

Con un ringhio più forte caricai un pugno per colpirlo in faccia di nuovo, ma mi bloccò il polso. Presa dalla rabbia caricai maggiormente l'altro, facendomi bloccare anche quello. Cominciai a tiragli calci sulle gambe.

«Basta, Ranko!» In quel momento mi sentii come una bambina che faceva i capricci. Mi vergognai molto. Smisi di scalciare e rilassai le braccia abbassando lo sguardo.

Passarono dei lunghi istanti e ascoltai il suo respiro, qualche bisbiglio tra gli altri, lo scoppiettio del fuoco, il gracchiare delle foglie. Ryoga mi accompagnò le braccia fino ai fianchi, poi con un dito mi alzò il viso. «Tutto bene?»

Esitai un attimo prima di rispondere. Passando lo sguardo da un occhio all'altro. Sentii il mio labbro inferiore tremare.«No.»

Lo abbracciai e cominciai a piangere forte, lacerandomi i polmoni con i singhiozzi. Ma lasciando l'anima intatta.



27 novembre




Spesso è gentile, e improvvisamente crudele. Può fare come preferisce, non è la stupida di nessuno, ma non può essere condannata, si è guadagnata il suo grado e al massimo getterà ombre su di te, ma per me sarà sempre una donna.




She is frequently kind, and she's suddenly cruel. She can do as she pleases, she's nobody's fool, but she can't be convicted, she's earned her degree and the most she will do is throw shadows at you, but she's always a woman to me.


[Billy Joel – She's always a women]



«Buona idea la bicicletta!» Dal tono della sua voce capii che stava sorridendo.

«Già. Vedi fa parte di un piano diabolico e finemente articolato.» Sorrisi a mia volta.

Col dito affilato mi punzecchiò il fianco. «Stavolta cos'hai in mente?»

Frenai a un incrocio e la treccia alzatasi al vento mi ricadde sulla schiena. «Beh, vedi...»

Ripartii una volta essermi assicurato che non passavano macchine. La prima pedalata, come sempre fu la più dura, ma poi le altre le vennero dietro morbide.

«A causa di questa spesa “imprevista” - la bici - dovrai rinunciare alla ricca colazione che ti pago tutte le mattine, per un po'. È come una dieta, che aiuterà me e la bicicletta. Perché col tuo peso piuma non solo rischi di romperla, ma rischi di rompere pure le mie gamb-ahia!» Aveva trasformato la leggera punzecchiatura di prima in forte pizzicotto appena sopra al fianco, dove la carne era più sensibile. Probabilmente, pensai, mi sarebbe rimasto il segno.

«Ti ricordo, che mi hai offerto tu il passaggio, stupido!»

Alzai gli occhi al cielo. «Sei la solita donna violenta!»

Continuammo a battibeccare così, mentre le braccia di Akane mi avvolgevano il torace e in alcuni momenti poggiava la guancia sulla mia schiena.

Arrivati di fronte casa sua ci salutammo naturali con la mano, come al solito feci tesoro del sorriso che mi riserbò e poi ripresi la strada per casa mia.

Inspirai lentamente l'aria che mi sfilava sul viso e rallentai la pedalata.

Come eravamo arrivati a questo punto? Non lo so. Non sapevo da quanto lei avesse cominciato ad abbracciarmi con calore. Non sapevo da quanto facessimo tutti i giorni la strada e la colazione insieme. Non sapevo da quanto avessi scoperto di saper suonare la chitarra. Non sapevo da quanto tempo sembravo normale. Anzi probabilmente si, lo sapevo, ma non mi capacitavo del poco tempo che era passato.

Chiusi la bicicletta di seconda mano nella cantina del condominio, infilai le mani in tasca e salii su casa. Appena varcai la soglia mi resi conto che non sapevo neanche da quanto non facessi il bucato. Storsi la bocca e sospirai.

Scavalcai una sottospecie di fusione tra una maglietta e una canottiera e ignorai gli altri mucchi abbandonati sul pavimento. In camera buttai lo zaino sul letto, mi chinai e da sotto di quello tirai fuori lo strumento.

Lo tenni un attimo in grembo osservandolo, assaporando le sensazioni che mi trasmetteva. L'odore penetrante del legno mi rilassava e mi faceva vivere un'atmosfera familiare.

Alzai con lentezza calcolata la mano, per farle sfiorare con delicatezza le corde che aspettavano di essere tirate al punto giusto.

