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Autore: elyforgotten    03/06/2012    9 recensioni
Questa è la 2 parte della fanfic di Briony e Elijah, il seguito di "My story with an Original..with Elijah!"
Come si sconfigge il destino?
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Dal capitolo 34:
Briony era pienamente consapevole di aver bisogno di Elijah, più di quanto avesse bisogno nel sentirsi la pelle intatta sopra le ossa, nel sentire l’aria fluire nei polmoni e il cuore battere regolare per farla vivere. Tutte quelle cose necessarie per qualunque altro essere umano erano influenti per lei se non aveva Elijah accanto.
Il pensiero di saperlo morto valeva per lei come qualcosa di intossicante che le si ficcava in gola e la privava dolorosamente del respiro, fino a far morire lei stessa.
Non sarebbe mai più riuscita a vivere senza di lui, le era entrato troppo dentro con quello sguardo magnetico e freddo, con quell'espressione che a volte le faceva venire voglia di scappare via a gambe levate ma inevitabilmente rimaneva sempre lì con lui.. con quegli occhi neri, profondi e tristi che dicevano di non credere nell'amore quando invece aveva proprio cominciato a crederci stando con lei.

Revisionata/Aggiornata
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo, personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm always in this twilight, in the shadow of your heart. '
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11 CAPITOLO- 1 PARTE

-So I stayed in the darkness with you-

 

La tua ora é suonata quando ti ho conosciuta.

Twilight

 

Finn camminava a passi lenti lungo le vie di Mystic Falls: avevo lo sguardo alto, il portamento elegante tipico di un uomo dei suoi tempi, e l'espressione rilassata in viso come se non avesse alcun problema al mondo quando in realtà ne doveva avere parecchi. La sua passeggiata solitaria venne però interrotta da un'altra presenza che a lui risultò poco gradita.

"Sai che camminando in quel modo sembri uno di quei modelli di Dior?"

Finn non ebbe neanche la voglia di girarsi perché aveva già riconosciuto quella voce.

"Che cosa vuoi Ylenia?" mormorò infastidito alzando gli occhi al cielo.

Lei scrollò le spalle. "Cosa ti fa pensare che io voglio qualcosa da te?"

"Perché tu non fai mai niente per nulla. Ora dimmi cosa vuoi così te ne puoi andare subito." Il tutto senza degnarla di uno sguardo.

Ylenia si bloccò imperterrita. "Si può sapere perché mi tratti così? Cercavo solo di essere gentile."

Finn allora si fermò e la osservò. Il viso di lui era sempre teso, pieno di rancore e ci volle molto della propria volontà per cercare di calmarsi e apparire gentile.

"Parla allora." la liquidò con un gesto della mano.

Ylenia si morse il labbro, evidentemente anche lei tesa.

"Ho saputo che sei ritornato dai tuoi fratelli... Come stai? Sei sempre dell'idea di voler morire?"

Finn alzò il mento, lo sguardo duro e impenetrabile.

"Niklaus mi ha portato qui con la forza e ho acconsentito al suo piano per spezzare l'incantesimo di nostra madre.. Ma non ho cambiato idea sulla mia natura... Non ho cambiato idea su nulla." rispose duramente, rivolgendole uno sguardo eloquente che non tralasciava dubbi sui suoi pensieri.

Ylenia sviò lo sguardo per non leggere in quello di Finn quello che temeva di vedere, ma che sapeva di meritare.

"Posso capire la tua reticenza.. Hai sempre odiato ciò che eri e anche adesso con la tua famiglia non sei cambiato.. Ma la morte non é la soluzione giusta per espiare le proprie colpe... E io non voglio che tu muoia." Le ultime parole le pronunciò alzando lo sguardo e incrociando quello di Finn. Gli occhi della donna erano pieni di sincerità, ricolmi di ricordi che non poteva dimenticare e che non volevano proprio morire per permetterle di non logorarsi.

Finn stranamente cambiò espressione.. Divenne meno duro e vigile, qualcosa nei suoi occhi brillò in quegli istanti e le labbra sembravano curvarsi in un sorriso. Ma che divenne in due secondi freddo e terribile.

"Strano sentirlo da te... Visto che a mettermi in quella bara sei stata tu."

Ylenia aprì la bocca turbata da quell'affermazione che voleva sempre negare; di nuovo il senso di colpa riemerse fuori controllo.

"Non è vero.." tentò invano di giustificarsi, scuotendo la testa ma nulla che poteva dire sembrava importare a Finn. Non voleva neanche ascoltarla.

"No? Forse in quei momenti le mie vene si stavano rinsecchendo ma avevo ancora una bella vista.." le puntò uno sguardo estremamente duro e Ylenia trasalì, non sapendo cosa dire. Forse perché non c'era nulla da dire.

"Tu e Niklaus siete proprio una coppia perfetta.. Vi meritate a vicenda visto che siete entrambi due egoisti pronti a tutto per ottenere ciò che volete. Perché non vai da lui a esporre il tuo monologo? Io ormai non ci casco più." Con un ultimo e più intenso sguardo di ghiaccio, Finn liquidò la questione e se ne andò via lungo il marciapiede, spalleggiandola di proposito.

Ylenia questa volta non oppose resistenza. Lo lasciò semplicemente andare, rimanendo immobile come una statua. Peccato che le statue avevano sempre uno sguardo vuoto, mentre il suo era ricolmo di sentimenti così affollati che era difficile distinguerli l’uno dall’ altro.

Sorrise dentro di sé, pensando che Klaus era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento e anche per sempre. Poi ovviamente non l'avrebbe trattata con gentilezza e anche se non sembrava, i due avevano parecchi conti in sospeso e alcuni impossibili da saldare.

"Agnes ti saluta dal mondo degli inferi, dove tu l'hai spedita"

Il dolore sembrò ritornare, sull'orlo di straripare come un fiume al ricordo di quelle parole pronunciate da un ibrido sotto ordine di Klaus, ovviamente.

Ylenia scosse la testa pur di non pensarci e tentando di rinchiudere il dolore in un angolino buio della sua mente.

Ma quel sentimento era sempre stato lì, sepolto da centinaia di strati di freddezza e indifferenza a tutto. Ma era lì.

E mai come in quel momento sembrò riemergere, schiacciando ogni cosa.

 

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Perché dovrei andare a una festa idiota degli anni '20?

Si ripeteva Briony all'infinito leggendo il messaggio di sua sorella nel cellulare. Era stato un messaggio semplice, privo delle solite faccine: "Stasera abbiamo organizzato una festa a scuola in stile anni '20. Spero di vederti così avremo l'occasione di parlare. Mi manchi. Caroline."

Quelle parole erano i classici spiragli di debolezza che Briony provava  nei confronti della sorella e quindi le concedeva tutto, sempre e comunque. Quando erano bambine, Caroline correva sempre da lei quando aveva un problema oppure quando piagnucolava per un brutto sogno. Briony ogni volta sbuffava ma alla fine cedeva sempre, vinta dall'affetto enorme che provava per la sorella minore.

Ma ora si sentiva solamente stanca, come se le si fossero esaurite le risorse di energia e ogni cosa era concentrata sul dolore da quando aveva scoperto quella verità terribile. Non aveva certo la forza per combattere anche le guerre di Caroline.

