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Autore: Imi    17/12/2006    6 recensioni
Anni dopo la battaglia contro Lucemon,i nostri sei digiprescelti torneranno nel mondo digitale per una vacanza che saprà risvegliare sentimenti sopiti.Una fict molto poco natalizia...ma ideale contro il freddo!Leggere per credere!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Takuya Kanbara | Coppie: Izumi Orimoto/Zoe, Kouji Minamoto/Koji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

Capitolo 1. Corrispondenza inaspettata!

 

La maniglia dorata della porta di casa Kambara si abbassò con foga e un ragazzo in tenuta da liceale fece irruzione nella stanza.

-Cibo cibo cibo!!!! Se non mangio fra meno di un secondo…- farneticò mettendosi a rovistare nel frigo –sono certo che morirò!

-Uf! Quante scene!- lo riprese con aria saputa un ragazzino più piccolo che gli somigliava molto –come se fossero giorni che non mangi!

-Tu non capisci…- ribattè l’altro seccato infilandosi in bocca una sorta di piadina e accendendo il microonde per scaldare il pranzo lasciatogli dalla madre -all’intervallo c’è stato un problema al bar…così non ho potuto prendere la mia solita merenda!- terminò in maniera melodrammatica con gli occhi lucidi.

-Ah- fece l’altro ironico -sono addirittura cinque ore che sei a digiuno! Dovrei esibirti al circo come animale raro, Takuya!

Il ragazzo lo guardò inferocito.

-Dovresti andarci tu al circo, visto che sei una SCIMMIA!

-Mi chiamo Shynjia, non Scimmia!

-Fa lo stesso..- borbottò Takuya apparecchiando velocemente sul tavolino davanti alla tv –sei solo una fastidiosa scimmia inappetente!

-Inappetente?!non sapevo che il tuo limitato cervello potesse conoscere simili parole…- lo punzecchiò il fratello.

-Ti do dieci secondi per sparire!- mugugnò lugubre il maggiore.

-Me ne bastano due! Meno ti vedo e meglio sto!

-E allora sciò!

-Ero venuto solo per darti questa…- sventolò sotto il naso del fratello una busta rosa –è per te…

Takuya afferrò al volo la lettera rigirandosela fra le mani dubbioso.

-non c’è il mittente..- osservò.

-Di solito si fa così per le lettere d’amore…E’ la tua fidanzata?- chiese Shinya.

-Sai bene che non ho nessuna fidanzata!

-E allora chi è?

-Se me la fai aprire magari lo scopriamo!

Il fratello minore annuì incuriosito avvicinandosi.

Takuya sollevò il lembo di carta e sbirciò nella lettera.

Qualcosa che vide lo convinse a richiudere subito.

-Che c’è? Che hai visto?- chiese Shinya.

-Niente, niente…- rispose Takuya allontanandosi dal fratello con movimenti impacciati –nulla di importante…solo un mio amico…

Il ragazzino lo guardò con occhi inquisitori e lui iniziò a sudare freddo: conosceva quello sguardo, Shinya non aveva abboccato.

-non ci credo!- gridò infatti puntandogli contro un indice inquisitore –fammi vedere di chi è quella lettera! Voglio saperlo!!!

-Ti ho detto che è di un amico…

-Un amico chi?

Nella mente di Takuya si formò istantaneamente un nome preciso, un nome che non pronunciava più da tanto tanto tempo.

-Koji. Si chiama Koji.

Il fratellino lo scrutò a lungo cercando di trovare un cedimento nel suo sguardo: sapeva che non era bravo a mentire e che spesso cedeva dopo una pressione anche piccola. Purtroppo per lui questa volta non accadde.

-E va bene…- brontolò con disappunto -per ora ti lascio la tua lettera e faccio finta  di crederti…ma sappi che scoprirò cosa contiene e chi l’ha scritta…perché scommetto…che è di una ragazza…

Takuya arrossì e lanciò un ultimo sguardo assassino a Shinya prima che sparisse in camera sua. Poi si accasciò sul divano sospirando. All’improvviso un mare di ricordi lo aveva sommerso riportandolo indietro nel tempo, a tanti anni prima, in un posto lontano, magico, unico.

Il timer del forno che squillava lo fece tornare bruscamente alla realtà. Prese il suo piatto e qualcosa da bere e si riaccomodò di fronte al televisore.