Non ero bravo a suonare, mi limitavo a fare accordi. Ma mentre li lasciavo echeggiare per la stanza, sentivo di star parlando con qualcuno. Il cuore si perdeva nei battiti. E io volavo.

Quel giorno in cui ero capitato di fronte il negozio di musica e mi ero incollato di fronte alla vetrina, fissando la chitarra dietro di essa, non ero stato io a muovere i miei piedi. Fatto sta che ne ero uscito con quella in mano – e a dirla tutta, anche col portafoglio tristemente leggero.

Soddisfatto degli accordi e della accordatura cominciai a canticchiare suonando la melodia che avevo in testa.

Probabilmente era l'unico pezzo di memoria che mi era rimasto.

La amavo perché mi faceva sentire non anonimo.


Rimisi con cura lo strumento sotto al letto e buttai uno sguardo all'orologio.

«Oh! No. No, no, no, no, no...» Tardi! Tardi! Accidenti se lo era! Se arrivavo oltre l'orario di inizio del mio turno anche quel giorno a lavoro, mi avrebbero licenziato. Tra l'altro mi ero prefissato di dormire un po', perché anche ieri avevo avuto un orario notturno, ma non avevo neanche il tempo di farmi una doccia. Oggi sarei crollato.

Acchiappai la felpa, mi assicurai che avessi in tasca le chiavi, il cellulare e il portafogli e mi fiondai all'ingresso per infilarmi le scarpe.


Ho già detto che mi sembrava di vivere una vita normale?

È tardi!




Sii mio amico. Stringimi, avvolgimi, coprimi. Sono piccola, ho bisogno di aiuto. Scaldami e respirami.



Be my friend. Hold me, wrap me up, unfold me. I am small, I'm needy. Warm me up and breathe me.


[Sia – Breathe Me]



«Papà! Stasera esco!»

Nessun rumore. «Dove vai?»

Come se ti importasse. Presi il mascara e lo passai sulle ciglia, stando ben attenta a non ficcarmelo nell'occhio – come era successo quella mattina stessa.

Concentrata totalmente sul trucco risposi senza pensare. «Da Ranma, al pub.»

Sussultai, rendendomi conto della mia stupidità e sbattendo sull'occhio con lo spazzolino.

«Cazzo...» Mormorai, sia per l'errore, che per l'occhio che ora strizzavo dal dolore.

Chiusi freneticamente il tubetto. «N-no, cioè...»

Scesi le scale a due a due fiondandomi nella sala da pranzo. Mio padre era là, proprio come lo immaginavo. L'espressione sbigottita e incredula in contrasto con la sua posa calma. «Dove vorresti andare tu?»

Lo sapevo. Era per questo che mi inventavo scuse ogni volta che volevo fare un'uscita con le amiche la sera. Praticamente gli avevo detto Vado a scopare con Ranma, a bere e a drogarmi.

«Beh, non è proprio un pub. È... un ristorante, si, è più simile a un ristorante. Ranma lavora lì, stasera ha un turno e ci vado con le amiche. Torneremmo presto.» Detta così sembrava decisamente più innocente. Beh, era tutta verità, a parte “il ristorante”... e il “torneremo presto”.

Rilassò lo sguardo e per un attimo pensai di averla avuta vinta. Solo per un attimo. «No, resti a casa.»

Strinsi con forza la porta scorrevole, azzardando un passo indietro. «No.»

Dilatò le narici al mio tono deciso, ma non si scompose. «Ti ho detto. Che resti. A casa.»

Mi vennero i brividi al solo pensiero di rinunciare alla serata per stare con mio padre, il silenzio imbarazzante e la televisione.

Lasciai la mano e mi girai, dirigendomi verso la porta. Mi sentii afferrare le spalle con forza e mio padre mi girò verso di se. «Come ti permetti di comportarti così con tuo padre!»

Lo guardai storto, mi scrollai le sue mani dalle spalle e alzai la voce. «Tu non puoi proprio parlarmi di modo e di comportamento... e sai a cosa mi riferisco!»

Vidi uno strano luccichio nei suoi e poi sentii solo il mio volto girarsi di lato e il mio peso sbilanciarsi nella stessa direzione. I miei neuroni combatterono per non trasmettere la sensazione di bruciore sulla guancia e dell'impatto col pavimento. Le mie orecchie si erano sforzate di non registrare lo schiocco che mi riecheggiava nella testa. I miei occhi avrebbero voluto chiudersi prima che la mano calasse sul mio viso.