Però forse distrarsi un  le sarebbe servito a riempire quel vuoto che sentiva, e buttare la sofferenza come fosse spazzatura della quale voleva disfarsi subito. Anche se di certo una festa non poteva farla sottrarre dalla realtà che l'attanagliava inesorabilmente, come uno squalo assetato di sangue, o dal dolore che faceva breccia ogniqualvolta che la consapevolezza di poter far male a Elijah o a chiunque altro che amava prendeva il sopravvento, logorandola nella sua morsa. E quella morsa si faceva sentire in ogni minuto, in ogni ora. Diventando sempre più stretta.

Però comunque per una sera poteva fare finta di non pensarci e tentare di ridere come facevano le ragazze alla sua età con accanto la persona che amavano. Perfino l'espressione del viso di Briony si convinse e in quel momento formò una maschera di assoluta tranquillità, come se niente la turbasse.

Sarebbe riuscita a reggere finche Ylenia non avesse trovato la soluzione, salvandola?

Scosse la testa perché non voleva essere turbata da cattivi pensieri... Si era già logorata anche troppo attraverso le lacrime, l'unica cosa che poteva fare al momento era combattere per ciò che amava, per il futuro che desiderava.

L'unica cosa su cui era dubbiosa era sul vestito da mettere alla festa e ovviamente nell'armadio non c'era un vestito in stile anni '20. Salì le scale per raggiungere la camera da letto e cercare qualcosina da mettere per l'occasione; ma non appena cercò di accendere la luce, le lampadine del lampadario saettarono come impazzite e alla fine si spensero del tutto, inondando la casa di un buio totale.

Briony sbuffò imbestialita cercando più volte di accendere l'interruttore, invano. L’unica luce all'interno della stanza era quella fioca che penetrava attraverso le tapparelle della finestra.

Si girò per uscire dalla stanza, quando si scontrò con qualcosa di duro come il marmo e sobbalzò allarmata visto che in quel punto della stanza non doveva esserci nulla. Trasalì un'altra volta alzando le mani come per difendersi, quando sentì un braccio vigoroso cingerle la schiena.

"Briony?"

Quel sussurro interrogativo la fece riportare immediatamente alla realtà in un botto, e le mani inconsapevolmente finirono su quel petto scolpito che sembrava infatti di marmo. Non lo aveva riconosciuto visto che nella stanza la luce era terribilmente fioca che non si vedeva niente, ma le era bastato sentire la voce e quella pelle gelida sotto le sue dita per identificare quella figura nell’ombra.

“Credevo che le buone maniere ti imponessero di bussare.” rispose lei solamente con una risatina, avvertendo una scossa elettrica sul punto in cui le mani di Elijah sfioravano la sua schiena.

Sentì il sorriso nella voce di lui.

“Ti ho vista al buio e mi sono chiesto quale altra stramberia avessi in mente.”

Briony rise un’altra volta per schiacciare l’agitazione: ovviamente si riferiva al fatto che lei il giorno prima lo volesse lasciare anche se chiaramente non ce l’aveva fatta e aveva finito soltanto per sputare frasi contorte e senza senso. Alla fine si era resa conto per fortuna che non ce l’avrebbe mai fatta a sopravvivere senza di lui, soprattutto da come lui le aveva parlato e l’aveva stretta a sé.

Di nuovo la smania di combattere con tenacia, e pregò il Signore che Ylenia trovasse una soluzione prima che Elijah capisse la verità.

Se lui lo avesse saputo…

Sommerse subito quel pensiero e tornò a guardare Elijah in volto, che era oscurato da un’ombra scura.

“La luce come al solito mi ha abbandonata, tutto qui.”

Anche se non riuscì a vederlo nettamente in viso, percepì che il vampiro alzò scrupoloso il sopracciglio destro e malauguratamente sentì anche che il suo braccio la lasciava.

Elijah fece alcuni passi, perfettamente dritti verso l’uscita della stanza e provò ad accendere l’interruttore, come se lui fosse il mago della luce.

Ma visto che la stanza era sempre in penombra, Briony allargò le braccia e cercò di dirigersi verso di lui.

“Visto?” Ma non riuscì a finire la frase che urtò contro un mobiletto che non aveva visto a causa del buio e incespicò in avanti, imprecando fra sé e sé di essere così maldestra.

Ovviamente però il ginocchio non finì a terra perché Briony sentì un braccio sorreggerla, e goffamente si aggrappò su di esso per non cadere.

Udì la risata lieve di Elijah sui capelli: “Sei ancora tutta intera?” domandò, tirandola  delicatamente.

La ragazza fece un leggero broncio e le guance si arrossarono: “Tu hai una vista super arguta, mio caro. Io no.” Rispose sentendo un formicolio costante nella mano che sfiorava il braccio di Elijah, scivolando poi sopra il suo petto come se avesse preso vita propria. Abbassò lo sguardo cercando di non far trapelare il suo rossore per quell’improvvisa vicinanza, anche se dubitava che lui non se ne fosse accorto. Lui si accorgeva sempre di tutto.

Trasalì a quel pensiero, e anche perché le mani gelide di Elijah cominciarono a sfiorarle delicatamente i capelli. “Sarà soltanto un cortocircuito.”

Briony scrollò le spalle, sentendo ogni parte del suo essere bruciare a fuoco mentre l’altra mano di Elijah scese fin giù la sua schiena. Sentiva il suo respiro fresco sulla fronte farsi sempre più vicino.

“Stai usufruendo del buio per provarci con me sfacciatamente, Elijah Mikaelson?” domandò lei in un sussurro spezzato.

Lo sentì sorridere furbamente mentre continuava a toccarla: “Non ho bisogno del buio per fare questo.” E così dicendo appoggiò delicatamente le labbra sulle sue. Briony sentì scatenarsi mille scintille dentro il suo corpo e con dispiacere sentì le labbra di Elijah allontanarsi dalle sue, ma solo per baciarle avidamente la pelle dell’orecchio sinistro.

Con un sospiro la guancia di Briony finì aderente contro quella di Elijah mentre lui continuava a torturarla, e fu un sollievo per lei sentire la freddezza della sua pelle spegnere l’incendio che divampava lungo tutto il corpo.

Per fortuna era buio e non si vedeva niente, perché lei si stava davvero surriscaldando e liberò per un attimo la sua mente da ogni pensiero.

Sentì Elijah spostare con lentezza il viso, e il suo respiro sulle labbra la fece stordire. Lui passò parecchi secondi così, allungando quella dolce tortura che la faceva fremere.

Ma poi la baciò, lentamente come stesse assaporando le sue labbra e il loro sapore. Briony strinse sempre di più la presa sul tessuto della giacca di Elijah, avvicinandosi di più a lui.

Percepì il corpo del vampiro spingere contro il suo, come se volesse farla indietreggiare, e lei reagì al suo muto ordine. Cominciarono a indietreggiare verso il letto, scambiandosi continuamente dei piccoli baci delicati.

Ma purtroppo i piedi di Briony incespicarono contro lo stesso mobiletto di poco prima e lei subito lo maledisse col pensiero. Le loro labbra si staccarono e Briony rise fra sé e sé per come il suo corpo si era sbilanciato convulsamente pur di non cadere; anche Elijah dopo un po’ si unì alla risata tenendola comunque stretta a sé.

