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Autore: Cassandra Morgana    02/06/2012    1 recensioni
Sullo sfondo chiaroscurale di un'Accademia d'Arte Drammatica con troppe maschere da indossare e una posta in gioco che sale, tre ragazzi si incontrano.
Elena vince il proprio mal di vivere grazie a un'amicizia speciale, al ritrovato coraggio di gestire i conflitti e a un forte altruismo; si scontra con Isa, la sua nemesi, voce contraria e complementare che cerca di tessere una storia opposta.
Andrea, ragazzo ambiguo e dalla lingua affilata, vuole recuperare la stima di chi, troppo tardi, si è reso conto di amare.
Gabriele imbroglia la propria depressione fumando spinelli, nutre sentimenti ambivalenti verso Andrea e gioca da burattinaio.
Tra pettegolezzi sussurrati, volontà opposte in rotta di collisione, ambizioni frustrate, gelosie, complotti sotterranei, storie di ordinaria omofobia, dark enigmatici, musicisti irascibili, ex amanti, amicizie inossidabili e amori taciuti, in una storia in cui ognuno vuole far sentire la propria voce, resta solo stabilire chi sia Cleopatra e chi il serpente che le insidia il seno.
[Storia sesta classificata e vincitrice del premio "Stile e scrittura più originale" al contest Chi è normale non ha molta fantasia - La storia più originale su EFP, indetto da Butterphil]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il bacio dell'aspide ~ la serie'
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Capitolo 36

Scacco alla regina

 

La tensione è una ragnatela che ti s’impiglia alle dita, che cerchi di spazzare via mentre guadagni terreno verso di lei. Il gelo nel cuore.

Lei. La sua migliore amica…!

L’ha tradito e umiliato.

Lo fissa come un intruso, come un nemico. Chiusa in un silenzio colpevole, le braccia intrecciate sul petto come uno scudo. In bilico tra l’orgoglio ostinato di tacere, il torrente di parole che vorrebbe vomitargli addosso, e il livore di mesi. Alla fine ha scelto di tacere.

Prevedibile. Non se l’aspettava.

- Non mi fai neanche entrare? Restiamo qui sulla porta? – Andrea inarca un sopracciglio, sarcastico: meglio approfittare del leggero vantaggio da effetto-sorpresa e vibrare la prima stoccata; e soprattutto, via ogni riguardo – O forse qua dentro raccomandati e froci non sono graditi, dico bene? – infierisce – Pensa se ci vede il tuo amico Riccardi…!

- Andrea, non dire stronzate! – Isa scatta indietro, un lampo d’ira nelle iridi cerulee, scostandosi e dandogli via libera.

- Credo che noi due abbiamo un po’ di cose da chiarire – Andrea si lascia andare sul divano-letto, disinvolto.

Soppesa quasi con cattiveria la sua faccia sconvolta. Le labbra atteggiate a broncio e quel continuo guardarlo in cagnesco.

- Hai l’imbarazzo della scelta – gli sussurra Isa, glaciale – Due mesi, Andrea! Due mesi che non ti sei fatto vivo. Mi ignori come se non esistessi! Hai tratto da solo le tue conclusioni e non mi hai chiesto nulla.

Andrea si stringe nelle spalle. Non fa una grinza.

- Potrei dire la stessa cosa, cara.

- Adesso sarei io a dovermi scusare? A darti spiegazioni? – incalza Isa, decisa a ribaltare i ruoli di accusa e accusato.

- Beh, hai confidato i tuoi “dubbi” a tutti tranne me, che sono il diretto interessato. Potevi mandarmi affanculo, non dico cospargerti il capo di cenere, invece hai preferito seguire i pettegolezzi idioti, aggiungerne altri, affidarti al tuo istinto infallibile e alle cazzate di Alberti e Riccardi. Adesso ti sei anche messa a dare il tormento a Elena. Vuoi carpire pezzi di verità ma senza esporti, è così?  Per evitare il faccia a faccia con me. Hai paura?

- Ah, lo chiami così! Dare il tormento… – Isa si scherma le labbra con la mano, mascherando una risatina maligna – La vipera ha fatto la spia, è venuta a lagnarsi da te, il suo cavalier servente. L’ha recitata bene, la parte della povera vittima?

Andrea si prende il volto tra le mani, esasperato.

- No. Isa, ti spiace se evitiamo questi giri? Il fatto qua è che io mi sono rotto il cazzo – sbotta – Mi sono ampiamente rotto il cazzo. Di tutto. Di situazioni che si trascinano da mesi. Di te, di voi che pontificate sulla mia vita, che cercate pretesti per infangarmi…

- Pensavo te lo fossi rotto tempo addietro – Isa è passata all’invettiva – Bastava dirlo: ti stavo stretta. Potevamo parlarne. Invece hai fatto tutto da solo: dovevi attribuirmi la parte scomoda. E farmela pagare alleandoti con una smorfiosetta che detesto, e uno che ti voleva morto fino a ieri. Patetico.

