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Era rimasto immobile, con quel corpo stretto fra le braccia. Lo
sentì gocciolare ancora d’acqua, così Sanzo allungò
un braccio e afferrò la sua tunica, avvolgendolo con essa in modo che si
asciugasse e non sentisse freddo.
Guardò in su, verso le fronde degli alberi. Non s’era pentito di
quello che aveva fatto, stranamente. Sperava solo di non doversene pentire in
seguito.
Era incredibile… quel ragazzo gli aveva detto che lo amava. Mai
avrebbe creduto che l’avrebbe fatto. Mai si sarebbe aspettato tanta… dolcezza,
da una creatura così orgogliosa.
E forse il demone stesso ne era rimasto sorpreso, per quello
probabilmente aveva voluto ribadire chi era – a suo dire – a comandare.
Inutilmente lui aveva cercato di opporsi alla sua intrusione, ma
tra la sorpresa e la stanchezza, alla fine non ne era stato in grado.
E tuttavia neppure per quello riusciva a sentirsi veramente
arrabbiato. Aveva troppe cose per la testa, e in ogni caso non era in grado di
stabilire cosa che provasse per quel ragazzo.
Quella… cosa fra loro era nata tutta dalla rabbia, e in qualche
modo dalla loro impotenza.
Dal desiderio, sì… ma amore non ce n’era mai stato.
Forse.
C’era quel piccolo dubbio che non lo abbandonava mai.
Forse veramente avrebbe dovuto farselo dire da Goku.
Ogni volta che aveva detto, anche solo ipotizzato qualcosa su di lui, era
sempre andato drammaticamente vicino al reale.
Stirò le labbra in un mezzo sorriso e chiuse gli occhi, continuando
a stringere il corpo tiepido del demone.
Comunque fossero andate le cose, ciò che era successo non l’avrebbe
mai dimenticato. Né quello né ciò che aveva imparato a provare. Almeno questo
glielo doveva.
E poi… cos’era quello che ‘poteva’ dirgli? Sicuramente qualcosa che
lo riguardava molto da vicino, altrimenti non avrebbe fatto così tanto il
misterioso.
Lo sentì muoversi contro il suo corpo, mugolando appena ed
accomodandosi meglio, allora anche lui si sistemò meglio contro il tronco di un
albero, stringendosi addosso il giovane avvolto nella tunica.
Aveva deciso di smettere di chiedersi i perché, almeno per un po’.
Forse c’erano cose che effettivamente un perché non lo avevano.
Forse c’erano cose che il cuore reggeva da solo, e basta.
Cose come quelle che stava provando lui. Che stavano provando loro,
assieme. Perché il tentativo di Goku era stato quello
di fargli capire che cosa sentiva, come percepiva la sua vita e la sua
esistenza.
E lui… lui aveva percepito con cristallina chiarezza ciò che mai
aveva sentito prima. Una simbiosi con tutto, con la natura, con Goku, un qualcosa che non avrebbe mai pensato neppure che
esistesse.
Aveva guardato negli occhi di lui e aveva visto il sole, poi ancora
il cielo sopra le loro teste e ancora la terra di cui era figlio, e il vento
fra gli alberi, e l’acqua tutt’intorno a loro.
Tutto questo l’aveva visto nel riflesso dei suoi occhi.
E non aveva avuto paura di morire, paura di nulla.
Perché c’era lui, e in quel momento Sanzo
aveva avuto una strana certezza, assurda quanto meravigliosamente giusta: la
certezza che lui sicuramente l’avrebbe guidato fin dove sarebbe stato
necessario, ovunque.
Lo guardò un’ultima volta, gli toccò piano il volto, poi chiuse gli
occhi sospirando.
Fu con un brivido leggero che si svegliò.
Ah, quanto aveva dormito?
Prima ancora di ricordar bene dove si trovava, comunque, percepì
che c’era qualcosa di strano. Qualcosa che non andava. Non avrebbe saputo
identificare cosa con precisione.
Forse era solo per il fatto che stava calando la sera e l’aria
s’era fatta più umida e fredda.
Forse.
Provò a muoversi, e scoprì che gli doleva la schiena per aver
dormito in quella posizione.
Fu con un leggero sorriso che s’accorse che Goku
ancora dormiva.
“Ehi…” lo chiamò.
Si sollevò a sedere con fatica, spostandoselo un poco di dosso e
mugugnando per il lieve male alle spalle.
“Smettila di giocare…” gli disse, non ottenendo risposta.
Fu solo allora che se ne accorse, che capì cosa effettivamente non
andava.
Fu con un brivido di freddo ed orrore che notò che il corpo di Goku, quel corpo solitamente sempre tiepido, ardente, come
scaldato da un qualche fuoco interno che gli ribolliva dentro, pur se avvolto
nella tunica s’era raffreddato.
Per un istante non vide più nulla, vide solo il buio, e a malapena
percepì le sue dita serrarsi attorno all’abito che avvolgeva Goku.
Doveva cercare di calmarsi, anche se la confusione s’era
impadronita della sua mente.
Anche se non capiva più nulla.
Anche se al posto del suo cuore sentiva solo un vuoto enorme e
nero.
“Goku!” lo chiamò.
Serrò gli occhi e lo strinse a sé, lottando contro il dolore. Non
poteva averlo perso. Non in quel momento e non in quel modo.
Mille e mille volte avrebbe preferito ucciderlo.
“Goku!”
Lo chiamò di nuovo, quasi con rabbia, lo scosse più volte, e solo
allora, sottovoce, lo sentì mugolare.
“Nh…”
Goku aprì un occhio, poi l’altro, sbattendo le palpebre più
volte.
“Sì?” chiese a Sanzo.
