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Autore: Arisu95    03/06/2012    1 recensioni
Romano ed Antonio si sono lasciati bruscamente, mentre Feliciano sembra vivere un sogno.
... Ma la disperazione di Romano, porterà presto disordine anche nella vita del fratello, fino a stravolgere la sua vita sentimentale e quella di altre persone.
- Il Rating potrebbe alzarsi ad Arancione;
- Alcune coppie sono destinate a sciogliersi;
- Alcuni personaggi muoiono;
- Presenti coppie sia Hinted che Crack;
- Presenti scene sia romantiche che di sesso;
- Le scene di sesso non sono molto esplicite e tendono ad essere tagliate.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE. Capitolo Ottavo ^o^ ... Alla fine della scuola manca poco, e ormai non ho più impegni ... Così credo che potrò dedicarmi meglio a questa fanfiction. C: ... Mi scuso per i toni "non proprio pacati" in alcuni punti ... 'xD
Buona lettura ♥

~ Ary.


____________________________________________________________  ~ Capitolo 8

Il sole era ancora alto e caldo nel cielo, benché il pomeriggio stesse ormai volgendo al termine.
Romano era rimasto chiuso in casa.
Il solo pensiero di uscire, lo faceva stare male.
Cosa lo aspettava, là fuori ... ?

Avrebbe potuto incontrare Antonio.
Magari in compagnia della sua dolce, nuova, metà.
La metà che l'aveva sostituito.
La ragione per cui lo spagnolo lo aveva gettato via, dopo anni, come un oggetto ormai inutile.
Come un qualcosa di già usato, sporco e logoro, di cui sbarazzarsi, a favore di un giocattolo nuovo.
E quella ragazza, a quanto pare, era il suo nuovo giocattolo.
Sì, una di quelle bambole odiose, bionda e sorriso smagliante, che solo a pensarci gli dava il voltastomaco.
Come aveva potuto, quel bastardo, mollarlo per Bella ?!

Perché mai non se n'era rimasta in Belgio ?!
Là, tranquilla, a farsi gli affari propri insieme a quel drogato di suo fratello!
Che motivo aveva avuto per trasferirsi in Italia ?!
Che motivo, e che diritto aveva di rovinargli la vita ?!

Anzi ... Gliel'avevano rovinata.
Tutti e due.
Lei e, forse ancora di più, Antonio.
Perché, anche lui, non se n'era rimasto in Spagna ?!
Lui, 'las siestas' e 'los tomates'!
E, nella mente di Romano, ancora risuonava quella lingua odiosa ...
Quanto avrebbe voluto dimenticarla per sempre, fare reset, facendo finta di non averla mai sentita prima!

"Tsk ... Si sono proprio trovati ... Quei due stronzi!" - Commentò ad alta voce il ragazzo, con la voce smorzata dal nervoso.

Sentì qualche lacrima iniziare a bagnare i suoi occhi, e d'istinto li chiuse, gettando la testa tra i cuscini del divano ed appoggiando le labbra alla collana di Gilbert.
Come se quel pezzo di ferro, scuro e freddo, fosse il suo collo.
Come se, avere quel ciondolo tra le mani, significasse avere l'albino lì con lui.
E mentre una parte di sé si sentiva in colpa per Feliciano, l'altra non poteva fare a meno di eccitarsi all'idea.

Però ...
Doveva chiamarlo.
Per quanto avesse voluto rimanere con quella collana tra le mani per sempre, era giusto avvisarlo.
Eppure, qualcosa lo bloccava.
A quel ciondolo, e a quell'incontro, era legato il suo futuro.

Poteva consegnarlo a Gilbert, e magari ottenere in cambio non quello stupido simbolo, ma il corpo e la mente del tedesco.
Tutto, tutto suo.
La sua anima e il suo corpo.
Allora, non avrebbe più dovuto piangere fissando il soffitto, abbracciando uno stupido cuscino pensando ad Antonio, o baciare quel ciondolo immaginando che fosse l'albino.
Avrebbe avuto il suo amore segreto.
L'uomo che aveva bramato in segreto per anni.
Solo suo.

Eppure, le cose sarebbero potute andare diversamente.
Cosa sarebbe successo, se Gilbert fosse stato arrabbiato con lui?
Gli avrebbe strappato di mano la sua amata collana, gridandogli parole di odio, perché amava Feliciano, e questi probabilmente non voleva più saperne nulla.
Lo avrebbe insultato, fino a fargli passare la voglia di pensare a lui.
Allora, a Romano non sarebbe rimasto nemmeno quel ciondolo con cui sfogarsi.
Nulla in quella casa avrebbe più avuto il suo odore.
Sarebbe rimasto solo, di nuovo, con il fantasma di Antonio a seguirlo in ogni stanza.

Premette le labbra contro la croce di ferro, in un bacio disperato, per poi stringerla forte al suo petto, sopra il cuore.
Serrò i denti, come a tenersi dentro il nervoso e la tensione, fino a tremare e sudare.
Eppure, prima o poi doveva dirglielo ...
In ogni caso, se non l'avesse fatto in tempo, Gilbert lo avrebbe preceduto.