Briony si mise le dita nei capelli per scacciare l’imbarazzo e appoggiò poi le mani sul petto di Elijah per tenersi in equilibro. Man mano sentiva il fuoco dentro di lei acquietarsi diventando quasi normale, sebbene Elijah continuasse a scrutarla nell'oscurità creando strani giochi di luce attraverso le tapparelle aperte della finestra.

“Stasera c’è un ballo alla scuola di Mystic Falls. E si dà il caso che mi serve un cavaliere altrimenti dovrò accomodarmi insieme alle ragazze single.” ammiccò lei con una risata, indietreggiando lentamente e questa volta intenta a non cadere.

Elijah alzò il sopracciglio, scrutandola in volto estremamente divertito.

“Mi sento in obbligo di venire con te allora. Giusto per mettere in chiaro le cose se qualcheduno dovesse avere strani pensieri.” La voce vellutata si tradì con una punta d’asprezza soprattutto nell’ultima frase.

Briony sapeva a cosa si riferiva: ovviamente Elijah non vedeva di buon occhio Stefan Salvatore soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti... e se uno sguardo poteva uccidere… ma almeno l’altra sera aveva fermato in tempo Elijah prima che lui la facesse pagare al giovane vampiro, immeritatamente. E poi lei non aveva alcun interesse verso Stefan, lo considerava solo un amico.. senza contare che lui stava con Elena. Anche se l’ultima volta che aveva controllato, lei si strusciava addosso a suo fratello Damon. Ma magari ora le cose erano cambiate visto che Elena Gilbert aveva il vizio di andare di qua e di là come una farfalla.

“Lo stile sarà sugli anni ’20. Quindi preparati.”

La smorfia sul viso impostato di Elijah la fece ridere. “Non commentare ti prego, odio gli abiti di quell’epoca. Ma è stata tua sorella Rebekah a scegliere questo tipo di serata, quindi lamentati con lei.”

Elijah scosse la testa, rivolgendo lo sguardo altrove, quando la curiosità montò sul cervello di Briony.

“E tu com’eri negli anni ’20? Dovevi per forza avere uno strano look.”

Un angolo della bocca di Elijah si sollevò. “Non mi farai dire niente.”

Briony sospirò divertita. “E dai. Hai vissuto più di mille anni, certa gente se lo può solo sognare. Raccontami un po’ qualcosa del tuo passato che non mi hai detto. Una di queste sere ti obbligherò a raccontarmi tutto.” sghignazzò ma poi la risata si distorse a causa di un urlo interiore, straziante, che voleva venire a galla a tutti i costi in quel momento. Qualcosa nel suo cervello pianse pensando che lei non gli avrebbe mai potuto raccontare quella tremenda verità. Il suo cuore si spense per l'ennesima volta.

Briony cercò comunque di apparire normale, ma non ci riuscì. E non per colpa sua. Ma a causa di Elijah.

Anche se non poteva vederlo bene, intuì alla perfezione che il suo viso si era contratto alle sue parole, che i suoi occhi erano diventati neri come le tenebre e che le mani distese lungo i fianchi si fossero strette in un pugno micidiale per sopportare qualcosa che lo attanagliava dentro.

Lei riuscì a leggere tutto queste cose in lui come un libro aperto che stava appena sfogliando, ma che comunque indossava dei caratteri quasi invisibili da saper tradurre alla perfezione.

Briony serrò gli occhi cercando di intuire l’origine di quella sua improvvisa freddezza e glacialità, quando la voce indecifrabile di Elijah ruppe il silenzio nella stanza come lo scoccare di una frusta omicida.

“Se ti dicessi tutto di me, te ne andresti da quella porta per non tornare mai più.”

Briony aprì la bocca, sbalordita da quelle parole dure perché lei era sicura che non lo avrebbe mai fatto e ne fu sconcertata che lui pensasse quelle cose.

Cercò comunque di comprendere le sue strane parole, quando all’improvviso la luce ritornò nella stanza.

E mai come in quel momento Briony non avrebbe voluto che ritornasse.

Quello che aveva davanti non era Elijah, era il fantasma del suo passato che lo inseguiva e aveva preso infine il suo posto. Il viso appariva glaciale, non faceva trapelare nulla se non distacco e inquietudine. Si poteva anche percepire che i suoi muscoli erano tesi e irrigiditi. Nei suoi occhi neri non brillava la benché minima luce. Appariva una statua terribile, martoriata dal disprezzo per se stesso e quello degli altri.

Sembrava sinceramente convinto di ciò che aveva detto, e ogni sua espressione era dura e severa. Quasi terrificante.

Inconsciamente un brivido di panico percorse la schiena di Briony fino ad irrigidire anche lei.

“Non parlare in quel modo, Elijah.” Sussurrò flebilmente, scuotendo la testa e facendo intravedere come i suoi occhi verdi brillassero per dimostrare la sua sincerità e sicurezza. “So che ci sono cose del tuo passato di cui ti vergogni profondamente… ma niente mi farà mai cambiare idea su di te e la persona che sei.”

Si avvicinò a lui cercando di confortarlo con gli occhi e con le parole, e incitandolo a parlare qualora ne avesse bisogno, ma lui sembrò non ascoltarla neanche.

Gli occhi dell’Originario vagarono in un punto sospeso davanti a sé, e nelle rare occasioni in cui la guardava sembravano vuoti, riempiti solo dal nulla.  

Ad un tratto uscì dalla sua immobilità e alzò lentamente una mano per sfiorare la guancia di Briony con il palmo.

Ma la carezza che le regalò era fredda.

“Sei così innocente, Briony Forbes…” la sua voce era appena udibile, soave come una carezza ma anche pungente come una lama fredda.

Neanche il fremito di un’emozione attraversò il suo viso di ghiaccio mentre la guardava.  E a causa di ciò, Briony trasalì mentre alzò titubante la mano per toccare quella di Elijah, ancora impressa sulla sua guancia.

"Se c’è qualcosa che ti turba... Io sono qui." E gli lanciò uno sguardo pieno d'amore.

Anche lo sguardo di Elijah sicuramente lo era, ma non solo... Dentro vi era qualcos'altro che la fece rabbrividire.

La ragazza deglutì ansiosa mentre Elijah abbassò la mano e ritornò al classico stato di glacialità. Fra loro spiccava un silenzio vibrante e pesava su entrambi, insopportabile e dilaniante sulle spalle.

“Elijah? Che c’è?” domandò lei interrogativa.

L’Originario fece una mossa impercettibile con la testa: “Nulla.” Rispose meccanicamente.

Briony tuttavia lo guardò di sottecchi: era strano e non ne capiva il motivo. E non l’avrebbe mai capito intuitivamente se non fosse stato Elijah a fare la prima mossa. Ormai lo conosceva bene.

Infatti Elijah appariva rigido, come se avesse confinato i suoi sentimenti in un luogo buio dove nessuno potesse vederli.

Capendo che non ne avrebbe ricavato niente in quel momento, solo un diverbio a senso unico, Briony si tirò indietro facendo un sorriso sforzato.

