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Autore: nals    01/06/2012    6 recensioni
È nascosta tra le pieghe del sipario – i piedi scalzi costretti in un angolo, lo scheletro di una sigaretta morente tra le labbra.
È una sagoma di spigoli rivestita di poca carne, Eva, ha un viso dolce e un neo scuro sul mento. Respira vivendo, vive ingoiando e rigurgitando.
A Yami.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Respiro, respiri.

 
 

A Yami,
 e a questo giorno che l’ha vista nascere,
o che è nato con lei.
 
 
 

 
 
 

È nascosta tra le pieghe del sipario: i piedi scalzi costretti in un angolo, lo scheletro di una sigaretta morente tra le labbra.
È una sagoma di spigoli rivestita di poca carne, Eva, ha un viso dolce e un neo scuro sul mento. Respira vivendo, vive ingoiando e rigurgitando.
Il custode è andato via da un pezzo. Lei ha le chiavi, è rimasta – rimane sempre. Aspira l’ultimo soffio di fumo, socchiudendo le palpebre; lo sguardo è fisso sul rettangolo buio. Non avanza di un passo – non può – si accuccia tra i tendoni scuri e aspetta.
Il palco senza riflettori è una belva pronta a sbranarti. Ringhia e dimena gli artigli per strapparti la pelle o per strapparti e basta.
[Cosa? Cos’è che vuoi strappare?]
Altra te” sembra rispondere quello, e lei sospira. Lo aspetta da secoli quel giorno, il giorno in cui lui si prenderà tutto quanto.
Eva è un guscio vuoto, una larva in continuo ciclo. Nasce farfalla, muore bozzolo –  lì, sulle assi di legno chiaro. Ed è sempre così spossante, esattamente come  ingoiare gente e poi vomitarla via. Eva ci soffre ogni volta, ma poi sputa, sputa, sputa ed è convinta che ognuno dei conati strappi, regolarmente, un grosso pezzo di lei. Un po’ di polmone, mezzo fegato, un dito del piede, uno strato di pelle.
Cercandola, tra le fauci della belva scura, Eva, si domanda cosa mai le sottrarrà Matilde una volta lasciata libera. Un rene, forse, o il crasso.
Sospira, stringendosi nelle spalle. Chi può saperlo? Solo il tempo. Lui e lo scroscio degli applausi finali, se ce ne saranno.
“Ce ne saranno, ce ne saranno, tesoro!” esclama Ada ogni volta, mentre le infila uno spillo nella carne. È tanto cara, Ada, un’ottima sarta, ma si fa prendere troppo dall’emozione.
 “Ne hai per molto?”
Il sollievo le si scioglie improvviso nello stomaco – non sobbalza, non ce n’è motivo. La conosce, quella voce.
“Nessuno ti ha chiesto di aspettare.”
[Perché fai questo per me?]
Lui sorride, stiracchiandosi sulla poltroncina. La fossetta sulla guancia sinistra è un fondale scuro e sensuale dove vogliono poggiarsi le labbra. Eva le rimprovera con un morso; la fossetta resta invece e lui aspetta.
Si chiama Davide, non Orazio o Aurelio o Isidoro, eppure a lei quel nome piace più del suo. Eva è troppo corto, troppo poco. Non lascia spazio alle pause, non concede l’eventualità di un soprannome. Non è nome adatto ad un’attrice.  Magari è l’attrice che non fa per Eva.
Davide pensa il contrario, invece. “Mi piace. Quasi quanto i tuoi occhi.” Le ha detto settimane fa. “Non riesco a non guardarli, sai? Non riesco a non volerli su di me. Guardami.”  Ha aggiunto poi e lei l’ha guardato.
“Io non riesco a fissare i tuoi, però. Mi ci perdo.”
Ha gli occhi grigi, Davide. Sono belli, belli, belli. Che Eva non riesce a guardarli è una bugia, in realtà ha solo il terrore di non poterne fare a meno.
Scorrono su di lei, adesso, mentre le si avvicina. La fossetta è ancora lì: sorride.
“Vieni?” chiede, sussurrandole sul collo.
“Sì.”
Sì, sì, sì. Mille volte sì.
Sono settimane che Davide la trascina via dal suo riparo di stoffa. Le stringe la mano e la belva inizia a far le fusa. Si sarà innamorata di Enrico IV, forse.
Fatti suoi, pensa Eva. Enrico è come Matilde: un rigurgito di carta e basta. Un giorno sparirà, trascinando un po’ di carne con se. Rimarrà solo Davide, il suo Davide. Perché rimarrà, vero?
Il teatro dorme ancora, quando quelle labbra cercano le sue. Eva le aggira, sfiorandogli la guancia sinistra con un bacio. La bocca sospira appagata prima di esser messa a dura prova.
Bacia come recita, Davide. Ti ruba il fiato, diventa respiro. E tu non puoi che pretenderlo, quel respiro. Lo vuoi, e poi ne vuoi ancora e ancora.
“Guardami” sussurra lui, restituendole solo ossigeno.
“Non ho mai smesso.”
Il respiro, già monco, si spezza all’improvviso: c’è la fossetta sulla guancia sinistra a farle rincretinire il cuore.
“Io non faccio altro da mesi.” Dice, prima di riprendere da dove aveva lasciato. I vestiti muoiono sul pavimento e la pelle va a fuoco.
Non ci sarà spazio per nient’altro fino all’indomani.
Matilde è un gomitolo di lamenti aggrovigliato in testa, Enrico sta facendo l’amore con la belva di legno. Torneranno, certo, ma fra qualche ora.
Eva non sa ancora cosa le ruberà la Marchesa una volta andata via; Davide – non Orazio o Aurelio o Isidoro – , però, le sta scassinando il cuore.
 

 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nda:  Eva e Davide mi hanno rapita ( io avrei dovuto studiare matematica -.-”)
Tutto questo è un delirio, perché in fondo “Respiro”, un senso non ce l’ha. Stavo semplicemente ricordando i miei scleri di un anno fa, quando, con la maturità alle porte, non facevo che entrare in crisi. Pirandello c’entra in parte xD
I personaggi interpretati dai miei protagonisti son tratti dall’Enrico IV, che io – ragazza tanto coerente– conosco solo a grandi linee.
Per il resto è tutto frutto del mio cervello, che tanto originale non è, dato che temi come quello della maschera o del teatro in generale sono tra i più proposti.
 Ma io son banale, cosa volete farci?
So di aver attivato una bomba a mano: ho parlato di tante cose, ho accennato senza approfondire, questo perché probabilmente ne verrà fuori un seguito (ispirazione permettendo). Non prometto niente ù_ù
AH! Per la fossetta sulla guancia sinistra(coff, coff):  qui quie sì avete capito ù.ù
 
Tu, Yami, ti chiederai per quale ragione, la sottoscritta, pensando a te e a Pirandello, abbia finito per dedicarti tale sbobba. Non è ho idea! xD O forse sì.
Pensavo ad Eva, alla consapevolezza di potersi consumare in nome delle proprie passioni, morire dedicandosi a ciò che si ama più di ogni altra cosa.
E pensavo a te o a me, alle nostre strade, alla consapevolezza di voler fare tutt’altro o forse no.
Fatto sta, che questa è tutta tua. Perdona il mio cervello e perdona me. :3
Ah,cocciuta che non sei altro, sappi che, da oggi in poi, ci sarà qualcun altro a ricordarti cosa accada d’ importante ogni primo di Giugno: me.<3
 
nalì
 
p.s. Ho deciso che preparerò l’esame di fisica pesandoti xD
 
 
   
 
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