- Non hai capito – Andrea solleva lo sguardo, flemmatico, la collera tenuta sotto controllo da una rete di nervi d’acciaio: forse per una volta ha lo spirito giusto – Non hai capito nulla. Sei così concentrata su te stessa che non ti sfiora manco per sbaglio che io possa rapportarmi con altri esseri umani e che non lo faccia per fare un dispetto a te o dimostrarti chissà che cosa. Io ed Elena siamo amici, che ti piaccia o meno; delle tue cattiverie non so che farmene. Ti senti in competizione con lei, ma è un tuo problema. Io e Gabriele abbiamo fatto pace da secoli, ci siamo confrontati da persone adulte. Se vuoi farti due risate, ti confido che stavolta le notizie erano vere: sono innamorato di lui. Contenta? Hai la conferma ufficiale. Adesso puoi piantarla di chiedere in giro. Faccio prima a spiegarti io: Gabriele mi piace, mi piace da starci male, e non mi vorrà mai. Il vostro giochino di mettere zizzania ha dato buoni frutti. Missione compiuta: avete mandato tutto a puttane come nei patti. Altre domande?

- Sei assurdo! – Isa si lascia andare sulla sedia accanto al letto, torcendosi le dita – Non puoi incolparmi delle tue cazzate! Tu vorresti fartelo, rosichi perché lui non ci sta, e cerchi dei colpevoli. Io non so che farci, non te l’ho ordinato io di trattarlo di merda fino a farti odiare. Hai buttato alle ortiche quello straccio di rapporto che avevate, l’hai perso e mo’ lo rivuoi indietro… fai quasi tenerezza. Io però a uno come lui ci starei ben attenta…

- Basta! – Andrea solleva un sopracciglio, la faccia che si sforza di restare neutra: forse si sta scoprendo troppo, e Isa è capace di metabolizzare ogni battito di ciglia e rigirarglielo contro al momento opportuno – Non sei tu quella che l’ha fatto a pezzi? Che quando litigavamo, raddoppiava la dose? Ti sei goduta lo spettacolo. Negalo, se sei brava, di’ che non ti è mai stato sulle scatole, non abbastanza da rendergli la vita difficile appena potevi. Chissà, mi sarò sognato tutto…

- Ero in buona compagnia – Isa serra le mascelle, un ringhio appena percettibile – La tua. Senti chi parla, Andrea: eri il primo a spalargli fango addosso, prenderlo in giro, sentirti superiore. Ora vorresti incolpare me, raccontarti che è stato qualcun altro a imboccarti certe carinerie. Tutto perché un bel giorno il gingillo che hai tra le gambe ti ha suggerito che di farsi Derossi ne valeva la pena. Il resto è arrivato da sé. Chi è causa del suo male, pianga se stesso – soggiunge, una punta di perfidia sottolineata dal sorrisetto sghembo che le spunta sulle labbra.

- Va bene – Andrea solleva gli occhi al cielo, incassando la mezza sconfitta – Diciamo che è stato un concorso di colpa. Però non mi hai ancora detto di cosa volevi parlarmi tutto questo tempo – cinguetta – Tutto il tempo che hai passato a chiedere di me.

- Di cosa dovrei parlarti? – Isa spalanca le palpebre, interdetta.

Maldestra trovata dell’ultimo secondo per guadagnare tempo e, se possibile, sviare. Andrea sorride, spazientito.

- Non sei tu che parli sempre di me, che ti interessi a tutto ciò che faccio…? Tranquilla, non ti mangio! Ora sono qui. Non aspetto altro che mi sottoponga i tuoi dubbi.

Isa si fissa la punta delle scarpe, soprappensiero.

- Sei cambiato. Sei un’altra persona. Ti comporti come se non esistessi e non dai spiegazioni.

- Te l’ho già detto – Andrea si ravvia i capelli all’indietro – È esattamente la stessa cosa che hai fatto tu, e posso spiegarmi tranquillamente il perché. Non devi fartene una colpa: hai fatto una scelta, hai preferito stare dalla parte di Alberti anziché dalla mia. Quando hai visto che per me marcava male, hai scelto il carro del vincitore e ci hai messo pure di tuo, sputtanandomi in gran stile. È tutto molto chiaro: io ero debole, Alberti era forte. Hai scelto lui. Ti sei riservata di riacciuffarmi per i capelli in un secondo momento, ma alla fine, tutto sommato, che bisogno hai di me?

- Andrea, mi dispiace.

- Troppo comodo! – Andrea distoglie lo sguardo, un accesso di nervosismo che gli fa tremare le palpebre.

Isa si sporge verso di lui, il volto acceso di chi vuole giocarsela tutta.

- È stata lei, vero? Cosa ti ha detto?

- Lei chi? – Andrea gesticola, nervoso.

Sa già la risposta, ma preferisce sentirlo dalla sua bocca.

- Loria! Chi, se no? – Isa sputa quel nome come un limone acerbo – Sbuca fuori dal nulla, cominciate a frequentarvi, da quel momento cambi faccia e inizi a farti un sacco di paranoie. Oppure lo fai apposta: quale modo migliore per darmi fastidio, se non scegliere proprio lei?

Andrea stira le mani davanti a sé, sornione.

