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Autore: yu_gin    01/06/2012    5 recensioni
La vita di Kurt e Finn è molto diversa da come siamo abituati a vederla. Le difficoltà economiche e l'impossibilità di trovare un lavoro migliore spingono Kurt ad accettare un lavoro che fino a pochi anni prima non avrebbe mai pensato di poter accettare.
Ma se sotto le luci dello Scandals incontrasse un ragazzo che potrebbe cambiargli la vita? Un ragazzo che viene dall'altra parte di Lima, quella economicamente agiata, quella dabbene, quella da cui Blaine vuole fuggire? Se riuscissero a trovarsi, nonostante tutto?
Dal primo capitolo: Ogni suo pensiero venne interrotto dall'entrata in scena dei protagonisti della scena.
Ogni pensiero su Finn o su qualsiasi altro ragazzo, ogni pensiero in generale venne semplicemente spazzato via dalla sua testa nel momento stesso in cui vide calcare la pista quello che poteva tranquillamente definire:
Il più bel culo che abbia mai visto.
[...]
«Perché? Perché noi non possiamo essere felici?»
Santana lo strinse forte e gli accarezzò la testa.
«La vita è ingiusta, Kurt, per chi è nato dalla parte sbagliata di Lima.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Lima Side Story



Capitolo 14: so proude of you



Entrò al Lima Bean e le porte si chiusero dietro di lui. Si guardò intorno alla ricerca di un viso che aveva bene in mente da quando l'aveva visto in quello stesso locale insieme a Kurt.

Lo scorse seduto ad un tavolino in un angolo, lontano da tutti mentre si guardava intorno con l'aria colpevole. Come diavolo si chiamava? David? Kurt lo chiamava Dave, se non ricordava male.

Dave lo intravide e gli fece un cenno con la testa. Decise volutamente di ignorarlo e andò a prendersi un caffè. Solo dopo aver pagato, gli si avvicinò e si sedette di fronte a lui, sistemandosi la cravatta della divisa e dando un'ultima occhiata all'orologio.

«Eccomi qui, Dave, come mi avevi chiesto.»

«Grazie per essere venuto, Sebastian.»

«Spero che la chiamata che ho ricevuto da te ieri non fosse tutta una scusa per chiedermi di uscire. In tal caso dovresti come minimo offrirmi il caffè o qualsiasi altra cosa il mio corpo necessiti per non collassare dalla noia.»

Dave ridacchiò: «Curioso. Quindi in un eventuale rapporto fra noi due, farei io la parte dell'uomo.»

Sebastian lo guardò divertito: «In un eventuale – e altamente improbabile – rapporto tu faresti la parte di quello che mi offre il caffè per ringraziarmi di bearlo con la mia presenza e per avergli fatto vivere i migliori dieci minuti della sua vita. E ovviamente io starei sopra» concluse, sorseggiano il proprio caffè.

Dave abbassò lo sguardo e a Sebastian venne quasi da ridere. Pensava sarebbe stato un avversario più temibile, invece l'aveva decisamente sopravvalutato. Lo impegnavano molto di più le pungenti conversazioni con Kurt che – sotto quella faccia d'angelo – nascondeva un sarcasmo pungente e una lingua biforcuta – cosa che, ai suoi occhi, lo rendeva molto più simpatico.

Davvero questo qui è stato il ragazzo di Kurt? Il bel commesso GAP doveva essere proprio disperato alle superiori.

«Non sono qui per parlare di me – argomento che trovo peraltro maledettamente interessante. Hai detto che dovevi parlarmi di Kurt e che c'erano alcune cose su di lui che dovevo sapere. Cose che mi avrebbero fatto cambiare idea su di lui. Beh, sappi che mi hai messo su una dannata curiosità. Quindi comincia a parlare.»

«Una dannata curiosità? Non sei neppure un pochino preoccupato?»

«Non so che idea tu ti sia fatto di me. In compenso posso dirti cosa penso di te: penso che tu sia uno di quei gay repressi della peggior specie: perché non solo tieni nascosto il tuo “segreto” ai tuoi genitori e ai tuoi amici. Tu lo neghi anche con te stesso. Fermami quando sbaglio.»

Dave tacque e Sebastian proseguì.

«Alle superiori eri uno che si faceva rispettare. Un atleta, dire. Football, a giudicare dalla massa corporea. Mi immagino come sia stato difficile per te distogliere lo sguardo dai tuoi muscolosi e sudati compagni di squadra in campo, negli spogliatoi, nelle docce. Ma, come si suol dire, lontano dagli occhi lontano da cuore. Bastava uscire da scuola e gli istinti si placavano e potevi tornare alla tua normalissima vita da finto etero.

«Ma poi ecco che compare nella tua vita un ragazzino dai tratti femminei, palesemente gay e fiero di esserlo e la tua maschera comincia a sgretolarsi. Lo guardi nei corridoi e nelle classi che avete in comune. Pensi a lui anche quando non è presente, magari mentre sei sotto la doccia o nel tuo letto. Magari pensi a lui sotto la doccia o a lui nel tuo letto. E ti sembra che con lui – così puro, così bello, così distante dai giocatori di football accaldati – sia diverso. Ti sembra meno sporco, meno sbagliato. Meno gay, perché – continui a ripeterti – sembra una ragazza.