"Fratellone ..." - Lily attraversò in punta di piedi la porta della stanza, intravedendo Vash tra le lenzuola.

"... Cosa c'é?" - Chiese lo svizzero, un po' freddo come al solito, senza nemmeno alzare la testa dal cuscino.

"Uhm, stasera possiamo ..." - Si molleggiò sulla caviglia destra, come a cercare le parole giuste. - "... Andare alle bancarelle?"

"...?"

"In centro ... A scuola ho saputo che ci sono le bancarelle e ... Lo so che sei stanco, ma é da tanto che non usciamo insieme la sera ..." - Spiegò timidamente.

Sapeva che Vash era stanco per via del lavoro, ma Lily ci teneva davvero.
Amava uscire la sera con suo fratello ... Forse proprio perché la cosa era molto rara, specialmente nei periodi lavorativi.

"..." - Lo svizzero sospirò appena. - "... Va bene."

"D-Davvero?" - Lily balbettò, sorpresa della risposta positiva, sentendo il cuore traboccare di felicità.

Si fece più vicina, saltando sul letto ed abbracciandolo.

"Grazie fratellone! Grazie!" - Lo ringraziò, in ginocchio sul materasso e le braccia attorno al suo collo, abbassandosi per dargli un affettuoso bacio sulla guancia.

"...!" - Sentendosi soffocare, il biondino l'allontanò, allo stesso tempo dolce e freddo, lasciandola in ginocchio al suo fianco, e dandogli una carezza sul viso. - "Vuoi stare un po' qui con me ...?"

La domanda sorprese entrambi.
Perché Vash non era una persona dolce, e spesso si dimostrava freddo e serio anche nei confronti della sua sorellina, pur volendole un bene immenso.
Si sarebbe gettato nel fuoco, per lei, anche se non amava darlo a vedere.
Non era un tipo affettuoso, a differenza di Lily.

Le sue dimostrazioni d'affetto gli facevano sentire un calore nel cuore che non provava da tantissimo tempo.
I suoi abbracci, le sue carezze, i suoi baci ... Ogni volta, chiudendo gli occhi, si sentiva per un momento sollevato da tutti i problemi, come quando era solo un bambino e lei non esisteva ancora.
Come quando loro madre era ancora viva, e li amava come solo una mamma può fare.

Era una sensazione stupenda ...
Ma proprio perché si sentiva trasportato in un altro mondo, si sentiva in dovere di reagire e far cessare la cosa.
Perché non poteva permettersi di dimenticare i suoi problemi.
Non poteva permettersi di vivere in quel mondo meraviglioso.
Doveva far crescere Lily nel migliore dei modi, garantendole tutto cio' che i suoi coetanei potevano avere.

Così, come quando nel sonno si ha la sensazione che l'anima stia lentamente abbandonando il corpo, e si cerca di mantenere un contatto col mondo sensibile, così Vash si allontanava con silenzioso amore dalle attenzioni di Lily.
Non aveva tempo per queste cose.
Né per divertirsi, né per sentirsi amato da qualcun altro, né per amare qualcuno all'infuori della sua sorellina.

Nessuno doveva intromettersi tra lui, il suo scopo e sua sorella.
Nessuna donna doveva permettersi di tentarlo.
A nessuno avrebbe concesso sé stesso, il suo tempo e la sua anima.
Non prima che Lily si fosse fatta la sua vita, e si fosse resa indipendente.
Allora, solo allora ci avrebbe pensato.
E, qualora fosse stato troppo tardi, non se ne sarebbe disperato.
Il suo obiettivo nella vita, l'avrebbe comunque raggiunto: vedere Lily sorridere, ed avere tutto quello a cui lui aveva rinunciato, solo affinché lei avesse potuto goderne al meglio in seguito.

Lily, intanto, con un sorriso dolce in viso, si era sdraiata al fianco del fratello, sotto le lenzuola leggere, con la testa china verso il petto dell'altro, come a cercare protezione.
Entrambi chiusero in fretta gli occhi, addormentandosi e concedendosi una pausa dalla vita dura e difficile.


"Arthur ...?"

"Cosa vuoi? E dov'é tuo cugino?!" - L'inglese rispose al cellulare un po' seccato, per nascondere la malinconia: stare tutto il giorno lontano dal francese era una tortura, sebbene detestasse ammetterlo.

"Sono in bagno ... E' di là sul divano ..." - Francis parlava a bassa voce, per non farsi sentire. - "Mi manchi ..."

"... Beh, non credere che per me sia lo stesso! ... Uhm, vorrei solo poter tornare a casa ..." - Rispose scontroso Arthur, arrossendo lievemente.

"Stasera Feli esce con una sua amica ... Vanno in centro." - Lo avvisò. - "... Alle nove e un quarto, più o meno, se vuoi ti richiamo quando se n'é andato ..."

