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Autore: jawaadsmysoul    01/06/2012    1 recensioni
Era lì davanti a me, gli occhi sbarrati pieni di terrore. L’avevo delusa, lo sapevo, e me ne pentivo. Ma ormai avevo deciso, non sarei più tornata indietro, in mezzo a quell’inferno che era la mia città d’origine. Presi il grande trolley e il borsone che di solito usavo per andare a lezione di danza. Guardai per un ultimo momento mia mamma, gli occhi pieni di lacrime come i miei non ebbero il coraggio di guardarmi. La bocca tesa, la schiena dritta e la mente in un altro pianeta. Le sorrisi un’ultima volta, poi la lasciai come un cucciolo di cane che viene venduto quasi appena nato.
My name's Trisha, and this is my fucking life.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Viaggiare in autobus era un po’ stancante, la schiena inizia a farti male dopo due ore di viaggio, le gambe si addormentano, ma oramai non sentivo più I dolori leggeri come questi. Guardai le mie braccia coperte, e ringraziai Dio che l’uomo avesse avuto la possibilità e l’intelligenza di inventare maglie a maniche lunghe. Mi guardai intorno, poca gente.

Una donna bionda abbastanza giovane che teneva in mano una fotografia tutta stropicciata, mentre si asciugava le lacrime che scorrevano lente dai suoi occhi color miele. Attivai la vista e scoprii che l’immagine ritraeva una ragazza sorridente con il capo inclinato, che capii fosse stata lei, con accanto un uomo coperto da vestiti militari, e intuii che lui fosse un soldato dell’esercito dal cappello con lo stemma di esso. La piegò in quattro, tirando su col naso, e la rimise velocemente in tasca.
Un uomo sulla cinquantina con capelli bianchi e brizzolati, che fissava fuori dal finestrino mordendosi il labbro inferiore, che si interessava di ogni minimo oggetto che gli passava davanti agli occhi.
Un altro uomo, stavolta più giovane, leggeva delle fotocopie, probabilmente per l‘università. Sottolineava alcune frasi con un evidenziatore giallo fosforescente. Aveva capelli scurissimi e corti, portati alla marines. Ogni tanto posava l’evidenziatore sulle gambe e si mordeva un’unghia.

Non vidi nessun’altro, poiché ero seduta e la mia visuale non era molto larga. Chiunque, al posto mio, si sarebbe annoiato ad osservare movenze e sentimenti di persone sconosciute, ma per me tutto ciò era come oro. Osservare era la mia passione, insieme al disegno e alla scrittura.
Come una lampadina che si accende, mi venne un’idea. Presi il blocco di fogli che avevo sempre con me, ed iniziai a disegnare una donna in ginocchio davanti all’altare di una chiesa, con le mani protese verso il cielo in segno di aiuto, con le lacrime che colpivano, pesanti come pietre, il suo maglione, e si andavano a rovesciare sul pavimento.

Un bambino di circa cinque si avvicinò a me, osservando i movimenti che compiva la mia mano nell’usare la matita più scura e quella più chiara, senza fiatare. Lo osservai nei momenti brevi di pausa: aveva iridi blu scure, che si schiarivano leggermente nella zone intorno alle pupille, capelli corti e castani, un po’ mossi, e un grande sorriso, forse uno dei più belli che io abbia mai visto.
Decisi di mettere da parte il disegno della donna disperata e iniziai a ritrarlo. Lui stette fermo, ogni tanto spostava gli occhi sul foglio, che inesorabilmente si illuminavano. Trasmetteva felicità. Finita la parte in matita, decisi di colorare solamente gli occhi del bimbo. Feci la sfumatura attentamente, come se solo un piccolissimo errore potesse in qualche modo fargli male. Notai che c’era anche una traccia di verde nelle sue iridi. Presi anche una matita verde scusa, e ritoccai quello che era un ritratto quasi perfetto.

“Jerry, Jerry dove sei?” Una voce muliebre si avvicinava. Ne uscì una donna dai capelli castani e gli occhi verdi scuri. “Oh, grazie al cielo è con te. Grazie mille, ragazza. Sono la mamma di questo birbantello. Mi ero addormentata e appena ho aperto gli occhi non l’ho più visto accanto a me.” Prese il bambino del mio ritratto in braccio, sorridendomi.
“Tenga, è per il bimbo.” Staccai accuratamente il foglio dal mio album, e protesi il disegno verso la donna. Sul suo volto si dipinse un grande sorriso.
“Oh mio Dio, è il più bel ritratto che io abbia mai visto!” Le sorrisi, poi rivolsi uno sguardo tenero verso Jerry.  “Quanto ti devo?” La donna fece per aprire la borsa tracolla che aveva. La fermai.
“Non prendo niente da nessuno, signora, grazie per i complimenti.” Alla fine la donna si allontanò verso un posto libero, mentre il bambino mi salutava con la manina.

Venti minuti dopo, l’autobus si fermò. Presi trolley e borsone e scesi da quel mezzo in cui avevo trascorso quattro ore. Ero arrivata a Holmes Chapel, la città dove abitava mio zio. Presi un altro bus cinque minuti dopo, che mi avrebbe portata nella via da me desiderata. Non ci mise molto ad arrivare a destinazione: dopo un quarto d’ora ero davanti alla fermata di una farmacia, vicino alla quale viveva zio Roger. Intorno a me potevo osservare casette a due piani, tutte non molto grandi ma nuove strutturalmente, circondate da giardini fioriti pieni di altalene e casette per bambini.

Il numero 76 era davanti a me. Nurder, Joystick. Premetti il dito sul campanello, fino a che mia cugina non spuntò dalla porta d’ingresso e sorrise, correndo verso di me per abbracciarmi.






Ciao belle racazze! :D
Questa è la mia prima FF, non so se vi piacerà (spero di sì!)...
In ogni caso, se volete seguistmi su Twittah, questa sono io @zanzemalik
A due recensioni continuerò ^^
  
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