«Te lo ripeti finché non finisci per crederci. È colpa sua, di lui che si comporta come una ragazza, si veste come una ragazza e ha quella voce così femminile. È colpa sua se ora ti piacciono gli uomini. Hai paura di perdere il nome che ti sei fatto, di venire deriso e preso in giro. E allora ti scagli contro di lui. Scommetto che, quando eravate alle superiori, non ti facevi vedere in giro con lui. Neppure gli avresti parlato, se non per insultarlo, ma vederlo con altri ragazzi ti faceva morire dentro. Non mi hai ancora interrotto, quindi suppongo di essere nel giusto.»

«Tu...tu non sai un bel niente di me. O di noi.»

«So anche troppo. Hai detto di volermi parlare di Kurt. Che scusa hai usato con lui per farti dare il mio numero? Hai detto che volevi uscire con me?»

«Io...» esitò. «L'ho presi di nascosto.»

Sebastian sorrise: «Sorprendente» commentò con sarcasmo. «Molto corretto da parte tua. Deve starti proprio a cuore la sua felicità, se sparli di lui alle sue spalle. O, aspetta, forse hai intenzione di ordinarmi di stargli lontano? Hai paura che te lo porti via?»

«Non ho paura di te.»

«Ah no?»

«Non penso che tu sia in grado di far innamorare Kurt. E non penso che sia neppure tua intenzione. Tu sembri più il tipo da una botta e via, e il tuo bell'aspetto gioca a tuo favore. Tuttavia non credo saresti in grado di mantenere una relazione stabile. La troveresti noiosa e finiresti per concederti qualche scappatella, cosa che porterebbe ben presto la tua presunta relazione ad una tragica fine. Correggimi se sbaglio.»

«Tutto corretto. Ma chi ti dice che non voglia semplicemente portarmi a letto Kurt e poi scaricarlo?»

«Me lo dice il modo in cui il tuo amico guarda Kurt, il modo in cui gli parla e l'incredibile quantità di tempo che passano insieme. Se solo provassi a portartelo a letto, il tuo amico non esiterebbe a romperti il naso.»

«Diciamo che ci proverebbe. Ma difficilmente arriverebbe a colpirmi in faccia, basso com'è. Ad ogni modo ho capito il concetto. Sono consapevole dell'attrazione fra quei due e mi duole dirti che non credo tu abbia speranze.»

«Ne avrei, se solo Kurt aprisse gli occhi e si rendesse conto quanto il tuo amico sia sbagliato per lui.»

«E perché il mio amico – il cui nome è Blaine, se ti dovesse interessare – perché non andrebbe bene per lui? Se è per i suoi imbarazzanti papillon, penso tu stia esagerando.»

«Guardati» disse all'improvviso. «Guardati e dimmi cosa vedi.»

«Un meraviglioso ragazzo?»

«Bene, ora ti dico cosa vedo io. Vedo un ragazzo di buona famiglia, che non sa neppure cosa voglia dire frequentare una scuola pubblica, dover ogni tanto tirare la cinghia, rinunciare a qualcosa per riuscire ad arrivare a fine mese. Vedo un ragazzo abituato ad avere tutto e subito. Vedo uno che l'anno prossimo andrà al college, uno dei migliori college del paese e che fra cinque anni sarà un brillante giovane laureato pronto a diventare un importante avvocato o un medico rinomato o il dirigente di qualche azienda. Ti vedo andartene da Lima per qualche grande città, ti vedo seduto in un ufficio lussuoso almeno quanto il tuo attico in centro. Ecco cosa vedo. E vedo lo stesso quando guardo il tuo amico – Blaine – o qualunque altro studente della vostra scuola.»

Sebastian seguì il suo discorso: «Ammettiamo che sia così: ci rende così tanto disprezzabili?»

«Sì, perché invece, quando guardo me o Kurt o suo fratello, vedo un ragazzo che passerà la sua vita a fare un lavoro sottopagato, che dovrà rinunciare alle vacanze per pagare l'affitto, che non riuscirà mai ad andarsene da qui. Kurt forse potrebbe farcela perché è ambizioso – o per lo meno lo era quando era ancora al liceo. Ma non abbandonerebbe mai suo fratello e così finirebbe per rimanere qui. Sarebbe costretto a vedere Blaine abbandonarlo per seguire i propri sogni e questo lo distruggerebbe.»

Si fermò e strinse il proprio bicchiere.

«Potrei aspettare. Potrei seguire l'evolversi della loro storia fino al punto in cui Blaine gli spezzerà il cuore andandosene e semplicemente raccogliere i pezzi e rimetterlo insieme. Sarebbe vulnerabile e tornerebbe da me. Dovrei solo aspettare. Ma la verità è che Kurt ha sofferto abbastanza, in parte anche per colpa mia, e tengo troppo a lui per lasciare che ciò accada» concluse.

L'aveva detto. Aveva esternato con un perfetto sconosciuto i suoi sentimenti, come non era mai riuscito a fare davanti al diretto interessato. Che diavolo c'era di sbagliato in lui?

«Il college è lontano. È appena febbraio e Blaine non partirà per il college se non a settembre. Sono sette mesi. In sette mesi farebbero in tempo a lasciarsi per ben altri motivi. Non dev'essere per forza la storia della loro vita, può essere semplicemente un flirt. O una storia di sesso.»

«Io non conosco il tuo amico, ma conosco Kurt. Ho visto come guarda Blaine e per lui non è solo un flirt. Lui...non ha mai guardato me in quel modo» disse, abbassando la voce.

Sebastian si fermò a pensare a Blaine, a quanto era cambiato in quell'ultimo mese, al coraggio che quella relazione gli stava dando. Al suo sguardo quando parlava di Kurt, alla luce che si accendeva nei suoi occhi quando solo lo nominava. No, neppure per lui era un flirt.