Il pranzo di sua madre era davvero ottimo, pensò mentre se lo gustava sorridendo. 

 

-Signori e signore…- esordì un ragazzo corpulento parlando a sé stesso -ecco a voi, il mio gioiellino…

Si voltò sorridendo a trentadue denti verso un’automobile sportiva che troneggiava nel piccolo garage.

-Sei uno splendore tesoro…- disse a bassa voce accarezzando con un panno il cofano nero metallizzato –ne è valsa la pena di fare tutta quella fatica per rimetterti in sesto…

L’aveva trovata quasi un anno prima abbandonata da uno sfascia carrozze e da subito se ne era innamorato. Quello era il tipo di auto che faceva per lui: sportiva, ma pratica, aggressiva, ma non appariscente, veloce, ma sicura. Ci aveva lavorato sopra a lungo, ragionando attentamente su ogni modifica e su ogni riparazione. Aveva anche dovuto cercarsi un lavoretto pomeridiano per pagarsi i materiali, ma ora che la vedeva, così splendente e così sua, capiva che ne era davvero valsa la pena!

Sospirò ammirato.

Aveva fatto un ottimo lavoro, doveva proprio riconoscerlo!

Si intendeva di meccanica fin da bambino e aveva spesso ideato piccoli marchingegni o fatto delle riparazioni, ma niente poteva eguagliare quello aveva appena terminato.

Si scostò i capelli dalla fronte e poi stiracchiò le braccia indolenzite: non aveva quasi dormito quella notte pur di finire il suo gingillo, ma adesso era davvero troppo stanco per poter uscire a farle fare un giro.

-Dovrai aspettare ancora un po’…- sussurrò sottovoce agli specchietti incamminandosi verso la scala che conduceva al piano di sopra.

Non accese la luce, ma procedette tastando le pareti fino a riconoscere la familiare porta di casa.

Entrò richiudendosela alle spalle e dirigendosi subito in camera. Aveva molte ore di sonno arretrate da recuperare.

Stava già per buttarsi sul materasso quando scorse qualcosa sulla scrivania che catturò la sua attenzione. Era un busta di colore rosa. Non c’era il mittente. Il ragazzo la rigirò fra le dita perplesso: sul retro in un’elegante grafia troneggiava la scritta Junpei.

 

-Koichi!!!!

Una voce femminile si diffuse per il corridoio deserto del piccolo appartamento, rimbalzando sulle pareti.

-Koichi!!- ripetè la donna spuntando dalla porta della cucina e scrutando nel corridoio –benedetto ragazzo! Ma si può sapere dove sei finito!?

La donna sospirò, dirigendosi verso una porta alla sua destra per accertarsi della presenza del figlio, ma non le fu necessario muovere un altro passo.

Un  ciuffo di capelli neri fece capolino dallo stipite.

-Koichi! Finalmente!

-Scusa mamma…- balbettò lui -stavo…ero concentrato su una cosa…non ti ho sentito…

La madre lo scrutò con un po’ di apprensione: sembrava più pallido del solito e soprattutto aveva l’impressione che sfuggisse al suo sguardo.

-Tutto bene?- chiese infatti.

Lo vide scuotersi, se pur impercettibilmente e cercare di apparire il più normale possibile. Le sorrise anche.

-Certo, certo! Ma…perché mi cercavi?- domandò lui tentando di deviare la sua attenzione.

La madre sobbalzò ricordandosi all’improvviso di qualcosa.

-Tuo fratello…è al telefono…vuole parlare con te…

Stranamente la cosa non parve stupire il ragazzo.

-Bene… passami la chiamata sul telefono della camera per favore…- disse soltanto chiudendosi la porta alle spalle.

Appena fu solo sospirò di sollievo, poi afferrò una busta e si lanciò sul letto aggrappandosi alla cornetta e attendendo impaziente il segnale di connessione.

-Pronto? Koichi?- gracchiò finalmente una voce dall’altra parte del filo -Ci sei?

-Si- rispose precipitosamente -ciao Koji! Aspettavo la tua chiamata…

-Non mi pareva visto il tempo che mi hai lasciato ad aspettare…- brontolò l’altro.

-Scusami…è che …la stavo ancora leggendo…

Ci fu un momento di silenzio poi Koji sospirò.

