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Autore: Iwuvyoubearymuch    03/06/2012    17 recensioni
Ho provato a mettere nero su bianco ciò che può essere accaduto dopo gli eventi dell'ultimo libro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Per la gioia di alcuni (spero!) e il dispiacere di altri, sono tornata!
Ebbene sì, il nuovo capitolo è pronto per essere letto. Visto che mi sono presatutto questo tempo per scriverlo,
qualcuno potrebbe pensare che è un capolavoro. E invece no! Scusate se lo dico ogni volta, ma la penso davvero così. Forse,
sono troppo autorcritica, chi lo sa. Comunque, ho stabilito la trama anche degli altri capitoli e posso dire con assoluta certezza
che ce ne saranno altri dieci. In tutto, quindi, saranno 18 capitoli, compreso l'epilogo.
Alcuni sanno già che ho iniziato una nuova ff e hanno già recensito (Grazie mille carin), quindi sarò costretta a rallentare l'aggiornamento
di questa.
Buona lettura!
-M


Capitolo Ottavo
Negli ultimi mesi il Distretto 12 ha visto il ritorno di una buona parte dei suoi abitanti. Centinaia di persone si sono trasferite dal Tredici in singoli casi, oppure in gruppi numerosi. Le strade sono un po' più affollate, sebbene siano quasi deserte in certe ore del giorno. Ad esempio la mattina poco dopo l'alba. Se prima, tendendo l'orecchio, si potevano sentire i passi strascicati dei lavoratori ancora assonnati, adesso l'unica cosa che si sente è il nulla. Le giornate iniziano decisamente più tardi, dal momento che le miniere di carbone che caratterizzavano il nostro distretto sono andate perdute. Chi non ha il sonno tormentato dalle immagini di amici e persone morte, può permettersi per la prima volta nella vita di alzarsi con tutta calma, senza la preoccupazione di dover andare a lavoro. Una bella abitudine se potesse durare. La verità è che la gente al Distretto 12, per via della vita stentata che ha sempre dovuto condurre, non riesce semplicemente a prendersela comoda. La ricerca forsennata di una qualsiasi fonte di sostentamento ci ha reso completamente immuni alla stanchezza, all'affaticamento e al duro lavoro. Al punto che ormai non riusciamo a stare con le mani in mano. Per un paio di giorni, forse, ma prima o poi ci stufiamo. Alcuni, come me, cercano semplicemente un metodo per continuare la loro vita. Cercare di farla somigliare nella maniera più fedele possibile a quella precedente, in modo da illudersi che nulla è cambiato. Ma, contrariamente a quello che in molti vogliono pensare, tutto è cambiato. O quasi.
Haymitch continua a dare fondo a tutte le bottiglie di liquore bianco e vino rosso che riesce a trovare. Di notte, ancora non dorme. Eppure, anche lui ha dovuto adeguarsi allo stile di vita nuovo del Distretto 12. Ha deciso che prendersi cura di un paio di ochette può rappresentare un inizio dignitoso. Inizialmente ho avuto dei dubbi. Chi non ne avrebbe avuti? Haymitch era ancora l'ubriacone solitario e diffidente che se ne viveva comodamente nella sua casa al Villaggio dei Vincitori. Quello che si è accasciato al suolo il giorno della mia prima Mietitura. Era più che legittimo pensare che avremmo visto oche ubriache - o peggio, morte - in giro per le strade. Però, il vecchio Haymitch si è dimostrato più responsabile di quanto tutti immaginassimo. Non che presti parecchia attenzione alle sue oche. Anzi, per giorni e giorni le ignora. Quelle riescono a vivere anche senza le cure del loro padrone, poiché per loro fortuna si cibano di erba e bacche.
Senza più le miniere, ci siamo dati all'agricoltura. Sae la Zozza ha istruito tutti noi su come piantare delle verdure e della frutta. Non so da dove abbia appreso tutte quelle notizie, visto che qui non potevamo coltivare chissà cosa. Si dice contenta di questa sua nuova mansione. Sebbene non me l'abbia detto, suppongo che si fosse annoiata di venire ogni mattina a prepararmi la colazione, e poi ancora per il pranzo e la cena. Non che non venga più. Lo fa ancora, ma la vedo più serena. Quasi come se l'arrivo di altre persone le abbia ridato una sorta di speranza.