«E a me cosa dovrebbe importare? In fondo Kurt è un tuo amico» disse, anche se dire che non gli importasse per nulla del pungente commesso GAP sarebbe stata una bugia.

«Mettiamola così. Ripeti in continuazione che il tuo amico è incline alla stupidità.»

«Più che vero» confermò.

«E se decidesse, per dire, di non andare al college? Se decidesse di rimanere qui a Lima per rimanere al fianco di Kurt? Se gettasse via il suo brillante futuro per un amore adolescenziale.»

Le sue parole fecero gelare il sangue nelle vene di Sebastian. A questo non aveva mai pensato.

Ripeteva in continuazione quanto Blaine fosse stupido, quanto alcune sua azioni o scelte fossero stupide. E quella di rimanere nel mezzo del nulla per un perfetto nessuno di cui era follemente innamorato era decisamente una cosa in stile Blaine Anderson.

Non poteva permetterlo.

Aveva sempre sostenuto il suo amico e gli aveva sempre promesso appoggio nel caso i suoi genitori l'avessero cacciato di casa. Aveva capito quanto Blaine avesse talento in campo musicale e quanto – nonostante la sua aria svagata – fosse brillante a scuola. Avrebbe potuto benissimo frequentare le migliori università e laurearsi in tempo, se solo l'avesse voluto.

Fuori da Lima poteva essere chiunque volesse. Una volta raggiunta l'indipendenza economica avrebbe potuto andarsene e vivere la propria vita senza più nascondersi.

La sua vita era a New York, in una casa elegante, al fianco di uno splendido marito che avrebbe potuto sposare legalmente, nella città dove poteva realizzare i propri sogni. Non certo a Lima affianco ad un commesso GAP con cui avrebbe potuto solo convivere in uno squallido appartamento, rifiutato dalla propria famiglia e costretto a fare un lavoro al di sotto delle sue potenzialità.

«Non succederà» disse.

«Ne sei certo?» insinuò Dave.

No. Dannazione, non era più certo di nulla. Era convinto che Blaine non avrebbe fatto coming out con Rachel almeno fino al diploma. Era convinto che non l'avrebbe mai detto ai Warblers. Era convinto che non avrebbe mai passato l'ora di storia a scrivere messaggi con un ragazzo invece che ascoltare. E invece aveva fatto tutto ciò.

Tentò di cambiare discorso.

«Hai detto che dovevi parlarmi di Kurt e di alcune cose che mi avrebbero fatto cambiare idea su di lui. Sto ancora aspettando.»

«Mi fa piacere che tu abbia tirato in ballo la questione. Perché c'è una cosa che non credo tu sappia di lui – e forse neppure Blaine ne è a conoscenza. Vedi, il lavoro al negozio GAP è solo uno dei lavori di Kurt, per la precisione, quello diurno.»

«Perché, di notte veglia su Lima City alla ricerca dei cattivi?» scherzò.

«Niente di così eroico» disse, posando il bicchiere sul tavolo. «Ma scommetto che se te lo dicessi non ci crederesti. Potrei fartelo vedere con i tuoi occhi questa sera stessa» disse.

«Dove?» chiese solamente.

«Allo Scandals.»


Rachel raccolse il coraggio a due mani quel giorno. Si avvicinò a Finn, stringendo convulsamente la propria cartella, e disse tutto d'un fiato:

«Vorresti accompagnarmi a comprare gli spartiti?»

Finn la guardò sorpreso. Rachel gli stava chiedendo di uscire?

«Gli...spartiti?» Brillante risposta, Finn!, si disse. O meglio, sentì la voce di Kurt dire dentro la sua testa.

«Sì, per il Glee club. Il professore ha acconsentito a darmi i soldi per andarli a comprare. Volevo solo essere sicura che gli arrangiamenti fossero...appropriati. Però non mi va di andarci da sola.»

Finn prese il proprio zaino: «Certo, vengo volentieri.»

«Davvero?» esclamò raggiante. «E' fantastico!»

«Prendiamo la mia macchina?» propose, facendole strada.

Per tutto il tragitto Rachel non fece che parlare: di cosa dovevano fare per battere i Warblers alle regionali, di cosa stavano sbagliando, di quanto perfetto sarebbe stato un loro duetto e un suo assolo. Finn la ascoltava paziente.

«Scusa. Parlo sempre troppo» disse.

«Figurati. A dirla tutta non mi dispiace. È...piacevole. Sempre meglio che quei silenzi imbarazzati che calano ogni tanto quando si è da soli in macchina.»

«Lo so. Li odio anch'io. Di solito succede quando tutti e due si vuole dire qualcosa ma nessuno dei due ha il coraggio di parlare.»

Non appena ebbe chiuso bocca, calò un silenzio imbarazzato.

«Immagino tu parlassi di questo» disse Finn dopo un po'.

«Già» ammise. Dopo qualche istante si fece coraggio e disse: «E va bene. C'è una cosa di cui mi preme parlare.»

Finn si voltò un istante verso di lei, per vedere che espressione avesse il suo volto. Solo un istante, poi tornò a concentrarsi sulla strada. «Ossia?»

«Sono...preoccupata per mio fratello.»

«Blaine?» chiese.

«Sì. Nonostante sia passata solo una settimana da quando mi ha informata circa i suoi gusti, ho avuto modo di preoccuparmi.»

«Rachel, non credo di essere la persona più-»

«No, aspetta. C'è una cosa importantissima che devo sapere. Perché, vedi, mio fratello è una frana in fatto di relazioni. Non ha mai avuto una ragazza, né tanto meno un ragazzo. E quello che voglio sapere è: che intenzioni ha tuo fratello?»

