Fredda notte sull’olimpo, Apollo non era ancora passato. Gli dei dormivano profondamente, tranne uno; stava aspettando, nascosto nell’ombra, il momento in cui tutto ebbe inizio.
La bambina, sua figlia, figlia di tutti gli dei, dormiva tranquilla, ignara, nel suo lettino di nuvole. Ade si avvicinò a quella culla, il viso della fanciulla risaltava tra quel bianco intenso.
Quella creatura era nata dalle nuvole, all’allineare delle stelle.
Crescendo avrebbe capito di essere più potente di lui, più potente di tutti. Non l’avrebbe mai permesso, anche se era pur sempre sua figlia.
Ade stava perdendo la lunga guerra. Se non faceva niente, sarebbe stato costretto ad abitare per sempre sotto terra. Posto sicuramente poco accogliente.
Per avere una meritata tregua aveva bisogno di tenerli impegnati. L’avrebbe rapita e nascosta. Sarebbero stati troppo occupati a cercarla per poter continuare a duellare. Almeno questo era quello che credeva lui.
Sollevò l’esserino, che sembrava così piccolo e innocente tra le sue grandi mani, eppure così letale per lui e per il mondo intero.
Camminò con la bambina in braccio fino alle porte dell’olimpo, poi si fermò, superate le porte non poteva tornare indietro. Sapeva che quel passo richiedevano tante conseguenze, a lui sconosciute, ma doveva tentare.
Continuò a camminare con una sicurezza che forse non aveva mai avuto. Superò il cancello dorato a testa alta. Da lì, tutto ebbe inizio.