Con l'ultimo treno è arrivato anche il mio barlume di speranza. La prima volta che chiamai il Dr. Aurelius, lui mi consigliò di non tentare di dimenticare gli ultimi due anni, perché se avessi imparato a convivere col dolore, avrei potuto trarre dei vantaggi. Lì per lì, pensai che avesse soltanto messo insieme una decina parole pur di non rimanere in silenzio. Non riuscivo a capire cosa volesse dirmi e lui si rifiutò di spiegarmelo. Sostenne che ci sarei arrivata al momento giusto da sola e che avrei trovato anche il modo per farlo. Non vedevo come avessi potuto riuscirci, se non sapevo nemmeno cosa aveva tentato di dirmi. Comunque, una o due settimane dopo, mi ritrovai a pensare per la prima volta che forse quelle parole potevano avere un senso.
Era una calda mattina estiva. I tre conigli che portavo nella borsa avrebbero potuto cuocersi al sole per quanto era cocente quel giorno. Le fragole le avevo messe in un posto ombrato, nelle vicinanze del lago. Avevo portato con me il libro delle piante di mio padre. Lo stavo sfogliando senza davvero prestare attenzione ai disegni o a quello che c'era scritto. A dire il vero, non sapevo nemmeno perché l'avessi portato. Comunque, fu guardando quelle pagine un po' ingiallite che mi colse il pensiero che dimenticare fosse sbagliato. Se avessi dimenticato una di quelle cose scritte nel libro, quando ero nell'arena o anche quando andavo a caccia, sarei morta per avvelenamento. In quei casi, ricordare è stato utile. Ha fatto la differenza tra la vita e la morte. Quindi, mi sono detta, perché dovrebbe essere diverso con quello che ho passato dalla prima Mietitura finora? Le persone morte, la rivoluzione e poi la guerra hanno avuto un significato ben preciso. Il mio atto di offrirmi volontaria al posto di Prim, i tributi che si sono sacrificati per salvare Peeta nell'arena, risvegliare l'animo dei ribelli per farli riflettere sulla crudeltà dimostrata da Capitol City in tutti quegli anni, la cancellazione degli Hunger Games. Hanno tutti avuto un ruolo preciso, che hanno fatto la differenza tra la vita e la morte. Dimenticarmi di loro, sarebbe un'offesa. Un gesto irrispettoso verso chiunque ha avuto anche una minima parte in tutta questa faccenda.
"Cosa c'è di tanto importante su quel treno?" Sebbene voglia sembrarlo, la voce di Peeta non è neanche lontanamente annoiata. Anzi, non ho problemi a riconoscervi una nota di curiosità, mista a qualcosa di molto simile a sollievo. Il secondo non so da dove derivi. Non penso che abbia a che fare con me. Il primo - la curiosità - è perché non gli ho raccontato ancora dell'illuminazione avuta al lago. Questa mattina, gli ho semplicemente chiesto di accompagnarmi alla stazione e lui gentilmente ha risposto che l'avrebbe fatto, senza troppe domande.
Accenno un minimo sorriso. "Vedrai" dico non per tenerlo sulle spine. Una volta visti i fogli che il Dr. Aurelius mi ha mandato, sarà tutto più semplice da capire. Ho intenzione di chiedergli di darmi una mano. Non penso che me la negherà, dal momento che potrebbe essere d'aiuto anche a lui.
Dobbiamo aspettare pochi minuti prima che il treno arrivi, annunciato dal solito fischio sordo e dal rumore dello sferragliare sui binari. Dai finestrini intravedo le teste di persone che prima vivevano al Distretto 12. Probabilmente il flusso di abitanti in arrivo non si è ancora arrestato. A quanto pare, il richiamo delle origini è stato più forte di qualsiasi fonte di lusso che Capitol City oppure i benefici che altri distretti potevano offrire. Certo, in molti sono rimasti al Tredici o si sono trasferiti in altri distretti. Con una stretta allo stomaco, ricordo che Gale fa parte della seconda categoria. Lui ha preferito andarsene al Distretto 2, dove è riuscito a trovare un buon lavoro, che stando a quanto dice Sae la Zozza, lo fa andare in tv. Hazelle, i fratelli e la sorella sono andati con lui. Mi intristisce il pensiero che potrei non rivederli mai più. Che potrei non rivedere più il mio migliore amico, con cui ho condiviso molto di più di prede e guadagni. Ci siamo dati forza a vicenda dopo la morte dei nostri padri, abbiamo guardato le spalle l'uno dell'altra. Non un normale rapporto d'amicizia tra due persone. E infatti, per qualche mese ho creduto di esserne innamorata. Tanto da scegliere lui al posto di Peeta. In realtà, non ho mai preso una decisione.