Finn scoppiò a ridere, senza riuscire minimamente a trattenersi. Scoppiò a ridere all'idea che qualcuno potesse considerare Kurt uno spezza-cuori.

«Non c'è nulla da ridere! Immagino che tuo fratello abbia avuto numerosi ragazzi in passato ed essendo più grande e più maturo di Blaine non vorrei che per lui mio fratello fosse solo un passatempo. Perché lui è davvero preso da questa cosa e se venisse fuori che era solo un gioco lui-»

Finn interruppe il fiume di parole con cui la ragazzo lo stava inondando: «Ascolta, Rachel. Kurt ha avuto un solo ragazzo in passato, che l'ha lasciato ormai un anno fa. Quindi non si può certo dire che abbia una grande esperienza in fatto di relazioni. Non so a che punto siano arrivati quei due – come minimo hanno smesso di ripetere “siamo solo amici” - ma Kurt sembra tenerci davvero. Sa cosa vuol dire farsi spezzare il cuore e non lo farebbe mai. Non si permetterebbe mai di giocare con i sentimenti altrui.»

Rachel sospirò sollevata: «Mi fa piacere sentirtelo dire. Sai, quando mi hanno raccontato che la prima volta che si sono incontrati Kurt gli ha tirato un pugno-»

«Aspetta: Kurt gli ha tirato un pugno? Stiamo parlando della stessa persona? Stiamo davvero parlando di mio fratello?»

Rachel si morse la lingua, pentendosi di essere così petulante. «Gli avevo promesso di non dirtelo. Aveva detto che, se l'avessi saputo, l'avresti preso in giro a vita.»

Finn ridacchiò: «Ci puoi scommettere. Dopo tutti i sermoni che mi sono dovuto sorbire su quanto siano sbagliati i videogiochi di lotta e quanto incitino alla violenza gratuita!»

Rachel sorrise. In un modo o nell'altro l'atmosfera era tornata serena e rilassata. Quando giunsero al negozio Finn parcheggiò l'auto ed entrarono insieme.

Rachel si gettò sugli spartiti e cominciò a spulciarli alla ricerca di quello che facesse al caso suo, mentre Finn guardava con una luce negli occhi la batteria esposta vicino alle chitarre.

La ragazza lo guardava curiosa, cercando di decifrare il suo sguardo, quando una voce la fece voltare di scatto.

«Ma guarda chi si vede!»

Rachel si voltò e si ritrovò davanti un ragazzo che doveva avere qualche anno più di lei – l'età di Finn, forse. Il ragazzo in questione la fissava con un sorrisetto sulle labbra. Si avvicinò a lei, prendendole lo spartito dalle mani.

«Adele? Davvero, ragazzina? Non pensi di essere un po' presuntuosa.»

Rachel gli strappo lo spartito dalle mani, riprendendoselo. «E tu non credi di essere un po' inopportuno? Prima ti rivolgi a me come se ci conoscessimo e poi ti permetti di criticare la mia voce senza avermi neppure sentita cantare.»

«Oh, ma io ti ho sentita cantare» disse il ragazzo, mettendosi fra lei e Finn che, in quel momento, si voltò notando la loro conversazione.

«Ah sì?»

«Alle provinciali di quest'anno. Eri la solista delle New Directions o sbaglio? Sei nuova però. Non c'eri l'anno scorso.»

«Mi sono trasferita al McKinley quest'anno» rispose, cercando di liberarsi dello scocciatore.

«E perché non al Caramel?»

«Per non dover sopportare la tua faccia tutti i giorni, probabilmente» rispose Finn al posto suo.

Il ragazzo si voltò verso di lui: «Finn Hummel.»

«E' un dispiacere anche per me, Jesse St. James.»

«Pensavo che dopo aver abbandonato le New Directions prima delle nazionali, causando la loro irreparabile sconfitta nonché ricoprendoli di ridicolo, avessi come minimo lasciato Lima. O almeno che ti fossi fatto una plastica facciale di modo da rendere irriconoscibile il tuo volto da barboncino tumefatto.»

«Sei sempre così cortese. Se non mi sbaglio però neppure voi avete fatto faville l'anno scorso.»

«Ma almeno abbiamo vinto un trofeo nazionale in un secolo in cui fosse già stata inventata la musica dodecafonica. Cosa che non si può dire delle New Directions.»

Finn avrebbe potuto ribattere sottolineando che il liceo McKinley aveva vinto un trofeo nazionale nel 93, ma effettivamente non erano state le New Directions a vincerlo.

«E non credo che quest'anno andrà meglio. Le New Directions avranno anche passato le provinciali grazie alla loro solista discretamente brava» disse, facendo un cenno a Rachel «ma dubito passeranno le regionali. Se non mi sbaglio dovranno sconfiggere i Warblers e gli Oral Intensity. Ed entrambi i gruppi hanno un solista maschile niente male.»

Rachel si schiarì la voce: «Si dà il caso che la solista discretamente brava si senta perfettamente all'altezza del solista dei Warbler» ci tenne a precisare. «Senza contare che anche noi abbiamo un buon solista maschile.»

«E chi sarebbe? Quello in sedia a rotelle? O no, aspetta, forse il biondino con la bocca da trota? O l'asiatico che non apre bocca nemmeno per sbaglio?»

«Ce l'hai davanti» rispose, indicando Finn.

L'espressione di Jesse fu di puro stupore: «Tu? Dopo averli abbandonati sul più bello osi ripresentarti davanti a loro? Vuoi fare la tua uscita da diva anche questa volta? Magari il giorno stesso delle nazionali.»