"Allora.. Ci vediamo stasera? La festa farà sicuramente risollevare tutti." Esclamò per spronarlo, ma attorcigliandosi allo stesso tempo le mani perché in realtà voleva chiedergli molto di più, ma sembrava anche lei imbalsamata dentro quell’oscurità che l’Originario si portava appresso.

Elijah si riscosse all'improvviso dalla sua immobilità. Come risposta fece solamente un sorriso freddo e basta, per poi andarsene senza proferir parola. Come se neanche respirasse.

Briony sussultò per quell'atteggiamento e le sue labbra tremarono per la smania di parlare senza però riuscirci; la mente assalita da dubbi a cui non riusciva a dare risposta. Ma si ripeteva che non c'era niente di cui preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene e che presto tutti i suoi problemi sarebbero stati risolti. Ritornando alla normalità.

Ma una strana ansia l'assalì all'improvviso... Come se dopo aver fatto un passo in avanti si fosse ritrovata a precipitare nel vuoto più nero.

 

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Elijah ritornò a casa a passo lento come se ogni camminata gli costasse uno sforzo immane. Si poteva intravedere dalla rigidità delle sue spalle quanto i suoi nervi fossero tesi, e la durezza del suo sguardo mentre incrociava il suo riflesso allo specchio davanti a sé non faceva trapelare nulla. Come se fosse vuoto.

"Hai adottato lo stesso vizio di Kol di guardarsi perennemente allo specchio?"

La freddezza aumentò di colpo quando vide Klaus avvicinarsi con un sorriso beffardo.

Elijah sviò lo sguardo e fece alcuni passi nel salotto. "Che cosa vuoi Niklaus?"

"E’ casa mia!" rispose lui allargando le braccia come se fosse una scusante.

"Anche se questo ve lo siete dimenticati quando mi avete bandito l'altra sera." strozzò una risatina ma era ovvio che il viso si era incupito per l'umiliazione che aveva subìto.

“Era una serata in famiglia, non potevamo trascorrerla con colui che l’ha distrutta.” La risposta di Elijah fu chiara e netta. Inequivocabile. Non si prese neanche il disturbo di guardare in faccia Klaus per dimostrare la veridicità delle sue parole, non ne aveva bisogno.

Klaus sentì qualcosa spezzarsi dentro il suo animo corrotto da secoli, la rabbia che covava lasciò il posto alla delusione macchiata da un sottile dolore per ciò che il fratello aveva appena detto. Ma ricacciò subito quelle emozioni come se ne fosse nauseato o perché non gli servivano in quel momento per i suoi scopi.

“Non c’è bisogno che la metti sul personale, Elijah. Volevo solo parlarti.” Lasciò la frase in sospeso per vedere se avrebbe attirato l’attenzione e la curiosità del fratello maggiore, ma così non fu.

“Sicuro? Non hai già abbastanza problemi?” bisbigliò Elijah con durezza e sarcasmo, convinto che infatti ogni loro conversazione sfiorasse in una fervida litigata, se non peggio.

Klaus scrollò le spalle, per nulla turbato da quella provocazione.

“Volevo solo avvisarti che anche io andrò alla festa di stasera organizzata da Rebekah. E’ un’occasione in più per tenere alta la guardia nel caso in cui nostra madre si faccia vedere con uno dei suoi soliti trucchetti… ma spero comunque che ci divertiremo veramente. A te una Forbes, a me l'altra.”

Elijah questa volta alzò lo sguardo, incrociando quello di Klaus in una fulminata glaciale.

“Dovresti essere contento. E’ la prima volta che non ci contendiamo la stessa ragazza.. anche se le nostre accompagnatrici di stasera hanno lo stesso sangue... alla fine saremo tutti una grande famiglia felice.” Il tono di voce di Klaus era neutro, come se non vi albergasse la benché minima emozione o nessun interesse mentre parlava. Sebbene il sorriso beffardo che gli si formò sul volto faceva trapelare ben altro.

Elijah scosse la testa infastidito, con l’intenzione di chiudere subito quella conversazione: “Vedi di non creare guai stasera. Non sistemo più i tuoi casini come un tempo, quindi controllati.” mormorò indifferente, lasciando la stanza.

“Cosa ti fa credere che lo farò?” chiese Klaus per farlo fermare e andando più vicino a lui col suo solito sorrisetto, come se lo stesse provocando di proposito.

Elijah alzò il viso, ovviamente infastidito per quella raffica di domande ma cercò di non darlo a vedere, restando completamente calmo.

“Forse perché sei particolarmente risoluto e spietato.” Menzionò quelle parole con una semplicità efficace, quasi ne fosse convinto e ne avesse visto le conseguenze.

Klaus alzò le spalle, come se lo avesse appena premiato con una medaglia.

“Sì, riconosci queste qualità in me perché le possiedi anche tu.” Anche le parole di Klaus furono pronunciate con la stessa semplicità di Elijah di poco prima, totale convinzione come se quelle colpe fossero macchiate sul viso del fratello maggiore.

Elijah smise di guardare un punto indefinito di fronte a sé e girò il viso verso Klaus. Non lo stava fulminando, nemmeno criticando per ciò che aveva appena detto. La sua compostezza, mista alla classica freddezza che lo caratterizzava, dimostrava che le parole di Klaus erano davvero vere. Tremendamente vere.

Ma un bagliore che gli attraversò gli occhi all’improvviso dimostrò che aborriva quel lato di sé, e ancor di più esternava il puro tormento di non poter negare o combattere quella verità che lo inseguiva da troppo tempo.

Suo padre gli aveva insegnato che uccidere il proprio nemico senza pietà era una virtù. Che non bisognava provare la minima emozione quando punivi qualcuno per aver tradito la tua fiducia o la lealtà che ponevi in lui.

E c’era un tempo in cui Elijah lo faceva.

 

*Inizio flashback*

Elijah era sempre stato un uomo d’onore: quando dava la sua parola la manteneva sempre, accurava ogni singola frase mentre parlava, senza mai scomporsi, o andare troppo oltre per non permettere a nessuno di conoscerlo per come era veramente al di là della sua facciata da autoritario Originario freddo.

Era un predatore solitario, che si emarginava ogni qualvolta che qualcuno tentava di avvicinarsi a lui o tentasse di fargli ricordare com’era sentirsi umani, quando nemmeno lui se lo ricordava o forse non desiderava neanche farlo.

Perché sicuramente l’Elijah umano avrebbe aborrito tutte le azioni spregevoli che aveva compiuto in mille anni e tutte le vite che aveva tolto spudoratamente.

E per vivere con quell’orrore che era la sua natura, aveva deciso di imporre tra lui e il resto del mondo un corazza freddissima e indistruttibile che racchiudeva il suo vero animo, perché non voleva che nessuno ci entrasse o peggio lui stesso; allontanava chiunque avesse il desiderio di farlo perché il suo carattere era sempre stato chiuso e schivo fin da umano. Non concedeva mai nulla di se stesso, figuriamoci dei sentimenti.

Ma soprattutto si era costruito quell’armatura per non permettere a nessuno di scorgervi cosa ci fosse all’interno pur di non far accendere quella fiamma che ancora rappresentava la sua umanità. Forse perché si sentiva di non meritare di possederla. O forse non voleva che qualcuno scorgesse in lui delle debolezze al fine di riaprire vecchie ferite o colpe che dovevano rimanere emarginate per sempre.