- Allora lo ammetti: sei gelosa di lei, hai paura che qualcuno ti rubi i giocattoli. Mi spiace per il tuo complesso d’inferiorità…

- Inferiorità?! – Isa ha alzato la voce, zittendolo di colpo – Io inferiore a quella? È solo che non capisco cosa ci trovi. Che è una dei pochi che ancora ti sopporta, coi tuoi sbalzi da schizofrenico e le tue battaglie stupide? È questo il problema, Andrea? Volevi la tua guerra personale, la tua causa persa da sposare. Volevi sentirti qualcuno, dimostrare a te stesso di avere un carisma così forte da permetterti di prendere le parti dei più sfigati, sputare veleno su tutto e uscirne vincente. È la tua nuova scommessa, hai preso una strada e vuoi andare fino in fondo. Sembri quasi credibile, come giustiziere da strapazzo. Stai attento, però: hai preso una strada pericolosa e ti stai facendo un mucchio di nemici.

Andrea la fissa negli occhi. Per un attimo sarebbe tentato di annuire compiaciuto e lasciare tutto in forse, ma qualcosa lo tiene inchiodato a quel divano. Qualcosa di fastidiosamente simile a una risata nervosa.

- No, ti prego, Isa! – sussulta – Elena non c’entra nulla. Prenditela con me, se devi. In una cosa, però, ha ragione lei: ti fai dei film allucinanti in cui ogni cosa esiste in rapporto a te e deve essere come dici tu. È l’unica versione: Loria è una strega, Gabriele un rosicone, Blanche un’ochetta, Neri un venduto… La cosa che mi chiedo, è come ho fatto a non capirlo prima. Quando ti davo pure ascolto, quando metà dei tuoi discorsi erano supposizioni spacciate per verità e giochetti di comodo.

- Mi stai rinnegando? – Isa lo fissa negli occhi, seria, lo sguardo indecifrabile e le sopracciglia aggrottate di chi no, non può crederci.

- Ti sei fottuta con le tue mani – replica Andrea, gelido – Non sono io quello che ha buttato a mare la nostra amicizia. Fatti un esame di coscienza e, una volta tanto, fai che non ci siano Lorie e Nicoletti che tengano. Ti do un indizio: sai cosa penso dell’ultimo periodo che sono stato al gioco? Che è stato un inferno. Manipolavi le mie incertezze, quello è brutto, quell’altro è cattivo, Derossi ti odia, è invidioso di te perché lui è una pippa… Mi hai trattato come un moccioso. E io mi fidavo!

- Non stai dicendo sul serio… – Isa sorride, inquieta, un velo di sarcasmo a frenare la consapevolezza che le rimorde la lingua – Confondi me con ciò che hai fatto tu di tua iniziativa, ma quelle cose le pensavi anche tu. Non ti ho mai costretto a fare nulla. Capisco voglia darti una ripulita, fingere di essere una persona diversa. E questo potrebbe anche starmi bene…

- Ho solo cambiato idea su certe cose – Andrea annuisce, freddo – Ho capito che stavo toppando: convinzioni, persone sbagliate, tutto sbagliato. È un delitto?

- No, ti sei fritto il cervello!

- Mi dispiace che proprio tu non voglia capirmi, sai? – Andrea china lo sguardo, le parole che si accartocciano in fondo alla gola: con Isa può andar bene tutto, tranne quando non le dici ciò che vuole sentirsi dire – Era… perfetto. Sarebbe stato perfetto, quando eravamo ancora amici, ci capivamo al volo, ed io mi fidavo. Avremmo potuto chiarire in tutta tranquillità, e tu avresti potuto fare lo sforzo di prendermi sul serio, per una volta. Non chiedevo tanto. Bastava guardarmi per capire che non stavo bene. Invece hai ignorato tutti i segnali: hai intuito che la cosa non ti avrebbe fatto comodo e non mi hai dato neanche il tempo di spiegare. Ti sei negata l’eventualità che fossi diverso da ciò che credevi, l’hai rifiutata… ridevi di me. Hai finto che andasse bene così, hai continuato a forzare le cose nella direzione che volevi. È più o meno da quando hai capito che mi piacciono i ragazzi che hai cambiato faccia. Semplice coincidenza? Non intendo fare la vittima né giustificarmi con qualcuno, la vivo serenamente… La vivevo serenamente, finché non mi sono scontrato con il vostro muro. Ci sono stato malissimo, e tu mi hai deluso più di tutti. Perché sapevi.

- Io penso sia tu a non voler viverla bene – Isa solleva un sopracciglio, calcolatrice – È come se ti sentissi sempre giudicato, attaccato, messo alla prova. Come se dovessi dimostrare qualcosa – scuote il capo – È l’esatto contrario.

- Io non devo dimostrare niente. Ma il tuo comportamento è cambiato da un certo momento in poi. Tutto ciò che mi riguardava era diventato tabù, come se ti desse fastidio, come se io dovessi nascondermi o fare pubblica ammenda. È stato più o meno da quando mi hai combinato l’uscita con Giulia, ricordi? Sembrava la prova del nove, la prova di cui tu avevi bisogno. Pensi che sia una cosa così brutta, da dare scandalo? Gabriele è gay dichiarato, e non mi pare che la cosa abbia fatto scalpore, prima che voi cominciaste a massacrarlo… Addirittura ti piaceva! Patrizio Lastella, gay anche lui. Eppure nessuno, che io sappia, si permette di discriminarlo o prenderlo in giro. Temo che il tuo problema sia proprio io.

