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Autore: EvgeniaPsyche Rox    02/06/2012    9 recensioni
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.
-
[Questa storia ho iniziato a scriverla quando avevo tredici anni e, contando che adesso ne ho quasi diciassette, è normale che io abbia cambiato modo di scrivere, anche perché mi sto dedicando a generi differenti. Da un lato preferirei eliminarla perché i capitoli, soprattutto i primi, non sono scritti esattamente bene (Almeno, per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica). Ma ragazzi, le recensioni sono tante; questa è la prima long che ho pubblicato e mi sono affezionata.]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Tutor And Boyfriend.

13. Whispers 

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«Are you ready, baby?»
«Eh?», fece Roxas, esasperato dalle continue domande poste in inglese da parte del ragazzo seduto accanto a sé.
«Sei pronto?», Axel incrociò le braccia con l'aria di chi la sa lunga. «Speriamo solo che ne valga la pena.»
Il veicolo iniziò finalmente a muoversi, addentrandosi in un lungo tunnel oscuro; il primino si guardò indietro con aria spaesata, non essendo più molto sicuro di essere in grado di fare un gioco del genere.
''Benvenuti all'Inferno'', una voce roca e gracchiante rieccheggiò nell'ambiente circostante, facendo rabbrividire immediatamente il giovane che deglutì rumorosamente; strani rumorsi sinistri riempirono l'aria ed egli si irrigidì contro il sedile di pelle.
«Beh? E dov'è il divertimento?», continuò a chiedere insistentemente il più grande; proprio in quel momento la velocita aumentò di scatto, costringendo il biondo ad aggrapparsi alle sbarre di metallo mentre la vettura iniziava la discesa di fronte a sé.
Axel si illuminò, alzando allegramente le braccia in alto come se stesse facendo una tranquilla passeggiata in mezzo alla natura in una giornata serena. «Yuuuhuuu!»
Il veicolo si fermò improvvisamente e altri sussurri ricominciarono ad appesantire il luogo, seguiti da figure sconosciute che si avvicinarono lentamente; Roxas sbiancò di colpo, balbettando. «Oh mio Dio, oh m-mio D-Dio...»
«Venite qui, stronzi! Vediamo cosa sapete fare!», tuonò allegramente il diciottenne, sghignazzando; il primino scosse energeticamente la testa. «A-Axel, stai zitto!»
«Oh, suvvia, piccolo: sono tutti effetti speciali! Non dirmi che hai paura, mh?», lo prese in giro il più grande, sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro con fare divertito.
«N-No, figurati se ho pau-», non riuscì a terminare la frase perché lanciò improvvisamente un urlo, accorgendosi che le figure misteriose - le quali assomigliavano vagamente a Samara di ''The Ring'' - gli erano tremendamente vicine e stavano addirittura allungando la mano per afferrarlo; Roxas si aggrappò istintivamente alla spalla dell'altro, cercando di allontanarsi il più possibile da quelle mostruose braccia.
Axel sussultò di fronte a quell'inaspettato gesto, lasciando successivamente trapelare dal proprio volto un ghigno soddisfatto; quel gioco iniziava davvero a diventare interessante.
«Oh, non preoccuparti; adesso non potranno più prenderti.», bisbigliò accanto all'orecchio del biondino: più quelle orrende creature allungavano le mani, emettendo tra l'altro strani versi, più Roxas si stringeva al fulvo che sorrideva compiaciuto.
«P-Perché non se ne vanno via?»
«Adesso se ne andranno, tranquillo.», e, proprio mentre il giovane dagli occhi smeraldini disse ciò, la vettura riprese a muoversi, lasciando dietro di sé le mostruosità.
Un grido isterico seguito da una risata agghiacciante si persero nell'aria e il veicolo rosso si ritrovò improvvisamente immerso nell'acqua; Axel porse un poco la testa a sinistra, scorgendo diversi teschi che galleggiavano.