"Sarebbe meglio, non ho alcuna intenzione di incrociarlo ..." - Commentò, e l'immagine del ragazzo che aveva incontrato, ormai già tre volte, si mischiava al volto apparentemente ignoto del cugino di Francis.

"Usciamo anche noi ...?"

"Certo! Così magari incontriamo qualcuno e siamo rovinati! You stupid frog!" - Sbottò, senza alcuna intenzione di rivelarsi. - "Stiamo in casa, tanto ..."

L'inglese si bloccò ed arrossì.
'Tanto possiamo divertirci lo stesso, no?'
Come aveva potuto pensare ad una frase del genere ?!?!
No, non c'era nulla di divertente nel passare il tempo con Francis!
Proprio nulla!
Ammesso che provasse qualcosa per lui, se voleva stare in sua compagnia, era più per fargli un favore che per piacere personale!
... Giusto?

"... Ohohoh, ho capito, sourcils. Ho capito ..." - La voce del francese si fece maliziosa e sensuale, mentre uno strano sorriso si dipinse sul suo volto.

"Cosa credi di aver capito ?! Jerk !!!" - Gridò Arthur, con le guance sempre più rosse ed il cuore sempre più agitato.

"Ahah, va bien. Dove sei ...?"

"Al parco ..." - Rispose l'altro, dando per un attimo un'occhiata al bellissimo paesaggio circostante, al quale troppo raramente dava attenzione.

"Ok. Dopo ti chiamo, allora. À plus tard, mon amour." - Francis concluse la chiamata, uscendo dal bagno.

Feliciano si era addormentato sul divano, davanti alla televisione accesa.
Il francese si avvicinò a lui, abbassando il volume e dandogli una carezza sulla testa.
Il suo volto era piuttosto pallido ...
La questione doveva farlo soffrire molto.
Gilbert non si era affatto comportato bene con lui.
Credeva che il Bad Touch Trio fosse cambiato.
Ma, forse, l'unico davvero cambiato era lui, Francis.

Doveva chiamare l'albino.
Voleva sentire cosa aveva da dire.
Come si sarebbe giustificato.
Non che non avesse potuto comprenderlo, conoscendo il 'vecchio Gil'.
Eppure, aveva davvero creduto al suo cambiamento.
Se il francese era cambiato per amore, allora non era una cosa impossibile.
Bisognava solo essere forti ...

Si diresse in camera da letto, con il cellulare in mano, e provò a chiamare il tedesco.

"Pronto ...?"

"Gil! Cos'é successo ?!"

"Cosa ?!" - L'albino deglutì, mentre la sua mente cercava di ignorare gli ultimi avvenimenti.

"... Feliciano ieri sera é venuto da me in lacrime ..." - Francis sospirò. - "... Si può sapere cosa ti é saltato in mente?"

"Francis, non lo so!" - Gridò Gilbert, cacciando indietro le lacrime che la sola immagine di Feli, triste ed affranto, gli causavano. - "Romano ci ha provato con me, ed io ..."

"Quanto ami Feli?"

"..."

"Ti ho chiesto: quanto ami Feli?" - Il tono del francese era duro e di rimprovero.

"Tanto, Francis ... Davvero, non so cosa mi sia preso ... Se é lì con te ..." - Lacrime tiepide gli rigarono le guance. - "... Digli che lo amo. E che mi dispiace. Digli che sono stato uno stupido ..."

"Gil ... Mi dispiace, ma non credo che Feli vorrà perdonarti. Lo conosco, e posso dirti che non lo farà." - Lo informò, diviso tra l'amore per suo cugino e l'amicizia con Gil.

"..." - L'albino non rispose, ma fece un grande respiro, come a voler cacciare nelle profondità del suo corpo le lacrime e la tensione.

Aveva perso.
Aveva perso tutto.
Aveva perso la persona che amava.
E, per cosa ...?
Per uno stupido vizio.
Uno sciocco vizio, spettro della sua vecchia vita.
Si era lasciato andare ai piaceri del corpo, dimenticando per un breve istante quelli dell'anima.
Ed era bastato un attimo, un breve attimo, per far crollare la loro relazione e la loro vita, come un castello di carte.
L'aveva vista crollare davanti ai suoi occhi, nelle iridi verdi di Romano e nell'espressione addolorata di Feli.
Tutto si era spento, soffocato tra gemiti e sudore.

"... Gilbert, non voglio litigare con te." - Francis riprese a parlare, sentendo il tedesco farsi muto. - "Siamo amici, e ti voglio bene. Ma per un po', preferirei evitare di incontrarti ... Almeno finché Feliciano non si é ripreso."

"Francis ..." - La voce di Gilbert era disperata. No, non voleva perdere la sua amicizia ... Infondo, non c'entrava nulla! Era con Feli che aveva litigato, non certo con lui!

"Non ti ho detto che non voglio più vederti! E' solo questione di tempo ... Scusami, in meno di un mese, tu e Antonio avete distrutto sia Romano che Feliciano ..."