- L’ho fatto per te! – Isa ormai gli urla addosso – Avevo paura per te… se la notizia avesse fatto il giro. Paura di come l’avrebbero presa gli altri. Ti avrebbero fatto il vuoto attorno, lo sai come la pensano. Volevo tutelarti, farti capire che su certe cose è meglio essere discreti. Tu sei impulsivo, non sei astuto, non ti piacciono le mezze misure, non sai essere prudente. L’avresti sbandierato alle persone sbagliate, oppure te ne saresti fregato del tutto, e un bel giorno, dal nulla, ti saresti fatto beccare a limonare con un ragazzo. Io volevo iniettarla a piccole dosi, evitare che saltasse fuori nel modo sbagliato, che tutti iniziassero a farsi i cavoli tuoi. E poi c’era la faccenda di Neri. Quanto ci avrebbero messo a fare due più due?

- Si fa ma non si dice. Volevi proteggermi dai pettegolezzi, certo! Inventandone di tuoi, magari – incalza Andrea, tagliente – Hai una strana idea di discrezione. Spifferare tutto quello che sapevi ad Alberti, che io e Neri stavamo insieme, e tutta una sfilza di puttanate che non mi va neanche di ripetere, rientrava per caso nel progetto?

Isa stringe il pugno, furente.

- Che cosa c’entra? Devo ricordarti che è stato il tuo amato Derossi a urlare di fronte a cinquanta persone che avevi barattato una scopata per un posto allo stage…? Il resto è pura deduzione logica. Ma io non c’entro, e non c’entra Alessandro.

- Alessandro, proprio lui! Ha tutto l’interesse del mondo a cacciarmi non nella merda, ma peggio. Me l’ha detto in faccia: più chiaro di così…! E tu l’hai seguito a ruota. Non raccontarmi balle, e pensa alle serpi che frequenti! Federico Riccardi, dico! Davvero, Isa, non capisco. Cos’avete in comune? I pregiudizi? Il neurone solitario? Spero proprio di no! Quel che non riesco a capire è come faccia una come te, per quieto vivere, a regolare la propria esistenza sulla base di come potrebbe reagire gente come Riccardi. Secondo questo ragionamento, uno come me dovrebbe nascondere la testa sotto la sabbia per non urtare la sensibilità di qualche omofobo del cazzo? Rinunciare alla sua libertà, perché poi gli stronzi pensano male?

- Perché viviamo in questo cazzo di posto, in questa cazzo di città, e con questa cazzo di realtà dobbiamo fare i conti, trovare un equilibrio, che ti piaccia o no… Non l’ho deciso io! Neanche tu, Andrea, non vivi su una nuvoletta! Hai voluto i riflettori puntati addosso, hai mostrato i molari fino all’ultimo, ti sei messo contro tutti: ora non lamentarti e prenditi le tue responsabilità, anche quando le cose non vanno come vorresti! Dovevi pensarci prima, che da uno come Riccardi non potevi aspettarti niente di più dello scherzone della settimana scorsa.

- Ah, quindi lo giustifichi? – urla Andrea, i lineamenti contorti dalla rabbia – Rubarmi l’inalatore e cercare di ammazzarmi? Ringrazi che non l’ho denunciato, quell’altro coglione!

Andrea china lo sguardo. Ha gridato più del dovuto.

- È assurdo… – prosegue, la voce spezzata e quel nodo in fondo alla gola che minaccia di degenerare in una crisi di pianto – Sono io il problema, adesso. Ho sbagliato a espormi: se così non fosse, Riccardi non mi avrebbe preso di mira. Isa, ti rendi conto di quello che dici? No, per me può bastare. Ti sei risposta da sola. E lo sai cosa penso? Che non abbiamo più niente da dirci. Non sono io quello che è cambiato e in peggio. Vuoi giocare alle loro regole? Preferisci tenerti buoni Alberti e Riccardi, scendere a compromessi per il fottutissimo “quieto vivere”? Allora chiamalo col suo nome: “startene coi coglioni in pace”, “spalleggiare il più forte”, “essere amica di quelli che contano”. Accetta e giustifica quello che vuoi, anche quello che non ti va giù. Stai con loro: vi meritate a vicenda. Del resto ti sono sempre piaciute le gerarchie, far parte della créme, avere le spalle coperte e accanirti sui deboli. Chiudi un occhio, chiudili pure tutti e due. Ma a me non cercarmi più, non chiedermi niente: non puoi avere tutto.

- Perché rendi tutto difficile? – Isa ha ufficialmente iniziato la sua corsa contro il tempo, le parole che si accavallano le une sulle altre, come se volesse trattenerlo più che può – Non ti ho chiesto di accettare nessun compromesso: bastava che ti guardassi le spalle e che fossi sincero almeno con me che ero tua amica. Invece ho dovuto fare i salti mortali per pararti il culo, e questo è il ringraziamento.

- Anche Alberti era mio amico – la interrompe Andrea – E guarda cosa mi ha combinato!