«O-Oddio...», il più piccolo impallidì, deglutendo rumorosamente mentre stringeva tra le mani la canotta nera del rosso che gli avvolse a sua volta la schiena tra le possenti braccia.
''Morirete presto e finirete tra le mani del diavolo'', di nuovo la stessa voce bassa ed inquietante che gelò il sangue nelle vene del quindicenne; il fulvo sembrò notare il suo disagio e fece risalire una mano tra i suoi capelli dorati per accarezzarlo dolcemente nella speranza di calmarlo in qualche modo.
La velocità aumentò nuovamente e le flebili luci che illuminavano il luogo si spensero di colpo, immergendo il tunnel nel bio più totale.
«A-Axel...», lo chiamò sussurrando il giovane, sentendo improvvisamente qualcosa di caldo appoggiarsi sulla propria fronte; Axel premette le labbra sulla sua morbida pelle con aria persa, rimanendo nel silenzio più completo.
Non aveva mai sentito così tante sensazioni contemporaneamente; paura, terrore, emozione ed imbarazzo.
In mezzo al buio e all'oblio dell'ambiente sentì solamente il violento battito del proprio cuore che sembrava minacciarlo di voler uscire dal petto da un momento all'altro.
Rabbrividì non appena si accorse di qualcosa di umido che gli attraversò l'orecchio, scivolando poi lungo il suo candido collo; socchiuse istintivamente un occhio, accorgendosi poi del respiro del tutor che gli accarezzava la pelle lattea.
Non ebbe il tempo di dire o fare altro che la sala si illuminò improvvisamente grazie alla fioca luce di numerose candele accuratamente posizionate nell'acqua, la quale si era tinta di un rosso scarlatto: Roxas si allontanò di colpo dall'altro con fare allarmato, guardandosi attorno nella speranza di prevedere un prossimo colpo che avrebbe potuto affliggergli quel posto.
Una voce infantile che ricordava vagamente una bambina di cinque anni eccheggiò nell'aria, cantando una strana ninna nanna che, effettivamente, fece venire una certa sonnolenza al fulvo; nonostante ciò, si voltò verso il compagno che stava tremando ininterrottamente, accorgendosi della presenza di un liquido rosso scivolato dal soffitto per potersi posare sulla sua morbida guancia.
«Non preoccuparti», si affrettò a borbottare, «non è mica sangue vero.», e, dopo averlo rassicurato, allungò la mano per passare l'indice sulla sua soffice pelle e togliere finalmente la macchia scarlatta.
Il canto cessò di colpo, trasformandosi in un urlo lacerante che fece accapponare la pelle del biondo; successivamente si udì il rumore di qualcosa di particolarmente fragile infrangersi chissà dove, mentre il veicolo riprese ad aumentare la velocità.
Dopo aver terminato numerose discese e salite che fecero venire la nausea al primino, la vettura si fermò di colpo e una falce di metallo passò in un attimo di fronte al volto dei giovani, sfiorando i loro nasi e ottenendo reazioni differenti; chi scoppiò in una risata divertita, chi sbiancò come un lenzuolo, temendo seriamente di svenire dalla paura.
''Siete riusciti a sopravvivere'', fu l'ultima cosa che l'agghiacciante voce disse mentre i due raggiunsero finalmente l'uscita; Axel sbadigliò con fare alquanto annoiato e alzò in un lampo la sbarra di metallo, tornando con i piedi per terra.
Fece per incamminarsi, quando si voltò di scatto, accorgendosi che il compagno, nel frattempo, stava ancora tremando con lo sguardo perso nel vuoto; accennò una soave risata, ripercorrendo i propri passi e prendendo in braccio il giovane, appoggiandolo poi delicatamente sul terreno. «Sei proprio un bel fifone, eh.»
