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Autore: Daisy Pearl    29/05/2012    7 recensioni
Chiudete gli occhi e immaginatevela.
Capelli color cioccolato lunghi e liscissimi, occhi di mare e forme al punto giusto.
Una ragazza dalla bellezza sovrumana. Sovrumana è la parola giusta perchè lei non è come noi. Lei è un robot, una macchina.
Ma è un oggetto che presto inizierà a provare dei sentimenti e dovrà dimostrare al mondo di avere un cuore, seppur di metallo.
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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BUIO
 

 
Villa Drake possedeva tre entrate, una principale e due di servizio. Purtroppo erano tutte controllate da un sistema di sicurezza altamente sofisticato che nemmeno il migliore dei tecnici sarebbe stato in grado di disattivare. Questo il professor Coter lo sapeva perfettamente, era stato lui stesso a progettarlo, a renderlo inespugnabile e dotato di una tecnologia elevatissima, solo che negli anni era riuscito a produrre un macchinario ancora più sofisticato e potente. O meglio i prototipi erano due: uno si trovava all’interno di quella casa e l’altro accanto a lui. Voltò la testa in direzione dell’automa che continuava a scannerizzare i vari sistemi di sicurezza. Doveva davvero complimentarsi con sé stesso, sicuramente non era bello come 4931949, ma era comunque di bella presenza.
Era stato bravo. Contemplare quella sua creatura all’opera lo faceva sentire una specie di dio, dopotutto era stato proprio lui a crearlo. I corti capelli castano chiaro erano immobili a causa della sua concentrazione, esso infatti era immobile come una statua intento ad analizzare i dati.
“E’ possibile espugnare il sistema d’allarme?” domandò a 19283.
L’automa sorrise.
“Devo complimentarmi con lei, professore! È un sistema costruito a regola d’arte! Comunque certo che esiste un modo!”
Sul volto del professore apparve un ghigno malefico che il robot intravide nella cupa luce lunare della notte. Se fosse stato umano dei brividi di terrore lo avrebbero percorso da capo a piedi tanto era diabolica quell’espressione, ma lui non possedeva sentimenti quali la paura.
“Quale?” domandò il signore anziano con una nota d’impazienza nella voce.
“Basta intaccare il computer centrale con un virus!” rispose semplicemente. Il professore sbuffò. Era già arrivato a quella possibile conclusione, il problema era che si era occupato personalmente di rendere il computer centrale immune da qualsiasi tipo di attacco del genere.
“Come?” ripetè deluso, non poteva tutto finire in quel modo, lui doveva riappropriarsi di quella sua splendida creatura.
All’inizio aveva creato 19283 con l’unico scopo di cederlo al signor Drake in cambio di 4931949, ma dopo aver riflettuto a lungo dubitava che lui gliel’avrebbe ceduta. Insomma, egli aveva impressa nella mente l’immagine del signor Drake mentre l’automa si risvegliava, il suo sguardo era famelico. Non si sarebbe mai privato della bellezza disarmante di quella macchina, quindi aveva una sola alternativa, riprendersela con la forza. Quei due robot e la sua mente geniale avrebbero lavorato insieme per la stessa ragione per la quale il signor Drake aveva fatto creare 4931949. Sorrise tra sé.
Dopotutto il piano del signor Drake era alquanto ambizioso dunque sarebbe stato particolarmente felice di assumere il comando di tale piano lasciando in disparte colui che l’aveva ideato e che l’aveva finanziato. Senza contare che avere 4931949 significava che tutte le sue fantasie più perverse e sporche sarebbero diventate realtà.
Si eccitò di fronte a quel pensiero decisamente poco pulito e tornò a guardare il robot che cercava di capire come aggirare il sistema di sicurezza di quella villa.
“Allora?” si stava spazientendo, non vedeva l’ora di prendere tra le sue braccia 4931949.
“Ho inviato un virus talmente forte che dovrebbe essere in grado di mandare in tilt tutti i computer della casa, compreso quello che controlla la sicurezza! Occorre solo che uno degli abitanti si connetta ad internet, solo così posso farlo entrare!” disse certo 19283.
Il professore ghignò.
“Ci sono già computer connessi?” domandò alla macchina.
“Si signore!”
“Perfetto!” si sfregò le mani.
“Ancora qualche secondo …” disse l’automa quasi in un sussurro. Entrambi rimasero ad osservare la casa fino a quando, improvvisamente tutte le luci si spensero.
Il professore sorrise.
“Fammi strada!” ordinò al robot.
 