- Tu sei un fottuto idealista, Andrea – incalza Isa – Pensi che tutti siano tenuti ad accettarti come sei, che nessuno possa avere da ridire finché non gli pesti i piedi. Pensi che la trasparenza paghi sempre. Dev’essere come dici tu. Sarebbe bello, forse, ma non è così… Purtroppo, per fortuna, non lo so! Avevi una personalità forte, una volta, eri rispettato, ma sapevi che bastava un passo falso perché qualcuno se ne approfittasse e ti buttasse giù dal piedistallo. Ti avrebbero dato del frocio un giorno sì e l’altro pure. È quello che è successo.

- È successo perché voi avete voluto che succedesse! – urla Andrea, sovrastandola – Voi non siete quelli che si adattano agli eventi e non possono fare diversamente. Voi siete gli artefici, gli alfieri. Voi volete che le cose stiano così, volete lo status quo perché avete paura di perdere lo scettro. Non volete essere smentiti nel vostro falso pessimismo, ma solo perché vi fa troppo comodo.

- Non volevo questo! – Isa lo fissa, implorante – Non volevo che andasse così. Non volevo che ti attaccassero, che passassi dalla parte dei perdenti per subire lo stesso trattamento. Hai visto come li trattano, quelli che non stanno al gioco? Qualcuno se l’è andata a cercare, ma tu non lo meritavi. Eppure hai voluto prenderti la parte peggiore.

- Sai cos’è che non sopporto, Isa? Questo tuo dividere il mondo tra buoni e cattivi, tipi giusti e tipi sbagliati. Persone che vale la pena frequentare, che sanno starci dentro, e sfigati su cui rifarsi le unghie. Chi sarebbe che “va a cercarsela”?

- I tuoi nuovi amici: Loria e Derossi. Perché vuoi rischiare, accollarti battaglie cretine che neanche ti riguardano? Lasciali nel loro brodo! Chi diavolo sono, cos’avevano in comune con te? Derossi, una specie di disadattato che ce l’ha col mondo. Bello quanto vuoi, simpatico come una cambiale protestata. Loria, un’arrivista complessata, zero nei rapporti umani, una che ti si attacca addosso perché non le pare vero di essere amica di uno che conta. E vorrei sfatare il mito che dichiararsi gay qua dentro sia una pacchia. Toh, faccio i tuoi stessi esempi. Derossi ha iniziato a sputtanarsi da quando è saltata fuori questa storia. Secondo me deve ringraziare il suo carattere di merda, se gli hanno fatto il vuoto attorno, ma tutto è partito da lì, non è un mio parere. È stato un ottimo pretesto. Chi era l’altro? Lastella, che manco lo dice chiaro e tondo. Che sia anche lui per il “si fa ma non si dice”? Ce li hai presenti i tizi della sua band? Guardali bene: secondo te sarebbero contenti loro, tutti rockettari e cazzuti, di un finocchio come front-man? Conta una certa immagine, in un certo ambiente. fa parte del gioco. E lui cosa fa? Ci scherza, tergiversa, ma non scopre le carte. Ogni tanto gli viene lo schizzo e se ne viene a lezione con gli occhi truccati, ma il suo è un gioco: lasciarti nel dubbio senza prove concrete. È furbo, al contrario di te. Tu non sei così: o sei bianco o sei nero.

- Scusami – Andrea solleva gli occhi al cielo – Ma ti contraddici da sola. Pensi che uno debba strillarlo ai quattro venti, con chi è che va a letto? Che allegria! Tu ti presenteresti come “Isabella Cortesi, eterosessuale”? No, è chiaro. Lo stesso vale per lui: se salta fuori, bene, ma non deve mascherarsi né mettere i puntini sulle “i” come se fosse una malattia rara. Comunque – Andrea fissa lo sguardo verso il pavimento: è troppo, decisamente troppo – Noi due non abbiamo molto in comune. Ero venuto per chiederti di lasciare in pace Elena e Gabriele. Non stressarli, dimenticati che esistono. Se ti rode che noi due non siamo più amici, fatti un paio di domande, perché è ciò che hai voluto tu. Se proprio devi, prenditela con me, che come vedi ci metto poco ad arrangiare le cose, ma non azzardarti più a tirare in ballo Elena: non è colpa sua, se la nostra amicizia è andata a puttane, non è lei che esclude te. Ha capito che ero in difficoltà e mi è stata vicina, al contrario di te che intrallazzavi con Alberti. Lei c’era, tu no.

- Ti ha rigirato per bene! – Isa stringe i pugni sulle ginocchia, il volto contratto in un sorriso folle – Quell’arpia. Per due carezze quando eri triste, ora sembra che le debba la vita. Ti ha tirato dentro i suoi giochetti, quando eri esposto alle intemperie.

- No, Isa. È quello che tu hai prodotto e voluto.

- Era necessario farti coinvolgere nei loro deliri da vendicatori del cazzo che vogliono cambiare i rapporti di forza? Pensassero a cambiare le loro teste. E ad essere meno dei falliti, magari.

- Non sono cose che ti riguardano – la blocca Andrea, perentorio, prima che attacchi con la solita invettiva – Che loro siano falliti o vincenti, e non me ne importa nulla che tu li ritenga degni di legarti le scarpe o no.