Il biondo sembrò essersi ripreso un poco perché scosse immediatamente la testa, lanciandogli un'occhiata omicida. «Ma vai a quel pae-», non riuscì a terminare l'insulto perchè il diavolo dai capelli fiammeggianti gli afferrò immediatamente il polso, trascinandolo con sé. «Sssh, non rompere. Adesso ti compro lo zucchero filato e vedrai che ti riprenderai del tutto.»
L'altro farfugliò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, storcendo il naso in una smorfia imbarazzata per poi appoggiare timidamente la mano libera sul proprio orecchio, facendo scorrere lentamente l'indice fino al collo; si lasciò sfuggire un sospiro impercettibile e si affrettò a scuotere la chioma ribelle.
Molto probabilmente si era sognato quello strano contatto all'interno del tunnel. La paura doveva avergli fuso completamente il cervello con conseguenti allucinazioni.
Sì, doveva essere sicuramente così. Non c'era altra spiegazione.
«Ehi, tieni.», un'improvvisa voce lo riportò alla realtà e alzò di scatto la testa, accorgendosi che il tutor gli stava porgendo lo zucchero filato accuratamente avvolto in uno stecco da qualche secondo. «Guarda che se non lo vuoi me lo mangio io. Non c'è problema.», commentò con ironia, soffocando una risata; il più piccolo scosse energeticamente la testa, affrettandosi a prendere delicatamente il dolce. «Comunque non c'era bisogno di pagarmelo.», mugugnò poi stringendosi le spalle.
Axel non rispose, limitandosi ad osservarlo intensamente; con le mani piccole e le dita affusolate, talvolta prendeva una parte di quella nuvoletta rosa, portandosela distrattamente alle labbra sottili che non vedevano l'ora di assaggiare nuovamente lo zucchero, mentre altre volte si limitava a porgere un poco il naso per poter annusare quella dolce fragranza.
«Era davvero delizioso.», commentò improvvisamente il giovane, ottenendo come risposta un radioso sorriso da parte dell'altro che si era velocemente leccato le labbra. «Sono lieto di sapere che ti sia piaciuto.»
Il primino annuì timidamente, mostrando poi le proprie mani appiccicose a causa di quella sottospecie di ragnatela rosa. «Dov'è il bagno?»
Il fulvo lo scrutò intensamente con le proprie iridi smeraldine per poi afferrargli di scatto una mano, portandosela lentamente verso le calde labbra; Roxas arrossì violentemente non appena si accorse che il tutor aveva iniziato a succhiare delicatamente le sue piccole dita per togliere una parte dello zucchero rimasto. «Non abbiamo tempo di lavarci le mani.»
Il più piccolo allontanò di colpo la propria mano con le gote imporporate, spostando lo sguardo altrove mentre il compagno si stava guardando attentamente attorno, illuminandosi poco dopo. «Bene, andiamo lì!», esclamò indicando alcune tazze che ruotavano ripetutamente su se stesse.
Non attese neanche il consenso dell'altro che lo prese spontaneamente per mano, iniziando a correre verso il luogo deciso; l'allegro sorriso dipinto sul volto del rosso fece però immediatamente posto ad un'espressione irritata, notando la lunga fila di fronte a loro.
Sbuffò, mentre il biondo si guardò diverse volte attorno, tremendamente a disagio; Axel notò il suo sguardo impacciato e si chinò per raggiungere la sua altezza. «Ehi, che c'è? Ti danno fastidio tutte queste persone?»
Roxas sussultò appena d'innanzi alla premura del diciottenne, ma scosse timidamente la testa, sperando di essere convincente; Axel scoppiò in una fragorosa risata, consapevole della sua piccola menzogna dovuta al suo orgoglio. «Scommettiamo che riusciremo ad entrare subito?», chiese retoricamente, ottenendo come risposta una smorfia perplessa da parte del compagno.