Se Klaus saldava le sue relazioni con la paura o con la rabbia, Elijah non le saldava neppure. Gli era sempre bastato ciò che aveva, non temeva affatto la solitudine dell’immortalità e rimaneva distaccato con chiunque, come se nessuno al mondo avesse il dono di fare breccia dentro la sua corazza.

Ma quando scoprì la verità sulla sua famiglia cambiò tutto.

Non appena capì che Klaus aveva ucciso i suoi fratelli e le sue sorelle, sparpagliando i corpi in mare, perse totalmente la ragione e la freddezza che lo contraddistingueva. Si mise a cercare quel fratello ignobile in capo al mondo pur di vendicare quella famiglia che amava e che aveva sempre amato. Era l’unica cosa di cui gli importasse veramente, e Klaus gliela aveva portato via. Elijah ebbe pure dei dubbi sul fatto che Gwendolyn avesse ragione quando aveva accusato Klaus della morte della madre, ma nessuno le aveva creduto.

A quel tempo, Elijah viveva solo per la vendetta. Si cibava di crudeltà. Espirava soltanto la paura terrificante che gli altri provavano nell’averlo accanto.

La sua caccia ebbe finalmente dei risultati in una città del Canada, Detroit. Ma non ottenne i risultati sperati. Tutt’altro. Elijah non si era mai reso conto di quanto la posta in gioco fosse alta.

 

 

Era finalmente riuscito a scoprire il luogo in cui si trovava Klaus grazie alle informazioni che alcuni vampiri gli avevano fornito. Ovviamente non poteva permettersi questa caccia da solo perché sapeva quanto Klaus fosse furbo e previdente.

Non che a Elijah importasse dei vampiri che si portava appreso per racimolare alcune informazioni.  Appena non gli fossero tornati più utili, li avrebbe uccisi. Era così che andavano le cose.

Qualche giorno prima un vampiro aveva tradito la sua fiducia e gli aveva implorato il perdono. Elijah glielo aveva concesso con un sorriso estremamente freddo. Poi la testa di quel poveretto era volata dall’altra parte della stanza, e l’unica cosa che Elijah fece in seguito fu ripulirsi elegantemente le mani dal sangue versato.

Non voleva che nessuno scorgesse il suo animo ma lui stesso non sopportava delle macchie su di esso.

C’era anche un’altra cosa che lo infastidiva, peggio del ritrovarsi un moscerino all’interno del proprio cibo.

Era che alcuni cacciatori si trovavano proprio a Detroit e avevano cominciato a procurargli delle rogne e a mettersi in mezzo nella sua caccia perché uccidevano praticamente tutti i vampiri che gli facevano da tramite col fratello e che lo aiutavano a localizzarlo.

Un giorno perse completamente la pazienza perché gli altri vampiri non riuscivano a contrastare quei cacciatori, e forse Klaus sentendosi braccato se ne poteva andare chissà dove.

Aveva deciso quindi di mettere fine lui stesso a quella gravosa questione e riuscire finalmente a trovare Klaus una volta per tutte.

Elijah si levò qualche sassolino dalla scarpa, uccidendo tutti i cacciatori che osavano ostacolarlo o che tentassero di ucciderlo. Tentativo vano, lui era un Originario. Non poteva essere ucciso.

Ma ciò che lo colpì e lo turbò profondamente, era che alcuni di quei cacciatori avevano un pugnale. Un pugnale dalla forma strana, per niente diritta, con la punta colorata di nero e che avevano il potere di ferirlo. Non di ucciderlo ma comunque di ferirlo, come se la sua pelle bruciasse al contatto.

Dalle informazioni che aveva estorto con la forza, Elijah capì che in città erano rimasti solamente due o tre cacciatori e che adoperavano quel diabolico pugnale per uccidere i vampiri. Sapeva che doveva concentrare tutte le sue energie su Klaus, ma il pensiero che qualcuno avesse un pugnale che potesse ferirlo lo turbava e allo stesso tempo lo infastidiva nell’orgoglio.

In fondo sarebbe bastato poco tempo per risolvere la faccenda e a non permettere a quei cacciatori di non adoperare mai più quel pugnale dagli strani poteri, quindi decise di andare direttamente da loro e a porre fine a quella disdicevole incombenza.

Quei cacciatori abitavano in un condominio di 3 piani; per Elijah fu facile risalire al cognome di uno dei cacciatori, una donna presumeva, e si diresse nel pianerottolo del palazzo dove incrociò un altro cacciatore.

Questi appena lo vide si mise a correre per le scale finendo al primo piano, ma Elijah fu talmente veloce che gli cavò il cuore in pieno petto e l’uomo si accasciò a terra senza un grido.

Elijah guardò muto il cadavere, privo di emozioni, e si sfilò un fazzoletto dalla giacca per ripulirsi il sangue dalle mani. Ma quando girò lo sguardo verso il corridoio vide a pochi passi da lui una piccola figura imbalsamata.

Era una bambina.

Elijah ne fu estremamente sorpreso nel vedere una creatura così piccola proprio lì di fronte a lui e costretta a vedere quell’orrore simile. Pensò tra sé e sé che dei bambini non dovevano conoscere il male nella sua forma più crudele perché essere bambini significava essere innocenti. Gli venne in mente il suo fratellino Henryck che era uscito la notte di luna piena incurante del pericolo che correva, ma che se ne era reso conto troppo tardi.

Elijah scacciò subito quel pensiero perché i ricordi di un’umanità vecchia e sepolta non erano proprio adatti all’occasione, e cercò subito di reprimerli.

La bambina però non faceva alcuna mossa… rimaneva immobile e aveva un’espressione turbata nel suo piccolo viso. Tra le mani portava un piccolo orsacchiotto e se lo strinse di più al petto per scacciare l’evidente paura.

“Che ci fai qui tutta sola?” domandò lui, pulendosi ancora la mano e sviando lo sguardo.

Non ricevendo risposta, Elijah si voltò verso la bambina e fece lentamente alcuni passi verso di lei. La piccola continuava a stare immobile e a stringere l’orsacchiotto al petto, intimorita da quello sguardo indecifrabile e gelido. I suoi occhioni saettarono continuamente verso il cadavere per terra e il suo sguardo innocente non riusciva a capire il perché quell’uomo stesse per terra immobile, con gli occhi fuori dalle orbite mentre uno strano liquido rosso gli fuoriusciva del petto.

Il suo sguardo piccolo scappò da quello spettacolo brutale, per poi fissarne un altro di fronte a lei che aveva le sembianze di un angelo con le vesti nere.

Elijah la guardò dall’alto in basso con sguardo calmo e poi si inginocchiò di fronte a lei, rimanendo di pari altezza. Notò che quella bambina aveva degli occhi verdi bellissimi, i più belli che avessi mai visto. Aveva uno sguardo dolcissimo, poteva avere sui 4-5 anni, e questa volta non sembrava minimamente intimorita, come se non capisse il reale pericolo che aveva di fronte.

“Buongiorno signore.” disse la piccola semplicemente, tenendo sempre al petto l’orsacchiotto come se fosse il suo unico compagno di vita.

