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Autore: fila    28/05/2012    9 recensioni
Questa fan fiction ha partecipato al contest "The Twilight Theater" indetto da StilledAnima e Strange_Girl classificandosi prima.
Esme e Seth si incontrano "ufficialmente" in Eclipse. Ma cosa sarebbe successo se si fossero incontrati prima?
«Seth, tesoro, Emily sta andando a Forks a fare delle commissioni con Sam, andresti con loro e mi faresti la spesa?» domandò Sue.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Esme Cullen, Seth Clearwater
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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"Fanfiction partecipante al contest "The Twilight Theater" indetto da StilledAnima e Strange"

Coppia e libro selezionati: Esme Cullen e Seth Clearwater (numero10), libro New Moon (colore viola)


 

 

 

Fatti mandare dalla mamma

 

 

 

«Seth, tesoro, Emily sta andando a Forks a fare delle commissioni con Sam, andresti con loro e mi faresti la spesa?» domandò Sue.

«Manda Leah» rispose il ragazzo, senza neanche alzare gli occhi dal fumetto degli X-Men che stava leggendo.

«Non posso, si è rifiutata ed è uscita di casa sbattendosi la porta alle spalle. Non capisco proprio cosa stia succedendo a tua sorella: sono due giorni che ha una faccia da funerale, come se le fosse crollato il mondo addosso. Sai se ha litigato con Sam, di recente?» chiese Sue al figlio.

Seth scrollò le spalle. «Non so, con me non parla mai...»

Sue gli tolse il giornalino di mano e gli porse la lista della spesa.

«È chilometrica, mamma!» si lamentò dopo una rapida occhiata al foglio. «Non capisco nemmeno la metà delle cose che hai scritto!»

Sue sospirò e riprese la lista. «Vado a cercare Leah.»

Seth si avvicinò alla finestra e guardò fuori: seduta su un gradino del portico, con la fronte appoggiata a un palo di legno, c'era sua sorella; il ragazzo non riusciva a vedere il volto, ma il lieve e ritmico sobbalzare delle spalle gli fece capire che stava piangendo.

«Mamma, lascia stare: vado io»

«Sei sicuro?» domandò Sue, a metà tra lo scettico e il sollevato.

«Chiederò aiuto ad Emily se ne avrò bisogno, stai tranquilla» rispose Seth, sicuro.

Prese il foglio di carta e i soldi dal tavolo della cucina, e corse fuori, facendo finta di non vedere la sorella.

Emily e Sam stavano parlando a bassa voce tra di loro e, ogni tanto, si guardavano attorno, in attesa.

«Sembrano due amanti clandestini» pensò Seth. Poi scosse la testa. «Che vado a pensare? Uno è il mio futuro cognato e l'altra è nostra cugina che ci vuole bene come se fossimo fratelli. Non farebbero mai una cosa del genere a Leah!»

Quando Emily lo vide arrivare allontanò di scatto il viso da quello di Sam e gli sorrise con aria imbarazzata.

«Andiamo» disse Sam e tutti e tre salirono sul pick up del ragazzo.

Dopo qualche timido tentativo di conversazione, nell'abitacolo regnò un silenzio pesante per tutta la durata del viaggio.

Appena giunti in città, Seth si lanciò fuori dal veicolo. «Ci vediamo dopo» bofonchiò, felice di lasciarsi alle spalle quell'atmosfera plumbea.

Entrò velocemente nel supermercato e si rese conto che oltre la metà di ciò che aveva scritto la madre era per lui arabo.

«Come cavolo faccio ora?» si chiese. «Da quei due non ci torno neanche morto...»

Cominciò, quindi, a camminare avanti e indietro per le corsie, guardando i prodotti accatastati con aria smarrita. «Che diavolo è uno Smac? Mia madre vuole che compri un bacio?» si chiese a bassa voce e si grattò la testa perplesso.

