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Autore: OrdinaryGirl94    02/06/2012    4 recensioni
TRATTO DAL CAPITOLO 9:
“E perché l’avresti lasciata, di grazia?” chiesi accigliata.
Se invece di spiegarsi con rebus irrisolvibile, avesse parlato come mangiava, a quell’ora avremmo già risolto in problema.
“Ho fatto pace con i ragazzi oggi.” Continuai a fissarlo, in attesa della risposta.
“Sono contenta, era ora! – la notizia della loro riappacificazione mi faceva un immenso piacere, Liam non avrebbe più pianto e gli altri non avrebbero più avuto le sembianze di zombie viventi. Ma volevo ancora una risposta, che lui non sembrava intenzionato a darmi. – Perché avresti lasciato Beth?” insistetti.
“Da quando la chiami Beth?” pessimo tentativo!
“Perché?”
“Come sei testarda!” disse ridendo davanti alla mia espressione.
“Lo so, perché?”
“Perché sono innamorato di te.” Rispose mentre le note di Tonight di John Legend si spargevano per l’ennesima volta nel cielo di Los Angeles.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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buona lettura. 
<3

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CAPITOLO 1
I’m just trying to help you

 
 
Giornalaio
Barista
Commessa
Cameriera
Gelataio

Nulla.
Una beata mazza di niente.
"Pff" sbuffai rumorosamente lanciando il più lontano possibile da me quel dannatissimo giornale a causa del quale avevo sprecato tutto il pomeriggio.
Il silenzio nella stanza era tombale e io fissavo distrattamente il volto concentrato del mio migliore amico.
Improvvisamente lo vidi sollevare la testa con uno scatto e fissare i suoi occhi grandi, color nocciola, nei miei, verdi e altrettanto grandi.
"Si può sapere che razza di problemi hai? - cominciò chiudendo violentemente il libro che aveva sulle ginocchia e lanciandolo vicino al giornale - Sono tre ore che sfogli giornali; posso sapere, di grazia, cosa stai cercando?" domandò gesticolando nervosamente.
Lo guardai divertita e sorrisi, senza rispondere.
"Jillian, non c'è nulla da ridere! - urlò mentre mi dirigevo, ancora muta come un pesce, in cucina - E torna subito qui!"
Posai le ciotole che avevamo usato per finirci una scatola di gelato alla menta nel lavandino e tornai nel salotto, sorridente, noncurante del fatto che fosse furioso.
"Liam, devi calmarti chiaro?" con molta lentezza mi sedetti nuovamente accanto a lui, poggiando poi le testa sulle sue gambe.
"Che stavi cercando Jill?" chiese rilassandosi e lasciando che il rossore che colorava le sue guance scomparisse.
Lo guardai divertita. Non potevo certo dirgli che cercavo lavoro e pretendere anche di non ricevere come risposta una fragorosa risata. Avrei preferito non parlargliene infatti, ma il suo sguardo implorante e severo allo stesso tempo mi costrinse a dire la verità.
"Cerco lavoro Liam." pronunciai quella frase come se fosse la cosa più naturale del mondo, aspettandomi però di sentirlo ridere da un momento all'altro.
Rimanemmo nuovamente in silenzio a lungo. 
Lo scrutai studiandone l'espressione: sembrava riflettere sulle mie parole, come se dovesse decidere quando e come scoppiare.
E il momento non tardò ad arrivare.
"Ah! Ma non dire cretinate!! Ci sai fare con le battute Jill, dico davvero!" eccolo.
"Io sono seria Payne, cosa pensi? - mi tirai a sedere e lo guardai stizzita e infastidita - Non sto affatto scherzando..." evitai di guardarlo. Volevo che capisse che anche io sapevo essere una ragazza seria, che non tutto quello che dicevo, o facevo, aveva come fine ultimo quello di far ridere. Lui, però, a mio avviso, aveva sempre pensato l'esatto contrario. 
Sin da quando ci eravamo conosciuti, ovvero circa due anni prima quando mi trasferì da Los Angeles a Londra, aveva sempre avuto quella strana tendenza a credere che fossi una sorta di giullare di corte; rideva per ogni cosa dicessi, anche quando le osservazioni o le proposte che facevo erano serie.
Mi ero interrogata a lungo (e non avevo ancora smesso di farlo) su cosa lo spingesse a credere che volessi scherzare in ogni situazione e, alla fine, avevo formulato due misere ipotesi, più o meno valide, ma senza aver ancora trovato una risposta sufficientemente esauriente a quella domanda. La prima ipotesi prevedeva che Liam volesse proteggermi. Probabilmente non da qualcuno o da qualcosa in particolare, ma dal mondo fuori dalla porta di casa. Avevo imparato a conoscerlo e sapevo che mi riteneva ancora piccola e ingenua per l'universo degli adulti.