-E così non mi sbagliavo…ne hai ricevuta anche tu una uguale…

-Si…una busta rosa col mio nome scritto dietro…cosa ne pensi?

-Be…non saprei…all’inizio ero perplesso…pensavo fosse un tuo scherzo…

-Da quando ti faccio scherzi?

-Da mai…ma ci ho messo un po’ a realizzare che era autentica…

-Già…io ho escluso lo scherzo quando ho visto…l’allegato

-be…si…non può che essere vero…funziona sai? Ho già provato!

-Incosciente…avresti dovuto aspettarmi…

Koichi sentì il fratello sbuffare a quel rimprovero: in fondo sapeva che a Koji non piaceva sentirsi dire cose del genere, da quel ribelle testone che era.

-A parte questo…credi…

-Cosa?

-Credi che dovremmo contattare gli altri?

Koji ci pensò un po’ su.

Gli altri. Era tanto che non si sentivano. Chissa come, si erano persi di vista, ognuno nei suoi impegni, nella sua vita, nel suo caos.

-Be, Koichi, credo che non occorra…li troveremo là.

-Hai...hai intenzione di andarci davvero?

-Certo perché no!?- fece l’altro stupito -in fondo è un invito!

-Be non so…non mi fido tanto e poi…

-Tu non c’eri quando li abbiamo conosciuti…- lo interruppe Koji - in verità all’epoca…non sapevo neppure di avere un fratello..

A Koichi non sfuggì la sfumatura di tristezza e malinconia.

-Comunque credo ci si possa fidare…

-Bene...allora prepariamo una scusa per la mamma…

 

Il campanello di casa Kambara suonò. Takuya , che si era appisolato sul divano allungò una mano cercando una sveglia che non poteva trovare.

-Ancora 5 minuti…- mugugnò convinto che fosse mattina, ma il campanello suonò di nuovo, con più insistenza. Passò un secondo e lo sconosciuto visitatore iniziò a premere con più foga.

Takuya si scosse alzandosi di scatto, quasi in risposta a un ordine. Gli ci vollero un paio di secondi prima di capire dove si trovava e che cosa stava succedendo, poi si precipitò con gli occhi ancora impastati di sonno alla porta.

“Ma questo vuole rompermi il citofono!!” pensò con aria aggressiva mentre abbassava la maniglia pronto a litigare con l’autore di tanto scompiglio.

-Ma si può sapere chi è!- sbottò infatti spalancando il portone principale –che maniere sono queste di…

Ma la voce gli morì in gola. Davanti a lui un ragazzo atletico di qualche anno più piccolo gli sorrise nervoso.

-Ciao Takuya! Scusa per i modi…

Il padrone di casa sbattè gli occhi un paio di volte, poi per sicurezza si diede un pizzicotto.

Convinto di essere sveglio non seppe più trattenersi e abbracciò con slancio il nuovo venuto.

-Tommy!!!!- gridò felice –ma quanto sei cresciuto!!!!

Il più giovane rise contento.

-Hai visto? Non ti arrivo più alle ginocchia adesso!

Takuya lo squadrò da capo a piedi, cercando di riconoscere nell’adolescente che gli stava davanti il bambinetto piagnucoloso e viziato che aveva conosciuto anni prima.

-Che piacere!- disse poi sorridendo –ma entra non stare sulla soglia…ti offro qualcosa da bere?

-No grazie…non ho moltissimo tempo…mi aspettano per gli allenamenti di calcio…- rispose Tommy entrando timidamente nell’appartamento.

-A cosa devo l’onore della tua visita?

L’altro lo guardò un po’ perplesso, come se non si aspettasse quella domanda.

-Be io…- balbettò –pensavo che…che fosse arrivata anche a te- concluse poi estraendo dalla tasca della tuta una busta stropicciata.

-Oh!- fece Takuya –quella! Pensavo di essermela sognata!

-Già…anche io ci ho messo un po’ a realizzare che era vera…

-Cosa ne pensi?

-Be, sei tu il capo…

Takuya sorrise. Era vero. Durante tutto il viaggio era stato lui a guidare il gruppo, anche se non era il più grande e anche se Koji all’inizio non faceva altro che contraddirlo…

-Non serve più un capo…- ripose con filo di tristezza.

-volevo solo sapere cosa pensi di fare…- replicò Tommy alzando le spalle con noncuranza mentre giocherellava con uno strano aggeggio.