Qualcuno fece una risata cristallina alle sue spalle. Rosso come un peperone, Seth si voltò per vedere chi fosse a deriderlo, e si trovò di fronte una donna bellissima. Aveva vaporosi capelli color caramello, una carnagione diafana e delle marcate occhiaie. «Wow» pensò perdendosi in quei dolci occhi dorati.

«Lo Smac serve per pulire il bagno o la cucina, difficile che tu possa trovarlo qui, tra i biscotti» spiegò Esme, con un sorriso rassicurante.

Seth ritrovò la voce, ringraziò e cominciò a cercare con lo sguardo dove potevano essersi nascosti i detersivi.

«Se vuoi ti accompagno» propose Esme, «tanto devo passarci anch'io.»

Il ragazzo sorrise e annuì.

«Ecco, questo è quello che cerchi» disse Esme, porgendogli un flacone grigio.

«Grazie, mi scusi se la disturbo... mi saprebbe dire cos'è un doppio zero?» chiese Seth, arrossendo nuovamente.

«È un tipo di farina» rispose la donna divertita, «due corsie più in là, a destra.»

Seth annuì. «E il Ranch arancio? Mamma vuole che compri una fattoria arancione?»

«Veramente, mi sembra una U e non una N; Rauch è una marca di succhi di frutta e suppongo che tu debba prendere un bricco di succo d'arancia» rispose Esme seria, trattenendo una risatina.

«E lo Swiffer? Cos'è? Conosco solo la Swift e non credo che qui vendano auto giapponesi...»

«È un prodotto per togliere la polvere» fu la risposta.

«Perché mia madre scrive la lista della spesa in codice? Ha paura che il controspionaggio del nemico scopra cosa mangiamo e con cosa puliamo casa?» domandò Seth sconsolato.

Esme abbozzò un sorriso stentato. «Se vuoi ti posso dare una mano; credo di saper decifrare questo codice segreto... se pensi di poterti fidare del nemico.»

«Ma quale nemico! Sarò in debito con lei per l'eternità!» ridacchiò Seth e tese il foglietto alla donna.

«Per così poco? L'eternità è un bel po' di tempo, sai?» chiese Esme e prese la lista dalle mani del Quileute.

Venti minuti dopo, Esme stava accompagnando un esterrefatto Seth alla cassa.

«Abbiamo già finito? Non ci posso credere! Non so come ringraziarla, è stata...» cominciò il ragazzo.

«Non è nulla» rispose la donna. Seth scosse la testa e stava già per allontanarsi, quando si rese conto che l'unico carrello pieno era il suo. «Adesso tocca a me rendermi utile» pensò.

«Mi scusi, può dare un'occhiata alla mia spesa?» chiese alla cassiera e corse dietro ad Esme.

«Posso?» domandò e, su indicazioni della donna, cominciò a riempire un nuovo carrello.

«Viene spesso qui?» chiese Seth poco più tardi, mentre attendevano il loro turno per pagare.

«Tutte le settimane» rispose Esme.

«Sempre di giovedì?» buttò lì il ragazzo, tentando di avere un tono non curante.

Esme sorrise tra sé e sé. «Che cucciolo tenero» pensò. «Peccato che sia un Quileutes; dovrei tenerlo a distanza, altro che chiacchierare con lui! Se gli anziani della sua tribù venissero a conoscenza di tutto ciò, si indispettirebbero molto. Ma quanto mi sarebbe piaciuto fare la spesa con i miei figli! Avrei resistito ai loro capricci per poi coprirli di baci e dolciumi...» Questa considerazione malinconica, le fece accantonare il buon senso e l'idea di liquidare, gentilmente ma definitivamente, il ragazzo. L'istinto materno prese subito il sopravvento. «Certo, sono qui tutti i giovedì» rispose.

«Ha la macchina qui vicino?» domandò Seth, guardando stupito le dieci borse piene di cibo. «Ma quanto mangiano questi?» si chiese.