"A proposito di Antonio ... L'ho incontrato ieri, se non sbaglio ..."

"Per me é lo stesso. Ho già parlato anche con lui. Scusatemi, ragazzi, ma per un po' ho bisogno di stare da solo ... Anche voi dovreste." - Consigliò il francese, buttando un occhio nell'altra stanza, per vedere Feliciano assopito. - "... Riflettete sui vostri errori, e pensate se ne é valsa la pena. Lo dico per voi, cambiate, finché siete in tempo ..."

"Cambiare ?! Francis, smettila!" - Sbottò l'altro, gridando innervosito. - "Smettila! Parli proprio tu ?! Tu, che fino a ieri te ne facevi uno al giorno! Tu, che illudevi la gente decantando l'amore, solo per farci sesso una notte ?! Smettila di fare il santerellino! Mi stai facendo la predica come un prete, quando ne hai combinate di tutti i colori! Dimmi, chi c'era con me ed Antonio? Chi gareggiava con noi, per vedere chi ne aveva portati a letto di più ?!"

"Io sono cambiato." - La sua voce era nervosa, ma decise di trattenersi: non voleva certo svegliare suo cugino. - "Non é importante cio' che ho fatto. Posso anche dire che mi sono divertito, e che lo rifarei. E allora? Il punto é che a te e ad Antonio sfugge un concetto. Io sono cambiato per la persona che amo. Voi no. Avete solo finto di farlo. Avete represso i vostri vizi, ma sapevate che prima o poi sarebbero tornati a galla. Non metto in discussione i vostri sentimenti. Ma non siete stati del tutto sinceri ..."

"Ehi, non confondermi con Antonio! Io a Feliciano ho detto tutto, non gli ho nascosto nulla riguardo a noi tre!"

"... Pensavi che sarebbe bastata questa confidenza per cancellare gli anni trascorsi? Pensavi forse che dirlo ti avrebbe fatto sentire più leggero e sicuro, qualora avessi ricommesso l'errore? Oppure pensavi che, avendolo detto a Feli, lui si sarebbe messo il cuore in pace e ti avrebbe sicuramente perdonato, semplicemente perché 'sa come sei'? Allora, cosa pensavi, Gilbert?"

"..." - Serrò i denti, in preda alla rabbia. - "... Parli da novella sposa, tutta entusiasta per il suo nuovo marito. E con chi stai? Con un certo tizio invisibile di cui si sa a malapena il nome, e che non ha nemmeno le palle di uscire allo scoperto. E tu continui a difenderlo. Bravo Francis, tu sì che ci sai fare. Tra l'altro, da quanto state insieme? Tre mesi, forse ...? Aspetta caro. Aspetta, poi vedremo se sei cambiato, o se sei buono solo a far prendere aria ai denti ..."

"Sciacquati la bocca prima di parlare della persona che amo. Devi solo stare zitto, Gilbert. Almeno Antonio, un sentimento per Bella lo aveva, quando ha mollato Romano ... Per quanto possa aver sbagliato. Tu, invece? Perché hai tradito Feliciano? Perché suo fratello, ubriaco fradicio, ti si é spogliato davanti? Mon Dieu, Gilbert, quelle sale gosse ..."

"Chi ti dice che non provo niente per Romano ?!" - Quelle parole risuonarono come una debole difesa, la prima frase che era riuscito a formulare, per difendersi dalle giuste accuse di Francis. Era stufo, non aveva più voglia di discutere, voleva pensare ad altro ... - "Comunque, non ho più tempo per stare al telefono con te. Devo andare. Stammi bene."

Francis non fece in tempo a rispondere, che il tedesco gli aveva già sbattuto il telefono in faccia.
Non amava litigare ...
E, il fatto che non potesse sfogarsi al meglio, dovuto alla presenza di Feliciano, l'aveva fatto stancare ed innervosire di più.
Non voleva litigare con Gil ...
Ma, infondo, aveva iniziato lui.
E si era anche permesso di dare giudizi su Arthur, senza conoscerlo.
Anche se, la sua mania di voler rimanere nascosto, gli dava molto fastidio, e sapeva di sbagliare a coprirlo ...
L'albino aveva esagerato.
Sia sull'inglese, che su di lui.
Sicuramente non la pensava davvero in quel modo, tutto si era amplificato per via della rabbia.
Ma l'aveva comunque offeso, ed ora, meno che prima, aveva voglia di incontrarlo, o di parlarci di nuovo.

Ora Francis, avrebbe solo voluto prendersi del tempo per lui.
Solo per lui ed Arthur.
Senza nessun altro.
Si avvicinò ancora a Feli, e gli diede un bacio.
Ormai si stava facendo tardi ... Era meglio iniziare a preparare la cena.
Chissà, Arthur, dove avrebbe cenato ...


Il cielo si era ormai scurito, e piccole stelle d'argento prendevano pigramente ad illuminarsi qua e là, mentre la luna pallida si faceva sempre più viva e i lampioni accesi fissavano impassibili le strade asfaltate.

