11 CAPITOLO- 1 PARTE
-So I stayed in the darkness
with you-
La
tua ora é suonata quando ti ho conosciuta.
Twilight
Finn camminava a passi lenti lungo le vie di Mystic Falls: avevo lo
sguardo alto, il portamento elegante tipico di un uomo dei suoi tempi, e
l'espressione rilassata in viso come se non avesse alcun problema al mondo
quando in realtà ne doveva avere parecchi. La sua passeggiata solitaria venne
però interrotta da un'altra presenza che a lui risultò poco gradita.
"Sai
che camminando in quel modo sembri uno di quei modelli di Dior?"
Finn non ebbe neanche la voglia di girarsi perché
aveva già riconosciuto quella voce.
"Che cosa vuoi Ylenia?"
mormorò infastidito alzando gli occhi al cielo.
Lei
scrollò le spalle. "Cosa ti fa pensare che io voglio qualcosa da te?"
"Perché
tu non fai mai niente per nulla. Ora dimmi cosa vuoi così te ne puoi andare
subito." Il tutto senza degnarla di uno sguardo.
Ylenia si bloccò imperterrita. "Si può sapere
perché mi tratti così? Cercavo solo di essere gentile."
Finn allora si fermò e la osservò. Il viso di lui era
sempre teso, pieno di rancore e ci volle molto della propria volontà per
cercare di calmarsi e apparire gentile.
"Parla
allora." la liquidò con un gesto della mano.
Ylenia si morse il labbro, evidentemente anche lei
tesa.
"Ho
saputo che sei ritornato dai tuoi fratelli... Come stai? Sei sempre dell'idea
di voler morire?"
Finn alzò il mento, lo sguardo duro e impenetrabile.
"Niklaus mi ha portato qui con la forza e ho
acconsentito al suo piano per spezzare l'incantesimo di nostra madre.. Ma non
ho cambiato idea sulla mia natura... Non ho cambiato idea su nulla."
rispose duramente, rivolgendole uno sguardo eloquente che non tralasciava dubbi
sui suoi pensieri.
Ylenia sviò lo sguardo per non leggere in quello
di Finn quello che temeva di vedere, ma che
sapeva di meritare.
"Posso
capire la tua reticenza.. Hai sempre odiato ciò che eri e anche adesso con la
tua famiglia non sei cambiato.. Ma la morte non é la soluzione giusta per
espiare le proprie colpe... E io non voglio che tu muoia." Le ultime
parole le pronunciò alzando lo sguardo e incrociando quello di Finn. Gli occhi della donna erano pieni di sincerità,
ricolmi di ricordi che non poteva dimenticare e che non volevano proprio morire
per permetterle di non logorarsi.
Finn stranamente cambiò espressione.. Divenne meno
duro e vigile, qualcosa nei suoi occhi brillò in quegli istanti e le labbra
sembravano curvarsi in un sorriso. Ma che divenne in due secondi freddo e
terribile.
"Strano
sentirlo da te... Visto che a mettermi in quella bara sei stata tu."
Ylenia aprì la bocca turbata da quell'affermazione che
voleva sempre negare; di nuovo il senso di colpa riemerse fuori controllo.
"Non
è vero.." tentò invano di giustificarsi, scuotendo la testa ma nulla che
poteva dire sembrava importare a Finn. Non
voleva neanche ascoltarla.
"No?
Forse in quei momenti le mie vene si stavano rinsecchendo ma avevo ancora una
bella vista.." le puntò uno sguardo estremamente duro e Ylenia trasalì, non sapendo cosa dire. Forse perché
non c'era nulla da dire.
"Tu
e Niklaus siete proprio una coppia
perfetta.. Vi meritate a vicenda visto che siete entrambi due egoisti pronti a
tutto per ottenere ciò che volete. Perché non vai da lui a esporre il tuo
monologo? Io ormai non ci casco più." Con un ultimo e più intenso sguardo
di ghiaccio, Finn liquidò la questione e se
ne andò via lungo il marciapiede, spalleggiandola di proposito.
Ylenia questa volta non oppose resistenza. Lo lasciò
semplicemente andare, rimanendo immobile come una statua. Peccato che le statue
avevano sempre uno sguardo vuoto, mentre il suo era ricolmo di sentimenti così
affollati che era difficile distinguerli l’uno dall’ altro.
Sorrise
dentro di sé, pensando che Klaus era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere
in quel momento e anche per sempre. Poi ovviamente non l'avrebbe trattata con
gentilezza e anche se non sembrava, i due avevano parecchi conti in sospeso e
alcuni impossibili da saldare.
"Agnes
ti saluta dal mondo degli inferi, dove tu l'hai spedita"
Il
dolore sembrò ritornare, sull'orlo di straripare come un fiume al ricordo di
quelle parole pronunciate da un ibrido sotto ordine di Klaus, ovviamente.
Ylenia scosse la testa pur di non pensarci e tentando
di rinchiudere il dolore in un angolino buio della sua mente.
Ma
quel sentimento era sempre stato lì, sepolto da centinaia di strati di
freddezza e indifferenza a tutto. Ma era lì.
E
mai come in quel momento sembrò riemergere, schiacciando ogni cosa.
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Perché
dovrei andare a una festa idiota degli anni '20?
Si
ripeteva Briony all'infinito leggendo il
messaggio di sua sorella nel cellulare. Era stato un messaggio semplice, privo
delle solite faccine: "Stasera abbiamo organizzato una festa a scuola in
stile anni '20. Spero di vederti così avremo l'occasione di parlare. Mi manchi.
Caroline."
Quelle
parole erano i classici spiragli di debolezza che Briony provava nei
confronti della sorella e quindi le concedeva tutto, sempre e comunque. Quando
erano bambine, Caroline correva sempre da lei quando aveva un problema oppure
quando piagnucolava per un brutto sogno. Briony ogni
volta sbuffava ma alla fine cedeva sempre, vinta dall'affetto enorme che
provava per la sorella minore.
Ma
ora si sentiva solamente stanca, come se le si fossero esaurite le risorse di
energia e ogni cosa era concentrata sul dolore da quando aveva scoperto quella
verità terribile. Non aveva certo la forza per combattere anche le guerre di
Caroline.
Però
forse distrarsi un pò le sarebbe servito a
riempire quel vuoto che sentiva, e buttare la sofferenza come fosse spazzatura
della quale voleva disfarsi subito. Anche se di certo una festa non poteva
farla sottrarre dalla realtà che l'attanagliava inesorabilmente, come uno
squalo assetato di sangue, o dal dolore che faceva breccia ogniqualvolta che la
consapevolezza di poter far male a Elijah o a chiunque altro che amava prendeva
il sopravvento, logorandola nella sua morsa. E quella morsa si faceva sentire
in ogni minuto, in ogni ora. Diventando sempre più stretta.
Però
comunque per una sera poteva fare finta di non pensarci e tentare di ridere
come facevano le ragazze alla sua età con accanto la persona che amavano.
Perfino l'espressione del viso di Briony si
convinse e in quel momento formò una maschera di assoluta tranquillità, come se
niente la turbasse.
Sarebbe
riuscita a reggere finche Ylenia non avesse
trovato la soluzione, salvandola?