"Qualcosa non va?" mi chiede Peeta.
Mi volto nella sua direzione. Il suo sguardo è posato su di me, con un'espressione preoccupata. Scuoto la testa in segno di diniego. "Va tutto bene" gli dico per rassicurarlo. Si tranquillizza, ma potrei giurare di avere ancora i suoi occhi su di me. Li sento e so per certo che sono alla ricerca di una qualsiasi movenza che possa fargli intendere che qualcosa mi turba. Per questo motivo mi fingo calma e serena. Non mi piace mentire a Peeta, ma mi piace anche meno l'idea che lui sia costantemente preoccupato per me. Con tutto quello che ha per la testa - i suoi problemi di memoria e i flashback - non ha bisogno di altre fonti di stress. E' complicato capire dove trovi la forza di alzarsi dal letto al mattino. A volte, penso che davvero non ce l'abbia. Ci sono mattine, infatti, che fingo di dormire, mentre lui fissa il soffitto sopra le nostre teste e si lascia andare a un sospiro di tanto in tanto. 
"Peeta" inizio a dire, nello stesso momento in cui qualcun altro chiama il suo nome. Pochi istanti e sento anche il mio. Mi volto nella direzione da cui proviene la voce allegra. L'unica persona che trabocca ottimismo puro anche solo chiamando un nome è...
"Delly?" dice Peeta, sorpreso.
Non fatico a riconoscere lo stupore e la felicità nel tono di lui. Comunque, se mi fosse sfuggito, non avrei avuto problemi a intuire che è contento di rivederla. Prima che abbia anche la possibilità di accorgermene, Peeta e Delly sono l'uno nelle braccia dell'altra. Rimango immobile nella mia postazione, come pietrificata. L'unico movimento che riesco ad avvertire proviene dall'interno del mio corpo, nelle vicinanze dello stomaco. Come se degli uccellini in gabbia stessero sbatacchiando le ali follemente, senza sosta, in cerca di una via d'uscita. In effetti, la sensazione non si placa nemmeno quando le braccia di Delly si sciolgono da Peeta e circondano le mie spalle. Ricambio l'abbraccio di Delly, confusa. Lei mi mormora qualcosa all'orecchio, ma non riesco a capire cosa stia dicendo. Intercetto distrattamente parole come "rivederti" e "ossa", che potrebbero avere un senso se avessi prestato attenzione. Ciò che davvero mi interessa adesso, però, è capire cos'era quella cosa di prima. Gli uccellini intrappolati nello stomaco. Si è scatenata appena mi sono resa conto che le braccia di Delly erano attorno al collo di Peeta. Eppure non può essere per questa ragione. Dovrebbe essermi passato tutto adesso che sono separati. E invece è ancora lì che mi annoda le viscere. Un nodo perfetto come quelli che ho imparato a fare prima con Gale e poi al Centro di Addestramento. Un nodo che non lascerebbe via di scampo all'uccellino se dovesse catturarlo.
Una mano che sventola davanti agli occhi mi riporta alla realtà. E' quella di Peeta. "Sei sicura di stare bene?" mi chiede ancora, apprensivo.
Annuisco. "Non preoccuparti" dico, scoccando un mezzo sorriso per risultare convincente. Per fortuna, Peeta ci crede o almeno finge di crederci perché ritorna a fissare Delly con una nuova aria interessata. Le chiede come mai è qui al Distretto 12.
"E' questa la mia casa" dice lei, sollevando entrambi gli angoli della bocca. "Ho delle cose per voi" continua, volgendo lo sguardo alle sue spalle. Lo faccio anche io e noto per la prima volta due grandi borse e un pacco. A passi svelti, Delly si affretta a prendere il pacco e lo posa tra le mie braccia. "Da parte del Dr. Aurelius". Dalle sopracciglia alzate intuisco che non ha aperto il pacco, sebbene il fiocco sopra sia allentato.