*
 
Avevo passato l’itera giornata ad evitare Josh e il fatto che quest’ultimo non mi avesse cercata rendeva tutto incredibilmente più semplice. Però quella quiete mi sembrava tanto quella che preannuncia una tempesta, Joshua Drake non si faceva, per principio, mettere i piedi in testa da nessuno, tantomeno da un oggetto che aveva osato mancargli di rispetto. Lui e il suo dannato orgoglio.
La sera prima ero stata tentata di fuggire il più lontano possibile da quella lussuosa villa che mi sembrava ogni giorno di più una prigione dorata, ma poi avevo visto Zack e le sue braccia erano bastate a calmare i miei singhiozzi e le mie preoccupazioni.
La sera prima non avevamo parlato molto, lui, gentilmente, non mi aveva chiesto cosa era successo e io non gliel’avevo detto.
Come se fosse stato possibile non capirlo. Mi aveva accompagnata in camera sua cingendomi le spalle. Era incredibile come in quel tragitto così breve mi fossi sentita così al sicuro, come se la mia casa si trovasse esattamente lì, tra le sue braccia.
Come potevo sentire di appartenere ad un luogo se quest’ultimo non era un luogo vero e proprio?
Troppe domande e troppe sensazioni difficili da spiegare dal momento che esse erano del tutto nuove per me.
Così avevo dormito nell’enorme letto di Zack, o almeno avevo finto, dopotutto io non potevo dormire.
Dopo avermi fata sdraiare mi aveva abbracciata e mi aveva lasciato delle morbide carezze sulla schiena per tranquillizzare i miei persistenti singhiozzi.
Quando mi fui calmata prese ad accarezzarmi la testa, dolcemente, come avrebbe fatto con una bambina ed io mi ritrovai in stand-by in men che non si dica.
Per la prima volta era entrata nella modalità risparmio energetico in presenza di un essere umano, quando ero programmata affinchè ciò non dovesse accadere mai. Probabilmente avevo speso troppe energie nel pianto, era l’unica spiegazione possibile.
Ma la notte era giunta troppo velocemente e l’idea di rimanere in camera da sola, temendo l’arrivo di Josh, non mi allettava affatto.
Così mi feci coraggio e mi incamminai lungo i corridoi raggiungendo velocemente Zack. Sospirai e bussai un paio di volte.
“Avanti!” mi invitò la sua voce melodiosa.
Entrai abbozzando un sorriso.
“Denise!” gli si illuminò lo sguardo nel vedermi. Mi ritrovai a fissare incantata il sorriso che gli abbelliva il già perfetto volto e lo osservai alzarsi dalla scrivania sulla quale stava lavorando e avvicinarsi a me.
Mi strinse protettivo tra le sue braccia e mi ritrovai a sorridergli grata per tutto ciò che stava facendo per me. Era come un fratello maggiore.
“Come stai?” era appena un’ora che non ci vedevamo, infatti per non lasciarmi in balia di suo fratello aveva trascorso quasi l’intera giornata con me. Com’era stato premuroso e dolce. Era il migliore, sempre.
“Bene!” gli sorrisi con convinzione “Tu?”.
“Me la cavo! Ho appena litigato con Mary!” abbassò lo sguardo dispiaciuto e vidi che un velo di tristezza gli attraversò il volto.
“Mi dispiace!” dissi sincera accarezzandogli il capo. Mi sentivo in dovere di conslarlo e di aiutarlo a stare meglio, prima di tutto perché Zack senza il sorriso sul volto non era Zack e in secondo luogo perché dovevo ripagare la gentilezza e la pazienza ch aveva avuto con me la sera prima.
Egli sospirò e si sedette sul letto.
“Non importa!” sussurrò.
“Sì che importa! Vuoi parlarne? Perché avete litigato?” mi sentivo una totale frana, insomma non mi ero mai ritrovata nella condizione di dover consolare o far sentire meglio qualcuno, quindi non ero sicura di farlo nel modo giusto.
“E’ tutto scritto sul pc!” mi disse indicandomi il computer portatile aperto sulla scrivania.
“Posso?” domandai titubante, mi sentivo una tale ficcanaso a chiederlo.
Lui sorrise di fronte alla mia insicurezza e annuì. Così mi avvicinai al computer e scoprii che fino ad un attimo prima che io entrassi Zack era su facebook e stava messaggiando proprio con Mary. Mandai un po’ indietro la conversazione e iniziai a leggere. Ad ogni riga mi stupivo sempre maggiormente. La ragazza era sempre più convinta che il suo bel ragazzo fosse innamorato di me. Mi ritrovai a sorridere e ad imbarazzarmi di fronte a quella assurdità. Io ero un robot, lui non si sarebbe mai e poi mai preso una cotta per me, glielo avrebbe impedito la mia natura stessa.
Mary aveva scritto circa un centinaio di volte che io ero bellissima e che l’aveva visto guardarmi più di una volta. Se all’inizio il tutto mi sembrava assurdo, più continuavo la lettura più mi sentivo in colpa, insomma era causa mia e solo mia se Zack era giù di morale. Era per colpa mia che avevano litigato, certo anche a causa delle paranoie di Mary, ma era comunque colpa mia.