Sorrise appena, stringendogli ulteriormente la mano prima di iniziare a correre, spintonando numerose persone ed ignorando i loro sguardi infuriati. «Scusate, scusate! C'è mia nonna davanti e dobbiamo assolutamente raggiungerla! Peeermesso gente, levatevi!», continuò ad urlare come una sirena impazzita, soffocando con estrema fatica una squillante risata, mentre il biondo tentava di stargli dietro; si voltò con aria imbarazzata, alzando la mano libera in segno di scuse di fronte ai volti irritati dei passanti.
«Beh? Che ti avevo detto?», lo incalzò il fulvo tirandogli scherzosamente una gomitata allo stomaco, pagando velocemente alla cassa.
«Sì, però non abbiamo fatto una cosa molto bel-», venne immediatamente interrotto dall'altro che lo strattonò appena, trascinandolo verso una tazza viola e azzurra. «Dai, Roxas, tocca a noi!»
Borbottò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé mentre Axel prese posto, facendo sedere anche il biondo con un allegro sorriso dipinto sul volto; allungò le braccia verso il volante celeste, iniziando a muoverlo lentamente e facendo prendere velocità alla tazza.
«Vedrai, ti divertirai.»
«Sì, ma non andare troppo veloce.», si affrettò a raccomandare il giovane dalle iridi blu, deglutendo e ottenendo una grassa risata da parte del tutor. «E altrimenti dove sarebbe il divertimento?», e, dopo aver detto ciò, fece girare con più forza il volante che costrinse la tazza a ruotare su se stessa con maggiore velocità.
«Axel, non...», il biondo non terminò la frase che sentì la propria schiena incollarsi al sedile giallo; sbattè più volte gli occhi blu cobalto, accorgendosi che il mondo intorno a sé si stava trasformando in una macchia colorata e indistinta.
Improvvisamente si lasciò sfuggire una risata cristallina, riuscendo a distinguere solamente i lineamenti del volto del diciottenne di fronte a sé che cercò di muovere con maggiore forza il volante, accorgendosi che il compagno si stava divertendo.
«Axel, più veloce! Più veloce, ti prego!», lo incitò continuando a ridere allegramente il più piccolo; l'altro annuì immediatamente, senza riuscire a distaccare le iridi smeraldine da quel volto illuminato da uno splendido sorriso.
Bellissimo. Era davvero bellissimo.
Sorrise anch'egli involontariamente, contagiato da quella risata così soffice che gli stuzzicava l'orecchio; non appena si accorse che il turno era terminato, allontanò un poco le mani dal volante, mentre la tazza rallentò fino a fermarsi del tutto dopo una decina di secondi.
Axel scese dal gioco con un balzo, aiutando il primino, il quale stava ancora ridendo appena, a fare altrettanto.
Non riuscì a smettere di guardarlo. Era impossibile. Una dannata calamita che gli divorava gli occhi; Axel gli strinse nuovamente la mano, continuando a sorridere con calore.
Desiderò ardentemente vederlo ridere nuovamente.
Volle vederlo ridere ancora, ancora e ancora. All'infinito.
Si guardò attorno e adocchiò un altro gioco, costringendo il giovane a seguirlo.



Sentì il profumo dello zucchero filato e dei pop-corn riempirgli le narici, mentre osservò il pavimento sotto di sé con fare assorto; aveva passato una giornata strana, questo poco, ma sicuro.
Dondolò un poco i piedi per poi allungare le gambe sulla panchina, rannicchiandosi e stringendosele al petto; socchiuse lentamente gli occhi con fare spossato.
Una giornata strana e stancante. In fondo aveva diritto ad un pò di riposo.
Così tante emozioni erano in grado di rissucchiargli completamente le forze.
E, proprio mentre stava per lasciarsi abbandonare tra le braccia di Morfeo, un'improvvisa voce a lui familiare gli fece sgranare di scatto le iridi blu cobalto. «Roxas? Sei tu?»
Alzò la testa ed incrociò quegli occhi che erano così dannatamente simili ai propri; cercò di ricomporsi e accennò un flebile sorriso. «Naminè, ciao.»