Esme indicò la Mercedes del marito dall'altra parte del parcheggio. Seth affidò, nuovamente, i suoi acquisti alla cassiera e si caricò le molteplici buste, barcollando sotto il loro peso.

«Non è necessario, davvero» disse Esme e cercò di prendere un paio di sacchetti.

«Signora, non si preoccupi; posso portarle tutte io! Lei è stata così gentile con me che voglio contraccambiare» rispose Seth e continuò a camminare, barcollando leggermente. «Se ci fosse mia madre al suo posto, sarei felice che qualcuno l'aiutasse.»

Esme si bloccò. «Mi aiuti come se fossi tua mamma?» bisbigliò.

Seth arrossì. «Mi scusi, non volevo offenderla! Certo, lei è troppo giovane per essere mia madre! Volevo solo dire...» disse balbettando e nascose il viso tra i pacchetti che stava trasportando.

In questo modo si perse l'occhiata dolce di Esme, ma sentì la sua risata cristallina.

«Ho ben cinque figli e tutti più grandi di te, stai tranquillo» disse. «Anzi mi piace sentirmi chiamare mamma» aggiunse con un tono più basso e dolce.

«Oh, allora lei è la signora Cullen!» disse Seth, sorpreso.

«Sì» rispose lei in tono neutro, irrigidendosi.

«Ho sentito parlare di voi alla riserva, quando vi siete trasferiti qui un paio di anni fa.»

«Davvero?» chiese la donna sempre più tesa. «Cosa dicevano?» continuò, sforzandosi di mantenere un tono lieve. In realtà si sentiva come se qualcuno le stesse strizzando lo stomaco.

«Beh, niente di particolare. Ogni tanto i grandi sono proprio strani, sa?» rispose Seth e si fermò davanti alla Mercedes.

«Cosa sta succedendo qui?» disse una voce dura alle loro spalle.

Seth si voltò e si trovò a faccia a faccia con Sam.

«Che diavolo combini? Sono venti minuti che ti stiamo aspettando!» disse con voce irosa.

«Aiutavo la signora Cullen con la spesa» replicò Seth, stupito dall'ira che leggeva negli occhi del ragazzo.

Sam gli strappò le buste di mano e le posò in malo modo a terra. «Non siamo i loro schiavetti! Se la porti da sola la sua inutile e ridicola spesa!»

Seth spalancò la bocca per rispondere, arrabbiato, ma Esme lo anticipò. «Ti ringrazio per la cortesia; il tuo amico ha ragione, posso farcela da sola.»

Sam afferrò il ragazzo per un braccio e lo trascinò verso il pick up. «Devi tenerti lontano da quella, hai capito?» gli urlò. «Sono...»

«Sono cosa?» chiese Seth, offeso, mentre caricava la sua spesa nell'auto.

«Esseri che è meglio non frequentare!» rispose Sam con le mani che stritolavano il volante. «Evita di parlarci, evita anche solo di incontrarli» aggiunse. «Lo dico per te, voglio solo il tuo bene» finì con un tono più tranquillo.

«Certo! Lo stesso che vuoi a mia sorella? Hai presente Leah, quella che piange a dirotto da due giorni?» rispose Seth, arrabbiato.

Nell'abitacolo scese, nuovamente, un silenzio imbarazzato.

«Seth, cerca di capire...» cominciò Emily.

Seth si voltò e finalmente capì cosa era successo alla sorella.

«Seth, io e Leelee... noi, ecco...» balbettò Sam, quando giunsero alla riserva.

«Non mi interessa! Stai lontano da noi e dalle nostre vite!» urlò Seth, scese dal pick up, prese la spesa e corse via.

Il giovedì successivo Seth si offrì volontario per la spesa a Forks, solo che questa volta si fece accompagnare dalla vicina di casa. Arrivato al supermercato, cominciò a gironzolare alla ricerca della signora Cullen. Dopo dieci minuti di attesa, sconsolato, iniziò a lanciare i prodotti nel carrello, svogliatamente.