Lui capì il mio stato d’animo e mi si avvicinò posandomi una mano sulla spalla.
“Tu non c’entri nulla! È colpa mia!” sembrava quasi ferito.
“Colpa tua?” ero esterrefatta e confusa da tali parole, perchè doveva essere colpa sua.
“Perché non ha tutti i torti …” evitò il mio sguardo.
Ci fu un attimo di silenzio nel quale riflettei su cosa dovevo dire.
“In che senso?” azzardai, temendo la risposta. Non volevo essere causa di sconvolgimenti nella sua vita.
“Nel senso che è vero che ti guardavo …” sospirai di sollievo, almeno non si era preso una cotta per me.
Dopotutto come avrebbe potuto invaghirsi di un oggetto? Eppure chissà perché, una piccola parte di me avrebbe voluto che lui provasse qualcosa nei mie confronti.
“E perché?” davvero non riuscivo a capire.
Lui sbarrò gli occhi incredulo di fronte alla mia domanda e poi iniziò a ridacchiare.
Vedendo però che lo fissavo perplessa si sforzò di smettere e di incontrare i miei occhi.
“Perché sei semplicemente bellissima!” sussurrò assorto senza mai staccare gli occhi dai miei.
L’aveva detto con una tale trasposto e una tale devozione che il mio cuore perse un paio di battiti, o qualsiasi cosa avessi al posto di esso.
Abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Non è vero!” esclamai.
Mi prese il viso tra le mani per costringermi a guardarlo.
Lui sì che era bello, incredibilmente bello. Sospirai. Cos’è dopotutto la bellezza degli uomini? Solo una fragile maschera che verrà deturpata dal tempo. Io invece ero diversa. Ero come un’opera d’arte e la bellezza di un’opera d’arte permane allo stesso creatore, dura per sempre.
Questo pensiero mi provocò una stretta al mio stomaco. Avrei barattato quella stupida bellezza con la Vita vera e propria, con l’essere una persona. Non volevo più essere solo l’oggetto del desiderio sessuale di un uomo, perché era palese che Zack mi stava dicendo che ero bella solo perché, some Josh, si sentiva attratto fisicamente da me.
Ma a me non  bastava più tutto ciò. Volevo qualcosa di più profondo di una banale unione di corpi.
Non dico lo volessi con Zack, ms avrei voluto provarlo, anche se avevo la consapevolezza che ciò difficilmente si sarebbe realizzato.
“E’ la verità!” asserì serio Zack.
“Cosa ci trovi di bello in me?”
Mi aspettavo rispondesse che gli piacevano le mie forme, il mio seno, il mio posteriore, ma lui era Zack e come poteva, quel fantastico ragazzo non  stupirmi?
“La tua risata ad esempio. Credo che la tua risata sia una delle più spontanee e sincere che ci siano. Mi rallegrerebbe anche i giorni più bui. Poi i tuoi occhi. I tuoi occhi brillano di  luce propria, potrebbero illuminarmi la strada nel buio della notte.”
Non potei fare a meno di sorridergli e di gettargli le braccia al collo felice.
“Hei vacci piano! Così mi strozzi!” disse lui e io mi staccai immediatamente sorridendogli ancora di più. Lui mi guardò teneramente e mi diede un piccolo buffetto sulla testa.
“Perché sei venuta qui?” mi domandò curioso.
Arrossii. Mi vergognavo ad ammetterlo. Abbassai lo sguardo.
“Hei! Sai che a me puoi dire tutto!” esclamò dolcemente.
Alzai gli occhi su di lui. Ero fortunata di potermi fidare di uno come Zack.
“Ho paura a stare da sola nella mia camera, non vorrei che l’episodio di ieri sera possa ripetersi!”
Zack strinse la mascella e i pugni. Era evidente che era rimasto molto deluso dal comportamento del fratello. Doveva sempre essere stato per lui un punto di riferimento, una guida da seguire, una persona che aveva la sua totale e sincera stima.
Ma dopo quello che era successo la sera precedente l’alta opinione che Zack aveva di suo fratello si era letteralmente sgretolata e ciò lo si poteva percepire unicamente guardandogli  gli occhi.
“Non c’è problema! Puoi stare qui!” disse cercando di utilizzare un tono dolce non ostante gli avessi riportato alla mente il terribile comportamento del fratello.
“Grazie!” gli saltai nuovamente al collo. Mi abbracciò a sua volta posando le sue mani sulla mia schiena.
Alzai lo sguardo su di lui e mi soffermai sulle sue labbra.
Mi domandai se fossero sempre state così rosee e carnose. Chissà se erano anche saporite, avrei avuto un solo modo per scoprirlo.
Improvvisamente la luce si spense e non potei più ammirare quella bocca che per un istante avevo desiderato di sfiorare con la mia.
Rimanemmo abbracciati dolcemente avvolti nel BUIO.
 
Bene eccomi…!!
Non ho niente da dire su questo capitolo anche perché non mi piace particolarmente e sono un po' triste perchè lo scorso capitolo ha ricevuto poche recensioni : (
Voi che ne pensate? accetto a cuor legger anche le critiche : )
Daisy

   
 
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