Sapeva che non ci sarebbe stato più nessuno a proteggerla e questa convinzione evaporò con ogni lacrima raschiata d’oro.
Così, stanca, inerme, si abbandonò al piacere della morte senza risveglio alcuno.
Passò ottobre con il suo vermiglio apostrofo di freddo, passò novembre con il suo brivido di solitudine, passò dicembre, ma non passò sul serio.
La stasi che l’aveva avvolta la sgozzava piano piano, lentamente, adagio, sempre più incosciamente.
Arrivò giugno.
Giugno afoso e troppo freddo, le emicranie non passavano, non sapeva nuotare, non sapeva più parlare. Perdeva tempo, prendeva tempo.
Così tanti momenti passarono senza che nessuno le avesse mai chiesto come andava.
Ma a lei non importava, avrebbe lo stesso disprezzato ogni tipo di attenzione fasulla.
Aspettava.
Qualcosa.