La cosa ai miei occhi spesso risultava piuttosto stupida in realtà: Liam aveva solo un anno più di me e io, ormai diciassettenne, vivevo lontana da casa da ormai due anni.
Ma, secondo questa ipotesi, e secondo me soprattutto (pessimo tentativo di auto convincimento), lui si abbandonava a quella risata quando riteneva che ciò che chiedevo e ricercavo potesse essere, in qualche strano modo, "pericoloso" per me.
Tuttavia mi piaceva questo lato protettivo di lui, lo consideravo un fratello più grande e avevo sempre lasciato che si occupasse di me, che mi proteggesse e che mi consigliasse.
La seconda ipotesi, invece, prevedeva che mi trovasse effettivamente divertente e che qualunque cosa dicessi gli provocasse davvero quella risata sguaiata che lo caratterizzava.
Eppure mi conoscevo abbastanza bene per poter affermare che non ero mai stata, né probabilmente lo sarei mai stata, una ragazza "divertente" o buffa. Piuttosto ero seria, mite, mi piaceva molto stare sola e rifugiarmi nei libri e nella musica, e spesso, quando non uscivo con la mia comitiva di amici, passavo interi pomeriggi o nella sala da ballo che affittavo settimanalmente, o piuttosto mi rifugiavo in una palestra di Londra e giocavo per ore a pallavolo. 
Quindi potevo risultare addirittura noiosa per certi versi.
"Non vedo perché tu debba cercare lavoro Jill. Hai tua zia qui che paga i corsi a scuola, hai vitto e alloggio gratis... Davvero non ne vedo la necessità - si fermò a guardarmi per qualche secondo, prese un respiro profondo e ricominciò a parlare- e poi tu sai come la penso riguardo a queste cose: sei ancora piccola per andare a lavorare!" esclamò alzandosi e dirigendosi alla grande finestra.
Sbuffai per l'ennesima volta quel pomeriggio.
"Penso che dovresti smetterla di farmi da balia. Non sono tua figlia, né tua sorella, non sei mia madre Liam! - mi alzai a mia volta - E poi, non penso sia necessario ricordarti che mi sono trasferita qui due anni fa, da sola e quando avevo 15 anni. Non sono proprio così piccola sai?" lo sfidai con lo sguardo ma notai che cercava di evitarlo il più possibile.
"Si ok, ma allora dimmi: cosa serve? Sarebbe solo un qualcosa in più da fare. Studi già tutto il pomeriggio non pensi che sarebbe massacrante studiare tanto, come fai tu solitamente, e in più lavorare anche?" domandò avvicinandosi timido a me.
Evitai il suo sguardo assumendo un’espressione scocciata e arrabbiata.
Non che io non capissi la sua preoccupazione, anzi, la condividevo anche.
Ma, contemporaneamente, ritenevo di dovere qualcosa a mia zia, che da due anni mi aveva preso sotto la sua ala protettrice e non mi aveva più lasciata andare.
Lavorare, a mio modo di vedere, era in assoluto il modo migliore per ripagarla per quello che faceva per me.
"Liam ascolta: ti capisco perfettamente, credimi, ma mi sono stufata di dover dipendere da mia zia. Lei lavora fino a sera e quando torna a casa deve pure badare a me! Non è corretto! Devo pur poter fare qualcosa per aiutarla!" esclamai prendendo le sue mani e stringendole tra le mie.
"Si... Forse hai ragione. Però preferirei che non ti stancassi troppo. Trova un lavoro piacevole e poco faticoso, mi raccomando. - si avvicinò alla cucina e, dopo essere sparito dietro la porta, ne uscì con la sua giacca in mano - Ora, bellissima, devo andare a casa: mamma Payne aspetta. Fammi sapere allora, ci vediamo domani a scuola." si avvicinò lentamente per sfiorare la mia guancia con le sue labbra, per poi aprire la porta d'ingresso.
"Salutami Danielle se la senti, ok?" sorrise annuendo prima di tuffarsi nel traffico londinese per tornare a casa.
Aspettai di sentire il motore della sua auto ruggire, e quando abbandonò il giardino di casa mi accasciai sul divano, esausta.
Avevo perso un pomeriggio sommersa dai giornali e il giorno dopo avrei avuto il test orale di biologia.
Inutile dire che non sapevo assolutamente nulla.
Decisi che, mentre aspettavo che mia zia ritornasse a casa, avrei almeno letto la lezione. Il giorno dopo avrei trovato un qualsiasi modo per ottenere l'ennesima A in quella materia che tanto odiavo.