Scosse
la testa perché non voleva essere turbata da cattivi pensieri... Si era già
logorata anche troppo attraverso le lacrime, l'unica cosa che poteva fare al
momento era combattere per ciò che amava, per il futuro che desiderava.
L'unica
cosa su cui era dubbiosa era sul vestito da mettere alla festa e ovviamente
nell'armadio non c'era un vestito in stile anni '20. Salì le scale per
raggiungere la camera da letto e cercare qualcosina da
mettere per l'occasione; ma non appena cercò di accendere la luce, le lampadine
del lampadario saettarono come impazzite e alla fine si spensero del tutto,
inondando la casa di un buio totale.
Briony sbuffò imbestialita cercando più volte di
accendere l'interruttore, invano. L’unica luce all'interno della stanza era
quella fioca che penetrava attraverso le tapparelle della finestra.
Si
girò per uscire dalla stanza, quando si scontrò con qualcosa di duro come il
marmo e sobbalzò allarmata visto che in quel punto della stanza non doveva
esserci nulla. Trasalì un'altra volta alzando le mani come per difendersi,
quando sentì un braccio vigoroso cingerle la schiena.
"Briony?"
Quel
sussurro interrogativo la fece riportare immediatamente alla realtà in un
botto, e le mani inconsapevolmente finirono su quel petto scolpito che sembrava
infatti di marmo. Non lo aveva riconosciuto visto che nella stanza la luce era
terribilmente fioca che non si vedeva niente, ma le era bastato sentire la voce
e quella pelle gelida sotto le sue dita per identificare quella figura
nell’ombra.
“Credevo
che le buone maniere ti imponessero di bussare.” rispose lei solamente con una
risatina, avvertendo una scossa elettrica sul punto in cui le mani di Elijah
sfioravano la sua schiena.
Sentì
il sorriso nella voce di lui.
“Ti
ho vista al buio e mi sono chiesto quale altra stramberia avessi in mente.”
Briony rise un’altra volta per schiacciare
l’agitazione: ovviamente si riferiva al fatto che lei il giorno prima lo
volesse lasciare anche se chiaramente non ce l’aveva fatta e aveva finito
soltanto per sputare frasi contorte e senza senso. Alla fine si era resa conto
per fortuna che non ce l’avrebbe mai fatta a sopravvivere senza di lui,
soprattutto da come lui le aveva parlato e l’aveva stretta a sé.
Di
nuovo la smania di combattere con tenacia, e pregò il Signore che Ylenia trovasse una soluzione prima che Elijah capisse
la verità.
Se
lui lo avesse saputo…
Sommerse
subito quel pensiero e tornò a guardare Elijah in volto, che era oscurato da
un’ombra scura.
“La
luce come al solito mi ha abbandonata, tutto qui.”
Anche
se non riuscì a vederlo nettamente in viso, percepì che il vampiro alzò
scrupoloso il sopracciglio destro e malauguratamente sentì anche che il suo
braccio la lasciava.
Elijah
fece alcuni passi, perfettamente dritti verso l’uscita della stanza e provò ad
accendere l’interruttore, come se lui fosse il mago della luce.
Ma
visto che la stanza era sempre in penombra, Briony allargò
le braccia e cercò di dirigersi verso di lui.
“Visto?”
Ma non riuscì a finire la frase che urtò contro un mobiletto che non aveva
visto a causa del buio e incespicò in avanti, imprecando fra sé e sé di essere
così maldestra.
Ovviamente
però il ginocchio non finì a terra perché Briony sentì
un braccio sorreggerla, e goffamente si aggrappò su di esso per non cadere.
Udì
la risata lieve di Elijah sui capelli: “Sei ancora tutta intera?” domandò,
tirandola sù delicatamente.
La
ragazza fece un leggero broncio e le guance si arrossarono: “Tu hai una vista
super arguta, mio caro. Io no.” Rispose sentendo un formicolio costante nella
mano che sfiorava il braccio di Elijah, scivolando poi sopra il suo petto come
se avesse preso vita propria. Abbassò lo sguardo cercando di non far
trapelare il suo rossore per quell’improvvisa vicinanza, anche se dubitava che
lui non se ne fosse accorto. Lui si accorgeva sempre di tutto.
Trasalì
a quel pensiero, e anche perché le mani gelide di Elijah cominciarono a
sfiorarle delicatamente i capelli. “Sarà soltanto un cortocircuito.”
Briony scrollò le spalle, sentendo ogni parte del suo
essere bruciare a fuoco mentre l’altra mano di Elijah scese fin giù la sua
schiena. Sentiva il suo respiro fresco sulla fronte farsi sempre più vicino.
“Stai
usufruendo del buio per provarci con me sfacciatamente, Elijah Mikaelson?” domandò lei in un sussurro spezzato.
Lo
sentì sorridere furbamente mentre continuava a toccarla: “Non ho bisogno del
buio per fare questo.” E così dicendo appoggiò delicatamente le labbra sulle
sue. Briony sentì scatenarsi mille
scintille dentro il suo corpo e con dispiacere sentì le labbra di Elijah
allontanarsi dalle sue, ma solo per baciarle avidamente la pelle dell’orecchio
sinistro.
Con
un sospiro la guancia di Briony finì
aderente contro quella di Elijah mentre lui continuava a torturarla, e fu un
sollievo per lei sentire la freddezza della sua pelle spegnere l’incendio che
divampava lungo tutto il corpo.
Per
fortuna era buio e non si vedeva niente, perché lei si stava davvero
surriscaldando e liberò per un attimo la sua mente da ogni pensiero.
Sentì
Elijah spostare con lentezza il viso, e il suo respiro sulle labbra la fece
stordire. Lui passò parecchi secondi così, allungando quella dolce tortura che
la faceva fremere.
Ma
poi la baciò, lentamente come stesse assaporando le sue labbra e il loro
sapore. Briony strinse sempre di più la
presa sul tessuto della giacca di Elijah, avvicinandosi di più a lui.
Percepì
il corpo del vampiro spingere contro il suo, come se volesse farla
indietreggiare, e lei reagì al suo muto ordine. Cominciarono a indietreggiare
verso il letto, scambiandosi continuamente dei piccoli baci delicati.
Ma
purtroppo i piedi di Briony incespicarono contro
lo stesso mobiletto di poco prima e lei subito lo maledisse col pensiero. Le
loro labbra si staccarono e Briony rise fra
sé e sé per come il suo corpo si era sbilanciato convulsamente pur di non
cadere; anche Elijah dopo un po’ si unì alla risata tenendola comunque stretta
a sé.
Briony si mise le dita nei capelli per scacciare
l’imbarazzo e appoggiò poi le mani sul petto di Elijah per tenersi in
equilibro. Man mano sentiva il fuoco dentro di lei acquietarsi diventando quasi
normale, sebbene Elijah continuasse a scrutarla nell'oscurità creando strani
giochi di luce attraverso le tapparelle aperte della finestra.
“Stasera
c’è un ballo alla scuola di Mystic Falls. E si dà il caso che mi serve un cavaliere altrimenti
dovrò accomodarmi insieme alle ragazze single.” ammiccò lei con una risata,
indietreggiando lentamente e questa volta intenta a non cadere.
Elijah
alzò il sopracciglio, scrutandola in volto estremamente divertito.