Takuya si guardò attorno. Non aveva avuto molto tempo per pensarci.

-Be…- rispose dopo una breve riflessione –è un’occasione unica no?

-Già…

-Allora approfittiamone!

Tommy sorrise contento.

-Era proprio quello che speravo di sentirmi dire!

-Ci andiamo insieme?

Il più giovane annuì.

-Certo!! Domani alla stazione di Shibuya?

-Sotto l’orologio grande..- precisò il maggiore.

-Perfetto! Ora scusa ma devo proprio scappare…il mio allenatore è un vero carceriere…

-Qualcosa a che vedere con lucemon?!- domandò ironicamente.

Tommy sorrise allo strampalato paragone.

-Si…un parente stretto- rispose ammiccando mentre usciva sul pianerottolo.

Il giovane Kambara restò a guardarlo mentre scendeva a precipizio dalle scale.

-A domani…- gli gridò appena fu davanti al portone.

-Ok! E non dimenticarti di portare questo!!- rispose l’altro indicando un oggetto che teneva in mano.

Takuya sorrise. Per quanto da lassù fosse quasi invisibile, per quanto fosse piccolo e lontano, lui l’aveva riconosciuto subito, senza la più piccola ombra di incertezza : il buon vecchio caro digivice! 

 

Il marciapiede era affollato di gente e Zoe iniziò a borbottare fra sé che quella di accettare era stata una pessima idea. Faceva un caldo torrido, la valigia che si stava trascinando dietro da casa era tanto pesante che le piccole di ruote di cui era dotata minacciavano di cedere da un momento all’altro e la stazione di Shibuya sembrava essere stata inghiottita dalla folla di persone che le sciamava attorno.

Sospirò calcandosi in testa l’ampio cappello di paglia per evitare che una folata di vento glielo portasse lontano: ci sarebbe mancato solo quello!

-Maledetto ventaccio- sibilò fra i denti –almeno fosse fresco! E invece sembra di stare dentro a un gigantesco phon! Dilettante di un Eolo!- concluse poi lasciandosi sfuggire un sorriso.

Anni prima era stata lei a  comandare il vento. Lo sapeva che sembrava pazzesco e a volte faticava persino lei a credere che fosse successo davvero, che davvero esistesse un mondo digitale che lei e gli altri avevano salvato, che davvero aveva posseduto uno spirit e si era trasformata nell’incarnazione di uno dei dieci leggendari guerrieri… Kazemon…

Quanto le mancava la sensazione inebriante che provava ogni volta che compiva la mutazione, ogni volta che si sentiva diversa e potente, ogni volta che si alzava in volo in quel cielo dalle tre lune. Ma soprattutto le mancavano i momenti in cui sentiva il vento sfiorarle i capelli parlando con lei, raccontandole storie incredibili e lontane. La sentiva davvero la voce del vento, e la notte quando non riusciva a dormire gli chiedeva di portarle i suoi racconti e di cullarla con le sue canzoni. Era bello, bello da morire.

Si stava dolcemente perdendo nei suoi pensieri, quando un’automobile sportiva le si affiancò, rallentando per seguirla. Il conducente lasciò penzolare con noncuranza il braccio fuori dal finestrino e le fece un cenno di saluto.

-Ehi bionda! Serve un passaggio?

Un fremito di stizza percorse il corpo magro e slanciato di Zoe. Odiava questo genere di cose: odiava quei ragazzi che si sentivano tanto superiori da permettersi di fermare una ragazza per strada solo per il fatto di averla trovata carina e importunarla, che si atteggiavano a super uomini solo perché avevano delle belle macchine o dei vestiti costosi. Ma la cosa che odiava più di tutte e che la mandava letteralmente su tutte le furie era sentirsi chiamare “bionda”!

-IO HO UN NOME! MALEDIZIONE A TE!!!!- sbraitò voltandosi con occhi di fuoco verso il malcapitato automobilista, pronta a incenerirlo con uno sguardo.

-Lo so, lo so! volevo solo vedere se ti dava ancora fastidio!- rispose lo sconosciuto ridendo, lasciandola completamente   di stucco.

-Ma…come…in che senso…- balbettò lei confusa.

Il ragazzo al volante della decappottabile sorrise togliendosi gli occhiali da sole.

-che c’è? Non riconosci più i vecchi amici?