Ma arrivò, tutto insieme, sovrapponendosi e scioccandomi.

Non mi alzai e rimasi seduta per terra. Con una mano mi carezzai la pelle del viso dolorante, cercando di darle sollievo e consolarla. Non alzai gli occhi a lui.

La sua voce tremava. «M-mi dispiace, Akane. Ti giuro che non volevo, i-io-»

Allungò una mano verso di me. Gli rifuggii alzandomi di scatto, sempre attenta a non incrociare i suoi occhi. «Non aspettarmi alzato.»

Mi voltai e uscii.


«Certo che sei proprio maldestra, Akane.» Disse Yuka passandomi il fondo tinta che aveva nella borsetta.

Lo afferrai. «Già.»

«Infatti. Voglio dire, chi è così scemo da non vedere lo stipite della porta e prenderlo in pieno?» Intervenne Hikaru, mentre io coprivo col trucco il livido fresco che avevo sulla guancia.

Sentii lo stomaco agitarsi e finsi una risata, che sembrò più un lamento. Le mie amiche mi guardarono sospettose.

Chiusi il cosmetico con uno scatto. «Sul serio, ragazze. Non è nulla, domani sarà già andato via. Tieni, grazie.»

Battei le mani, cambiando argomento. «Allora, chi manca?»

Fortunatamente non colsero il volontario dirottamento, rispose Sayuri. «Mmm... Penso solo noi quattro. Mi hanno chiamato i ragazzi, hanno detto di essere già a un tavolo addirittura!»

Ci incamminammo. Yuka si sporse verso l'altra. «Ah, gli hai detto di tenerci il posto?»

«Si, certo. A proposito, non sai chi c'è stasera!...»

Abbassai lo sguardo sulle mani, lasciandole al loro discorso, mi bastava sapere che ci fosse Ranma.

Mi sentivo ancora male per l'accaduto di poco prima. Sentivo le budella contorcersi al pensiero della voce rotta di papà. In fondo, era così solo, io non avevo fatto altro che rimarcare il concetto.

Strinsi i pugni. Ma la rabbia che saliva in gola per la stupida violenza subita, non accennava a calmarsi. Ero stanca del suo atteggiamento a tratti cinico, distante e severo. Cosa si aspetta da me!? Già, sembrava sempre in attesa di qualcosa. Dietro ogni domanda che mi rivolgeva, sembrava che ce ne fosse un'altra... Io-

«Ah, ma stasera Akane ha già il suo cavaliere.» Mi riportò alla realtà Sayuri.

Alzai un sopracciglio. Hikaru parlò con tono sognante. «Ah, che carini che siete tu e Ranma! Quando bisticciate in quel modo così... Uh! Verrei lì a dire “bacio, bacio, bacio...”!»

Risi immaginando la mia amica con gli occhi a cuoricino e le mani intrecciate sotto il mento. «Ma non è come pensate, io e Ranma siamo-»

Continuò Yuka. «“-solo buoni amici”, lo ripeti talmente tanto che sei ridicola. Tanto si sono accorti tutti di quello che passa tra voi due.»

Risero tutte insieme.

Qualcosa di simile al panico mi attanagliò lo stomaco. Mi sentivo così in colpa quando stavo con lui. Avevo la sensazione di mentirgli tutto il tempo. Ma non potevo fare a meno dei momenti che passavamo insieme.

Era come il sole, con lui sentivo le energie scorrermi nelle vene. Mi scaldava con il suo strano calore.

Però ero un'egoista. Mi nascondevo dietro scuse come “ma tu non ci puoi fare niente”. Il che purtroppo era vero, ma ogni volta che mi lanciava quegli strani sguardi, quasi consapevoli andavo in apnea.

«Siamo arrivate!»

Alzai lo sguardo e vidi l'insegna luminosa del “Chinese Cat's eyes”. Fuori dal locale c'era appesa la solita locandina col menù e la porta a vetri appannati lasciava uscire una luce molto bassa.

Yuka si fece avanti e la aprì rivelando la musica, tenuta ad un volume da ambiente, e le luci non molto più forti di come sembravano fuori. L'odore di cibo colpiva appena, non essendo troppo forte.

Ci venne incontro un ragazzo occhialuto e dai capelli lunghi, che riconobbi subito. «Ciao, Mousse!»