«Resterò fino alla fine questa volta. Fino alle nazionali. Fino a che non impugneremo quel trofeo per sbattertelo in faccia» disse Finn.

«Lo vedremo» disse, sorridendo. «Ci vediamo a New York. Sempre che ci arriviate.»

Stava ormai uscendo dal negozio quando si voltò verso di loro e aggiunse: «Che scortese! Quasi dimenticavo: salutami il tuo fratellino. Ho sentito dire che, dopo il flop dell'anno scorso alle nazionali, si è dato ad un altro tipo di...canto coreografato.»

Finn scattò in avanti ma Rachel si intromise. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era un'accusa di violenza su un membro di un coro avversario.

Rimasti soli la ragazza si rivolse a Finn: «Quello chi-»

«Jesse St. James, ex leader e attuale allenatore dei Vocal Adrenalin. Che, mi duole dirlo, sono uno dei cori più forti dell'Ohio, se non degli Stati Uniti e che – questo duole ancora di più – non so se riusciremo a battere.»

«Hanno vinto le nazionali due anni fa?»

«Già. Quell'anno eravamo davvero forti. Se solo fossi rimasto...»

«Smettila. Sai bene perché l'hai fatto: non certo per passare ad un coro rivale o perché ti eri stancato. L'hai fatto per la tua famiglia» disse Rachel, afferrandolo per una spalla – cosa che la costrinse ad alzare non poco il braccio. «E poi hai sempre quest'anno per rifarti, giusto. E quest'anno ci sarò anch'io.»

Finn sorrise. «E poi vuoi mettere la faccia di quel pallone gonfiato quando lo batteremo?»


«Dobbiamo fare qualcosa per Finn» disse Rachel.

Gli altri del Glee la guardarono sconsolati: in quei mesi ormai avevano imparato a sopportare i suoi attacchi di follia.

«In che contesto per la precisione?» chiese Quinn.

«Siamo suoi amici e per questo dovremmo sostenerlo. E' chiaro come il sole che si vergogna del suo lavoro allo Scandals. Ne parla il meno possibile, quasi fosse illegale!»

«Non ti sorprendere, Rachel, non è certo il migliore locale di Lima! Insomma, penso sia abbastanza imbarazzante, anche perché girano strane voci su quel locale» disse Artie.

«E non sono sicura di voler sapere che tipo di lavoro faccia lì» concluse Mercedes.

«Siete scorretti! Finn fa quel lavoro per guadagnarsi da vivere! Non fareste lo stesso al posto suo?»

«Non c'è nulla di male a fare il barista, ma...allo Scandals?» disse Mike. «Insomma, poteva scegliere un locale meno equivoco.»

«Come se avesse potuto trovare di meglio!» disse Mercedes. «Sono d'accordo con Rachel» disse, strizzandole l'occhio «dobbiamo far capire a Finn che non ha nulla di cui vergognarsi e che non deve farsi problemi a parlarne con noi.»

«Se gli parlassimo lo metteremmo ancora di più in imbarazzo» fece notare Tina.

«Infatti non ci limiteremo a parlargli» disse Rachel, sorridendo. «Andremo a trovarlo sul posto di lavoro. E non di pomeriggio, quando non c'è ancora nessuno. Andremo nel momento di massimo caos e gli mostreremo come per noi non ci sia nulla di strano nel lavoro che fa. Ci presenteremo davanti a lui e ordineremo delle coke senza battere ciglio.»

Gli altri la fissarono a bocca aperta.

«Dici sul serio? Tu andresti allo Scandals di sera? Di notte?»

Rachel alzò le spalle: «Perché no? Cos'è, siete troppo perbenino per avere il coraggio di entrarci?» li sfidò. In realtà neppure lei ci sarebbe entrata da sola. Non dopo le nove di sera, almeno. Per questo doveva convincerli a venire con lei. Insieme non sarebbe stato poi così male, no?

No?


Blaine entrò nel locale e si guardò attorno con circospezione, tirandosi il cappuccio della felpa sulla testa. Non voleva farsi riconoscere.

Una mano lo afferrò per la spalla, facendolo sobbalzare.

«Con quel cappuccio in testa sembri proprio un ragazzaccio» disse una voce che riconobbe subito.

«Lo prendo come un complimento» disse, sorridendo alla ragazza.

«Ero sarcastica, hobbit. Non sembreresti un cattivo ragazzo neppure con una spranga in mano» disse Santana. «Ma questo rende il mio compito ancora più entusiasmante» disse, fregandosi le mani. «Ora seguimi, prima che Kurt ti veda.»

«Non gli hai detto niente?»

«Mi hai preso per una stupida? Non mi sono lasciata scappare neppure mezza parola. Non si aspetta assolutamente nulla.»

Blaine sospirò sollevato. Aveva un terrore assurdo di perdere il coraggio all'ultimo. Santana lo trascinò in una specie di sgabuzzino e lo schiacciò contro la parete. Poi accese la luce e lo squadrò dal capo ai piedi, scuotendo la testa.

«Ci sarà da lavorare» disse.

«Cos'ho che non va?» chiese offeso.

«Per esempio quell'aria da studente delle superiori.»

«Ma io sono uno studente delle superiori!» protestò.

«E allora fingi! Tanto per cominciare» disse, infilandogli una mano fra i capelli e scompigliandoli.

«Ehi!»