"Tra non molto devo partire ..." - Chiese Elizaveta, appoggiando un piatto nella lavastoviglie.

"Ti accompagno io." - Rispose Roderich, sorridendo e passando la spugna all'interno di un bicchiere.

"Grazie Roddy!" - Gli diede un bacio sulle labbra, per poi mostrare i denti con fare giocoso, e sporcargli il naso di schiuma.

"... Dai! Eliza!" - Protestò l'austriaco, pulendosi e prendendo a sciacquare un altro piatto.

"Come siamo seri stasera!" - Commentò l'altra, come una bambina interrotta nel gioco.

"Vai a prepararti, finisco io di lavare i piatti ..." - Le consigliò, sfiorandole le labbra, per poi sistemarsi gli occhiali e rimettere le mani sotto l'acqua.

"Un nobile che si sporca le mani ...?"

"Sempre e comunque, per la mia Signora." - Recitò con voce solenne. - "Perché anche il più ricco degli uomini non può che chinare la testa dinnanzi ad Amore, servendo la donna amata e riempiendosi il cuore di dolce virtù."

"... Sai, dovresti iniziare a scriverle, queste cose." - Gli consigliò, abbracciandolo da dietro.

"Sono un musicista, non uno scrittore!" - Alzò le spalle, parlando come un maestro. - "Non sento il minimo bisogno di scrivere, non vedo perché dovrei farlo."

"... Scrivimi una poesia!" - Lo incitò, come una bambina.

"Ah." - Scosse la testa. - "Non se ne parla! Non troverei mai le parole giuste! ... Le note possono esprimere ogni cosa, molto meglio delle lettere ..."

"Come vuole, Maestro!" - Disse infine Elizaveta, dando un'occhiata all'orologio, e concludendo che era meglio sbrigarsi.

Corse in camera da letto, ed aprì l'armadio in cerca di qualcosa da mettersi.
Posò gli occhi su ogni vestito, suo e di lui, e nella mente scorrevano i ricordi della loro vita insieme.

C'erano i vestiti eleganti, quelli che Elizaveta metteva solo nelle occasioni importanti, quelli che Roderich avrebbe voluto indossare anche solamente per passare la giornata in casa.
Perché, diceva, i veri signori non si levano la maschera appena entrati in casa, lasciando l'aria intellettuale ed aristocratica sul comodino, ed i vestiti più cari alla rinfusa sul letto, ma, al contrario, proprio in casa, il loro regno, dovevano dimostrare tutta la nobiltà del loro cuore.

Mentre gli occhi balenavano tra giacche e camicie, l'ungherese, ad un tratto, sentì il cuore batterle più forte, alla vista di una delle giacche di Roderich, di velluto blu.
L'aveva indossata per la prima volta qualche anno prima, durante un concerto al quale la ragazza non era certo mancata.
Ne aveva ancora un'immagine viva nelle belle iridi verdi, di quella sera.
Ricordava l'atmosfera da sogno, ed i riflettori puntati sul pianoforte a corda color nero laccato e sul volto dell'austriaco.
Lui era lì, seduto, intento a suonare, con la stessa naturalezza che aveva a casa.
Come se non avesse saputo che più di cento persone erano lì per ascoltarlo, come se stesse suonando solo ed esclusivamente per il suo amore.
Come poteva, la donna, dimenticarsi di quell'immagine angelica?
Mentre iniziava a cullarsi avanti e indietro, avvolto dalla musica, mentre le sue labbra si dischiudevano in un lieve sorriso e le palpebre calavano, lasciando che fosse il pianoforte stesso a guidare le sue mani, Elizaveta, tra gli spalti, aveva il cuore a mille.
Non riusciva a togliergli gli occhi e la mente di dosso, e mentre le note si diffondevano nell'aria, lei pensava a lui, e lui pensava a lei, componendo insieme, distanti ma vicini, una melodia muta che solo loro potevano udire.


"Fratellone! Elizaveta sarà qui tra poco!" - Esclamò Feliciano, nel panico. - "Come faccio ...? Non posso vestirmi con i vestiti che avevo quando sono arrivato qui, ero con la camicia del lavoro ..."

"Feli, non potevi pensarci prima ...?" - Il tono dolce con cui il francese lo chiese, occultò del tutto il senso di rimprovero della domanda.

"... Uh ... Non mi andava di andare a casa a prenderne altri ..." - Spiegò con l'espressione un po' triste.

Aveva paura ...
Paura di entrare a casa sua.
Paura di scoprire che Gilbert era lì.
Paura di vederlo, di ascoltare le sue giustificazioni ...
Paura di cedere di fronte alla sua bellezza ed ai suoi baci ...
Perché no, non aveva intenzione di perdonarlo.
Per quanto gli facesse male, per quanto avesse desiderato le sue carezze ed i suoi abbracci ...
Non poteva fare a meno di pensare che quelle stesse labbra e quelle stesse braccia avevano toccato Romano.
E non aveva alcuna intenzione di stare con una persona che, anche solo per poco, aveva riempito il suo cuore di pensieri diretti a qualcun altro anziché a lui.