E da lì, finalmente, silenzio. Sospira, Andrea, lo sguardo fisso al soffitto.

Isa tace, sulle spine: nessun nodo sciolto, tutto da rimettere in gioco. Per lei, forse, non per lui.

Andrea si prende il volto tra le mani: è finita. Non credeva si sarebbe sentito così: anestetizzato, svuotato di tutto, e l’aria intorno a lui che trema – fatica ad afferrarla –, scossa dagli ultimi echi. Reduce dalla tempesta. La tensione che finalmente si scioglie, come una vertigine infinita.

Non azzardarti a piangere di fronte a lei, deficiente. Non qui e non ora.

- Andre, mi dispiace. Mi dispiace che sia finita – Isa si è precipitata al suo fianco, una mano che gli si posa timidamente sul polso.

Vuoi vedere il sangue, è così? L’hai capito dalla mia voce. Dagli occhi che mi vanno a fuoco.

- Non toccarmi! – le sibila, gelido – Non cercarmi più. Hai fatto la tua scelta, hai scelto Alberti che batte banco. Cerca almeno di portarla avanti con dignità.

- Non ho mai voluto questo!

- Non cambia molto – Andrea china la testa, cercando di farsi scudo con i capelli che gli ricadono in faccia.

Lo sente, il torrente di lacrime che ha ricacciato indietro fino a quel momento. Brucia sulle guance come acido, ed è troppo tardi per fermarlo, per fuggire.

- Non cambia nulla – prosegue, con voce flebile – Se in questo preciso istante accettassi le tue scuse e decidessi di ricominciare da capo, sarebbe tutto esattamente come prima. Con te che cerchi di nascondermi sotto una campana di vetro per paura del giudizio degli altri, di modellarmi nella forma che ti piace. Ti illuderesti pure di fare la cosa giusta.

Andrea si alza di scatto, la vista offuscata dai raggi che penetrano dalla finestra e lo colpiscono dritto in faccia. I confini della realtà cedono il passo al fiotto di veleno che gli sale alle labbra. Non immaginava potesse fare così male.

Isa si guarda intorno, interrogativa. Forse vorrebbe aggiungere qualcosa, ma sarebbe superfluo, drammaticamente superfluo. Si limita a seguire i suoi movimenti.

- Aspetta, Andre…

- Devo andare – ribatte lui, con freddezza – Alberti sarà qui a breve, no? Non ho nessuna voglia di incontrarlo.

- Mica ti mangia! Se vuoi aspettiamo, gli dico che non sono pronta…

- Non vedo motivi per continuare – Andrea si sistema la giacca, le dita che vagano alla cieca su asole e bottoni – E poi il problema non è lui, sono io. Non so cosa potrei fargli, se me lo trovassi davanti.

- Andre, ti prego, aspetta!

Andrea vorrebbe allungare la mano e calarla sulla maniglia, ma qualcosa frena la sua corsa. È l’ultima cosa che si sarebbe aspettato da lei. La sente, a pochi passi da lui. Passi che diventano millimetri, aria che scorre fra loro, atomi e molecole impazziti, e poi le sue mani che gli si allacciano intorno alla vita, sorprendendolo alle spalle in un abbraccio disperato. Un gemito soffocato, il viso premuto contro la sua spalla

- Non andartene… – esala.

Andrea sussulta, un brivido lungo la schiena, quando le labbra di Isa si schiudono in un timido bacio sulla sua nuca.

- Non andare, Andrea…

Ultimo tentativo di trattenerlo a sé. Di diluire all’infinito il momento del distacco.

In un’altra situazione, forse avrebbe ceduto. Avrebbe ricambiato l’abbraccio e pianto tutte le sue lacrime. Forse l’avrebbe perdonata con qualche riserva. Pronto a ridiscendere all’inferno.

Ma non è più aria, non può farcela e non ne ha alcuna intenzione. Perché ricomincerebbe il lento suicidio della sua volontà, del suo esistere in relazione a un’impalcatura invisibile, e sarebbe un inferno. Isa – o chi per lei – riprenderebbe a cucirgli addosso l’abito su misura.

- Ti prego…

 

Non pregare: lo so, cosa pensi. Me l’hai detto con voce chiara: pensi che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili, che i miei sono i capricci di un bambino viziato. Sarei di nuovo un fantoccio nelle vostre mani che segue la sua presunta natura. L’imbecille da tenere a bada.

Cosa pensi? Che Elena e Gabriele, e chissà chi altri, non meritino rispetto per la sola colpa di esistere ed essere altro da te. Di aver incrociato la tua strada. Di non far parte del tuo sistema binario, dentro o fuori.

Non cambieresti una virgola, non ti metteresti in discussione: tenteresti l’impossibile per farmi rientrare a calci in culo nei vostri complicati standard.

Io non sono il tipo giusto, il tipo che piace, non sono carino e brillante. Non sono la vostra marionetta. Sono Andrea Nicoletti e non voglio essere nient’altro. Non m’interessa andare a riempire la casella vuota.

 

La sente, una figuretta vana che si dibatte e cerca di trattenerlo. Lo stringe a sé e gli massaggia il petto, le dita come spilli.