Quella voce cristallina come una campana di vetro stranamente lo intenerì... e Elijah sorrise.

Era da parecchi anni che non lo faceva. Di solito regalava soltanto sorrisi freddi e diabolici, ma quel sorriso che sfoderava ora davanti a quella bambina era il più umano che avesse mai fatto da quando si era trasformato.

Riprese il controllo e scrutò di nuovo la bambina, guardandola dritto negli occhi: “Dimentica ciò che hai appena visto. Torna nella tua camera e non far entrare nessuno.” La stava soggiogando per farla mettere al sicuro e mandarla via da quell’orrore.

La bambina obbedì facendo alcuni passi indietro, andò di fronte a una porta e ci entrò. Non prima di aver rivolto uno sguardo estremamente curioso a quello strano signore.

Elijah la lasciò andare. Era troppo onorevole per far del male a dei bambini, e poi lei non c’entrava nulla con la sua guerra.

Scrollò le spalle per tornare in sé e fece alcuni passi in avanti, arrivando fino alla porta dove era appena entrata la bambina; ma qualcosa come una barriera invisibile gli impedì di andare oltre.

Spinse ancor più in avanti non capendo cosa stesse succedendo, quando dall’altra parte del corridoio comparve una donna. Era sui trent’anni, capelli scuri e la pelle abbronzata. Si sorprese molto nel vedere il vampiro a qualche metro da lei ma l’indecisione lasciò posto a qualcos’altro, e prese subito un oggetto che teneva sotto la giacca.

Elijah fece un ghigno malefico. “Adottate pure i metodi delle streghe ora?” domandò freddamente, mentre i suoi occhi si rivolgevano alle due pietre blu riposte agli angoli del corridoio e che gli impedivano di passare oltre.

La donna gli sorrise di rimando, avvicinandosi a lui. “Dobbiamo farlo se vogliamo difenderci dai succhiasangue.”

Elijah lasciò andare le mani lunghi i fianchi e sospirò con stoica calma. “Sono venuto soltanto per fare un accordo. Tu e i tuoi amici non intralciate i miei piani e non tentate di mettermi i bastoni tra le ruote, e io in cambio vi lascio vivere. Ma voglio quel pugnale che tieni fra le mani. Mi urta il pensiero che degli umani abbiano un oggetto che possa ferirmi… per cui mi sembra un'offerta ragionevole.” mormorò con la classica freddezza.

La donna alzò il sopracciglio. “Parli così perché sei intrappolato.”

“Troverò il modo di uscire come sono entrato, e poi ti staccherò la testa se non fai come ti dico.” rispose lui in tono minaccioso e terrificante. Gli occhi implacabili e neri.

Non aveva tempo da perdere in chiacchiere, Klaus era in città e doveva sbrigare la questione subito. L’unica cosa a cui pensava era la vendetta e quei cacciatori la stavano intralciando.

La donna non rispose, e rimasero a lungo in un tetro silenzio. Quando all'improvviso la porta di una stanza si aprì e uscì la bambina di prima.

“Mamma!” Gridò euforica col sorriso sulle labbra.

La donna la guardò shockata, Elijah corrugò la fronte sorpreso.

Ma un’idea furba, seppur spregevole, gli balenò nella mente quando un piede della bambina finì oltre la barriera dove lui era imprigionato, finendo quindi dalla sua parte. Prima che la donna potesse fare anche un solo passo, Elijah afferrò la bambina – non con una certa delicatezza - e la sollevò, incatenando il forte braccio sopra il suo piccolo petto.

Fece un giro su se stesso, come per mostrare con un’inquietante eleganza quella scena, e poi ritornò davanti alla donna: “Fai quel che ti dico se non vogliamo incorrere a tristi conseguenze. Sarebbe un bene per tutti.” affermò con calma invidiabile, ma l’espressione freddamente terrificante sul suo viso non tralasciava alcun dubbio sulla veridicità delle sue parole, anche se interiormente lui sapeva che non avrebbe fatto del male alla bambina.  Le stava solo esponendo un accordo e sapeva che la donna avrebbe acconsentito pur di salvare la figlia. Nessuno si sarebbe fatto male e lui ci avrebbe solo guadagnato.

La bambina intanto taceva, inconsapevole di ciò che stava realmente succedendo, mentre la madre guardava shockata la scena. Elijah affilò di più lo sguardo per farle capire che non intendeva perdere tempo, quando la risposta della donna lo lasciò totalmente allibito.

“Fallo pure.”

Lui sgranò gli occhi frastornato, ma pensò che quello fosse soltanto un tentativo della donna di fregarlo o di sfidarlo.

“Non ti conviene fare giochetti con me. Se non fai come ti dico… credo proprio che te ne pentirai e dovrai sopportare la punizione con i tuoi stessi occhi.” Affermò glaciale, rafforzando la presa sulla bambina e questa cominciò ad agitarsi, ma il vampiro fece finta di nulla.

Questa volta la minaccia pareva essere veritiera, visto quegli occhi, e l’Originario stava perdendo la pazienza. La ragione lo aveva abbandonato quando aveva scoperto che la sua famiglia era morta, e non gli importava più di nulla, nemmeno dei suoi codici. Pur di vendicarsi di Klaus sarebbe arrivato a tutto, e quella donna gli stava soltanto facendo perdere tempo e addirittura osava sfidarlo.

“Tanto la ucciderai lo stesso. Voi vampiri non avete alcuna umanità, siete spregevoli e spietati!” la donna gridò quelle parole come se fossero bestemmie.

Elijah sorrise perfidamente a quella descrizione. “E hai ragione. Ti darò la conferma assoluta in questo momento.”  Il terrore che lesse negli occhi della donna lo inebriò e lo fece sentire invincibile. Non aveva mai seguito le adulazioni perverse di Klaus ma doveva ammettere che in certi casi bisogna gettare la santa razionalità.

Ma prima di fare la benché minima mossa, un suono lo riportò alla vita provocando in lui qualcosa che non sentiva da tanto tempo... troppo tempo.

La bambina stava piangendo disperata. Il suono sommesso delle sue lacrime e i gemiti soffocati in cui chiamava la madre fecero irrigidire qualcosa dentro di lui. Quel suono era come una pugnalata in quell'animo che aveva ben richiuso dentro la corazza, eppure bastò quel semplice pianto disperato per sgretolarla pezzo dopo pezzo.

Perché? Aveva udito molte persone piangere per la sua ira e non si era mai fermato  provato rimpianti per i suoi fini.

Perché proprio ora, perché proprio in quel frangente della sua vita il cui unico scopo era la vendetta, doveva abbassarsi ad assaporare la debolezza dei sentimenti? Perché si stava frenando?

Eppure lo fece, come se non ne fosse conscio, visto lo sguardo spento che aveva adottato.

Lentamente Elijah percepì un altro debole suono, eppure la forza di quel suono lo sconvolse. Proveniva da un punto del suo petto, un battito cardiaco appena destato dal sonno di secoli di odio e violenza, e che aveva ripreso vigore appena aveva udito il pianto di quella bambina.