L'Amore é un sentimento sacro ...
Non puoi inquinarlo.
Non puoi pensare di tradire qualcuno e sperare di essere perdonato.
Non puoi credere che i piaceri del corpo siano separati da quelli dell'anima.
Gilbert lo aveva ferito davvero.
Forse molto più di quanto avesse mai potuto immaginare.

"Senti ..." - Francis deglutì, come se stesse per rivelare un grande segreto. - "Ho dei vestiti ... Che potrebbero andarti bene."

I vestiti del ragazzo erano troppo grandi per il suo cuginetto.
Ma Arthur, doveva avere più o meno la sua stessa misura.
Certo, probabilmente si sarebbe arrabbiato ...
Ma il francese non aveva alcuna intenzione di lasciar uscire Feli vestito male solo per i capricci dell'inglese.
Del resto, prestargli una maglietta ed un paio di pantaloni, non significava certo rivelargli il loro segreto ...
Sacrebleu! Arthur e la sua ostinazione lo stavano facendo sentire un criminale!

Francis iniziò a cercare nell'armadio una maglietta di Arthur.
Non che la cosa fosse difficile, ma Feliciano era proprio dietro di lui, seduto sul letto a guardarlo, e non doveva essere troppo ovvio, per un uomo che viveva da solo, trovarsi nell'armadio vestiti di altri.
... Nemmeno per uno come il vecchio Francis.

"Ecco ..." - Si voltò verso il cugino, avendo finalmente scelto una maglietta adatta.

Nera e doppia, con dei pezzi di stoffa bianca che sbucavano dalla scollature, infondo e dalle maniche corte ... Certo, aveva una bandiera inglese stampata davanti, ma poteva essere solo un caso ... Giusto?

"Veeeh? Perché hai comprato una maglietta così? Credevo che l'Inghilterra non ti piacesse ..." - Commentò ingenuamente Feliciano, sorridendogli e guardandolo amichevolmente, prendendo la maglietta dalle sue mani e continuando a guardarla. - "E' bella, però!"

"...!" - Francis ebbe un sussulto.

Cosa poteva dire ...?
Coraggio, cosa avrebbe risposto il vecchio Francis ...?

"Infatti non é mia ..." - Prese parola, sorridendo e cercando di apparire il più naturale possibile. - "L'ha ... Uhm, dimenticata qui un ragazzo."

In realtà gli era capitato davvero raramente.
E, in ogni caso, dopo l'arrivo di Arthur aveva buttato via ogni cosa che non fosse sua.
Il francese sperava davvero che Feliciano gli credesse, e mentre attendeva la risposta, gli sembrava che stessero passando secoli, mentre non erano che pochi secondi.

"Veeeh~" - Sembrava che se la fosse bevuta ... Giusto?. - "Lo stesso ragazzo del piatto ...?"

"...!" - Francis si pietrificò.

Certo! Il piatto!
Che stupido era stato!
Un piatto ed una maglietta, entrambi con la bandiera inglese ... Non poteva essere una coincidenza!
Non in casa di uno che aveva sempre disprezzato ogni cosa anglofona!
Certo, 'ogni cosa' non includeva affatto i ragazzi e le ragazze ...
Ma, due ragazzi inglesi? Uno che gli aveva regalato un piatto, e l'altro che si era scordato lì la maglietta?
O forse lo stesso ...?
Se era lo stesso, doveva averlo visto almeno due volte, per avergli potuto regalare un piatto ... Ma per mantenersi in contatto dopo la prima volta, avrebbe dovuto chiedergli il numero di telefono, e se la seconda volta si era scordato la maglietta, non poteva chiamarlo e restituirgliela ...?
Arthur doveva farsi avanti ...
Era una vita d'Inferno!

"No, due ragazzi diversi." - Le parole uscirono senza preavviso.

'Mon Dieu, fa che ci creda, fa che ci creda ...' pregò nella mente, cercando di sfuggire con i begli occhi color oceano.

"Oh~ Il fratellone conosce davvero tanta gente ..." - Commentò ingenuo, buttandosi sul letto stringendo la maglietta al petto. - "Grazie! Mi piace, credo che metterò questa!"

"Spero ti vada bene ..." - Francis sospirò: meno male, Feliciano non aveva nessun sospetto ... - "Uhm, riguardo ai pantaloni ... Che ne dici di questi?"

Ne tirò fuori un paio, sempre di Arthur, che avevano acquistato assieme a Roma, sbrigandosi ad aggiungere, prima che Feliciano potesse fare altre domande. - "Sarà un anno che li ho qui ... Me li ha lasciati un ragazzo di ... Uhm, Roma, mi pare!"

"...?" - Feliciano alzò appena la testa per guardarli, per poi riappoggiarla nuovamente sul materasso.