“Mi
sento in obbligo di venire con te allora. Giusto per mettere in chiaro le cose
se qualcheduno dovesse avere strani pensieri.” La voce vellutata si tradì con
una punta d’asprezza soprattutto nell’ultima frase.
Briony sapeva a cosa si riferiva: ovviamente Elijah non
vedeva di buon occhio Stefan Salvatore
soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti... e se uno sguardo poteva uccidere… ma almeno l’altra sera aveva fermato in
tempo Elijah prima che lui la facesse pagare al giovane vampiro,
immeritatamente. E poi lei non aveva alcun interesse verso Stefan, lo considerava solo un amico.. senza contare che
lui stava con Elena. Anche se l’ultima volta che aveva controllato, lei si
strusciava addosso a suo fratello Damon. Ma magari ora le cose erano cambiate
visto che Elena Gilbert aveva il vizio di andare di qua e di là come una
farfalla.
“Lo
stile sarà sugli anni ’20. Quindi preparati.”
La
smorfia sul viso impostato di Elijah la fece ridere. “Non commentare ti prego,
odio gli abiti di quell’epoca. Ma è stata tua sorella Rebekah a
scegliere questo tipo di serata, quindi lamentati con lei.”
Elijah
scosse la testa, rivolgendo lo sguardo altrove, quando la curiosità montò sul
cervello di Briony.
“E
tu com’eri negli anni ’20? Dovevi per forza avere uno strano look.”
Un
angolo della bocca di Elijah si sollevò. “Non mi farai dire niente.”
Briony sospirò divertita. “E dai. Hai vissuto più di
mille anni, certa gente se lo può solo sognare. Raccontami un po’ qualcosa del
tuo passato che non mi hai detto. Una di queste sere ti obbligherò a
raccontarmi tutto.” sghignazzò ma poi la risata si distorse a causa di un urlo
interiore, straziante, che voleva venire a galla a tutti i costi in quel
momento. Qualcosa nel suo cervello pianse pensando che lei non gli avrebbe mai
potuto raccontare quella tremenda verità. Il suo cuore si
spense per l'ennesima volta.
Briony cercò comunque di apparire normale, ma non ci
riuscì. E non per colpa sua. Ma a causa di Elijah.
Anche
se non poteva vederlo bene, intuì alla perfezione che il suo viso si era
contratto alle sue parole, che i suoi occhi erano diventati neri come le
tenebre e che le mani distese lungo i fianchi si fossero strette in un pugno
micidiale per sopportare qualcosa che lo attanagliava dentro.
Lei
riuscì a leggere tutto queste cose in lui come un libro aperto che stava appena
sfogliando, ma che comunque indossava dei caratteri quasi invisibili da saper
tradurre alla perfezione.
Briony serrò gli occhi cercando di intuire l’origine di
quella sua improvvisa freddezza e glacialità, quando la voce indecifrabile di
Elijah ruppe il silenzio nella stanza come lo scoccare di una frusta omicida.
“Se
ti dicessi tutto di me, te ne andresti da quella porta per non tornare mai
più.”
Briony aprì la bocca, sbalordita da quelle parole dure
perché lei era sicura che non lo avrebbe mai fatto e ne fu sconcertata che lui
pensasse quelle cose.
Cercò
comunque di comprendere le sue strane parole, quando all’improvviso la luce
ritornò nella stanza.
E
mai come in quel momento Briony non avrebbe
voluto che ritornasse.
Quello
che aveva davanti non era Elijah, era il fantasma del suo passato che lo
inseguiva e aveva preso infine il suo posto. Il viso appariva glaciale, non
faceva trapelare nulla se non distacco e inquietudine. Si poteva anche
percepire che i suoi muscoli erano tesi e irrigiditi. Nei suoi occhi neri non
brillava la benché minima luce. Appariva una statua terribile, martoriata dal
disprezzo per se stesso e quello degli altri.
Sembrava
sinceramente convinto di ciò che aveva detto, e ogni sua espressione era dura e
severa. Quasi terrificante.
Inconsciamente
un brivido di panico percorse la schiena di Briony fino
ad irrigidire anche lei.
“Non
parlare in quel modo, Elijah.” Sussurrò flebilmente, scuotendo la testa e facendo
intravedere come i suoi occhi verdi brillassero per dimostrare la sua sincerità
e sicurezza. “So che ci sono cose del tuo passato di cui ti vergogni profondamente… ma niente mi farà mai cambiare idea su
di te e la persona che sei.”
Si
avvicinò a lui cercando di confortarlo con gli occhi e con le parole, e
incitandolo a parlare qualora ne avesse bisogno, ma lui sembrò non ascoltarla
neanche.
Gli
occhi dell’Originario vagarono in un punto sospeso davanti a sé, e nelle rare
occasioni in cui la guardava sembravano vuoti, riempiti solo dal nulla.
Ad
un tratto uscì dalla sua immobilità e alzò lentamente una mano per sfiorare la
guancia di Briony con il palmo.
Ma
la carezza che le regalò era fredda.
“Sei
così innocente, Briony Forbes…”
la sua voce era appena udibile, soave come una carezza ma anche pungente come
una lama fredda.
Neanche
il fremito di un’emozione attraversò il suo viso di ghiaccio mentre la
guardava. E a causa di ciò, Briony trasalì
mentre alzò titubante la mano per toccare quella di Elijah, ancora impressa
sulla sua guancia.
"Se
c’è qualcosa che ti turba... Io sono qui." E gli lanciò uno sguardo pieno
d'amore.
Anche
lo sguardo di Elijah sicuramente lo era, ma non solo... Dentro vi era
qualcos'altro che la fece rabbrividire.
La
ragazza deglutì ansiosa mentre Elijah abbassò la mano e ritornò al classico
stato di glacialità. Fra loro spiccava un silenzio vibrante e pesava su
entrambi, insopportabile e dilaniante sulle spalle.
“Elijah?
Che c’è?” domandò lei interrogativa.
L’Originario
fece una mossa impercettibile con la testa: “Nulla.” Rispose meccanicamente.
Briony tuttavia lo guardò di sottecchi: era strano e
non ne capiva il motivo. E non l’avrebbe mai capito intuitivamente se non fosse
stato Elijah a fare la prima mossa. Ormai lo conosceva bene.
Infatti
Elijah appariva rigido, come se avesse confinato i suoi sentimenti in un luogo
buio dove nessuno potesse vederli.
Capendo
che non ne avrebbe ricavato niente in quel momento, solo un diverbio a senso
unico, Briony si tirò indietro facendo un
sorriso sforzato.
"Allora..
Ci vediamo stasera? La festa farà sicuramente risollevare tutti." Esclamò
per spronarlo, ma attorcigliandosi allo stesso tempo le mani perché in realtà
voleva chiedergli molto di più, ma sembrava anche lei imbalsamata dentro
quell’oscurità che l’Originario si portava appresso.
Elijah
si riscosse all'improvviso dalla sua immobilità. Come risposta fece solamente
un sorriso freddo e basta, per poi andarsene senza proferir parola. Come se
neanche respirasse.
Briony sussultò per quell'atteggiamento e le sue labbra
tremarono per la smania di parlare senza però riuscirci; la mente assalita da
dubbi a cui non riusciva a dare risposta. Ma si ripeteva che non c'era niente
di cui preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene e che presto tutti i suoi
problemi sarebbero stati risolti. Ritornando alla normalità.