Elijah ne fu realmente stupefatto che guardò la bambina completamente incredulo, perché non sapeva spiegarsi il motivo per il quale stava succedendo tutto questo e il perché quel pianto avesse tanto potere su di lui, a tal punto da farlo desistere dai suoi intenti folli.

Nessuno era mai riuscito a frenare la sua furia prima d’ora.

Eppure il battito del suo cuore, e la fiamma della sua umanità che si stava lentamente accendendo, gli fece inorridire ciò che stava per compiere. Elijah provò un profondo orrore cieco verso se stesso che non poteva essere placato.  Si sentì un mostro peggiore di Klaus e non se ne era mai reso conto come in quel preciso istante.

Lentamente, come se fosse un peso di 200 kg, Elijah appoggiò a terra la bambina che ancora piangeva tutta tremante. Lo sguardo tormentato del vampiro era sempre rivolto a lei, come se le stesse chiedendo perdono in una muta preghiera.

Sembrava come se la madre non esistesse in quel corridoio e ci fossero soltanto lui e lei… e quel battito cardiaco che sembrava rimbombargli nel petto con forza,  quasi volesse farsi prevalere e fargli scontare le pene di ciò che aveva fatto.

La bambina corse tutta tremante tra le braccia della madre, la quale però non si mosse e continuò a guardare il vampiro, chiedendosi cosa sarebbe successo.

L'Originario se ne stava immobile come se fosse una statua martoriata, realmente abbattuta da quelle lacrime che si erano tramutate in una lama, la quale infieriva sempre di più nella sua corazza. Distruggendola.

Ma all’improvviso qualcos’altro dentro di lui scattò: era la sua natura demoniaca che ritornava a galla con prepotenza per fargli ricordare chi era veramente, e qual’era il suo scopo preciso. E per fargli scontare di aver anche solo pensato di provare qualcosa di cui non aveva diritto. Non più.

Elijah allora riprese il controllo di se stesso, lottò con tutte le sue forze per spegnere quel battito che non aveva più il diritto di esistere dentro di lui... e per richiudere tutte le crepe che si erano create nella sua armatura.

Doveva tornare tutto come prima. Lui era un vampiro, pensare di essere qualcos’altro era assolutamente impensabile. Non poteva essere debole.

Elijah assunse allora un’espressione fredda nel viso e fece alcuni passi in avanti con le mani rigorosamente nelle tasche, restando comunque all’interno della barriera.

“Per questa volta vi lascio andare senza ricevere nulla in cambio. Io continuo per la mia strada, badate di fare anche voi lo stesso.” Poi fissò calmo la bambina, che si aggrappava alle gambe della madre e lo fissava con occhi angosciati e disperati. Piangeva ancora.

Elijah tentò di spegnere quell’ultima luce che non voleva proprio soccombere di fronte a quella piccola creatura, e non riuscendoci infatti, inasprì il tono della voce rendendolo più crudo.

“E se per caso tua figlia diventasse come te… se tentasse anche soltanto di procurarmi problemi… ti do la mia parola che le strapperò il cuore con le mie mani.” bisbigliò quelle parole in una minaccia che non lasciava scampo. Sottolineò l’ultima frase per farle capire che lui non si rimangiava mai la parola data. Mai.

Si sistemò noncurante la giacca nera e diede un’ultima occhiata alla bambina, facendo finta che ciò che aveva udito nel petto un attimo prima non fosse mai esistito e che era soltanto una stupida illusione.

Con lo spegnersi delle lacrime della bambina, si spense anche quel suono martellante nel petto che lo aveva sconvolto e turbato profondamente.

Se ne andò poi senza proferir parola.

E mentre Elijah camminava si ricostruì pezzo per pezzo la corazza che era stata distrutta da quella bambina in 5 secondi, e questa volta ci mise ancora più strati per renderla più indissolubile.

A quel punto nessuno al mondo sarebbe stato in grado di scalfirla, e d'altra parte lui non lo avrebbe mai più permesso.

Uscendo dal palazzo, Elijah tentò di respirare aria pura e scacciare tutto ciò che aveva provato in quel luogo. Ma non aveva neanche più voglia di cercare Klaus, non aveva più voglia di fare nulla… Ritornò a passi lenti nel suo alloggio, cercando di rimuovere quei ricordi dalla mente pur di non turbarlo ancora e provare vergogna di sé.

Tanto non avrebbe mai più rivisto quella bambina… inutile rimuginarci sopra. Sarebbe tornato tutto come prima. L’Elijah umano era solo un pallido riflesso del passato, nulla di più. E scomparve proprio come era riaffiorato, non lasciando traccia.

*FINE FLASHBACK*

 

Elijah ritornò alla realtà, e il suo viso incrociò quello beffardo di Klaus. Di nuovo il tormento e l’orrore cieco invase il suo animo gelido.

“Come vedi Elijah, ho solo detto la verità. Non sei meglio di me, nessuno della nostra famiglia lo è. E tentando di convincere la tua bambolina del tuo contrario fai soltanto danni. Menti perché se ti conoscesse veramente… avrebbe paura.” Le parole dell’ibrido colpirono Elijah come una lama affilata e mortale, peggio del veleno che gli aveva fatto bere sua madre.

Ma non lo fece notare perché il suo sguardo divenne gelido e con gli occhi ordinò al fratello di starsi zitto. Se ne andò pur di non permettere a Klaus di parlare ancora, e per non farlo sentire più sporco di quanto non lo fosse già.

Il cuore seppur privo di battito gli si contrasse, pensando che Briony era quella bambina.

Perché proprio lei? Perché fra tutte le persone che aveva minacciato proprio lei doveva essere una delle sue vittime? Quando Elijah aveva capito che sua madre era la donna che aveva incrociato in quel corridoio, credeva fosse un brutto scherzo del destino… o che lo stessero punendo, facendogli amare una donna che quando era solamente una bambina, lui aveva minacciato di toglierle la vita.

In quel momento non pensò che proprio Briony era stata la causa principale di quell’improvviso affioramento di fiamma che rappresentava la sua umanità. Pensava soltanto che aveva minacciato di toglierle la vita in un modo così spietato, e stava addirittura per farlo...

Poteva solo immaginare che cosa Briony avrebbe pensato se lo avesse saputo. E a quel torbido pensiero, una tenebra avvolse il suo cuore.

 

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La festa scolastica era a dir poco strabiliante. C’era euforia ovunque e molti studenti ballavano sui tavoli dandosi alla pazza gioia a suon di musica degli anni ’20.

Briony si fece largo in mezzo alla folla, cercando di non farsi calpestare mentre la mano era stretta attorno a quella di Elijah. Non appena lo aveva visto alla porta di casa sua con un completo bianco ne era rimasta totalmente abbagliata e soggiogata. Sembrava un angelo della schiera dei vendicatori, e il bianco della sua giacca risaltava alla perfezione l’oscurità dei suoi occhi neri.

Eppure Briony si sentiva agitata in quel momento, e non ne sapeva nemmeno il motivo. Forse perché le sembrava che Elijah fosse strano, più distante del solito e non ne comprendeva la ragione. Credeva che ciò che era successo in quel pomeriggio fosse un episodio isolato e invece…

“Tutto bene?” domandò tirandolo per la mano stretta alla sua.

Elijah allora si voltò e con la classica calma le disse di sì.