Il biondo si sdraiò al suo fianco, appoggiando i jeans dall'altra parte, ed accarezzandogli la fronte ed i capelli.

"Grazie, fratellone ... Non so cosa farei, senza di te ..." - Lo ringraziò, sospirando e dischiudendo appena le labbra in un dolce sorriso, con tono grato e calmo.


Le strade del centro erano ricoperte di bancarelle, ed illuminate di quella familiare e calda luce tipica delle feste mondane estive.
L'aria profumava di dolci, noccioline, incensi, legni profumati e mille altre cose.
Bastava spostarsi di poco, per essere inebriati da profumi completamente diversi, mettendo fame, allegria, curiosità, o semplice voglia di comprare.
Le voci della folla si sovrapponevano a quelle dei mercanti, che a voce più o meno alta decantavano i propri prodotti, come i migliori sul mercato.

"Peter!"

"...? Lily!"

"Fratellone, posso andare a salutare Peter? Posso?" - Chiese la ragazzina, alzando la testa bionda verso lo svizzero, in obbediente attesa di una risposta prima di allontanarsi.

"Sì ... Ma non allontanarti." - Acconsentì Vash, seguendola con lo sguardo fino a quando non raggiunse il ragazzino, e rimase con gli occhi fissi su di loro come a spiarli, per non perderli di vista.

"Oh! C'é anche Hanatamago!" - Lily si inginocchiò verso la cagnolina, che le saltò in braccio muovendo la coda e facendole mille feste.

"Stasera aveva proprio voglia di uscire, non abbiamo fatto in tempo ad aprire la porta, che era già fuori!" - Spiegò Peter, chinandosi a sua volta ed accarezzandola, cercando timidamente di proteggere il vestito di Lily dalle sue zampe.

"Ma sei qui da solo ...?"

"No ..." - Cercò con lo sguardo tra le persone delle bancarelle vicine, finché un uomo non glielo ricambiò, ed il ragazzino gli sorrise. - "Sono qui coi miei ... Sono laggiù!"

Lily guardò nella stessa direzione di Peter, e sorrise a sua volta accennando un saluto con la mano, per poi voltarsi verso Vash, per assicurarsi che fosse rimasto dove l'aveva lasciato.

"Hai visto altri della scuola ...?" - Chiese curiosa. - "Raivis ...?"

"Uhm, no, non l'ho visto ..." - La sua espressione pareva più preoccupata del dovuto, come se non vedesse il ragazzino da una vita. - "Mi pare di aver intravisto Wai, ma non sono sicuro che fosse lei ..."

"Beh, non importa!" - Concluse la ragazzina, sorridendogli dolcemente.

Vedendo l'espressione sul volto della sorella, lo svizzero non poté fare a meno di reprimere una lieve gelosia, mista ad un senso paterno.
La sua Lily ... Stava diventando grande.

"Hai già mangiato qualcosa?"

"Intendi qui? No, perché ...?"

"Poco più avanti c'é lo zucchero filato! Io lo prendo, lo vuoi anche tu ...?" - Era bellissimo vederli così impacciati. Soprattutto per chi, quelle timidezze, le aveva superate da anni.

"Ma andiamo fin là da soli ...?"

"Beh ... Abbiamo quindici anni! E ti proteggo io!" - La prese per mano ed iniziò ad incamminarsi, ma lei si impuntò.

"Dobbiamo dirlo a Vash e a tuo padre!" - Protestò. - "Altrimenti si potrebbero preoccupare!"

"Ok ..." - Sbuffò Peter, senza lasciare la sua mano, ma dirigendosi dalla parte opposta.

"Papà ... Io e Lily andiamo più avanti a prendere lo zucchero filato. Torniamo subito!" - Spiegò, un po' imbarazzato nel rendersi conto che la sua mano stringeva ancora quella della ragazzina.

"... Va bene." - Rispose l'uomo, con voce e sguardo impassibile.

Peter fece retromarcia, verso Vash.

"... Tuo padre a volte mi fa paura ..." - Bisbigliò Lily.

"Lo so, é fatto così ... Non é cattivo, quello é proprio il suo modo di fare!"

"Fratellone ... Io e Peter possiamo andare a comprare lo zucchero filato ...? Torniamo subito, te lo prometto ..."

"D'accordo." - Rispose serio Vash, per poi guardare in direzione del padre di Peter.

I due rimasero per un attimo a guardarsi, uno più asociale dell'altro, senza fare un passo e senza accennare ad un saluto.

"Ohilà! Vash!" - All'improvviso si sentì spinto in avanti da una fragorosa pacca sulla schiena.

"Gilbert ..." - Si voltò, e nel vedere l'albino sorridergli, la sua voce si trasformò, più che in quella di un cordiale saluto, in una specie di minaccia di morte.

"Ciao, Vash." - Ludwig si aggiunse al saluto, immobile come un soldato al fianco del fratello, sorridendogli appena.

