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Autore: LuluXI    02/06/2012    0 recensioni
“Se io fossi una pianta, sarei un salice piangente”
“Si, anche io”

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E' la storia di tre piante, questa. Una parte della loro vita di alberi, specchio di una vita molto più umana, fatta di emozioni che, a volte, si possono descrivere solo con delle metafore. Scritta senza troppe pretese, narra parte della vita di chi l'ha scritta e di chi le sta attorno
Genere: Fantasy, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Noticine pre-lettura:
A dire la verità, non ho molte pretese circa questa storia. E’ stata scritta a partire da una reale conversazione, perchè lo avevo promesso ad una persona. Contiene una parte di vita, in chiave metaforica: voi potrete forse solo intuire il tutto, chi è dentro alla situazione, invece, capirà di certo. Comunque sia, se volete lasciare un commento, anche negativo, di sicuro non mi offendo: le critiche fanno sempre bene e, magari, la prossima volta andrà meglio. (anche oerchè, a dirla tutta non so nemmeno se questa è la sezione giusta per pubblicarla).
Vi lascio dunque alla lettura, aggiungo un’ultima cosa: dedico il tutto a Bianca, una mia amica, che oggi compie gli anni. E la dedico anche alla mia omonima, Ilaria, che prende parte alla vicenda tanto quanto me e Bia.
 
 

Come salici piangenti che ardono
 
 
 

 

“In tv c’è una tizia che crede di essere una pianta!”
“Una pianta?”
“Si, una betulla”
 
C’era una volta un prato, un prato enorme, senza fine: si perdeva a vista d’occhio in tutte le direzioni, per chilometri e chilometri. Alla base di una collina, che si ergeva in mezzo al prato, viveva un salice, che immergeva le sue radici in un fiume: era giovane, quell’albero, giovane e forse un po’ ingenuo. Amava socializzare con le altre piante, e faceva ondeggiare le sue fronde al vento, lanciando sussurri ai suoi compagni.
 
“Se io fossi una pianta, sarei un salice piangente”
“Si, anche io”
“Secondo te lei che pianta sarebbe?”
“Bho, non lo so”
“Secondo me una quercia”
 
Un giorno, gli arrivarono i sussurri di un altro salice, che viveva al di là della collina: era lontano si, ma riuscivano comunque a comunicare. Si erano conosciuti grazie ad una quercia, che viveva sulla sommità della collina. Le querce sono piante solide, lo sanno tutti, e quella quercia non era da meno. Era giovane anche lei e per questo un po’ insicura, ma per i due salici era un punto fisso. Così i tre alberi iniziarono a sentirsi con molta frequenza, consci di poter contare l’uno sull’altro.
 
“Una quercia?”

“Si, la mia quercia, il mio punto fisso”
“E’ anche il mio!”
[…]
“Secondo me tu sei una quercia”
“Si, in effetti un po’ mi sento quercia… e voi?”
 
Le piante amano il vento, ma a volte il vento è beffardo, gioca con loro con troppa violenza. Un giorno il salice che viveva vicino al fiume sentì risuonare nel vento la voce di un albero lontano, sconosciuto, che abitava al di là del fiume, nella campagna. Il vento li aiutò a mantenere i contatti, in estate e in inverno e quando il vento non bastava, contribuivano le fresche acque dei ruscelli. Il salice perse completamente il controllo dei suoi rami, delle sue radici, della sua intera essenza, e lo disse all’altro salice, che si trovava nella stessa situazione: un albero, che abitava oltre le colline, era arrivato a sfiorare la sua linfa vitale. Entrambe le piante, sconvolte da una tanto vivida emozione, ne parlarono con la quercia, che a modo suo le confortava, confrontando la sua esperienza con le loro.
 
“Noi siamo salici!”
“Salici?”
“Si, salici piangenti”
 
La fotosintesi fu ben presto dimenticata: anidride carbonica, acqua, tutto passava in secondo piano per i due salici piangenti. A cosa servivano, quando potevano comunicare con gli alberi che vivevano al di là dell’orizzonte? Spinsero le loro radici sempre più in profondità, nelle viscere della terra, nel tentativo di avvicinarsi a quegli alberi che da così tanto tempo erano entrati nella loro esistenza, sconvolgendola. Eppure entrambi i salici sentivano questi alberi, una volta così vicini, sempre più distanti. I chilometri che li separavano sembravano diventati di colpo distanze insuperabili: fu allora che iniziarono a piangere.
 
“Perche salici piangenti?”
“Per le lacrime”
“Ah…”
“Si, ma piangenti non basta, noi ardiamo, vero?”
“Già”
“In che senso?”
 
Ma il vento, amico di un tempo continuò a soffiare, portando sussurri, notizie e molto altro: informazione che forse, i salici, non avrebbero voluto sentire. Oppure portavano silenzi, lunghi e interminabili, più rumorosi di qualsiasi sussurro. Si sa, le piante son fragili e, un giorno, i due salici piangenti presero fuoco. Provano emozioni, le piante? Provano dolore? I due salici bruciavano, davanti agli occhi della quercia: ardevano ma non morivano mai. Il loro fuoco brillava anche sotto la pioggia, eterno, implacabile, più forte di qualsiasi altra fiammata. Non divennero cenere e tutt’ora ardono, ardono e piangono.
 
“Mentre il dolore ci fa piangere, l’amore, la passione, la rabbia e la gelosia ci fanno ardere. Bruciano dentro, senza fine. Noi siamo salici piangenti, salici piangenti che ardono.”
 
 
 
Le ultime NOTE:
Ovviamente, immagino sia chiaro, ogni pianta corrisponde ad una delle persone che parlano. E’ davvero una storia semplicissima, non ho molto altro da aggiungere. Grazie, comunque, a chi l’ha letta e a quelli che recensiranno, se ci saranno.

 

   
 
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