Una vita sul campo
Lo scuro manto della notte stava calando i suoi
ultimi raggi su quello che restava della neve caduta durante il giorno il cui
candore contrastava con i neri drappi di quella strana serata. L’ombra,
proiettata dal castello sul campo, stava lentamente sparendo lasciando il posto
alla totale oscurità della notte e lentamente, un po’ in tutto il parco, si
andavano accendendo le luci che segnavano, per i ritardatari, la strada per
tornare all’interno del maniero. Dalla foresta, resa meno cupa dalla presenza
di quel soffice manto bianco, si levavano lentamente e alternatamene suoni
lugubri o melodie che riscaldavano il cuore.
Nella notte spiccava la figura di una ragazza ancora
in sella alla sua scopa; i lunghi capelli, normalmente di un vivace rosso
fuoco, ora svolazzavano nel vento incupiti dalla notte
liberando, così, il giovane viso di donna che appariva molto concentrato a
chiunque si fosse fermato ad osservarlo. La lunga veste rossa bordata d’oro che
indossava le ricadeva dalle spalle direttamente sulla scopa perché troppo
larga, ma questo non le impediva di volare velocemente e molto agilmente.
La ragazza chiuse gli occhi mentre faceva dolcemente
posare la sua scopa sul freddo terreno e si immagino
di sentire nuovamente le urla, le grida di incitamento che durante ogni partita
si levavano dagli spalti sopraelevati posti tutt’intorno
al campo, la tensione di quei momenti passati in sella al suo manico di
scopa mentre cercava di dare il meglio
di se stessa per sorpassare i suoi avversari e magari per farsi notare da
qualcuno veramente importante per lei. Cercando con lo sguardo i riflessi
luccicanti del boccino per tentare di riprenderlo e poterlo così riporre
insieme alla bluffa che quella sera aveva utilizzato,
pensò agli infruttuosi tentativi del nuovo cercatore della squadra che
quell’anno aveva sostituito Harry che le aveva anche ceduto il ruolo di
capitano. Quella sera si era fermata più del solito ad allenarsi in vista della
partita che si sarebbe svolta il giorno dopo e ogni momento in più che passava
su quel campo lo trascorreva pensando sempre e solo a lui, a quei suoi occhi
penetranti che per molti anni si erano presi gioco di lei fino ad arrivare a
cambiare completamente la sua vita.
Appoggiò la scopa al bauletto contenente i tre diversi
tipi di palla e andò ad appoggiarsi al palo che sorreggeva l’anello centrale,
il suo preferito come bersaglio anche perché più difficile da perforare, e si
sedette contro di esso, con ancora la mente assorta
nei suoi pensieri si mise a cantilenare qualcosa di molto simile ad una
serenata in perfetta sintonia con tutti i suoni provenienti dal parco e dalla
foresta.
La foresta… La foresta per lei era sempre stato un
luogo misterioso, quando si trovava la in alto, nel cielo, durante una partita
o un più semplice allenamento, si girava sempre più spesso a rimirarla per
tutta la sua estensione, li gli alberi erano cresciuti
alti e intatti nella loro naturalezza, magnifiche creature si celavano agli
occhi degli esseri umani, ma anche molti pericoli erano in agguato… Proprio
come sul campo di quidditch… Il vento sferzante le fece ricordare la prima
volta che si era ritrovata li in mezzo, tra la folla urlante, durante il suo
quarto anno qui ad Hogwarts, allora aveva giocato come cercatrice per via
dell’espulsione dalla squadra di Harry ad opera di quell’arpia dell’Umbridge,
ma adesso lei giocava da cacciatrice, ruolo che a suo modesto parere gli si
addiceva molto di più che quello di cercatore. In quel momento gli venne in
mente ancora lui, come ogni volta, l’ambiguo serpeverde non lasciava mai il suo
pensiero, si era ripromessa che se anche quell’anno i grifondoro avessero vinto
la coppa del quidditch gliela avrebbe dedicata,
nonostante serpeverde e grifondoro fossero nemici di sempre a lei non
importava, il loro affetto reciproco per lei rappresentava che nulla era
impossibile e che anche ciò che sembrava ovvio non potesse mai accadere poteva
invece succedere, era con questa speranza nel cuore che credeva che il giorno
dopo, girandosi verso gli spalti, avrebbe scorto nuovamente quegli occhi freddi
ma al contempo così dolci che la guardavano giocare, che la vedevano vincere
solo per lui, perché era questo che lei faceva… Vinceva solo per lui.
L’aria fredda e una lacrima che scendeva lentamente
a rigarle il viso la risveglio dal sogno di quel
domani ormai sempre più vicino, si alzò in piedi scuotendo la polvere dalla
veste da gioco facendo in modo di far scivolare fuori dal colletto un ciondolo
con un leone argentato avvolto giocosamente da un serpente dorato, un suo
regalo a ricordargli che nessuno è mai come veramente appare. Raccolse la sua
scopa e il bauletto e si diresse verso l’uscita del campo che dava agli
spogliatoi e girandosi a rimirare, per l’ultima volta prima della grande sfida,
il campo deserto disse a bassa voce –Domani vinceremo… e mentre alzerò la coppa
della vittoria la dedicherò a te, Draco -