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Autore: Sefiriel    29/05/2012    0 recensioni
Il cuore è un oceano pieno di acqua frizzante, rinfrescante e splendente.
Ma cosa succede quando diventa troppo profondo?
E, ancora peggio, cosa succede quando diventa anche poco illuminato?
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miku Hatsune
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-(Prima di leggere la storia consiglierei, a chiunque ancora non l'abbia fatto, l'ascolto della canzone cui essa è ispirata, che si intitola "Deep Sea Girl" ^^)-

 

«Perché? Pensavo che ci amassimo! Significa che mi hai mentito per tutto questo tempo!»
«Mi dispiace...».
No. Sinceramente, non pensava affatto che a lui dispiacesse minimamente.
L'aveva tradita, ed ora non cercava nemmeno di riconquistarla: davvero quello non era amore, e davvero all'altro non dispiaceva che quella storia fosse finita. Lo odiò come non aveva mai fatto con altri. Odiò con tutta sé stessa quei capelli neri, quella pelle ambrata, quegli occhi corvini, quell'accento di voce, quel modo di camminare...
Il ragazzo dai capelli biondi cercò di consolarla, come faceva sempre, ma lei non se ne importò.
I suoi occhi, prima dediti solo all'amore, ora erano dediti solo all'odio...  o perlomeno ci provavano.
 

La Ragazza del Mare cominciò a sprofondare.
Sprofondava in un mare profondo... tanto profondo che il blu cristallino delle acque in cui nuotava un tempo era ormai un mero ricordo. A tali altezze, quel caldo colore aveva ceduto il posto ad un nero freddo e pungente.
La pressione della colonna d'acqua sovrastante era così alta, che persino aprire le palpebere per tornare a guardare gli abissi sarebbe stato doloroso.
La Ragazza del Mare aveva smesso di nuotare.
«Perché smettere di sprofondare? Nessuno potrà mai trovarmi, quaggiù...»
 

Ultimamente mangiava parecchio di meno. Appena quello che bastava per mantenersi in forze.
L'altro giorno, quando si erano incrociati davanti alla classe, il suo cuore aveva sussultato forte. Lo odiava veramente? Putroppo no, sebbene se ne illudesse. Desiderava con tutta sé stessa odiarlo, ma non ci riusciva.
Quando furono a pochi passi non smise di guardarlo: sperava che l'avrebbe abbracciata, baciata come faceva un tempo, e poi lottato con tutto sé stesso per riconquistarla.
Ma sognava ad occhi aperti. Lo sguardo dell'altro si distolse immediatamente dal suo, e quegli occhi neri, che tanto la ragazza aveva amato, tornarono apaticamente a guardare davanti a sé, come se l'altra avesse ormai completamente smesso persino di esistere. 
Per poco non scoppiò in lacrime, mentre con i propri occhi smeraldini continuava a cercare disperatamente nel profondo dell'altro quel luccichìo, che tanto tempo fa le aveva intrappolato il cuore... cuore sul quale tale ricordo ancora non mollava la presa, più stretta e dolorosa che mai.
Abbassò il volto, tentando di nasconderlo a chiunque cercasse di interpretare quell'espressione di dolore in cui i muscoli si erano modellati, quasi involontariamente.
Poco lontano da lì, dietro un angolo, un riflesso di occhi celesti osservava la scena, silenzioso.

 

La Ragazza del Mare continuò a sprofondare.
In quell'immensa distesa di gelida acqua, un raggio di luce sembrò penetrare, nella direzione delle stesse acque in cui tanto tempo fa nuotava spensierata.
Le braccia, abbandonate alle correnti, per qualche secondo tesero i propri muscoli, tendendosi, cercando di afferrare quella stella così splendente. Era calda, abbondante, e rassicurante... come qualcosa di già conosciuto. Gli occhi le facevano male da morire, anche a causa del riverbero di quella luce nel buio assoluto in cui si trovava.

«Ma che bugiarda che sono... non c'è nulla di peggio che mentire a sé stessi».
La Ragzza del Mare non voleva smettere di sprofondare.
Le sue braccia si abbandonarono di nuovo, mollemente, al flusso delle correnti.