"Il cuore è un organo che si trova nella cavità toracica (nello spazio compreso fra i due polmoni), ha le dimensioni di una mano chiusa a pugno e pesa 300 g circa. Le pareti del cuore sono costruite da un particolare tipo di muscolo..." il cigolio della porta d'ingresso che si apriva mi fece perdere la concentrazione.
"Lilian sono a casa!" la voce calda di mia zia giunse ovattata alle mie orecchie. 
Lilian... Solo lei mi chiamava così.
Sorrisi e mi alzai dal divano per accoglierla con un caloroso abbraccio.
"Ciao zia!" la baciai sulla guancia e l'aiutai a portare le borse della spesa in cucina.
Mentre riponevamo il tutto al suo posto, mi raccontò, entusiasta e sorridente come sempre,  la sua giornata lavorativa. Mi disse che durante la mattinata non avevo fatto altro che spiegare nelle sue classi, senza interruzione, nel pomeriggio, invece, si era recata al suo studio per scegliere gli abiti che alcune modelle avrebbero dovuto indossare per un video musicale.
Sì, mia zia di mattina era una vivace e simpatica insegnante di matematica (strano se si pensa alla reputazione che hanno le insegnanti di quella materia), mentre di pomeriggio lavorava alla sua più grande passione: la moda.
"E dalla settimana prossima dovrebbe venire un ragazzo a prendere lezioni di matematica. Si è appena trasferito e la mamma mi ha contattata." sapevo che fare ripetizioni le dava sempre una gioia immensa, l'idea di aiutare ragazzi in difficoltà, a quanto pareva, la affascinava e la gratificava non poco; però voleva dire che avrei passato ancora meno tempo con lei.
Decisi improvvisamente di comunicarle la decisione presa velocemente nel pomeriggio.
"Ho deciso di cercare lavoro zia..." sputai quelle sei parole senza nemmeno pensare alle conseguenze di ciò che avevo appena detto.
Cosa? – sollevò di scatto la testa e mi fissò – Voglio dire, sai che non te lo lascio fare vero?
Oh avanti zia, hai bisogno di una mano in casa; lavori fino a tardi e quando torni sei sempre distrutta… Se cominciassi a lavorare prima di tutto ti ripagherei per tutto quello che in due anni hai fatto per me – mi fermai per prendere fiato – secondo, potrei provvedere anche io alle spese di casa.” Studiai la sua espressione che non accennava ad alcun tipo di emozione dall’uomo conosciuta.
Mi sembrava di rivivere la stessa situazione di quel pomeriggio con Liam. Lei rifletteva sulle mie parole e io mi aspettavo da un momento all’altro l’esplosione.
Lilian, quando ti ho ospitata a casa mia la prima cosa che ti ho detto è stata che non ti avrei permesso di pagare nulla di nulla. – ricordavo la promessa che le avevo fatto e, sapendo che aveva ragione, abbassai il capo sotto il suo sguardo serio – Hai giurato che non avresti fatto storie per questo.” si lamentò sedendosi con fare stanco sullo sgabello.
Sbuffai e mi affiancai a lei poggiandole una mano sulla spalla.
Ascolta zia, sai che ti sono grata per tutto quello che mi hai dato in questi due anni, ma sento che è ora che impari a cavarmela da sola, non pensi? Ho diciassette anni e non sono più la bambina che ero quando sono arrivata qui… Anzi forse nemmeno allora lo ero. – sorrisi al pensiero di me con una valigiona in mano, all’aeroporto di Londra – E ti giuro che non voglio cercare lavoro solo per i soldi o altro, ma anche perché mi sento oppressa dallo studio e dalla scuola, ho bisogno di uno svago che possa fare sempre, in ogni momento.” Chiarii decisa.
Ero sempre stata piuttosto testarda e lei sapeva bene che avrei cominciato a lavorare, che le piacesse o meno. Era una partita persa in partenza, ma secondo lei valeva la pena giocarla e io non glielo avrei negato.
Hai la pallavolo e il ballo per quello Lilian, non ti serve anche un lavoro, credimi – notai che il suo volto stava assumendo un’espressione concentrata; stava cercando una qualsiasi argomentazione plausibile per farmi ricredere – E poi hai i tuoi amici con cui uscire… Luois, Liam, Harry, Niall… Cosa ne pensano loro?
Sorrisi e presi fiato “Louis, Niall e Harry non sanno nulla. Inutile dire che Liam, come sempre, la pensa come te – rise anche lei mentre si alzava per infornare la pizza – A volte mi chiedo se per caso non sia tuo figlio e Karen sia la madre adottiva.” Bisbigliai fra me e me.
Si sedette nuovamente e mi guardò intensamente.
La resa dei conti.
Immagino non ci sia nulla che possa fare, o dire, per farti cambiare idea, giusto?” scossi la testa in senso negativo.
Aveva perso… di nuovo.
Non stancarti troppo. Ho bisogno della mia nipotina preferita.