La ragazza ricambiò con altrettanta dolcezza il sorriso, stringendo a sé il tanto amato album da disegno. «Non ero sicura che fossi tu perché avevi il volto nascosto tra le gambe e, soprattutto, perché non mi aspettavo di trovarti in un luogo del genere.»
Roxas si lanciò una fugace occhiata attorno, tornando poi a concentrarsi verso quel volto incorniciato da lunghi capelli dorati; sbattè più volte le palpebre, inclinando la testa su un lato. «Perché?»
La giovane si sistemò una ciocca fastidiosa di capelli dietro l'orecchio sinistro prima di riprendere la parola. «Perché tu non sei un tipo che ama il caos.», e continuò a sorridere.
Se c'era una cosa che lo aveva colpito immediatamente era proprio la maniera in cui Naminè riusciva a capirlo, senza bisogno di spiegazioni o di parole.
«E tu come fai a saperlo?», domandò dopo qualche secondo di silenzio, sempre più perplesso.
Il sorriso della bionda si spense di colpo, come una lampada bruciata. «Ti osservo, Roxas.»
Lei riusciva a capire lui, ma lui non riusciva mai a capire lei.
«Mi... Osservi?», ripetè lui con aria confusa, stringendosi istintivamente contro la panchina di legno; lei annuì lentamente, avvicinandosi un poco al ragazzo. «Non riesco a ritrarti, Roxas.», bisbigliò improvvisamente con le iridi cristalline rivolte verso il basso, facendo un altro passo fino a poter sfiorare le sue ginocchia con le proprie.
«C-Cosa?», domandò confuso il biondo, guardandola intensamente, quasi volesse cercare di decifrarla in qualche modo.
«Non riesco a ritrarti.», ripetè, alzando un poco lo sguardo prima di riprendere a parlare. «Non mi era mai successa una cosa del genere; sono sempre riuscita a dipingere qualsiasi oggetto, qualsiasi paesaggio, qualsiasi persona, anche senza bisogno di guardare il mondo direttamente. Ma con te no, Roxas. Non riesco a ritrarti, a disegnare i tuoi occhi. Nemmeno i tuoi lineamenti.», sembrò una rivelazione, perché gli occhi di lei stavano luccicando appena, ma, al tempo stesso, sembravano vuoti e a Roxas parevano riflettere solamente la propria immagine.
Non riusciva mai a capirla; era come una bolla di sapone, scoppiava sempre nell'attimo prima che lui riuscisse a toccarla, anzi, addirittura a sfiorarla.
«Naminè, io...», si sforzò di parlare, ma venne immediatamente interrotto dalla fioca voce della giovane. «Domani potremo vederci, Roxas? Vorrei ritrarti.», sembrò improvvisamente più decisa e si era messa una mano al petto, mentre con l'altra strinse con forza l'album.
Di fronte a quell'espressione che sembrava nascondere tutta la purezza più splendente del mondo, Roxas non riuscì a fare a meno di annuire meccanicamente, osservando un punto perso di fronte a sé. «Sì, io... Io credo di sì.»
Lei tornò a sorridere. «Allora domani alle 14.00. Al parco, quello vicino al lago.»
«Roxas!», una terza voce fece voltare di scatto i due giovani verso il nuovo arrivato; Axel, con le mani dietro la schiena, li osservò a sua volta con espressione accigliata. «Naminè, che ci fai qui?», chiese poi aspramente, guardando la diretta interessata con freddezza.
«Volevo solo salutare Roxas.», spiegò lei con la solita calma, tornando ad osservare il giovane di fronte a sé. «Allora ci conto.», bisbigliò poi con aria persa prima di voltarsi e correre, senza lasciare neanche il tempo all'altro di alzare la mano in cenno di saluto.
E rimase lì, immobile, a guardare il punto in cui prima vi era stata la ragazza che non riusciva mai a capire.