«Non azzardarti a parlare. Pensa a me che ho dovuto mettere una mano in quel nido di gel che chiami testa!» esclamò. Poi lo guardò: «Già meglio. Seconda cosa, via i vestiti.»

«Che?»

«Non pensare male, idiota. Ho altri gusti. Ma con quella camicia addosso non attireresti neppure il gay più arrapato. Insomma...in quale pianeta è permesso indossare una camicia sotto la felpa?»

«Esprime la mia personalità: badboy fuori, gentiluomo dentro!»

Santana, per tutta risposta, lo afferrò per la felpa e gliela sfilò, prima di ordinargli di togliersi quella dannata camicia. Gli lanciò dei vestiti.

«Metti questi. Senza protestare.»

Blaine eseguì, seppure scettico.

«I pantaloni possono andare. Ma ti prego: i mocassini senza calzini allo Scandals? Sul serio, Blaine?» Gli passò un paio di anfibi. «Questo è decisamente più in tono con il resto.

«Non mi sento esattamente a mio agio» confessò.

Santana sbuffò e con una mano scostò le scope appoggiate al muro e scostò degli stracci per rivelare uno specchio a parete. Indicò le loro figuro riflesse nello specchio.

«Vedi quel ragazzo?» disse.

«Mh.»

«Ora tu ti guardi in quello specchio e ti vergogni un po', perché non sei abituato a vederti così. Perché pensi di non essere te stesso, e probabilmente è così. Ed è esattamente così che si è sentito Kurt la prima volta che è venuto allo Scandals per lavorarci. È rimasto un intero quarto d'ora davanti allo specchio a guardarsi e a giudicarsi, come stai facendo tu ora.»

«Lui non è così insicuro.»

«Non più. E sai in parte anche grazie a chi?»

«A te?»

«Ad un ragazzo che una sera l'ha visto sul palco e che non ha smesso di guardarlo un solo istante. Lo stesso ragazzo che poi è diventato suo amico e confidente. Un ragazzo che non lo giudica né prova vergogna a stare affianco a lui.»

Blaine fissò la propria immagine sullo specchio.

«Pensi che Kurt si vergognerebbe di starti affianco?»

«Emh...»

«Oh, andiamo! Se si è fatto vedere al Lima Bean con te e i tuoi papillon, è evidente che ti seguirebbe anche nel reparto donna di H&M in una domenica di saldi! A lui non interessa come sei vestito. Gli interessa quello che dici, quello che fai. E le persone per cui lo fai.»

Blaine sorrise, cominciando a notare i lati positivi di quel cambiamento di look.

«Domani però torno ai miei vecchi abiti, o mia sorella potrebbe avere un infarto.»


Kurt stava finendo di vestirsi in quel momento quando entrò Santana. Si voltò a guardarla, prima di tornare a fissare la propria immagine sulle specchio. Con la coda dell'occhio intravide un sorrisetto sulle labbra della donna. Un sorrisetto che conosceva fin troppo bene. Si voltò verso di lei.

«Avanti, San, sputa il rospo.»

Santana assunse un'aria innocente: «Di cosa stai parlando?»

«Del tuo sorriso da “so qualcosa che tu non sai ma non voglio dirtelo”.»

«Non esiste un sorriso del genere» protestò.

Kurt le lanciò un'occhiata indagatrice, alla quale lei decise di sfuggire.

«Quanto ti manca?» chiese.

«Sono pronto» disse, raggiungendola. Si fermarono dietro la tenda dalla quale sarebbero usciti. Solo allora Kurt notò che Santana non era pronta. «Zietta, che diavolo-»

«Scusa, Kurt, temo non ti farò compagnia sul palco, oggi.»

«Ah no?»

«No. Ma non devi preoccuparti» lo rassicurò.

«Non devo preoccuparmi? San, vuoi farmi venire un infarto.»

«Spero proprio di no, dal momento che ti sarò accanto io» disse Blaine.

Blaine.

BLAINE?

La mente di Kurt non riuscì neppure a formulare un pensiero che non fosse: “Blaine”. Era lì, di fronte a lui. Era diverso. Niente papillon, niente divisa, niente gel.

E in effetti la vista dei suoi capelli spettinati e i muscoli – cavoli, non avrebbe mai immaginato che sotto il blazer nascondesse un simile fisico! - e quello sguardo quasi magnetico, beh, gli avevano tolto il fiato.

Solo amici, Kurt? Seriamente?, pensò, cercando di non arrossire.

«Blaine, si può sapere cosa ci fai qui? E perché sei vestito...così?»

Il ragazzo stava quasi per rispondergli quando la musica sul palco partì a tutto volume e Santana, con un provvidenziale spinta, li catapultò fuori.

Kurt non riusciva ancora a capacitarsi di che diavolo stesse succedendo, né del perché Blaine fosse lì sul palco con lui.

Lo vide leggermente impacciato all'inizio ma, via via che la musica di faceva più intensa, prendeva anche lui sicurezza.

Si sentiva...orgoglioso di lui. Orgoglioso per il coraggio che aveva dimostrato. Orgoglioso perché sapeva che ragazzo stupendo fosse. E infine si sentiva felice perché capiva che quel suo gesto era per lui. Una dedica, un modo per dirgli che per lui ci sarebbe stato.

Forse anche una dichiarazione, pensò e sperò.

Troppo preso dagli occhi di Blaine – e Blaine dai suoi – nessuno dei due notò il gruppo di ragazzi che, seduti ai tavolini lontani dal palco, li fissavano sconvolti.


Procurarsi i documenti falsi non era stato difficile. Puck ne aveva abbastanza per tutti i ragazzi, mentre per le ragazze non era servito più di un pomeriggio.

