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Autore: Jack Le Fleur    30/05/2012    1 recensioni
Non avere paura, non disperare, sono ancora qui con te, sono qui con te. [...] Mi chinai su di lui e gli infusi la vita in un soffio di oro e argento. Non successe niente. Avevo fallito di nuovo.
Genere: Fantasy, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non esisteva più. Sentiva lo spirito dividersi dal corpo, riusciva a vederlo, inerme, steso su quell’erba morta ed intrisa di sangue. Non esisteva più. Era finita. La guerra era persa. Nessuno avrebbe impedito al Tiranno di prendere le terre di Xeria e distruggere l’unica cosa che poteva ucciderlo: i draghi. Il suo drago. Non avrebbe più potuto proteggerlo. Che morte miserabile quella per mano di un troll. Stupida e miserabile. Vide il suo drago scendere in picchiata dal cielo e uccidere le bestie che gli si aggiravano intorno. Elder era un bellissimo drago dalle squame verde smeraldo e gli occhi che parevano di puro oro fuso; il corpo agile e forte era attraversato per tutta la sua lunghezza da spunzoni duri come il diamante, la coda era lunga e terminava in un ammasso degli stessi spunzoni della schiena. Lanciò un ruggito e si avventò sui mostri che tentavano di avvicinarsi al suo padrone. Non rimase niente di quelle creature, se non sangue e carne putrida. Lo osservava. Nei suoi occhi si riusciva a leggere tutto il dolore e la rabbia che provava. Le emozioni gli scurivano gli occhi e con l’ennesimo ruggito scatenò una tempesta di neve e ghiaccio e, preso il corpo del suo padrone, sparì in una delle grotte vicine. Lo spirito li seguì, legato inesorabilmente al suo corpo umano e alla mente del suo drago.
La grotta era fredda, ma non un di freddo sgradevole come la sensazione che aveva avuto l’attimo prima di morire. La luce azzurra rigettata dalla tempesta illuminava Elder, donandogli una luminosità quasi eterea e malinconica. Se ne stava lì a fissare il suo padrone e a dargli qualche colpetto con il muso di tanto in tanto, nella speranza che si svegliasse. E lo chiamava. Riusciva a sentire i pensieri del suo drago da quando ne aveva memoria, ma era straziante sentirgli ripetere il suo nome sempre più disperatamente. Lo spirito si avvicinò al drago e vi entrò, esattamente al centro del petto, all’altezza del cuore e rimase lì. Lui c’era. Ci sarebbe sempre stato per il suo drago.
 
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Se n’era andato. Mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato.Come ha potuto? Avrei dovuto proteggerlo, è colpa mia! Non riuscivo a pensare ad altro che alla mia colpa. Provavo a scuoterlo, a chiamarlo, ma niente può destare un corpo morto, senz’anima. La disperazione prese il sopravvento, ma d’un tratto sentii una sorta di calore nel cuore e lui sussurrarmi non avere paura, non disperare, sono ancora qui con te, sono qui con te. Il sollievo mi avvolse con la stessa dolcezza di una morbida coperta nelle gelide notti di Sernjt. Tornai nella mia forma umana e gli carezzai dolcemente la testa. Nonostante sapessi che non se n’era andato non riuscivo a smettere di soffrire: non avrei più potuto urlargli di svegliarsi la mattina o impedirgli di farsi uccidere da qualche gnomo bracconiere, non avrei potuto ridere delle sue scarse abilità di seduzione sulle ninfe né avrei potuto riprenderlo per il suo scarso senso dell’igiene, non avrei potuto abbracciarlo per far in modo di non morire congelati la notte né osservare la bellissima espressione che aveva il suo viso mentre dormiva. Sarebbe stato con me solo in parte. Ma se c’era un difetto che avevo, era che non riuscivo ad accontentarmi di avere un po’, io volevo tutto. Forse per questi pensieri, forse per un istinto primordiale, con le lacrime che mi offuscavano la vista e che scendevano giù per le guance, lente e argentate, mi chinai su di lui e gli infusi la vita in un soffio di oro e argento. Non successe niente. Avevo fallito di nuovo.
 
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Aprì di scatto gli occhi. Elder era lì. Piangeva sul suo petto, credendo di averlo perso. Non sapeva mai accontentarsi quello stupido. Gli sfiorò gentilmente la chioma corvina e questi alzò di scatto il suo sguardo d’oro su di lui. I suoi occhi si piantarono in quelli azzurri del proprio padrone e, in un moto di felicità e sollievo, lo stritolò in un abbraccio che sapeva di erba e neve. Rimasero così per un po’, a capacitarsi di quello che il drago aveva appena fatto. Quello era il dono di cui parlava l’oracolo: la vita. Elder sapeva dare la vita. Passato il tempo che avevano a disposizione, Elder si spostò e aiutò Elihir a rialzarsi. Era giunta l’ora di tornare in battaglia. Il drago tornò alla sua forma originale e con il suo cavaliere in groppa si gettò nella tempesta. Niente sarebbe più stato lo stesso dopo quella battaglia.
 
 
 
 
 
 
Non so cosa diamine sia questo, fatto sta che mi è venuto fuori e quindi ho deciso di postarlo. Diciamo pure che se mi piace il titolo che trovo ci creo una storia sopra (cosa che, fra l’altro, non penso freghi a nessuno xD). Comunque, spero che mi facciate sapere cosa pensate di questa cosetta.
See you!
  
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