Ma
una strana ansia l'assalì all'improvviso... Come se dopo aver fatto un passo in
avanti si fosse ritrovata a precipitare nel vuoto più nero.
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Elijah
ritornò a casa a passo lento come se ogni camminata gli costasse uno sforzo
immane. Si poteva intravedere dalla rigidità delle sue spalle quanto i suoi
nervi fossero tesi, e la durezza del suo sguardo mentre incrociava il suo
riflesso allo specchio davanti a sé non faceva trapelare nulla. Come se fosse
vuoto.
"Hai
adottato lo stesso vizio di Kol di
guardarsi perennemente allo specchio?"
La
freddezza aumentò di colpo quando vide Klaus avvicinarsi con un sorriso
beffardo.
Elijah
sviò lo sguardo e fece alcuni passi nel salotto. "Che cosa vuoi Niklaus?"
"E’
casa mia!" rispose lui allargando le braccia come se fosse una scusante.
"Anche
se questo ve lo siete dimenticati quando mi avete bandito l'altra sera."
strozzò una risatina ma era ovvio che il viso si era incupito per l'umiliazione
che aveva subìto.
“Era
una serata in famiglia, non potevamo trascorrerla con colui che l’ha
distrutta.” La risposta di Elijah fu chiara e netta. Inequivocabile. Non si
prese neanche il disturbo di guardare in faccia Klaus per dimostrare la
veridicità delle sue parole, non ne aveva bisogno.
Klaus
sentì qualcosa spezzarsi dentro il suo animo corrotto da secoli, la rabbia che
covava lasciò il posto alla delusione macchiata da un sottile dolore per ciò
che il fratello aveva appena detto. Ma ricacciò subito quelle emozioni come se
ne fosse nauseato o perché non gli servivano in quel momento per i suoi scopi.
“Non
c’è bisogno che la metti sul personale, Elijah. Volevo solo parlarti.” Lasciò
la frase in sospeso per vedere se avrebbe attirato l’attenzione e la curiosità
del fratello maggiore, ma così non fu.
“Sicuro?
Non hai già abbastanza problemi?” bisbigliò Elijah con durezza e sarcasmo,
convinto che infatti ogni loro conversazione sfiorasse in una fervida litigata,
se non peggio.
Klaus
scrollò le spalle, per nulla turbato da quella provocazione.
“Volevo
solo avvisarti che anche io andrò alla festa di stasera organizzata da Rebekah. E’ un’occasione in più per tenere alta la guardia
nel caso in cui nostra madre si faccia vedere con uno dei suoi soliti trucchetti… ma spero comunque che ci divertiremo
veramente. A te una Forbes, a me l'altra.”
Elijah
questa volta alzò lo sguardo, incrociando quello di Klaus in una fulminata
glaciale.
“Dovresti
essere contento. E’ la prima volta che non ci contendiamo la stessa ragazza..
anche se le nostre accompagnatrici di stasera hanno lo stesso sangue... alla
fine saremo tutti una grande famiglia felice.” Il tono di voce di Klaus era
neutro, come se non vi albergasse la benché minima emozione o nessun interesse
mentre parlava. Sebbene il sorriso beffardo che gli si formò sul volto faceva
trapelare ben altro.
Elijah
scosse la testa infastidito, con l’intenzione di chiudere subito quella
conversazione: “Vedi di non creare guai stasera. Non sistemo più i tuoi casini
come un tempo, quindi controllati.” mormorò indifferente, lasciando la stanza.
“Cosa
ti fa credere che lo farò?” chiese Klaus per farlo fermare e andando più vicino
a lui col suo solito sorrisetto, come se lo stesse provocando di proposito.
Elijah
alzò il viso, ovviamente infastidito per quella raffica di domande ma cercò di
non darlo a vedere, restando completamente calmo.
“Forse
perché sei particolarmente risoluto e spietato.” Menzionò quelle parole con una
semplicità efficace, quasi ne fosse convinto e ne avesse visto le conseguenze.
Klaus
alzò le spalle, come se lo avesse appena premiato con una medaglia.
“Sì,
riconosci queste qualità in me perché le possiedi anche tu.” Anche le parole di
Klaus furono pronunciate con la stessa semplicità di Elijah di poco prima,
totale convinzione come se quelle colpe fossero macchiate sul viso del fratello
maggiore.
Elijah
smise di guardare un punto indefinito di fronte a sé e girò il viso verso
Klaus. Non lo stava fulminando, nemmeno criticando per ciò che aveva appena
detto. La sua compostezza, mista alla classica freddezza che lo caratterizzava,
dimostrava che le parole di Klaus erano davvero vere. Tremendamente vere.
Ma
un bagliore che gli attraversò gli occhi all’improvviso dimostrò che aborriva
quel lato di sé, e ancor di più esternava il puro tormento di non poter negare
o combattere quella verità che lo inseguiva da troppo tempo.
Suo
padre gli aveva insegnato che uccidere il proprio nemico senza pietà era una
virtù. Che non bisognava provare la minima emozione quando punivi qualcuno per
aver tradito la tua fiducia o la lealtà che ponevi in lui.
E
c’era un tempo in cui Elijah lo faceva.
*Inizio flashback*
Elijah
era sempre stato un uomo d’onore: quando dava la sua parola la manteneva
sempre, accurava ogni singola frase mentre
parlava, senza mai scomporsi, o andare troppo oltre per non permettere a
nessuno di conoscerlo per come era veramente al di là della sua facciata da autoritario
Originario freddo.
Era
un predatore solitario, che si emarginava ogni qualvolta che qualcuno tentava
di avvicinarsi a lui o tentasse di fargli ricordare com’era sentirsi umani,
quando nemmeno lui se lo ricordava o forse non desiderava neanche farlo.
Perché
sicuramente l’Elijah umano avrebbe aborrito tutte le azioni spregevoli che
aveva compiuto in mille anni e tutte le vite che aveva tolto spudoratamente.
E
per vivere con quell’orrore che era la sua natura, aveva deciso di imporre tra
lui e il resto del mondo un corazza freddissima e indistruttibile che
racchiudeva il suo vero animo, perché non voleva che nessuno ci entrasse o
peggio lui stesso; allontanava chiunque avesse il desiderio di farlo perché il
suo carattere era sempre stato chiuso e schivo fin da umano. Non concedeva mai
nulla di se stesso, figuriamoci dei sentimenti.
Ma
soprattutto si era costruito quell’armatura per non permettere a nessuno di
scorgervi cosa ci fosse all’interno pur di non far accendere quella fiamma che
ancora rappresentava la sua umanità. Forse perché si sentiva di non meritare di
possederla. O forse non voleva che qualcuno scorgesse in lui delle debolezze al
fine di riaprire vecchie ferite o colpe che dovevano rimanere emarginate per
sempre.
Se
Klaus saldava le sue relazioni con la paura o con la rabbia, Elijah non le
saldava neppure. Gli era sempre bastato ciò che aveva, non temeva affatto la
solitudine dell’immortalità e rimaneva distaccato con chiunque, come se nessuno
al mondo avesse il dono di fare breccia dentro la sua corazza.
Ma
quando scoprì la verità sulla sua famiglia cambiò tutto.