"Ludwig." - Lo svizzero rispose con lo stesso tono e la stessa pacatezza.

Non che non fossero felici di vedersi.
Al contrario, si volevano bene, ed erano molto amici.
Ma erano fatti così.
E, forse, proprio perché erano uguali, si trovavano bene insieme.
Perché non avrebbero mai potuto fraintendere un silenzio, o uno sguardo serio da parte dell'altro.
Erano così, e molte persone sembravano non capirlo.

Gilbert si era un attimo ammutolito.
Si era guardato intorno, sperando di non incontrare nessuno.
Né Feliciano, né Romano, né Francis.
Lui, con Antonio, ormai era praticamente disposto a fare pace ... Dopo quell'incontro al bar dove l'albino lavorava, era riuscito a comprendere le sue ragioni.
Forse proprio il fatto di essere riuscito a comprenderle ...
Dimostrava che Francis aveva ragione.
Che anche lui, come lo spagnolo, non era cambiato proprio per niente, in realtà.
Avevano forse finto, con Feliciano e Romano ...?

No.
Almeno per quanto lo riguardava, lui Feliciano lo amava, e tanto.
Neppure lui riusciva a capacitarsi di quello che aveva fatto.
Cedere alle avances di Romano in quel modo ... Tutto d'un colpo, si era sentito il ragazzino di un tempo, bello e dannato, che faceva il grande mentre si rifiutava segretamente di crescere.
Il vecchio Gil, quello del 'periodo d'oro' del Bad Touch Trio.
Non poteva credere che quella presenza scomoda fosse ancora così viva in lui.
Eppure, che avesse ceduto era un dato di fatto.
Non era stato un incubo, né un sogno.
Era la realtà.
Testimone ne era il fatto che Feliciano non pareva disposto a parlargli, Francis aveva discusso animatamente con lui, e la sua collana ... Era ancora a casa di Romano.

Non aveva avuto il coraggio di chiamarlo.
Non sapeva come affrontare la cosa.
Probabilmente era il vecchio Gil, ad indurlo a questa impressione, ma doveva ammettere che la sera prima aveva provato qualcosa.
Non era la semplice ebrezza del proibito, o dell'atto in sé.
L'entusiasmo del ragazzino di un tempo, era stato comunque filtrato dagli anni passati con Feli.
Forse, nonostante quella voce in lui avesse permesso la sua resa, aveva davvero cambiato idea.
Forse aveva seriamente iniziato a pensare che non si può fare sesso per il puro piacere di farlo, perché il suo vero significato risiede in cio' che si prova per l'altro, e non in cio' che si prova per sé.
Ma se fosse stato così ...
Allora, se era innamorato ancora di Feliciano, che diamine aveva provato per Romano?
Perché il suo cuore aveva iniziato a battere più forte?
Perché aveva avvertito calore in viso, come se stesse arrossendo?
Che cosa mai stava sbagliando?
Cosa mancava, nel suo ragionamento, per rendergli chiara l'intera faccenda?
Cosa mancava, per rendergli chiari ... I suoi sentimenti?

"Gilbert, mi rispondi?" - La voce di Vash lo distolse dai suoi pensieri.

"Eh? Cosa?"

"Non hai ascoltato una sola parola, come al solito ..." - Commentò Ludwig, nonostante immaginasse i pensieri dell'albino. - "Vash chiedeva perché non sei con Feli ..."

"...!" - Gli mancò il respiro,

Cosa doveva rispondere?
'No, non sono con Feli, perché ieri mi ha beccato a letto con suo fratello ed ora non vuole più parlarmi!'
... No, non poteva certo dire questo.
Doveva rimanere sul vago ... Infondo, conosceva Vash, e sapeva che la sua era quasi una domanda retorica, e che non avrebbe indagato sulla risposta.

"Uhm, diciamo che le cose tra noi due sono cambiate ..." - Rispose infine, e si sentì sollevato nel vedere Lily di ritorno, come se fosse la sua salvezza da quella situazione scomoda.

"Ciao Ludwig e Gilbert!" - Li salutò la biondina, da dietro una grossa nuvola di zucchero filato rosa. - "Fratellone, ne vuoi un pezzetto?"

"No, Lily, grazie ..." - Rifiutò lo svizzero, accennando un lieve sorriso.

"Salve!" - Azzardò Peter, pur non conoscendo i due tedeschi, che abbozzarono un saluto.

"Lud, ora dobbiamo andare ... Ciao!" - Tagliò corto Gilbert, trascinando letteralmente via Ludwig da Vash e dai due ragazzini.

"Gil! Si può sapere che ti prende ?!" - Chiese un po' innervosito Ludwig, facendo forza in modo che Gilbert si fermasse, ad una quindicina di metri dagli altri tre.

"Non ho voglia di stare con altra gente ... Non ho voglia di sentirmi chiedere perché non sono con Feli." - Spiegò serio l'albino, quasi sottovoce.
Non era da lui parlare in un tono così basso ...

Continua ...

  
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