 

Da qualche notte gli incubi le toglievano anche parecchie ore di sonno. Non riusciva più a riposare in pace, tant'è che, ormai, quando si trovava nell'insonnia più struggente, non faceva che far riverberare nella propria mente tutti quei pensieri che le infliggevano tanto dolore.
Nell'ennesimo rigirarsi nel letto senza pace, la luce dello schermo del telefonino, poggiato accanto alle lenzuola, lampeggiò, colorando tutta la stanza avvolta dall'oscurità di quella triste notte.
Sperava ancora. Si, sperava così tanto che mosse il braccio con una rapidità quasi fulminea, per prendere l'apparecchio. Però il messaggio non era da colui dal quale sperava provenisse.
"Come stai? Ancora male?". Il messaggio era lo stesso giunto la sera prima, quella prima ancora e persino quella precedente. Rispose come al solito: "
Non ti preoccupare per me".
Lo inviò. Stavolta, però, ridistendendosi, era decisamente meno agitata di prima. Perché era così gentile con lei? La risposta "perché siamo amici di vecchia data" sembrava non bastarle più, ma non riusciva a giustificare perché. Ciò la inquietava leggermente.

 

La Ragazza del Mare si meravigliò.
Gocce di luce, in quell'oceano ormai costituito quasi solo da oscurità, cominciarono ad intravedersi in lontananza. Sembravano provenire da una sorgente del tutto distinta da quella che aveva illuminato il mare tempo fa. Ma, più che esse, lo stupore derivò da due riflessi azzurri, lievi e felici, che cominciavano ad apparire davanti agli occhi chiusi della ragazza.
«Chi mi ha notato? Chi è così stupido da nuotare verso una bugiarda del genere?»
Le guance della Ragazza del Mare arrossirono leggermente.
I suoi occhi cominciarono a cercare di combattere il dolore inflitto loro dalla pressione dell'acqua. Sarebbe stato bello, lottare... ma sarebbe stato anche faticoso. Molto faticoso. Quel corpicino sfinito avrebbe retto?
 

Dopo così tanti giorni, il percepire il dolce sapore di un gelato sembrò risvegliare in lei tutte le sensazioni di dolcezza che aveva quasi dimenticato.
Guardando il tramonto assieme a lui, era contenta che il biondo avesse insistito così tanto per farla uscire anche dopo la scuola: un po' di aria fresca le serviva.
Mentre dava l'ultimo morso al cono, una timida parola uscì dalle fini labbra della giovane: «Grazie. Non mi fa bene restare troppo a casa, penso tu avessi ragione a rimproverarmelo». Le singolari e lunghe trecce che portava oscillavano deliziose, cullate dalla brezza marina che spirava sulla sabbia sulla quale i due si erano adagiati.
«Ma figurati! Io sono sempre qui per te, no? Ce lo siamo promesso da bambini... anche se, se non ricordo male, poco dopo eri tu quella che aveva tentato di affogarmi, no?».
Una risata sonora uscì dalle corde vocali dei due, mentre in sincronia si abbandonarono al ricordo di tanti anni fa: una promessa fatta al tramonto, sul mare... e poi via di nuovo, a giocare in acqua.
Non lo voleva ammettere, ma le faceva piacere constatare che le mancava molto quel tempo spensierato, fatto dell'innocente intimità di due piccoli amici.

Le mani della ragazza si afferrarono reciprocamente, dietro la schiena, mentre andava a rompere quel silenzio caldo ma imbarazzante che si era venuto a creare tra loro: «Senti, io...».
L'altro si voltò, sorridente come sempre, e poco dopo lo fece anche lei a sua volta, incrociando con i propri occhi verde acqua quelli celesti e puri dell'altro. 
I suoi muscoli si pietrificarono. Non riusciva a parlare. Non riusciva a respirare. Non riusciva a muovere le pupille.
Non finì la frase, scappò via velocissima, lasciando l'altro di stucco, che si mise a chiamarla mentre la vedeva allontanarsi, non appena ebbe realizzato il movimento fulmineo della giovane.

 

La Ragazza del Mare desiderava spogliare il proprio cuore.
Quelle gocce di luce sempre più abbondanti e quei due sottili riflessi celesti le ridiedero un po' delle forze che la stavano abbandonando.
Il calore provato tempo fa sembrava non essere completamente sparito, sebbene il gelo che la circondava facesse credere impossibile ciò.
Eppure, come fare?
La Ragazza del Mare era profondamente spaventata da quell'oscuro abisso.
Forse quella pioggia di speranza e quei riflessi di purezza erano destinati a svanire, come tutto.
Il suo vero sorriso non riusciva a tornare, e forse non valeva la pena cambiare quei vestiti sporchi, no? Si sarebbero sporcati di nuovo, perché illudersi del contrario...

«Vai via, lasciami sola... Voglio che mai più alcuno mi veda in questo stato!»
 