Non
appena capì che Klaus aveva ucciso i suoi fratelli e le sue sorelle,
sparpagliando i corpi in mare, perse totalmente la ragione e la freddezza che
lo contraddistingueva. Si mise a cercare quel fratello ignobile in capo al
mondo pur di vendicare quella famiglia che amava e che aveva sempre amato. Era
l’unica cosa di cui gli importasse veramente, e Klaus gliela aveva portato via.
Elijah ebbe pure dei dubbi sul fatto che Gwendolyn avesse
ragione quando aveva accusato Klaus della morte della madre, ma nessuno le
aveva creduto.
A
quel tempo, Elijah viveva solo per la vendetta. Si cibava di crudeltà. Espirava
soltanto la paura terrificante che gli altri provavano nell’averlo accanto.
La
sua caccia ebbe finalmente dei risultati in una città del Canada, Detroit. Ma
non ottenne i risultati sperati. Tutt’altro. Elijah non si era mai reso conto
di quanto la posta in gioco fosse alta.
Era
finalmente riuscito a scoprire il luogo in cui si trovava Klaus grazie alle
informazioni che alcuni vampiri gli avevano fornito. Ovviamente non poteva
permettersi questa caccia da solo perché sapeva quanto Klaus fosse furbo e
previdente.
Non
che a Elijah importasse dei vampiri che si portava appreso per racimolare
alcune informazioni. Appena non gli fossero tornati più utili, li
avrebbe uccisi. Era così che andavano le cose.
Qualche
giorno prima un vampiro aveva tradito la sua fiducia e gli aveva implorato il
perdono. Elijah glielo aveva concesso con un sorriso estremamente freddo. Poi
la testa di quel poveretto era volata dall’altra parte della stanza, e l’unica
cosa che Elijah fece in seguito fu ripulirsi elegantemente le mani dal sangue
versato.
Non
voleva che nessuno scorgesse il suo animo ma lui stesso non sopportava delle
macchie su di esso.
C’era
anche un’altra cosa che lo infastidiva, peggio del ritrovarsi un moscerino
all’interno del proprio cibo.
Era
che alcuni cacciatori si trovavano proprio a Detroit e avevano cominciato a
procurargli delle rogne e a mettersi in mezzo nella sua caccia perché
uccidevano praticamente tutti i vampiri che gli facevano da tramite col
fratello e che lo aiutavano a localizzarlo.
Un
giorno perse completamente la pazienza perché gli altri vampiri non riuscivano
a contrastare quei cacciatori, e forse Klaus sentendosi braccato se ne poteva
andare chissà dove.
Aveva
deciso quindi di mettere fine lui stesso a quella gravosa questione e riuscire
finalmente a trovare Klaus una volta per tutte.
Elijah
si levò qualche sassolino dalla scarpa, uccidendo tutti i cacciatori che
osavano ostacolarlo o che tentassero di ucciderlo. Tentativo vano, lui era un
Originario. Non poteva essere ucciso.
Ma
ciò che lo colpì e lo turbò profondamente, era che alcuni di quei cacciatori
avevano un pugnale. Un pugnale dalla forma strana, per niente diritta, con la
punta colorata di nero e che avevano il potere di ferirlo. Non di ucciderlo ma
comunque di ferirlo, come se la sua pelle bruciasse al contatto.
Dalle
informazioni che aveva estorto con la forza, Elijah capì che in città erano
rimasti solamente due o tre cacciatori e che adoperavano quel diabolico pugnale
per uccidere i vampiri. Sapeva che doveva concentrare tutte le sue energie su
Klaus, ma il pensiero che qualcuno avesse un pugnale che potesse ferirlo lo
turbava e allo stesso tempo lo infastidiva nell’orgoglio.
In
fondo sarebbe bastato poco tempo per risolvere la faccenda e a non permettere a
quei cacciatori di non adoperare mai più quel pugnale dagli strani poteri,
quindi decise di andare direttamente da loro e a porre fine a quella disdicevole
incombenza.
Quei
cacciatori abitavano in un condominio di 3 piani; per Elijah fu facile risalire
al cognome di uno dei cacciatori, una donna presumeva, e si diresse nel
pianerottolo del palazzo dove incrociò un altro cacciatore.
Questi
appena lo vide si mise a correre per le scale finendo al primo piano, ma Elijah
fu talmente veloce che gli cavò il cuore in pieno petto e l’uomo si accasciò a
terra senza un grido.
Elijah
guardò muto il cadavere, privo di emozioni, e si sfilò un fazzoletto dalla
giacca per ripulirsi il sangue dalle mani. Ma quando girò lo sguardo verso il
corridoio vide a pochi passi da lui una piccola figura imbalsamata.
Era
una bambina.
Elijah
ne fu estremamente sorpreso nel vedere una creatura così piccola proprio lì di
fronte a lui e costretta a vedere quell’orrore simile. Pensò tra sé e sé che
dei bambini non dovevano conoscere il male nella sua forma più crudele perché
essere bambini significava essere innocenti. Gli venne in mente il suo
fratellino Henryck che era uscito la notte
di luna piena incurante del pericolo che correva, ma che se ne era reso conto
troppo tardi.
Elijah
scacciò subito quel pensiero perché i ricordi di un’umanità vecchia e sepolta
non erano proprio adatti all’occasione, e cercò subito di reprimerli.
La
bambina però non faceva alcuna mossa… rimaneva
immobile e aveva un’espressione turbata nel suo piccolo viso. Tra le mani
portava un piccolo orsacchiotto e se lo strinse di più al petto per scacciare
l’evidente paura.
“Che
ci fai qui tutta sola?” domandò lui, pulendosi ancora la mano e sviando lo
sguardo.
Non
ricevendo risposta, Elijah si voltò verso la bambina e fece lentamente alcuni
passi verso di lei. La piccola continuava a stare immobile e a stringere
l’orsacchiotto al petto, intimorita da quello sguardo indecifrabile e gelido. I
suoi occhioni saettarono continuamente
verso il cadavere per terra e il suo sguardo innocente non riusciva a capire il
perché quell’uomo stesse per terra immobile, con gli occhi fuori dalle orbite
mentre uno strano liquido rosso gli fuoriusciva del petto.
Il
suo sguardo piccolo scappò da quello spettacolo brutale, per poi fissarne un
altro di fronte a lei che aveva le sembianze di un angelo con le vesti nere.
Elijah
la guardò dall’alto in basso con sguardo calmo e poi si inginocchiò di fronte a
lei, rimanendo di pari altezza. Notò che quella bambina aveva degli occhi verdi
bellissimi, i più belli che avessi mai visto. Aveva uno sguardo dolcissimo,
poteva avere sui 4-5 anni, e questa volta non sembrava minimamente intimorita,
come se non capisse il reale pericolo che aveva di fronte.
“Buongiorno
signore.” disse la piccola semplicemente, tenendo sempre al petto
l’orsacchiotto come se fosse il suo unico compagno di vita.
Quella
voce cristallina come una campana di vetro stranamente lo intenerì... e Elijah
sorrise.
Era
da parecchi anni che non lo faceva. Di solito regalava soltanto sorrisi freddi
e diabolici, ma quel sorriso che sfoderava ora davanti a quella bambina era il
più umano che avesse mai fatto da quando si era trasformato.