Il monaco lo guardò con attenzione. Sembrava che non ci fosse nulla
di anormale in lui, la pelle del suo viso aveva lo stesso splendido colorito di
sempre.
Eppure… un particolare insinuò il dubbio nella mente del bonzo. Non
avrebbe dovuto metterci così tanto a svegliarsi. Solitamente aveva il sonno
leggerissimo e vigile di un gatto, la minima vibrazione anormale dell’aria
sarebbe stata più che sufficiente a destarlo.
“Ti senti bene?” gli domandò allora, cercando di non tradire
l’allarme che provava con la sua voce, di non mostrare la preoccupazione.
Il Seiten lo guardò, coi capelli ancora
umidicci arruffati più del solito e un’espressione sorpresa nei grandi occhi
dorati.
“Certo che mi sento bene. Dovrei stare male forse?”
“No.”
Sanzo preferì tagliare corto, ma notò che Goku
era rimasto ad osservarlo con le labbra socchiuse. Non sembrava del tutto
convinto di quella risposta. Aveva capito che qualcosa nel comportamento di Sanzo non andava. Maledetto lui e il suo intuito!
“Ero solo un po’ stanco, nient’altro”, si giustificò infatti.
Sanzo non gli diede retta, ed entrambi si rivestirono in silenzio,
un silenzio che continuò per tutto il tragitto verso la locanda.
Stranamente, fu proprio il monaco a farlo cessare.
“Cos’era quella cosa che dovevi dirmi?”
Il Seiten continuò a camminargli accanto:
“Non è che dovevo…” disse, alzando le spalle “ho detto che potevo.”
“E allora?”
“Parliamone più tardi, dove ce ne possiamo stare tranquilli, e solo
se lo vorrai.”
“Dimmi almeno di che si tratta.”
Il Seiten gli riservò una lunga occhiata
obliqua, senza alcuna traccia di sorriso sulle labbra.
“Quello che sei stato”, gli disse.
Sanzo sgranò gli occhi, senza aver compreso del tutto.
“Quello che so posso dirtelo, se vuoi. Pensaci bene.”
Lo lasciò e se ne andò, precedendolo.
Sanzo rimase solo, a pensare, a cercare di comprendere ciò che gli
era stato detto, e ciò che forse gli sarebbe stato rivelato.
Tornò ancora, invariabilmente, alla stanza dello specchio. A
guardare il Goku dormiente, dal volto tranquillo,
come se non avesse un problema al mondo.
Sanzo si chiese se avesse ancora l’anima, o se gli fosse stata
portata via dall’altro. Forse per quello non si svegliava.
Gli carezzò i capelli, sorprendendosi, stupidamente, per quanto
fossero simili a quelli dell’altro.
Sapere chi era stato… chi era quel Konzen
che probabilmente aveva contato così tanto per Goku…
Ma che cosa interessava a lui?
Ah… lo sguardo gli cadde ancora su Goku,
sulla mano che gli teneva fra i capelli, e improvvisamente uno strano senso di
colpa lo avvolse.
S’alzò. Non voleva che lui lo vedesse ancora là. Sapeva che gli
avrebbe fatto del male. Sgranò gli occhi, passandosi una mano sulla fronte.
Stava impazzendo.
Aprì la porta senza pensare, fece per uscire.
E se lo trovò davanti.
Dio, odiava quella sua capacità di essere sempre dove non voleva
che fosse.
Lo scrutava, con nello sguardo una strana sfumatura indagatrice e i
capelli che gli ombreggiavano le iridi donando loro la medesima sfumatura del
miele opaco.
Non parlava, stava poggiato in piedi contro il muro, a fissarlo.
Sanzo ebbe improvvisamente paura di ciò che avrebbe potuto dire.
Vide le sue labbra piegarsi in un sorriso sereno, tranquillo, senza
che i suoi occhi lo abbandonassero.
Ma s’erano addolciti. Sì, c’era della dolcezza.
Stette immobile, incerto, e fu solo capace di osservarlo e
attendere.
“Sta’ tranquillo,” furono le parole che udì “so che non è me che
ami.”
Non seppe definire quanto lo colpì quella frase.
Ma seppe, perfettamente, quanto nel profondo lui fosse ferito.
Lo vedeva in quegli occhi dorati. Vedeva la sofferenza, dissimulata
ma presente.
“Smettila”, gli disse allora.
Senza avere altre parole per lui. S’era insinuato in lui il timore
che, ancora una volta, avesse pronunciato una profezia. Che quelle parole
potessero avere un fondo di verità. Per questo e solo per questo non riuscì a
proferire una risposta.
Poi se lo sentì improvvisamente addosso, che lo abbracciava, e a
sua volta lo tenne stretto di rimando.
Per un istante sentirono solo il loro respiro, poi la sua tenera
voce:
“Allora? Che hai deciso?”
Tacque per un po’, pensando, e fu grato che Goku
gliene concedesse il tempo.
“No”, rispose poi “Non mi interessa chi o cosa ero.”
Goku sorrise.
Sorrise e lo baciò con tenerezza, una volta sola.
Già… ormai lui era una creatura di quel tempo. Ormai Konzen apparteneva al passato, al passato di entrambi.
Sanzo aveva le guance poggiate sui suoi capelli, e fu respirandone
il profumo che disse: “Però… c’è qualcos’altro che vorrei fare.”
Il Seiten non gli rispose, ma Sanzo era certo che lo stesse ascoltando.
“Vorrei guardare nello specchio.”
- continua -
N.d.A. Capitoletto di
transizione verso i prossimi due e in particolare il venti, quello che
concluderà la vicenda del Seiten… non ho molto da
commentare, se non che mi sta venendo un’angoscia allucinante! °_°
Vit