Vorrebbe riuscire ad apprezzare quel calore, Andrea, lo sforzo da parte di Isa di tradurgli in pillole il suo affetto, il dolore di perdere una persona cui, a tuo modo, ti sei affezionato.

Ma tutto ciò che avverte è una vampata di freddo, ostinata, che gli torce lo stomaco.

Isa se lo preme addosso con la forza dell’ossessione, una forza che non si sarebbe aspettato da un esserino minuto e delicato, lui che la stacca di una quindicina di centimetri e potrebbe scrollarsela di dosso senza troppa gentilezza.

La sente, la mano dalle unghie dipinte che cerca spasmodicamente la sua per allacciarsi a lui, il seno prepotente premuto contro la schiena.

 

È troppo. Basta, Isabella. Non sei altro da ciò che dici di essere, dagli schemi in cui vorresti ricondurmi.

 

- Isa, ascolta – le sussurra, dopo una manciata di minuti poco meno che eterna – Io non ho paura di loro, di ciò che possono farmi. Sembra strano, lo so. Per quanto ti riguarda, non ti disprezzo, nonostante tutto. Sai perché? Perché non ero diverso. Ero come te: avevo bisogno di uno specchio al negativo per rassicurarmi, per dire “grazie al cielo non sto da quella parte”. Per dire a me stesso di esistere e sentirmi al di sopra di qualcosa. Vedevo una specie di mondo semplificato, con vincenti da adulare e sfigati da snobbare. Non è così, Isa, non è così! Guardalo: c’è un mondo, un mondo intero là fuori, che esiste a prescindere da te, e di certo non aspetta che arrivi tu a inquadrarlo! Nessuno ti chiede il lasciapassare. E non ho paura di te, Isa: ho paura della Isa che è in me, solo questo. E mi fa male.

Isa l’ha sciolto dal suo abbraccio, il sapore della sconfitta come un veleno tra loro. Andrea la osserva con la coda dell’occhio: ha lo sguardo basso e sta immobile al centro della stanza, a torcersi le dita.

L’unico è raccogliere un po’ della propria dignità colata sul pavimento e infilare la porta senza voltarsi, la testa così leggera che potrebbe svenire da un momento all’altro.

Non ha visto Alberti che marciava verso di lui – troppe lacrime a sfaccettare la sua visuale, troppi luccichii ad allontanarlo dalla realtà.

L’urto improvviso del braccio lo riporta bruscamente alla realtà. Alberti e il suo passo spedito, da uomo che non deve chiedere mai, lo sguardo fisso su di lui come se gli fosse spuntata una seconda testa.

- Andrea?! Che diavolo ci fai qui?

Non lui. Non adesso.

- Fatti gli affari tuoi! – gli soffia, prima di scomparire oltre l’angolo.

Almeno questa può evitarsela.

 

* * *

 

Isa si osserva in giro, la mente vuota.

Qualcosa è cambiato nella stanza, nella composizione dell’aria, da quando Andrea è andato via – la porta sbattuta dietro di sé. Il tintinnio alienante delle parole che continua a vibrare sulle pareti. È il punto di non ritorno, il confronto che temeva e rifuggiva da settimane.

Non credeva sarebbe stato così… immediato. Semplice nella sua crudeltà. Come un dolore sordo, senza fitte intermittenti. Come il senso di vuoto che le paralizza le lacrime dietro le ciglia appiccicate di mascara. Vorrebbe piangere, sciogliere quel nodo, ma il senso di angoscia in fondo al petto è un morbo che paralizza ogni sua reazione.

Poi lo sguardo scivola sulla foto sopra lo scrittoio, infilata nella sua cornice azzurra. Lei e Andrea, abbracciati. Meno male che era nascosta e che Andrea non ci ha buttato lo sguardo. Sarebbe stato… patetico. Patetico e umiliante. I suoi occhi neri, immortalati sulla carta lucida, che le sorridono ogni sera prima di addormentarsi.

Non hai voltato pagina, Isa.

La osserva, e per un attimo è colta dall’impulso di scappare via, di sfilarsi di dosso una camicia troppo stretta, incollata alla pelle. Ma poi non saprebbe dove andare. Forse da Loria – la meschina soddisfazione di appiopparle una bella cinquina su quella faccia da arpia. Da Derossi, a dirgli che non reggerà a lungo la sua farsa per tenersi stretto Andrea, illudendolo con promesse da marinaio. Da Riccardi, a chiedergli di sparire dalla sua vita: non sa che farsene, di uno che ha come massima ambizione rovinare l’esistenza di chi gli urta la vista. Ha ottenuto ciò che voleva: distruggere la reputazione di Andrea e mandare a puttane la loro amicizia.

Nessuna speranza, nessun equivoco: questo è il nuovo Andrea, e dovrà imparare a farci i conti.

Le fotografie hanno quel potere maledetto di catturare istanti, atmosfere, risate, bagliori di vita perduti, emozioni che graffiano il cuore, e imprigionarli nella carta. Può sentirlo come quella volta, il vento sulla pelle, la brezza notturna e la gioia di una serata trascorsa con il suo migliore amico. La sera dell’inaugurazione dello “Chat noir”. Un piacevole tremolio in fondo al petto.