«Roxas.», si sentì improvvisamente chiamare e voltò di scatto lo sguardo, incrociando un paio di iridi smeraldine che sembrarono più scure del solito.
Gli parve di vederlo arrabbiato, ma non riuscì proprio a spiegarsi il perché.
Il tutor allungò le braccia che prima nascondeva dietro la schiena, mostrando un piccolo orsacchiotto dal volto sorridente; Roxas sgranò istintivamente le iridi blu, afferrando il regalo con titubanza per poi appoggiarlo sulle propria ginocchia, scrutandolo intensamente.
«Ti piace?», domandò improvvisamente il più grande, prendendo posto accanto al biondo che annuì timidamente. «Sì, molto.»
«L'ho preso per te, Roxas.», sentì improvvisamente la propria mano venire avvolta da quella calda del compagno che lo stava osservando intensamente, troppo intensamente.
Roxas voltò istintivamente lo sguardo, sperando che l'altro facesse altrettanto, ma così non fu. Continuò a guardarlo, a scrutare ogni più piccolo respiro del giovane dagli occhi blu, ogni più piccolo movimento di quelle sottili labbra rosee.
Il primino alzò appena le iridi di fronte a sé e si illuminò; in quel momento, alla vista di suo fratello e di Riku, avrebbe voluto gridare di gioia e ringraziare il Cielo per aver interrotto un momento così pesante.
«Roxas! Axel!», Sora corse verso i due, buttandosi in un attimo tra le braccia del biondo con un allegro sorriso dipinto sul volto. «Vi abbiamo cercato ovunque! Sotto i lavandini dei bagni, nei gabinetti, nel parco per bambini...», e iniziò a parlare a raffica, nominando i numerosi luoghi visitati.
Riku li raggiunse con il solito passo lento e indifferente; incrociò poi le braccia, sollevando un soppraciglio con aria rimprovera. «Roxas, si può sapere dove ti eri cacciato? Tua madre mi ha chiamato un sacco di volte, sai?»
Il diretto interessato si strinse impacciatamente le gambe, storcendo le labbra in una smorfia infantile. «Ecco, io stavo...»
«Abbiamo fatto diversi giochi, non vedo dove sia il problema.», si intromise improvvisamente il diavolo dai capelli fiammeggianti, stiracchiandosi e alzandosi. «Vi abbiamo cercato anche noi, ma non vi abbiamo trovato.», mentì spudoratamente per poi lanciare un'occhiata d'intensa al più piccolo, il quale serrò istintivamente le labbra.
«Bene, allora andiamo?», domandò poi l'albino; Sora annuì energeticamente, prendendolo per mano e trascinandolo all'uscita, ricominciando i propri discorsi senza senso; Axel, nel frattempo, si mise le mani dietro la testa, voltandosi verso il biondo che si alzò lentamente, stringendo tra le braccia il peluche. «Grazie, Axel. Sia per il regalo che per la giornata. Mi sono divertito molto, davvero.», e accennò un candido sorriso che fece perdere un battito al diciottenne.
Lo osservò a lungo e temette seriamente di potersi sciogliere sul posto.



Si strofinò gli occhi, sbadigliando prima di appoggiare la schiena contro il morbido cuscino; allungò successivamente la mano verso il libro sul comodino, accendendo l'abat jour.
In realtà la sua intenzione fu quella di divorarsi almeno un paio di capitoli, ma riuscì a leggere solamente tre pagine perché sentì il vibrare il proprio cellulare; ringhiò qualcosa, chiudendo con un tonfo il libro con aria estremamente scocciata, premendo il tasto verde prima di portarsi l'apparecchio all'orecchio sinistro. «Pronto?»
«Roxas, sono io.», all'udire quella calda voce a lui familiare, sussultò, sorpreso: lo aveva visto qualche ora fa, gli aveva dato il proprio numero di cellulare e già lo chiamava la sera stessa?