Era ancora relativamente presto, ma già si era infilata nel letto.
Dopo che il giorno prima era scappata via dalla spiaggia, non sapeva più che fare.
La testa le scoppiava. Il suo cuore era estremamente in subbuglio: non aveva la minima idea di cosa fare. 
Ancora il ricordo nero dei profondi occhi e degli scuri capelli del suo, ormai finito, amore la tormentava: non le dava pace. Non riusciva a non pensarci, ma si era anche accorta che quella gelida tristezza sembrava lontana chilometri e chilometri, quando stava con lui.
Quei suoi chiari capelli e quei giocondi occhi azzurri erano per lei  sicuramente un toccasana migliore di qualsiasi degli psicofarmaci che aveva avuto la tentazione di prendere negli ultimi tempi.
Eppure, perché era scappata? Una spiegazione netta non la sapeva dare, ma era sicura che, anche se fosse potuta tornare indietro, l'avrebbe comunque rifatto. 
la cicatrice era ancora troppo fresca sul suo povero cuore? I suoi occhi erano ancora solamente per un altro? La sua anima non riusciva ad accettare i propri sentimenti? Ma, soprattutto: quei sentimenti esistevano veramente od erano un mero artifizio della propria disperazione?
Aveva paura, questo era poco ma sicuro: paura del mondo, paura dell'amore, paura di sé stessa.
Questi pensieri le stavano frullando vorticosamente in testa, quando la luce artificiale proveniente dal solito luogo, ove era posizionato il cellulare, sembrò scacciarli via completamente. I suoi occhi rilessero per ben tre volte il messaggio che era arrivato, dopo aver teso stancamente la mano per avvicinare l'apparecchio: "So che non è un bell'orario, ma.... potresti scendere un attimo?".
Alzò immediatamente il busto dal letto. Ma le gambe non volevano saperne di muoversi.
Metà di lei la inchiodava al letto, ma l'altra metà la fiondava giù per le scale. L'amico la stava aspettando.

 

La Ragazza Triste era sprofondata nel terrore.
Attorno a lei, l'acqua s'era fatta vorticosa. Infatti due correnti la stavano spingengo: una era diretta verso l'alto, verso l'incognito; l'altra era diretta verso il basso, verso quel gelo al quale aveva quasi fatto l'abitudine.
Il vortice formato dal loro contrasto sembrava essere lo stesso che si agitava nel cuore della giovane, i cui occhi stavano ancora tentando di aprirsi completamente.
In quel momento, infatti, non vedeva più nulla: né le lacrime di luce né quei rassicuranti riflessi. L'abisso le aveva inglobate di nuovo. Proprio quando sembravano così vicine, l'ennesimo ostacolo aveva respinte quelle visioni così dolceamare.
La Ragazza Prigioniera rimase nuovamente sola.
Eppure, fece uno sforzo sovrumano: aprì completamente gli occhi... e tese con vigore il braccio verso l'alto, aprendo la mano.

 

Le scale non le erano mai sembrate così corte. Aprì la porta di scatto. Si fermò appena due secondi a guardare le cristalline iridi dell'altro, ed ad ammirarne i lineamenti dolci contornati da quegli aurei capelli.
Egli stava per aprir bocca, ma la ragazza non gli diede tempo: con le braccia gli saltò al collo ed avvicinò le proprie labbra a quelle dell' "amico".
Si fermò, ad attendere una reazione dell'altro. Il suo cuore sarebbe stato di nuovo spezzato?
Chiusero ambedue gli occhi, per abbandonarsi al tiepido incontro dei loro abbracci, delle loro labbra, dei loro capelli, dei loro cuori.
Dopo una manciata di secondi, profondi interi secoli, lui si ritrasse un momento, per andare a guardare gli occhi dell'altra, contornati da frizzanti lacrime, e dire: «Non vedi quanti bei colori sono nascosti in te?».
Ella articolò i denti in un sorriso sincero, pieno d'amore. E si abbandonarono di nuovo all'estasi delle loro anime.

 

La Ragazza del Mare tornò a nuotare, vigorosamente.
Nel dirigersi verso la superificie dell'acqua, muovendosi nuovamente tra pesci colorati ed orizzonti azzurri, innalzava canti di preghiera e ringraziamento, gustando la sensazione data dalla diminuzione progressiva di pressione.

«Ho ritrovato la luce, mi darei volentieri della stupida.... ma non lo farò. Non oggi»
La Ragazza del Mare si diresse veloce ed elegante verso la spuma marina.
«Lascerò il mare. Finalmente volerò via!»

Il respirare le farà male. La sicurezza dell'acqua le mancherà. Il calore dell'oceano non permarrà, nel suo corpo. 
Ma ne sarà felice. Sarà stata una sua scelta. Volerà alta, nel cielo cristallino ed incolore.

 

Ancora abbracciati, poggiarono ciascuno la testa sulla spalla dell'altro, reciprocamente. Le loro corde vocali si mossero all'unisono:

«Ti amo»


 

-(Dedico la storia ad un'amica a cui so che la canzone cui essa è ispirata piace parecchio: alla nostra Hikari Megami ^-^)-

   
 
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