Il sorriso di Andrea brilla di luce propria, i capelli luminosi gli danzano sulle spalle. È bellissimo, bello da strappare l’anima. Al suo fianco c’è lei che gli cinge il braccio e sorride verso l’obiettivo. I capelli rossi lunghissimi, raccolti in una coda alta che le danza sulla schiena. Andrea che le offre la birra, poi invita lei e Sara a ballare…

Che cosa fa, ora, con quei due morti che parlano? Come passa le sue serate? A guardarsi in cagnesco con tre quarti dell’umanità e il tempo che resta, tutti e tre a fissarsi nelle palle degli occhi al chiuso delle loro camerette, a tagliarsi le vene per provare qualche emozione diversa dal solito scazzo incolore?

È mostruoso. Non vuole pensarci, non è un suo diritto.

Alessandro bussa alla sua porta, puntuale. È lui: riconoscerebbe i suoi passi in corridoio tra mille.

È il momento di far sparire quella foto dalla sua vista. Non pensa a nulla, Isa, mentre serra le dita sul portaritratti. E lo scaraventa contro il pavimento con tutta la forza che possiede. Forse è l’unico modo per annullarne per sempre l’incantesimo. Poi, forse, riuscirà anche a far piovere qualche lacrima come blando sollievo.

- Isa, che succede? Ho visto Nicoletti, sembrava furioso. Cos’altro ha combinato?

Alessandro le allaccia una mano intorno alla vita. Forse vorrebbe capire perché ha l’aria di chi vuole spaccare il mondo. Ma lui non è Andrea, lui non capirebbe, e lei non troverebbe le parole.

- Niente… lui.

A parte impazzire.

Cosa dovrei fare? Chiederti di raggiungerlo in corridoio e menargli? Da chi cominciare?

- Senti, se vuoi annulliamo tutto. Chiamo Giulia, Riccardi e gli altri, e dico che non se ne fa niente. Possono andare anche senza di noi.

Riccardi

- Hai detto… Riccardi? – Isa vorrebbe uccidere sul nascere il ghigno satanico che le spunta sulle labbra, ma ha poco senso, quando la decisione è presa.

Da chi vogliamo cominciare?

- Mandalo al diavolo. Non voglio vederlo mai più. Fuori dalla mia vita! O esce lui dal nostro gruppo, o esco io.

- Ehi! – Alessandro spalanca le palpebre, interdetto – Che ti ha fatto? Okay, ultimamente è più insopportabile del solito, ma non pensavo che… Voglio dire, tu lascialo fare a terra, prima o poi lo capisce, che la sta facendo fuori dal vaso, e la pianta da solo.

Non è questo.

- Non voglio avere più nulla a che fare con picchiatori, omofobi e bulli del cazzo! Non ho niente in comune con lui. Questa è l’ultima: dopo… non so, fa’ come preferisci. Parla con gli altri, invèntati qualcosa, ma lo voglio fuori. Scaricato.

Alessandro si stringe nelle spalle. Si liscia il pizzetto con un sorriso calcolatore. Granitico come sempre, zero emozioni, zero problemi, nessun dubbio. Messaggio ricevuto.

- In effetti, è un cagacazzo allucinante. Non sei l’unica che lo regge poco.

- Ecco. Vorrei si fosse tolto dalle palle ieri, per non doverlo sopportare un giorno di più.

- Però mi spieghi che ti ha fatto? – Alessandro la fissa, interdetto – È per Nicoletti?

Non è colpa di Riccardi, se Andrea non vuole più avere a che fare con me. Ma lui ha fatto di tutto per rendere la situazione insostenibile, per esasperare Andrea. E poi odio l’idea di trovarmelo di fronte con quel ghignetto idiota da “vedi che avevo ragione io?”.

- Uno così, dove va, fa danni. Andrea non è un santo, ma io non sono complice di chi tormenta qualcuno per nutrire il proprio ego. Non ho nulla a che fare con intolleranti e veteronazisti! Andrea pensa che siamo come lui, che ci piaccia prendercela con chi è più debole.

- Nicoletti sarebbe un debole?! – Alessandro inarca un sopracciglio – Nicoletti ha rotto il cazzo quasi quanto Riccardi.

- Non me ne importa. Non voglio che nessuno mi associ a un cretino che pensa che non c’è niente di male a picchiare i froci. Parole sue – Isa stringe le palpebre, i confini della visuale che si stemperano in una collera allucinata – Lo voglio fuori entro domani.

Alessandro si lascia andare sul divano, al suo fianco. Sospira rassegnato.

- Vuoi farla pagare a qualcuno. È così? – le sussurra.

Quella dannata capacità di capirla al volo, di ridurla in pillole con uno sguardo di troppo. Non è come con Andrea, ma ha ugualmente un nonsoché di inquietante.

- Ci puoi scommettere, che gliela faccio pagare…

- E chi sarà il prossimo? – Alessandro si osserva le unghie, distratto.

Forse scherza, forse dice sul serio. Isa si stringe nelle spalle.

Calma, Alessandro. Divertiti con Riccardi come il gatto col topo, ché al prossimo giro chiederò un pesce più grosso.

Una Loria, magari, che ha più colpe di tutti.

Inciamperà anche lei.

 

   
 
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