Arrivare sul posto era stato semplice: si erano stipati in due macchine, quella di Quinn per le ragazze e quella di Puck per i ragazzi.

Neppure entrare aveva richiesto particolari sforzi: era bastato mostrare i documenti e assumere un'aria vissuta. L'uomo all'ingresso li aveva fissati un po' perplesso – forse chiedendosi che diavolo ci facessero quelle ragazzine di buona famiglia in un posto come quello – ma non aveva fatto domande.

Il difficile era stato trovare il coraggio di avanzare dalla porta d'ingresso al locale vero e proprio.

«Okay, ora siamo dentro» disse Quinn. «Cosa facciamo?»

«Mi sembra ovvio» rispose Rachel «dobbiamo trovare Finn.»

«Ha detto di fare il barista: andiamo al bancone. Anche perché ho proprio voglia di una Coca Cola» disse Sam, avviandosi senza alcuna preoccupazione, seguito a ruota da Puck. Gli altri invece li seguirono guardandosi intorno in continuazione.

«Eccolo lì!» esclamò Mercedes, vedendo Finn pulire un bicchiere. Dava loro le spalle, ma la sua schiena chilometrica era inconfondibile. «Finn!» gridò, per richiamare la sua attenzione.

Nel vederli, il ragazzo sbiancò.

«R-ragazzi?» esclamò. «Che diavolo ci fate qui?»

«Sorpresa!»

Rachel si rese conto in quel momento che forse non era stata un'idea così brillante. Il volto di Finn non sembrava felice: piuttosto terrorizzato.

«Abbiamo pensato di passare a salutarti e di prendere qualcosa da bere e fare quelle cose che si fanno nei locali. Sai, perché noi siamo ragazzi di mondo» disse Artie.

Finn avrebbe voluto dirgli che in quel locale si facevano cose che lui non avrebbe neppure voluto sapere. Ma poiché dirlo avrebbe reso ancora più difficile la propria situazione, optò per il silenzio.

«Va bene. Cosa vi servo?» Doveva sembrare perfettamente tranquillo. Cercò di prendere tempo e di calmarsi.

Ordinarono delle birre e delle Coca Cole. Nel frattempo si guardarono intorno e notarono che molti dei clienti del locale stavano affluendo verso un'altra stanza.

«Cosa c'è di là?» chiese Mercede, incuriosita.

«NULLA!» La sua reazione insospettì gli altri.

«E allora perché stanno tutti andando da quella parte?» chiese Tina.

«C'è una specie di spettacolo. Ma nulla di ché» minimizzò, restando sul vago. «C'è della musica e dei...dei...ballerini.»

«Andiamo anche noi!» propose Sam. «Potremmo prendere spunto per le regionali.»

«Non credo sia una buona idea» disse Finn.

«Perché?»

Il ragazzo esitò a rispondere. Doveva dirgli in faccia cosa stava veramente accadendo nell'altra stanza? Chi si stava per esibire a pochi metro da loro?

«Finn, tutto bene?» chiese Rachel.

Un secondo dopo Sam e Puck erano spariti nell'altra stanza e Tina e Mercedes stavano cercando di raggiungerli, seguiti dagli altri. A nulla valsero i tentativi di Finn di richiamarli.

E a quel punto anche Rachel – incuriosita in parte dalla musica, in parte dalla reazione del ragazzo – decise di andare a dare un'occhiata.

Non le ci volle molto per capire che genere di spettacolo fosse.

E le ci volle ancora meno per riconoscere il ragazzo basso e riccio che ballava sul palco.

Nella fattispecie, suo fratello.

Boccheggiò qualche secondo, cercando di trovare una spiegazione valida a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi, ma fallì.

Dopo questo dovrò fare una chiacchierata con mio fratello. Una lunga chiacchierata, pensò. E, guardandolo mentre si spogliava aggiunse. E forse anche qualche mese di terapia.


Non appena lasciò il palco sentì le gambe tremargli e dovette aggrapparsi a Blaine per non cadere. L'emozione, l'euforia, il cuore che martellava nel suo petto come se volesse uscirgli dalla gola, non sapeva a cosa imputare quel tremore che quasi l'aveva fatto cadere.

«Tutto bene?» chiese Blaine.

«Benissimo» rispose ridendo l'altro. Si voltò verso di lui e sorrise. Un ricciolo più ribelle degli altri gli ricadeva con grazia sulla fronte. Non riuscì a trattenere la mano che corse a sfiorargli la fronte. «Stai-stai molto bene così.»

«Stento a riconoscermi allo specchio.»

«Sì, sei molto diverso. Ma non mi dispiace.»

E come potrebbe? Non mi dispiaceresti neppure con un costume da pinguino addosso, pensò.

La musica nel locale aveva ricominciato ad assordare i clienti e anche conversare era difficile, così Kurt spinse Blaine verso l'uscita sul retro.

L'aria fresca della sera spazzò via parte dell'euforia, lasciandoli più tranquilli. Sereni, avrebbe detto Kurt. Sereno come non lo era da molto tempo.

«Quello che hai fatto questa sera è stato-»

«Molto stupido?»

«Volevo dire molto bello, ma effettivamente hai ragione. È stato oggettivamente stupido.»

«E' la stessa cosa che mi ha detto Santana quando gliel'ho chiesto. All'inizio mi ha gridato contro dicendo che dovevo essere fuori come un balcone, poi però l'ho convinta. Devo ancora finire di ringraziarla.»

«Non riesco ancora a credere che la zietta non ti abbia spolpato vivo. Di solito è gentile solo con me. Devo essere geloso?»