Riprese
il controllo e scrutò di nuovo la bambina, guardandola dritto negli occhi:
“Dimentica ciò che hai appena visto. Torna nella tua camera e non far entrare
nessuno.” La stava soggiogando per farla mettere al sicuro e mandarla via da
quell’orrore.
La
bambina obbedì facendo alcuni passi indietro, andò di fronte a una porta e ci
entrò. Non prima di aver rivolto uno sguardo estremamente curioso a quello
strano signore.
Elijah
la lasciò andare. Era troppo onorevole per far del male a dei bambini, e poi
lei non c’entrava nulla con la sua guerra.
Scrollò
le spalle per tornare in sé e fece alcuni passi in avanti, arrivando fino alla
porta dove era appena entrata la bambina; ma qualcosa come una barriera
invisibile gli impedì di andare oltre.
Spinse
ancor più in avanti non capendo cosa stesse succedendo, quando dall’altra parte
del corridoio comparve una donna. Era sui trent’anni, capelli scuri e la pelle
abbronzata. Si sorprese molto nel vedere il vampiro a qualche metro da lei ma
l’indecisione lasciò posto a qualcos’altro, e prese subito un oggetto che
teneva sotto la giacca.
Elijah
fece un ghigno malefico. “Adottate pure i metodi delle streghe ora?” domandò
freddamente, mentre i suoi occhi si rivolgevano alle due pietre blu riposte
agli angoli del corridoio e che gli impedivano di passare oltre.
La
donna gli sorrise di rimando, avvicinandosi a lui. “Dobbiamo farlo se vogliamo
difenderci dai succhiasangue.”
Elijah
lasciò andare le mani lunghi i fianchi e sospirò con stoica calma. “Sono venuto
soltanto per fare un accordo. Tu e i tuoi amici non intralciate i miei piani e
non tentate di mettermi i bastoni tra le ruote, e io in cambio vi lascio
vivere. Ma voglio quel pugnale che tieni fra le mani. Mi urta il pensiero che
degli umani abbiano un oggetto che possa ferirmi… per
cui mi sembra un'offerta ragionevole.” mormorò con la classica freddezza.
La
donna alzò il sopracciglio. “Parli così perché sei intrappolato.”
“Troverò
il modo di uscire come sono entrato, e poi ti staccherò la testa se non fai
come ti dico.” rispose lui in tono minaccioso e terrificante. Gli occhi
implacabili e neri.
Non
aveva tempo da perdere in chiacchiere, Klaus era in città e doveva sbrigare la
questione subito. L’unica cosa a cui pensava era la vendetta e quei cacciatori
la stavano intralciando.
La
donna non rispose, e rimasero a lungo in un tetro silenzio. Quando
all'improvviso la porta di una stanza si aprì e uscì la bambina di prima.
“Mamma!”
Gridò euforica col sorriso sulle labbra.
La
donna la guardò shockata, Elijah corrugò la fronte sorpreso.
Ma
un’idea furba, seppur spregevole, gli balenò nella mente quando un piede della
bambina finì oltre la barriera dove lui era imprigionato, finendo quindi dalla
sua parte. Prima che la donna potesse fare anche un solo passo, Elijah afferrò
la bambina – non con una certa delicatezza - e la sollevò, incatenando il forte
braccio sopra il suo piccolo petto.
Fece
un giro su se stesso, come per mostrare con un’inquietante eleganza quella
scena, e poi ritornò davanti alla donna: “Fai quel che ti dico se non vogliamo
incorrere a tristi conseguenze. Sarebbe un bene per tutti.” affermò con calma
invidiabile, ma l’espressione freddamente terrificante sul suo viso non
tralasciava alcun dubbio sulla veridicità delle sue parole, anche se
interiormente lui sapeva che non avrebbe fatto del male alla
bambina. Le stava solo esponendo un accordo e sapeva che la donna
avrebbe acconsentito pur di salvare la figlia. Nessuno si sarebbe fatto male e
lui ci avrebbe solo guadagnato.
La
bambina intanto taceva, inconsapevole di ciò che stava realmente succedendo,
mentre la madre guardava shockata la scena. Elijah affilò di più lo sguardo per
farle capire che non intendeva perdere tempo, quando la risposta della donna lo
lasciò totalmente allibito.
“Fallo
pure.”
Lui
sgranò gli occhi frastornato, ma pensò che quello fosse soltanto un tentativo
della donna di fregarlo o di sfidarlo.
“Non
ti conviene fare giochetti con me. Se non fai come ti dico… credo
proprio che te ne pentirai e dovrai sopportare la punizione con i tuoi stessi
occhi.” Affermò glaciale, rafforzando la presa sulla bambina e questa cominciò
ad agitarsi, ma il vampiro fece finta di nulla.
Questa
volta la minaccia pareva essere veritiera, visto quegli occhi, e l’Originario stava
perdendo la pazienza. La ragione lo aveva abbandonato quando aveva scoperto che
la sua famiglia era morta, e non gli importava più di nulla, nemmeno dei suoi
codici. Pur di vendicarsi di Klaus sarebbe arrivato a tutto, e quella donna gli
stava soltanto facendo perdere tempo e addirittura osava sfidarlo.
“Tanto
la ucciderai lo stesso. Voi vampiri non avete alcuna umanità, siete spregevoli
e spietati!” la donna gridò quelle parole come se fossero bestemmie.
Elijah
sorrise perfidamente a quella descrizione. “E hai ragione. Ti darò la conferma
assoluta in questo momento.” Il terrore che lesse negli occhi della
donna lo inebriò e lo fece sentire invincibile. Non aveva mai seguito le
adulazioni perverse di Klaus ma doveva ammettere che in certi casi bisogna
gettare la santa razionalità.
Ma
prima di fare la benché minima mossa, un suono lo riportò alla vita provocando
in lui qualcosa che non sentiva da tanto tempo... troppo tempo.
La
bambina stava piangendo disperata. Il suono sommesso delle sue lacrime e i
gemiti soffocati in cui chiamava la madre fecero irrigidire qualcosa dentro di
lui. Quel suono era come una pugnalata in quell'animo che aveva ben richiuso
dentro la corazza, eppure bastò quel semplice pianto disperato per sgretolarla
pezzo dopo pezzo.
Perché?
Aveva udito molte persone piangere per la sua ira e non si era mai fermato nè provato rimpianti per i suoi fini.
Perché
proprio ora, perché proprio in quel frangente della sua vita il cui unico scopo
era la vendetta, doveva abbassarsi ad assaporare la debolezza dei sentimenti?
Perché si stava frenando?
Eppure
lo fece, come se non ne fosse conscio, visto lo sguardo spento che aveva
adottato.
Lentamente
Elijah percepì un altro debole suono, eppure la forza di quel suono lo
sconvolse. Proveniva da un punto del suo petto, un battito cardiaco appena
destato dal sonno di secoli di odio e violenza, e che aveva ripreso vigore
appena aveva udito il pianto di quella bambina.
Elijah
ne fu realmente stupefatto che guardò la bambina completamente incredulo,
perché non sapeva spiegarsi il motivo per il quale stava succedendo tutto
questo e il perché quel pianto avesse tanto potere su di lui, a tal punto da
farlo desistere dai suoi intenti folli.
Nessuno
era mai riuscito a frenare la sua furia prima d’ora.