Spazio autrice.
salve a tutti, di nuovo!
innanzitutto voglio ringraziare tutti voi che siete arrivati fino alla fine di questo capitolo... questo dovrebbe significare che non vi ha annoiati.
secondo sarei grata a voi tutti di lasciare recensioni, non tanto per fare un piacere a me, ma perchè vorrei capire se vi piace, se c'è qualcosa che cambiereste e soprattutto voglio delle critiche, delle critiche costruttive! quelle sono sempre ben accette quindi per chiunque se la senta di dirmi cosa ne pensa, dico grazie in anticipo.
sappiate che non comincerò a scrivere alla fine dei miei capitoli che pubblico solo se raggiungo un tot di recensioni... non lo trovo corretto.
quindi io ontinuerò ad aggiornare sperando di interessare tutti voi.
terza cosa, per questo capitolo devo ringraziare la mia compagna di banco che mi aiuta con la punteggiatura... quindi posso dire che senza lei non lo avrei pubblicato. grazie cara! <3
quarta cosa... beh non possono mancare i ringraziamenti a quella splendida donna della mia migliore amica che è sempre pronta a spronarmi e a incoraggiarmi.
penso che senza di lei non mi sarei mai buttata in questa impresa.
quinto volevo solo avvisarvi che ho altre OS pubblicate  sulla mia pagina e che mi farebbe piacere che passaste!
sesta e ultima............... ABBIATE PIETA'!

un bacio grande a tutti,
MUCHLOVE <3



 
 
   
 
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