Peeta mi rivolge uno sguardo disorientato. Sembra quasi divertito. "Ti spiego dopo" dico. "Come mai l'ha dato a te?" chiedo a Delly, che intanto è ritornata alle sue cose.
"Ha saputo che stavo tornando e me l'ha affidato" dice, facendosi nella nostra direzione con una borsa che non avevo visto prima. Da l'impressione di essere pesante. E molto fragile, a giudicare dalla cautela con cui la trasporta. Peeta si affretta a prenderla dalle sue mani. "E' roba di Haymitch" sussurra. Con roba vuole dire certamente liquore e vino.
"E per me?" chiede Peeta, speranzoso.
Delly sembra in difficoltà. "Ci sono io" dice, scrollando le spalle con un sorriso raggiante.
Lungo tutto il tragitto, le ali degli uccellini continuano ad agitarsi. Provo a non farci molto caso, cercando di ascoltare le risposte di Delly alle domande di Peeta. Io rimango in silenzio quasi tutto il tempo. Ciò che riesco ad ascoltare, prima che il mio grado di attenzioni crolli del tutto, è che il fratellino di Delly ha preferito rimanere ancora un po' al Dsitretto 13. La strana sensazione mi accompagna per tutto il giorno, fino a ora di cena. Per festeggiare il ritorno di Delly, decidiamo di cenare tutti insieme a casa di Peeta. Sae supera se stessa con una zuppa di verdure che fa leccare i baffi a chiunque. Io non la trovo particolarmente gustosa. Ma non penso che sia dovuto al piatto. Il motivo reale mi giunge alla mente non appena mi accorgo che è legato alla sensazione che mi ha torturato tutta la giornata. Non si è mai fermata, a dirla tutta, eccetto che in rare occasioni. Sono più che certa che abbia a che fare con Delly. Tutto è iniziato con lei, dopotutto. Mi accorgo che una sensazione soltanto mia. Gli altri sembrano perfettamente al loro agio. Sopratutto Peeta.
"Sei migliorato" dice a un certo punto Delly rivolta a quest'ultimo. Si riferisce al pane che sta mangiando. "E' quello alle noci?" domanda poi, con un gran sorriso, che sembra celare qualcosa.
Ne ho la conferma quando vedo Peeta sorridere in risposta. "Sono sempre stato bravo" ribatte, allegro.
Delly sorride. "Non tanto da quello che ricordo" scherza, senza mai abbandonare l'espressione divertita che ha sul viso. Nessuno riuscirebbe a prendersela per le parole di Delly. E' fin troppo brava e gentile anche solo per serbare rancore contro di lei. Ciò implica, comunque, che lei debba aver fatto qualcosa di sbagliato. Cosa che non è proprio nella sua natura. E poi, con Peeta si conoscono da piccoli. Se c'è qualcuno che la conosce meglio di chiunque altro è lui. Non a caso, lei diceva che erano fratelli.
Lo scambio di battute confonde tutti, tranne i due protagonisti. "Ci siamo persi qualcosa, ragazzo?" chiede Haymitch, dopo aver rivolto un'occhiata fugace nella mia direzione. Aggrotto la fronte. Perché guarda me?
Peeta fa per iniziare, ma è Delly che prende la parola. "Quando eravamo al Distretto 13, Peeta ha cercato di insegnarmi come si fa il pane alle noci - riesce a stento a trattenere le risate - ed è finita con un disastro"
Il mio cervello registra soltanto la prima parte della frase. Immediatamente, immagini di Peeta e Delly mi passano davanti agli occhi. Loro due insieme, le mani ricoperte di farina, a ridere e scherzare. Il campanello d'allarme chi mi risuona nelle orecchie ha il suono della risata di Peeta. Quella felice e spensierata che ho udito soltanto due volte. La prima, il giorno in cui arrivò qui al Distretto 12; la seconda, quando rise di me per essere caduta dal davanzale della finestra. Mai per una cosa che abbiamo fatto insieme. Neanche quando ci fu offerta la possibilità di passare la giornata in libertà, prima di entrare per la seconda volta nell'arena. L'ansia per quello che sarebbe successo il giorno dopo e quelli successivi smorzò ogni forma di entusiasmo. Invece, con Delly è tutta un'altra storia. Con lei sembra ritornare il vecchio Peeta, molto più simile al ragazzo divertente e dolce che ho conosciuto nella grotta. Anche lui deve essersi accorto che con me non sta bene. Ecco perché voleva che non ci vedessimo per un po'. Era un modo gentile per dirmi che non mi voleva più fra i piedi. E io invece l'ho baciato. Sono stata una stupida!
