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Autore: shesfelix    30/05/2012    3 recensioni
Questa è la mia prima ff in assoluto, quindi spero siate comprensivi se non è il massimo. Ce la metterò sempre tutta per migliorare e rendere più comprensibili possibile gli avvenimenti e gli stati d'animo.
Il titolo è una frase latina che significa "se tu sarai felice, lo sarò anch'io". Se volete contattarmi su twitter, sono @shesfelix. Vi sarei anche grata se recensiste per farmi sapere come vi sembra. Grazie in anticipo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Evanna

Il viso di lui era a solo qualche centimetro di distanza. Le sue labbra, ancor meno.
Lei lo guardava assorta (molto probabilmente la natura del suo sorriso inebetito era dovuta anche a quel bicchiere di Martini che aveva trangugiato poco prima -non aveva mai retto l’alcol), soffermandosi sulle iridi. Le mozzarono il fiato, com’era già successo prima. Pur trovandosi nella semi-oscurità, riuscì ad ammirarli ancora: occhi verdi, attratti da ogni centimetro quadrato della pelle del suo viso come da una calamita.
Dall’altra stanza provenivano musica e un vocio che, pur essendo ovattati, le rimbombavano nella testa. Pensava di sentirsi male da un momento all’altro. Il profumo di lui di certo non l’aiutava, ne era inebriata; e nemmeno la sua presenza, dato che il disimpegno era alquanto stretto e la stava seppellendo tra i cappotti. Inoltre, le espirava delicatamente sulle labbra, facendola piacevolmente rabbrividire, ed era così vicino che i ricci castani le potevano solleticare la fronte.
Doveva ammettere che l’importantissimafesta che avrebbe permesso a suo padre di concludere quel grosso affare si stava rivelando diversa da tutte le altre. Non ci andava mai volentieri; avrebbe come sempre preferito uno dei suoi soliti pomeriggi di shopping sfrenato con quell’adorante quartetto che considerava le sue migliori amiche sin dalle elementari; erano inseparabili. Insomma, quell’oretta trascorsa in Rolls Royce non era stata così tanto sprecata, dopotutto. E poi, poteva giurare che quel ragazzo fosse proprio di quella cittadina. Questo le bastava per farle giudicare Holmes Chapel accettabile (per non parlare dei ragazzi) e sopportare anche un eventuale trasferimento.
Ed ecco che dopo momenti che sembrarono interminabili, lui cominciò a diminuire la distanza tra di loro, per poi doverla annullare completamente. Chiuse gli occhi in attesa, sorridendo.
Ma il contatto non ci fu. Come aveva potuto “rifiutare” una come lei? Era la più popolare della scuola e non per niente, tutti le sbavavano dietro. Non riusciva a capacitarsene. Forse non si era reso conto con chi aveva a che fare.
Riaprì gli occhi sbuffando imbronciata, e lo guardò, notando che non era più il centro della sua attenzione: il ragazzo aveva voltato il viso verso la porta e la sua espressione trasudava una certa angoscia. Gli accarezzò una guancia, riuscendo di nuovo a guardarlo negli occhi. Tuffo al cuore.
«Che succede?»
«Shh, parla più piano» sussurrò agitato indietreggiando «Ho sentito qualcuno. Io qui non ci posso stare. Se mi trovano, penseranno che…»
Fece per replicare, ma lui la zittì poggiandole l’indice sulle labbra. Gli obbedì docile sbattendo più volte le ciglia.
«Non devono trovarmi. Caccerebbero me e mia… e sarebbe la fine» continuò allontanandosi. Cercava con lo sguardo una via d’uscita.
«Guarda, lì c’è una finestra!»
Si precipitò dove indicato, cercando invano di aprirla. Stava quasi per scardinarla, quando lei, fermandolo con un gesto, fece scorrere il listello e di conseguenza entrare uno spiffero gelato dalla fessura. Le sembrò di averlo messo a disagio.
«Beh… grazie. È stato… bello, conoscerti» disse impacciato evitando il suo sguardo «Ora… direi che… dovrei andare»
«Oh…» rispose amareggiata. Quello che riuscì a fare fu restare immobile a guardarlo tenersi saldamente cavalcioni alla trave. Non poteva lasciarselo scappare così. «Com’è che ti chiami?» domandò interessata sporgendosi verso di lui.
Evidentemente lo colse di sorpresa, dato che si sbilanciava all’esterno sempre più mantenendo le distanze, fino a che non perse l’equilibrio e cadde.
«Harry… mi chiamo Harry…» rispose tra i lamenti.
Lei si affacciò. Non doveva essersi fatto male, la distanza dal suolo era minima. Ma un momento… era l’effetto della luce della luna, dell’alcol, o quel ragazzo le parve stupendo? Non ebbe il tempo di pensare. Sentì vociferare da dietro il pannello e istintivamente si girò. Doveva avvisarlo. «Dovresti sbrigarti, ho sentito…» Ma quando si affacciò nuovamente, era scomparso.
La porta fu aperta.
«Evanna! Che ci fai qui?»




Questa è la mia prima ff in assoluto, quindi spero siate comprensivi se non è il massimo. Ce la metterò sempre tutta per migliorare e rendere più comprensibili possibile gli avvenimenti e gli stati d'animo.
Il titolo è una frase latina che significa "se tu sarai felice, lo sarò anch'io". Se volete contattarmi su twitter, sono @shesfelix. Vi sarei anche grata se recensiste per farmi sapere come vi sembra. Grazie in anticipo!
  
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