«Buonasera, Akane.» Mi saluta sorridendo appena. Non era la prima volta che andavo là, ci ero stata altre volte con le mie amiche, e con Ranma di pomeriggio. Era la prima volta che andavo di sera con lui, mentre lavorava.

Mousse si rivolse anche alle altre. «Buonasera a tutte e benvenute. I vostri amici sono già al tavolo, vi prego di seguirmi.»

Mentre ci dirigevamo tra i tavoli pensai che fosse un ragazzo molto gentile e che l'unica sua rovina è la ragazza a cui va dietro.

«Ehilà, ecco le signore!» Ci salutò Asui dal tavolo. Quella sera c'erano altri tre ragazzi insieme a noi: Asui, Daisuke e Hiroshi. Dopo che io e Ranma avevamo “familiarizzato” si era formato una sorta di gruppo tra le mie amiche e i suoi amici, formavamo una bella comitiva. In quel momento mancava qualcuno, infatti era difficile che riuscissimo ad uscire proprio tutti quanti insieme.

Ci accomodammo al tavolo occupato dai ragazzi e cominciammo a chiacchierare. Notai con tristezza che il locale era piuttosto affollato. Sarebbe stato difficile incontrare Ranma in santa pace, anche se per fortuna eravamo vicini al bancone. Aguzzai la vista.

«Se allunghi un altro po' il collo rischi che ti si stacchi.»

Non avevo dubbi su di chi fosse quella voce, ma mi girai comunque di scatto per trovare il sollievo dei suoi occhi.

Arrossii e feci una smorfia. «Ah ah. Mi sto spanciando dalle risate.»

«No, ma comunque ciao, Ranma! Scusa se ti distolgo dalla tua Akane per un attimo!» Scherzò Daisuke.

Ridemmo tutti quando arrossì, stavolta era toccato a lui sentirsi in imbarazzo.

«Vabbè, dai ragazzi, stasera non mi posso fermare a chiacchierare, c'è troppa gente. Ditemi che vi prendete.» Tirò fuori il taccuino, in un modo che mi affascinò molto e cominciò ad annotare quello che gli dicevano gli altri.

Infine mi guardò. «Per me una birra piccola, grazie.»

Annuì e ripeté le nostre ordinazioni, ricevendo assenso. Reinserì in tasca il blocchetto di carta. «Ok, torno subito.»

Lo seguii con lo sguardo fin dietro il bancone. Lui se ne accorse e mi fece l'occhiolino prima di cominciare ad armeggiare lì intorno. La mia attenzione fu subito attirata da una figura che gli si avvicinò fino a far combaciare il corpo con il suo, poggiando le mani sulla sua spalla. Avrei riconosciuto ovunque quei lunghissimi capelli viola, raccolti in parte con due chignon sulla testa. Ma la conferma arrivò dal suo fare da gatta morta addosso a Ranma, che cercava di allontanarla con una mano e una scarsa convinzione.

Digrignai i denti distogliendo lo sguardo. «Shampoo...»






Wow! Questo è uno dei capitoli più lunghi che abbia scritto! Tra l'altro avevo altro da scrivere, ma avrei dovuto cambiare punto di vista, così ho troncato lì.

Ok, lo ammetto il “Chinese Cat's eyes” (Occhi di gatto cinese) è un po' banale e... stupido, ma volevo fare un esplicito riferimento al “Neko Hanten” il ristorante cinese di Obaba e Shampoo.

Ah, e come avete notato non mi sono dimenticata di Ryoga e il resto della combriccola, che comunque non sappiamo ancora quello che stia facendo...

Mi auguro che il capitolo piaccia ^^

Ed ora passiamo a voi:


verycoc: Ehi, sono contenta che ti sia piaciuto l'altro capitolo! Comunque Akane si comportava in quel modo proprio perché non sapeva se far avvicinare il ragazzo.


Rafxsulfusxsempre: Ciao! Ti consiglio di non concentrarti sul fatto che Ranma recuperi la memoria, perché come hai visto la faccenda è complicata. Comunque grazie per il commento ^^


caia: Ehilà! Come ho già detto la faccenda dei ricordi è complicata, ma comunque... mmm mi sto mettendo a spoilerareee. Vedrai, vedrai.

Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e spero che ti piaccia anche questo.


Un bacio a tutti.


Sakura*

  
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