Apparentemente sembrava tutto normale, Elijah appariva calmo e elegante come sempre e spiccava di luce propria in mezzo agli altri. Briony pensò allora di avere le traveggole oltre quel problema.

Ma cercò di non pensarci. Voleva solo divertirsi per una sera e non pensare a niente.

Rafforzò la presa nella mano di Elijah e lui di rimando la riguardò interrogativo. Briony gli rivolse un sorriso sereno, e anche lui dopo un attimo di incertezza ricambiò. Anche se più freddamente.

La loro muta conversazione venne interrotta da Caroline che si parò di fronte a loro, dando il benvenuto alla sorella. Briony allora si ritrovò a fissarla e stranamente il sorriso sul volto non si spense a comando. Non lo avrebbe ammesso, ma rivedendo Caroline con quell’espressione tra la speranzosa e nostalgica, le fece pensare quanto le fosse mancata.

“Spero che la festa vi piaccia. E’ stata organizzata tutto nei particolari e spero vi divertirete! E… grazie mille Briony per essere venuta. Ci tenevo molto.” disse la biondina prendendole una mano. Il suo sguardo faceva trasparire un’assoluta sincerità e bontà d’animo. E un po’ di rammarico a causa della litigata che le aveva divise.

Briony sostenne lo sguardo e cercò di rilassarsi. “Grazie Caroline. Volevo vederti anche io.” Rispose semplicemente, ma si morse subito la lingua forse per aver detto troppo. Non era ancora pronta per perdonare Caroline, ma comunque non voleva rovinare la serata rivangando il passato.

“Spero che anche tu ti goda la serata. Ci vediamo in giro.” Disse poi la biondina, lanciandole un ultimo sorriso prima di dileguarsi. Stranamente Caroline non aveva trafitto Elijah con lo sguardo e lui era rimasto a guardare impassibile. Forse per una sera era necessario sotterrare l’ascia di guerra. O forse avevano altri problemi per la testa.

Briony lasciò poi il fianco di Elijah e fece due chiacchiere con Rebekah, la quale era ancora intenta a dare le ultime disposizioni, e si complimentò con lei per la serata e le disse che era felice che si godesse il suo primo ballo con tutta la famiglia. Finalmente anche la vampira stava vivendo un po’ di normalità.

Rebekah sorrise gioiosa facendo intravedere al meglio il suo vestito nero. “Spero ti goda la serata. Ah dovrei essere gelosa del tuo vestito, mi piace un sacco!” mormorò corrucciando le labbra come una bambina, indicando il vestito azzurro dell’umana.

Briony rise e disse che sinceramente era lei la più bella della serata, e non c’era vestito che potesse negarlo. Sebbene gli abiti di quell'epoca non facevano risaltare poi tanto.

La vampira fece finta che quel complimento non la esaltasse, e girò lo sguardo dall’altra parte perché aveva visto Elena entrare con Stefan.

“Non la sopporto. Guarda come si atteggia… crede di essere la reginetta della festa Miss perfezione. Senza contare che il suo abito fa orrore.” imprecò Rebekah storcendo il viso in una smorfia.

Briony fece una risatina guardando la coppia: “Se ti può consolare… non sei l’unica che non la sopporta. Ci sono anche io!” disse prendendo un bicchiere e Rebekah fece altrettanto, compiendo un cin cin per quell’odio in comune.

Dopo aver brindato, Rebekah tornò dal suo cavaliere. Matt.

Briony ne fu enormemente felice che lui avesse seguito il suo consiglio e avesse accettato di conoscere meglio Rebekah. E a giudicare da come i due stavano appiccicati, avevano fatto dei gran passi in avanti. Senza contare che la vampira sembrava felice.. Quasi umana.

Matt porse elegante il braccio alla vampira e i due si introdussero nella mischia come una coppia normalissima.

In un angolo Briony vide poi Klaus, vestito anche lui di bianco ma decise di non badargli molto. Se avesse pensato troppo, avrebbe ricordato le parole minacciose di Esther e Gwendolyn cioè che se lui avesse saputo la sua vera natura l’avrebbe uccisa in men che non si dica.

Briony scacciò via quei pensieri, cercando di godersi la festa; quando i suoi occhi inquadrarono Kol.

Ma… che stava facendo?

Piroettava e saltellava sul tavolo, e cantava persino. Sebbene fosse alquanto stonato, le ragazze attorno a lui non sembravano del medesimo parere a giudicare dai loro occhi luccicanti e pieni di desiderio. Kol all’improvviso spiccò un balzo per aria. Ma era così euforico, e forse anche ubriaco,  che piombò giù con un fracasso su un altro tavolo pieno di boccali e scivolò, capitombolando giù per terra con un tonfo…e a finire lo schianto dei bicchieri rotti. Il pubblico si sganasciò letteralmente dalle risate.

Anche Briony rise a crepapelle, portandosi la mano alla bocca e notò che Elijah le si era avvicinato e scuoteva la testa, sghignazzando piano in direzione del fratello.

Briony gli diede una finta gomitata nel fianco e commentarono l’esibizione di Kol, scherzandoci sopra. Quando all’improvviso lei notò Gwendolyn dall’altro angolo dell’area e riconobbe subito quello sguardo di fuoco, pronto a incenerirla.

Briony sviò subito lo sguardo paonazzo, pregando che la vampira non facesse un’altra scenata o tentasse di strangolarla.

Deglutì: “Tuo fratello Kol è completamente folle. Ma faceva quelle esibizioni anche quando era umano?” domandò facendo finta di nulla.

“Lo faceva di continuo, ogni giorno.” rispose Elijah semplicemente, facendo un sorriso sghembo. Quando lui incrociò il viso di Briony, notò che aveva parecchio le guance arrossate e gli occhi fuori dalle orbite.

“Tutto bene?” domandò stringendo gli occhi.

Briony scosse subito la testa per apparire normale. “Certo. Facciamo un altro giro?” domandò sorridendogli. Elijah restò un attimo a fissarla con un espressione indecifrabile, ma poi sorrise anche lui e presero strada attraverso la folla.

Entrambi indossavano una maschera di serenità pacata che stava schiacciando il loro vero viso.

Ma prima o poi tutte le maschere cadono.

 

Continua…

Buona domenica a tutti!

Allora in teoria il capitolo non deve finire qui… l’avrei raccolto in un unico foglio se fosse stato per me, ma avevo paura di annoiarvi per la lunghezza o di confondervi magari le idee per le troppe cose che metterò nella 2 parte.

Quindi fate finta che sia un unico capitolo quando pubblicherò la 2 parte che spero di mettere a breve!! J

Spero comunque che vi sia piaciuto e ringrazio ovviamente chi recensisce e chi ha messo la mia storia tra i preferiti, seguite e ricordate!

 

Un bacione ^^

Questo è il vestito di Briony (senza la giacca però)

http://oi45.tinypic.com/2en6gcw.jpg

Questa è la sua acconciatura

http://oi49.tinypic.com/jfvjsy.jpg

 

Questo è il vestito di Rebekah

http://oi47.tinypic.com/1iyl2q.jpg

Questa è la sua acconciatura

http://oi49.tinypic.com/2rf4lrb.jpg

 

   
 
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