«Axel, ciao. Hai... Hai bisogno di qualcosa?», chiese con estrema titubanza, senza sapere come comportarsi di fronte a quella strana situazione.
«Veramente no. Volevo solo parlare un pò.», e il suo tono di voce si abbassò improvvisamente.
«Oh, va...Va bene, sì.», borbottò lui con aria perplessa; un soffocante silenzio calò tra i due, il che fece venire una certa ansia al biondo. Si morse istintivamente il labbro inferiore, sforzandosi di trovare qualcosa da dire, senza grandi risultati.
Ma in fondo perchè si preoccupava tanto, poi? Non era stato mica lui a chiamare, di conseguenza non era un suo dovere cercare qualcosa di cui parlare.
Lasciò vagare lo sguardo nella propria stanza, appoggiando istintivamente le iridi blu cobalto sull'orsacchiotto accano a sé, mentre con la mano libera sfiorava distrattamente la copertina verde del libro che stava leggendo poco prima, rileggendo il titolo più e più volte, come se già non lo conoscesse.
E, proprio mentre stava per inventarsi qualche scusa per chiudere l'assurda chiamata, il diavolo dai capelli fiammeggianti prese la parola. «Ieri, in bagno, stavo per farti una domanda, ma è arrivato tuo fratello e ci ha interrotti. Ricordi?», la sua voce gli sembrò stranamente tesa, ma, molto probabilmente, si disse, doveva essere l'effetto della linea che giocava brutti scherzi.
Roxas annuì meccanicamente, nonostante non fosse proprio sicuro di ricordare questa famigerata domanda. «Beh, fammela adesso.»
Gli parve addirittura di sentire l'altro prendere un respiro profondo prima di riprendere a parlare.
«Per caso c'è qualcuno che ti piace, Roxas?»
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*Note di Rox'*
Porco pinguino, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Il fatto è che sono riuscita a terminare di scrivere il capitolo solamente ieri - Tutto ciò grazie al fatto che oggi non c'era scuola, yeah. <3
Okey, no. Non c'è niente da gioire perchè in realtà mi sono fatta un culo così per questo capitolo. E non sto scherzando; infatti proprio mentre, un paio di ore fa, avevo terminato di correggere tutto, il capitolo si è cancellato.
Ecco, sì. Tralasciando le bestemmie -E, diamine, non avevo mai bestemmiato prima d'ora è_é- e le parolacce che ho gridato da tutte le parti, mentre mia madre cercava, inutilmente, di rassicurarmi con un : ''Oh, no, vedrai che non si è cancellato!''
Alla fine, con mia enorme pazienza, l'ho riscritto, nonostante il sangue, il sudore e la fatica. Il che, ovviamente, ha tardato tutti i programmi che avevo per oggi, ma dovevo farlo, se non volevo dimenticarmi completamente ciò che ho scritto ieri sera °-°
Well, andiamo avanti.
Siamo quindi giunti al tredicesimo capitolo, dove, praticamente, il nostro caro Roxas è una specie di calamita umana per pagliacci e ragazze ambigue che amano disegnare (?).
Insomma, come al solito mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento; e, porco pinguino, vi prego di recensire. Cioè, se la gente legge senza commentare, tanto vale non pubblicare le storie, no? -Ennesima dimostrazione della simpatia della suddetta autrice-
Uhm... Che altro dire, oh, sì; vorrei ringraziare in particolare 'kalea95' e 'Endo' per avermi aggiunta tra le autrici preferite. Sono lusingata, davvero.
Spero vivamente di poter aggiornare domani La Terra Di Mezzo ;_; -Sì, dico sempre così, ma poi non faccio mai nulla D:- ; cioè, cercherò di scrivere il secondo capitolo 'sta sera :'D
Finalmente l'ultima settimana di scuola. Poi ci sarà la libertà.
Non ho altro da aggiungere. Vi auguro di passare un buon week-end.
Alla prossima.
E.P.R.

 

   
 
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