Per un secondo, un solo, lunghissimo secondo, Zoe guardò il viso di quel ragazzo senza riuscire a parlare, poi nella sua mente si formò un’immagine. Cacciò un urlo acutissimo lasciando andare valigia e cappello.

-JP!!!!!!!!!!!!

-In carne ed ossa per servirla e…

Ma non riuscì a terminare la frase perché la ragazza si era letteralmente lanciata su di lui stringendolo in un abbraccio spontaneo e travolgente.

-Oh JP…- proseguì lei sentendosi venire le lacrime agli occhi –quanto tempo…quanto mi sei mancato…quanto sei cambiato…quanto sono felice di averti incontrato!!!

Il ragazzo diventò immediatamente rosso come un pomodoro: Zoe aveva sempre esercitato un’attrazione fortissima su di lui e per anni era rimasta nella sua memoria come l’immagine di un primo amore mai vissuto, irraggiungibile, come il simbolo di una bellezza insuperabile, di un ideale femminile inaccessibile. E adesso era lì, con lui, sulla sua nuovissima macchina, e lo stava persino abbracciando. Pensò per un istante che era davvero felice  e che nonostante tutto il tempo passato lontani loro due non si erano mai davvero persi, perchè adesso che erano di nuovo insieme tutto sembrava esattamente come allora.

Zoe intanto si era sciolta dall’abbraccio e guardava il nuovo JP con occhi meravigliati e inteneriti.

-ormai sei un uomo…- sussurrò appena, troppo emozionata per proseguire.

-Be…sai com’è, il tempo passa…a tutti succede di crescere prima o poi! Anche tu sei cambiata, sai? Non ero sicuro che fossi tu fin quando non ti ho visto negli occhi: quelli sono sempre gli stessi, inconfondibili…Comunque, ti trovo bene, davvero, bene…come sempre!

Zoe sorrise.

-Grazie JP! Anche io ti trovo benissimo..anzi, in splendida forma! Ti sei dato da fare eh?

Il ragazzo sfoggiò un sorriso così compiaciuto che Zoe comprese subito quanto fosse orgoglioso del suo attuale aspetto.

-Si…un giorno ho deciso che non poteva andare così e allora ho iniziato con la palestra e un’alimentazione più equilibrata…adesso mi sento davvero meglio!

-Si, si vede che sei proprio in forma! Ma questa macchina da dove salta fuori? Vincita alla lotteria?

Di nuovo JP sorrise soddisfatto.

-Bella vero? L’ho presa che era un rottame e l’ho rimessa a nuovo da solo, pensa che…

-Oddio, ma che ore sono???- chiese all’improvviso Zoe indicando ansiosa il quadrante dell’orologio che spiccava luminescente oltre il volante.

Anche JP si riscosse dalla discussione e controllò meglio l’ora.

-Cavolo…siamo un po’ in ritardo…- constatò -ma non ti preoccupare, con questa ci mettiamo un attimo! Aspetta, ti carico la valigia e poi andiamo…

-Immagino abbia ricevuto anche tu la lettera…- fece Zoe mentre il ragazzo sistemava agevolmente i suoi bagagli.

-Si- confermò JP –è stata proprio una sorpresa, ma non me la sarei lasciata sfuggire per nulla al mondo un’occasione così! Soprattutto per rivedervi tutti quanti!

-Ho pensato la stessa cosa- asserì lei mentre JP girava la chiave e il motore ripartiva con un rombo sordo.

-Si parte!- annunciò lui ingranando la marcia.

-Evviva!- replicò lei improvvisamente entusiasta; poi si alzò in piedi, aggrappandosi al parabrezza e lasciando che il vento le scompigliasse la lunga chioma dorata.

Puntò un dito contro al sole, poi la sua voce esplose cristallina  –Digiworld, stiamo arrivando!

 

NOTA DELL’AUTRICE

Salve a tutti! Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e soprattutto che vi abbia interessato. È la prima fict che scrivo sulla serie frontier, ma avevo proprio voglia di rispolverare un po’ questi bellissimi personaggi che mi mancano davvero…anche se so che mi pentirò di aver iniziato a pubblicare questa fict prima di averla finita!! ^_^

Beh…vi do appuntamento al capitolo successivo…e se avete voglia ditemi cosa ne pensate!!

Alla prossima!

 

 

 

  
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