«Mi ha bistrattato tutta la sera, spingendomi in uno sgabuzzino e violentando i miei capelli. Direi che non hai nulla di cui essere geloso» rispose.

Senza neppure rendersene conto si ritrovarono nel parcheggio dove, ad esclusione delle macchine dei clienti, non c'era nessuno che potesse disturbarli.

«Ti ricordi della sera che ci siamo conosciuti?» disse Blaine. «Eravamo in questo stesso parcheggio.»

«Come potrei dimenticarlo? Sei arrivato allo Scandals vestito da supplente di Inglese, ti sei ubriacato e poi hai tentato di baciarmi.»

«E tu mi hai tirato un pugno.»

«Già. Ho mollato parecchi schiaffi in vita mia, ma pugni davvero pochi. Considerati speciale.»

«Non so se essere felice o se preoccuparmi.»

«E per che cosa?» disse ridendo.

Il volto di Blaine era perfettamente serio e per un attimo Kurt tremò.

«Sai, sono cambiate così tante cose da quel giorno. Prima ero alla deriva, non avevo il coraggio di affrontare i problemi e mi limitavo ad esistere, ma senza vivere. Ora invece è cambiato tutto. È cambiato in meglio.»

Nel dire quelle parole cercò istintivamente la mano di Kurt e, nell'afferrarla, fece intrecciare le loro dita, sfiorando il dorso con i propri polpastrelli.

«Ora so di avere una sorella pronta a sostenermi e dei veri amici che mi accettano, nonostante tutto. C'è solo una cosa che manca a ché tutto sia perfetto.»

Kurt non osò chiedere. Non osò neppure sperare che quella “cosa”, quel pezzo mancante fosse lui.

«Ho detto che tante cose sono cambiate da quella sera, ma una è rimasta essenzialmente la stessa» disse, avvicinandosi a lui. «Non c'è stato giorno in questo mese appena trascorso in cui io non abbia voluto baciarti.»

Successe tutto lentamente. Kurt poté chiaramente vedere il viso di Blaine avvicinarsi al suo, le sue mani stringere le proprie. Tutto come la prima volta.

Avrebbe potuto benissimo spingerlo via, fermarlo, tirargli un altro pugno se necessario. Ma perché avrebbe dovuto?

Sentì il contatto delle labbra di Blaine con le proprie e in quel momento capì che per nessun motivo al mondo l'avrebbe respinto. Dischiuse le labbra e liberò le dita dalla stretta di Blaine solo per allacciare le braccia al collo dell'altro, che gli cinse i fianchi stringendolo.

Quanto tempo aveva sognato quel momento? Probabilmente dall'istante stesso in cui aveva visto Blaine al negozio GAP con l'aria di chi è stato appena investito da un tir e in cui aveva azzardato quelle scuse caotiche ed impacciate.

Avrebbe voluto non dover mai staccarsi da quelle labbra, pensò, mentre con le mani risaliva la forma della sua nuca fino a perdersi fra i suoi ricci.

Invece anche quel bacio finì e, non appena si staccarono, ripresero fiato, respirando l'aria fredda della sera mentre i loro nasi ancora si sfioravano.

«Temevo mi avresti preso a pugni un'altra volta» gli sussurrò Blaine all'orecchio, facendolo ridere.

«Non l'avrei mai fatto» rispose. «Con che faccia avrei poi voluto chiederti di diventare il mio ragazzo?» chiese.

Blaine lo fissò stupito e boccheggiò qualche istante prima di rispondere: «Con qualsiasi faccia, visto che la risposta sarebbe stata sì. Decisamente, assolutamente, totalmente sì» disse, tornando a baciarlo.

Avrebbero continuato a baciarsi finché avessero avuto fiato, se una voce non li avesse interrotti.

«BLAINE ANDERSON!» gridò Rachel.

Blaine e Kurt si voltarono nella sua direzione, ancora stretti uno nelle braccia dell'altro in atteggiamenti inequivocabili. Dietro a lei videro comparire le New Directions al completo, accompagnati da Santana, la quale guardava soddisfatta il risultato ottenuto.

«Mi sa che dobbiamo loro qualche spiegazione» sussurrò Kurt all'orecchio del suo nuovissimo ragazzo.

Blaine cercò nuovamente la sua mano e questa volta la strinse senza esitazione.

Comunque fossero andate le cose, le avrebbero affrontate insieme.




N/A


Eeeeeeh Ta-Daaaaaan! Bacio!

Li ho fatti penare oltre ogni possibilità di sopportazione – quattordici capitoli, ma quanto sono crudele? - ma alla fine è successo.


E ora sarà tutto rose e fiori, vero? Baci, abbracci, frasi dolci, cioccolatini e appuntamenti?

Ovviamente no. Ora arriva la Bad Romance.

* corre a nascondersi *


yu_gin


PS: altre ship in arrivo!




coming next


Le prove erano concluse e tutti si stavano dirigendo verso le proprie camere quando Wes lasciò il proprio prezioso martelletto per fermare Blaine prima che lasciasse la stanza.

«Aspetta un secondo» disse, afferrandolo per la spalle. «Non è che mi devi dire qualcosa? Tipo perché oggi sei dannatamente sorridente e perché per i corridoi cammini guardando il telefono e ridendo ogni volta che si illumina.»

«Oh, quello» disse, non riuscendo a trattenere un sorriso. «Penso sia perché l'ho baciato.»

Wes strabuzzò gli occhi: «Tu l'hai...?»

«Baciato.»

   
 
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