Eppure
il battito del suo cuore, e la fiamma della sua umanità che si stava lentamente
accendendo, gli fece inorridire ciò che stava per compiere. Elijah provò un
profondo orrore cieco verso se stesso che non poteva essere
placato. Si sentì un mostro peggiore di Klaus e non se ne era mai
reso conto come in quel preciso istante.
Lentamente,
come se fosse un peso di 200 kg, Elijah appoggiò a terra la bambina che ancora
piangeva tutta tremante. Lo sguardo tormentato del vampiro era sempre rivolto a
lei, come se le stesse chiedendo perdono in una muta preghiera.
Sembrava
come se la madre non esistesse in quel corridoio e ci fossero soltanto lui e lei… e quel battito cardiaco che sembrava
rimbombargli nel petto con forza, quasi volesse farsi prevalere e
fargli scontare le pene di ciò che aveva fatto.
La
bambina corse tutta tremante tra le braccia della madre, la quale però non si
mosse e continuò a guardare il vampiro, chiedendosi cosa sarebbe successo.
L'Originario
se ne stava immobile come se fosse una statua martoriata, realmente abbattuta
da quelle lacrime che si erano tramutate in una lama, la quale infieriva sempre
di più nella sua corazza. Distruggendola.
Ma
all’improvviso qualcos’altro dentro di lui scattò: era la sua natura demoniaca
che ritornava a galla con prepotenza per fargli ricordare chi era veramente, e
qual’era il suo scopo preciso. E per fargli scontare di aver anche solo pensato
di provare qualcosa di cui non aveva diritto. Non più.
Elijah
allora riprese il controllo di se stesso, lottò con tutte le sue forze per
spegnere quel battito che non aveva più il diritto di esistere dentro di lui...
e per richiudere tutte le crepe che si erano create nella sua armatura.
Doveva
tornare tutto come prima. Lui era un vampiro, pensare di essere qualcos’altro
era assolutamente impensabile. Non poteva essere debole.
Elijah
assunse allora un’espressione fredda nel viso e fece alcuni passi in avanti con
le mani rigorosamente nelle tasche, restando comunque all’interno della
barriera.
“Per
questa volta vi lascio andare senza ricevere nulla in cambio. Io continuo per
la mia strada, badate di fare anche voi lo stesso.” Poi fissò calmo la bambina,
che si aggrappava alle gambe della madre e lo fissava con occhi angosciati e
disperati. Piangeva ancora.
Elijah
tentò di spegnere quell’ultima luce che non voleva proprio soccombere di fronte
a quella piccola creatura, e non riuscendoci infatti, inasprì il tono della
voce rendendolo più crudo.
“E
se per caso tua figlia diventasse come te… se
tentasse anche soltanto di procurarmi problemi… ti
do la mia parola che le strapperò il cuore con le mie mani.” bisbigliò quelle
parole in una minaccia che non lasciava scampo. Sottolineò l’ultima frase per
farle capire che lui non si rimangiava mai la parola data. Mai.
Si
sistemò noncurante la giacca nera e diede un’ultima occhiata alla bambina,
facendo finta che ciò che aveva udito nel petto un attimo prima non fosse mai
esistito e che era soltanto una stupida illusione.
Con
lo spegnersi delle lacrime della bambina, si spense anche quel suono
martellante nel petto che lo aveva sconvolto e turbato profondamente.
Se
ne andò poi senza proferir parola.
E
mentre Elijah camminava si ricostruì pezzo per pezzo la corazza che era stata
distrutta da quella bambina in 5 secondi, e questa volta ci mise ancora più
strati per renderla più indissolubile.
A
quel punto nessuno al mondo sarebbe stato in grado di scalfirla, e d'altra
parte lui non lo avrebbe mai più permesso.
Uscendo
dal palazzo, Elijah tentò di respirare aria pura e scacciare tutto ciò che
aveva provato in quel luogo. Ma non aveva neanche più voglia di cercare Klaus,
non aveva più voglia di fare nulla… Ritornò
a passi lenti nel suo alloggio, cercando di rimuovere quei ricordi dalla mente
pur di non turbarlo ancora e provare vergogna di sé.
Tanto
non avrebbe mai più rivisto quella bambina… inutile
rimuginarci sopra. Sarebbe tornato tutto come prima. L’Elijah umano era solo un
pallido riflesso del passato, nulla di più. E scomparve proprio come era
riaffiorato, non lasciando traccia.
*FINE FLASHBACK*
Elijah
ritornò alla realtà, e il suo viso incrociò quello beffardo di Klaus. Di nuovo
il tormento e l’orrore cieco invase il suo animo gelido.
“Come
vedi Elijah, ho solo detto la verità. Non sei meglio di me, nessuno della
nostra famiglia lo è. E tentando di convincere la tua bambolina del tuo
contrario fai soltanto danni. Menti perché se ti conoscesse veramente… avrebbe paura.” Le parole dell’ibrido
colpirono Elijah come una lama affilata e mortale, peggio del veleno che gli
aveva fatto bere sua madre.
Ma
non lo fece notare perché il suo sguardo divenne gelido e con gli occhi ordinò
al fratello di starsi zitto. Se ne andò pur di non permettere a Klaus di
parlare ancora, e per non farlo sentire più sporco di quanto non lo fosse già.
Il
cuore seppur privo di battito gli si contrasse, pensando che Briony era quella bambina.
Perché
proprio lei? Perché fra tutte le persone che aveva minacciato proprio lei
doveva essere una delle sue vittime? Quando Elijah aveva capito che sua madre
era la donna che aveva incrociato in quel corridoio, credeva fosse un brutto
scherzo del destino… o che lo stessero
punendo, facendogli amare una donna che quando era solamente una bambina, lui
aveva minacciato di toglierle la vita.
In
quel momento non pensò che proprio Briony era
stata la causa principale di quell’improvviso affioramento di fiamma che
rappresentava la sua umanità. Pensava soltanto che aveva minacciato di toglierle
la vita in un modo così spietato, e stava addirittura per farlo...
Poteva
solo immaginare che cosa Briony avrebbe
pensato se lo avesse saputo. E a quel torbido pensiero, una tenebra avvolse il
suo cuore.
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La
festa scolastica era a dir poco strabiliante. C’era euforia ovunque e molti
studenti ballavano sui tavoli dandosi alla pazza gioia a suon di musica degli
anni ’20.
Briony si fece largo in mezzo alla folla, cercando di
non farsi calpestare mentre la mano era stretta attorno a quella di Elijah. Non
appena lo aveva visto alla porta di casa sua con un completo bianco ne era
rimasta totalmente abbagliata e soggiogata. Sembrava un angelo della schiera
dei vendicatori, e il bianco della sua giacca risaltava alla perfezione
l’oscurità dei suoi occhi neri.
Eppure Briony si sentiva agitata in quel momento, e non ne
sapeva nemmeno il motivo. Forse perché le sembrava che Elijah fosse strano, più
distante del solito e non ne comprendeva la ragione. Credeva che ciò che era
successo in quel pomeriggio fosse un episodio isolato e invece…
“Tutto
bene?” domandò tirandolo per la mano stretta alla sua.
Elijah
allora si voltò e con la classica calma le disse di sì.
Apparentemente
sembrava tutto normale, Elijah appariva calmo e elegante come sempre e spiccava
di luce propria in mezzo agli altri. Briony pensò
allora di avere le traveggole oltre quel problema.