«Hai litigato con il mais in scatola?» chiese la voce giusta alle sue spalle.

Seth si voltò e le rivolse un sorriso radioso. «No, no» rispose, imbarazzato. «Mi aiuta?» chiese con un'espressione da cucciolo abbandonato e porse la lista alla donna.

Esme lesse l'elenco e annuì. «Volentieri, questa settimana mi sembra più facile della scorsa.»

Fu così che la spesa settimanale divenne un appuntamento fisso: ogni giovedì Esme e Seth si incontravano per fare acquisti.

 

«Seth, ti devo parlare» disse Esme un giovedì di metà settembre.

Lui la guardò felice, ma il sorrise gli morì in faccia quando vide l'espressione addolorata della donna. «Cosa succede?» chiese mentre sentiva un senso di inquietudine stringergli il cuore.

«Domani partiamo» rispose la donna.

«Oh, quando tornate?» chiese il ragazzo triste.

«Mai più. Mio marito ha accettato un lavoro dall'altra parte degli Stati Uniti e domani ci trasferiamo. Mi spiace» disse Esme con tono addolorato.

«Mai più» bisbigliò Seth e due grosse lacrime cominciarono a scendere sulle guance. «Non tornerete neanche per Natale o le ferie estive? Solo per un giorno?»

Esme scosse le testa e strinse Seth in un abbraccio. «Mi mancherai» gli disse con voce rotta tra i capelli e dopo un ultimo bacio sulla fronte, uscì dal supermercato.

Seth tornò a casa con gli occhi gonfi e rossi.

«Tutto bene, amore?» gli chiese sua madre preoccupata.

«Non mi sento tanto bene» rispose il ragazzo, «vado a mettermi a letto.»

Riuscì a malapena a fare un paio di passi che cominciò a essere scosso da brividi e a battere i denti.

«Leah, corri! Tuo fratello sta male!» urlò Sue. «Tranquillo, piccolo mio, è tutto a posto. C'è la mamma con te.»

«Spostati, mamma! È meglio che ci sia io con lui quando accadrà» disse Leah, prese in braccio il fratello e lo portò in camera sua.

«Vuoi che chiami Sam?» chiese Sue alle sue spalle.

«No! Sono in grado di cavarmela da sola! Baderò io a Seth» rispose Leah brusca e si chiuse la porta alle spalle.

Sospirando, Sue prese il telefono e compose il numero del marito. «Torna a casa: questa volta è toccato a Seth.»

 

Un giovedì pomeriggio di aprile, Seth era, come al solito, a fare la spesa per la madre. Stava cercando il detersivo più conveniente, quando una zaffata di profumo dolciastro e pungente gli trafisse le narici. Alzò gli occhi di scatto e vide Esme, ferma all'estremità opposta della corsia.

«Quanto sei cresciuto!» esclamò la donna con un sorriso stentato.

«Già» confermò lui. «E adesso cosa facciamo, cominciamo a picchiarci? Non voglio farle del male, signora Cullen, ma lei è il Nemico» disse teso.

«Non è necessario, Seth: Forks è terreno neutro, finché rispettiamo il patto possiamo tranquillamente convivere» rispose Esme.

«Bene!» commentò il ragazzo. «Facciamo la spesa assieme come al solito, allora?» chiese dopo un attimo.

«Certamente» rispose la vampira, sorridendo felice.

«Come se nulla fosse successo?» chiese il Quileutes porgendole una mano.

Esme sorrise e annuì. «Non avrai problemi per questo?»

«Oh, beh... Sam mi farà una ramanzina da record che neanche Paul ne ha mai vista una così, ma cosa importa!» rispose Seth con un ghigno; erano mesi che non si sentiva così in pace con il mondo. «Sembra quasi che papà non sia morto» pensò.

«Mi spiega cos'è uno Smac?» chiese, infine, sorridendo.

Esme rise e lo baciò sulla guancia.

«Lo sapevo che era un bacio...»

 

 

 

 

 

  
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