Mi alzo in piedi di scatto. Gli occhi di tutti sono rivolti a me. "Sono stanca. Vorrei andare a dormire" dico, cercando di suonare il più provata possibile. Non dovrebbe essere tanto difficile per come mi sento. E' chiaro però che Haymitch non mi ha creduto. "Delly, mi fa piacere che tu sia tornata". Non è una bugia. Potrebbe rivelarsi una buona cosa il suo ritorno. Al momento mi da solo un lieve fastidio. 
Non ascolto la sua risposta. Mi preme uscire da quella casa più velocemente che posso. Prima che riesca a dare il nome esatto alla sensazione che mi ha assillato l'intero giorno. Peeta si offre di accompagnarmi, ma gli chiedo di rimanere dov'è. Appena varco la porta di casa, mi muovo a passi svelti verso la mia abitazione. Fingo di non accorgermi dei passi pesanti alle mie spalle. 
"Dolcezza, rallenta" dice la voce di Haymitch. Per un attimo ho pensato che fosse Peeta. "Non sono più in forma come una volta" scherza, quando mi raggiunge.
"Non ho bisogno che qualcuno mi accompagni" gli faccio notare, forse, con troppa veemenza. Sicuramente molta più di quella che volevo far trasparire.
Haymitch accenna un sorriso. "Oh, lo so" commenta ironico, alludendo a qualcosa che comunque non capisco. Gli rivolgo uno sguardo spazientito. "Volevo sapere cosa è successo lì dentro". Haymitch in modalità preoccupato non mi è completamente nuovo.
Aggrotto la fronte. Ho due opzioni. Fingere di non aver capito a cosa si sta riferendo, oppure ripetere la scusa che ho usato per abbandonare la tavola senza destare troppi sospetti. Peccato che non ci sia riuscita. "Sono stanca" ribadisco, costringendomi a sostenere lo sguardo di Haymitch.
Lui si lascia sfuggire un mezzo sbuffo col naso. "Allora, io ho bevuto un solo bicchiere di vino questa sera" dice, senza nemmeno sforzarsi di sembrare convincente. In effetti, lo scopo della sua frase è proprio quello. Non replico nulla. Mi limito a fissare l'uomo davanti a me, fingendo una pessima aria stanca, con la speranza che quello mi lasci andare. Non sono mai stata brava a dire le bugie. E la fortuna non è esattamente dalla mia parte. Non lo è mai stata. "Non c'è niente di male ad ammettere che sei gelosa"
"Non lo sono" dico, asciutta. Probabilmente, troppo in fretta perché Haymitch mi creda.
Infatti, lui inarca un sopracciglio. "A chi vuoi darla a bere?" chiede, retorico.
Scrollo le spalle, annoiata. "Se hai finito con queste idiozie, io andrei a dormire" gli dico, rimettendomi in marcia verso casa mia. Sto bene attenta a non incrociare lo sguardo di Haymitch stavolta. Per una strana ragione, ho il presentimento che sarei costretta ad abbassarlo immediatamente. Così fisso le primule, che diventano più grandi man mano che mi avvicino. Non c'è niente di male ad ammettere che sei gelosa. Quelle parole continuano a ritornarmi in mente, sebbene cerchi di respingerle con forza. Io, gelosa. Gelosia. E' questo il nome della sensazione? Il significato degli uccellini intrappolati nel mio stomaco e le viscere annodate? No, non è così. Solo una volta lo sono stata davvero ed era partito tutto dall'idea di Gale e Madge insieme come coppia. Ricordo perfettamente la sensazione di fastidio che spingeva contro il petto. E adesso non è la stessa cosa. O meglio, è ancora fastidio ma senza un reale motivo. Quella volta, credevo di essere innamorata di Gale. Secondo questo ragionamento, dovrei esserlo di Peeta. Lo sono?
 
  
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