Ma
cercò di non pensarci. Voleva solo divertirsi per una sera e non pensare a
niente.
Rafforzò
la presa nella mano di Elijah e lui di rimando la riguardò interrogativo. Briony gli rivolse un sorriso sereno, e anche lui dopo
un attimo di incertezza ricambiò. Anche se più freddamente.
La
loro muta conversazione venne interrotta da Caroline che si parò di fronte a
loro, dando il benvenuto alla sorella. Briony allora
si ritrovò a fissarla e stranamente il sorriso sul volto non si spense a
comando. Non lo avrebbe ammesso, ma rivedendo Caroline con quell’espressione
tra la speranzosa e nostalgica, le fece pensare quanto le fosse mancata.
“Spero
che la festa vi piaccia. E’ stata organizzata tutto nei particolari e spero vi
divertirete! E… grazie mille Briony per essere venuta. Ci tenevo molto.” disse la
biondina prendendole una mano. Il suo sguardo faceva trasparire un’assoluta
sincerità e bontà d’animo. E un po’ di rammarico a causa della litigata che le
aveva divise.
Briony sostenne lo sguardo e cercò di rilassarsi.
“Grazie Caroline. Volevo vederti anche io.” Rispose semplicemente, ma si morse
subito la lingua forse per aver detto troppo. Non era ancora pronta per
perdonare Caroline, ma comunque non voleva rovinare la serata rivangando il
passato.
“Spero
che anche tu ti goda la serata. Ci vediamo in giro.” Disse poi la biondina,
lanciandole un ultimo sorriso prima di dileguarsi. Stranamente Caroline non
aveva trafitto Elijah con lo sguardo e lui era rimasto a guardare impassibile.
Forse per una sera era necessario sotterrare l’ascia di guerra. O forse avevano
altri problemi per la testa.
Briony lasciò poi il fianco di Elijah e fece due
chiacchiere con Rebekah, la quale era ancora
intenta a dare le ultime disposizioni, e si complimentò con lei per la serata e
le disse che era felice che si godesse il suo primo ballo con tutta la
famiglia. Finalmente anche la vampira stava vivendo un po’ di normalità.
Rebekah sorrise gioiosa facendo intravedere al meglio il
suo vestito nero. “Spero ti goda la serata. Ah dovrei essere gelosa del tuo
vestito, mi piace un sacco!” mormorò corrucciando le labbra come una bambina,
indicando il vestito azzurro dell’umana.
Briony rise e disse che sinceramente era lei la più
bella della serata, e non c’era vestito che potesse negarlo. Sebbene gli abiti
di quell'epoca non facevano risaltare poi tanto.
La
vampira fece finta che quel complimento non la esaltasse, e girò lo sguardo
dall’altra parte perché aveva visto Elena entrare con Stefan.
“Non
la sopporto. Guarda come si atteggia… crede
di essere la reginetta della festa Miss perfezione. Senza contare che il suo
abito fa orrore.” imprecò Rebekah storcendo
il viso in una smorfia.
Briony fece una risatina guardando la coppia: “Se ti
può consolare… non sei l’unica che non la
sopporta. Ci sono anche io!” disse prendendo un bicchiere e Rebekah fece altrettanto, compiendo un
cin cin per quell’odio in comune.
Dopo
aver brindato, Rebekah tornò dal suo
cavaliere. Matt.
Briony ne fu enormemente felice che lui avesse seguito
il suo consiglio e avesse accettato di conoscere meglio Rebekah. E a giudicare da come i due stavano appiccicati,
avevano fatto dei gran passi in avanti. Senza contare che la vampira sembrava
felice.. Quasi umana.
Matt
porse elegante il braccio alla vampira e i due si introdussero nella mischia
come una coppia normalissima.
In
un angolo Briony vide poi Klaus, vestito
anche lui di bianco ma decise di non badargli molto. Se avesse pensato troppo,
avrebbe ricordato le parole minacciose di Esther e Gwendolyn cioè che se lui avesse saputo la sua vera
natura l’avrebbe uccisa in men che non si
dica.
Briony scacciò via quei pensieri, cercando di godersi
la festa; quando i suoi occhi inquadrarono Kol.
Ma… che stava facendo?
Piroettava
e saltellava sul tavolo, e cantava persino. Sebbene fosse alquanto stonato, le
ragazze attorno a lui non sembravano del medesimo parere a giudicare dai loro
occhi luccicanti e pieni di desiderio. Kol all’improvviso
spiccò un balzo per aria. Ma era così euforico, e forse anche
ubriaco, che piombò giù con un fracasso su un altro tavolo pieno di
boccali e scivolò, capitombolando giù per terra con un tonfo…e a
finire lo schianto dei bicchieri rotti. Il pubblico si sganasciò letteralmente
dalle risate.
Anche Briony rise a crepapelle, portandosi la mano alla
bocca e notò che Elijah le si era avvicinato e scuoteva la testa, sghignazzando
piano in direzione del fratello.
Briony gli diede una finta gomitata nel fianco e
commentarono l’esibizione di Kol, scherzandoci
sopra. Quando all’improvviso lei notò Gwendolyn dall’altro
angolo dell’area e riconobbe subito quello sguardo di fuoco, pronto a
incenerirla.
Briony sviò subito lo sguardo paonazzo, pregando che la
vampira non facesse un’altra scenata o tentasse di strangolarla.
Deglutì:
“Tuo fratello Kol è completamente folle. Ma
faceva quelle esibizioni anche quando era umano?” domandò facendo finta di
nulla.
“Lo
faceva di continuo, ogni giorno.” rispose Elijah semplicemente, facendo un
sorriso sghembo. Quando lui incrociò il viso di Briony,
notò che aveva parecchio le guance arrossate e gli occhi fuori dalle orbite.
“Tutto
bene?” domandò stringendo gli occhi.
Briony scosse subito la testa per apparire normale.
“Certo. Facciamo un altro giro?” domandò sorridendogli. Elijah restò un attimo
a fissarla con un espressione indecifrabile, ma poi sorrise anche lui e presero
strada attraverso la folla.
Entrambi
indossavano una maschera di serenità pacata che stava schiacciando il loro vero
viso.
Ma
prima o poi tutte le maschere cadono.
Continua…
Buona
domenica a tutti!
Allora
in teoria il capitolo non deve finire qui… l’avrei
raccolto in un unico foglio se fosse stato per me, ma avevo paura di annoiarvi
per la lunghezza o di confondervi magari le idee per le troppe cose che metterò
nella 2 parte.
Quindi
fate finta che sia un unico capitolo quando pubblicherò la 2 parte che spero di
mettere a breve!! J
Spero
comunque che vi sia piaciuto e ringrazio ovviamente chi recensisce e chi ha
messo la mia storia tra i preferiti, seguite e ricordate!
Un
bacione ^^
Questo
è il vestito di Briony (senza la giacca
però)
http://oi45.tinypic.com/2en6gcw.jpg
Questa
è la sua acconciatura
http://oi49.tinypic.com/jfvjsy.jpg
Questo
è il vestito di Rebekah
http://oi47.tinypic.com/1iyl2q.jpg
Questa
è la sua acconciatura
http://oi49.tinypic.com/2rf4lrb.jpg