Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |      
Autore: _ L i s a    03/06/2012    1 recensioni
Anno 2113. Nei libri di storia è riportato come l'inizio della seconda guerra fredda, con la sola differenza che non ci fu niente di freddo.
E ve lo racconta colei che cambiò le sorti del mondo, se in meglio o se in peggio, non ve lo saprei dire.
«Uno strano déjà-vu, interrotto da un ragazzo che si avvicinava lentamente sussurrando: "Ricordati noi vi cerchiamo."
Vuoto. Ancora.
Attimi di silenzio. Non c'era più nessuno vicino a me. Non sentivo nessuno. Non era un silenzio rumoroso, era un silenzio opprimente, freddo e lontano.»
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
*Din, din* Informazioni di servizio. :3
Be', non potevo cominciare nulla senza ringraziare qualcuno; sarebbe come non mettere la firma su un lavoro che ha occupato tanto tempo, perchè alla fine non è stata una passeggiata scrivere una nuova storia. Avevo mollato tutto per mancanza di ispirazione, per poco tempo e zero voglia. Dopo cinque mesi, ho ritrovato la voglia di scrivere, ma ho 'sbattuto il naso' nel mio primo muro: la mancanza di ispirazione. 
Fortunatamente ho avuto Jess e May che mi hanno dato gli spunti giusti durante una nostra normale -si fa per dire- conversazione via Sms. Cominciando a scrivere, altre persone si sono interessante ed ho continuato a scrivere anche per loro. Consideratelo come un gesto d'affetto e non abituatevi. u.u 
Poi Jess ha controllato il tutto, altrimenti io mi sarei espressa come una macchinetta delle merendine (Mh, buone! :P). E.. niente! Buona lettura e al prossimo capitolo. :D
 
Lisa.
P.s. Il primo capitolo è abbastanza breve; volevo evitare di raccontarvi troppe cose. I prossimi capitoli vi prometto che saranno più lunghi. :3

__________________________________________________________

"Certo che se ne inventano di storie al telegiornale!"
"Non sono della tua stessa idea, Dave. Questo è uno dei miglior telegiornali in assoluto e dubito che possa raccontare delle bugie. Magari hanno ragione, siamo davvero in pericolo. Voglio dire, guarda! Sono già esplose almeno quattro bombe in Sud America e lo Stato non mi sembra molto interessato alle sorti dei cittadini! E' solo impegnato in questa stupida guerra." 
"Ma cosa ne sai tu! Sei troppo impegnato a stare sui libri per renderti conto delle cavolate che raccontano. Anche se una bella scazzottata mi farebbe veramente piacere. Che vengano qua a Detroit, li sistemo io quei nullafacenti."
"Comincia ad usare il tuo cervello marcio per studiare, invece di preoccuparti di una 'scazzottata'" sottolineò con la voce quest' ultima parte "venerdì prossimo abbiamo un esame e questa volta non ho nessuna intenzione di passarti i miei appunti."
"Piccolo topo di biblioteca, ti dispiace che ogni volta riesco a tener testa alle tue idee puramente teoriche?"
E come ogni sera, Dave e Dean finivano per litigare delle solite cose: le notizie del telegiornale, le idee di Dean, il quale era ormai sempre più in allerta per gli eventi accaduti, Dave che non si preoccupava degli esami dell'università e della sua continua voglia di far rissa con qualcuno.
Ormai la storia era sempre la stessa.
Guardai l'orario. Erano da poco le sette ed ero sorpresa che in casa fossimo solamente io e i due scalmanati, troppo occupati per rendersi conto che ero sola ed annoiata. Decisi di andare in camera, anche se questo comportava passare di fronte ai due litiganti in procinto di dichiare chi dei due avesse ragione per mezzo di una rissa con i fiocchi, ma anche il mio passaggio non avrebbe smosso la situazione. Mi alzai dalla sedia il più velocemente possibile e passai tra la televisione e il divano, 'svegliando' Cip e Ciop dalle loro urla.
"Page, sei tornata adesso? Non ti avevo sentito."
Dean, da tranquillo, aveva un voce decisamente più melodiosa rispetto a quella di Dave, perciò riconobbi subito chi si era interessato della mia presenza. Mi appoggiai alla maniglia della porta e girando solamente la testa risposi: "Veramente, sono tornata mezz'ora fa." risposi secca, o forse è quello che capii dall'espressione che mi rivolse Dean, l'unico che ogni volta si preoccupava per me.
Conoscevo la cronologia delle sue azioni quando mi vedeva triste o stanca e volevo evitarle. Come previsto, si alzò dal divano e io, più veloce di lui, chiusi la porta che dava al corridoio e cominciai a correre fino alla mia camera.
Mi fermai all'ingresso e non accesi nemmeno la luce, volevo sentire cosa si stavano dicendo. La mia curiosità fu presto risolta: sentii un rumore di passi avvicinarsi alla porta, quelli di Dean, seguiti dal pesante passo di Dave che lo trasportava
indietro. Una risata echeggiò nel corridoio.
"Dean, se continui a stare così incollato a Page, ti butterà fuori di casa." riuscì a dire, trattenendosi dal ridere. In una seconda pausa, aggiunse: "Senza contare che lei non è interessata ai secchioni come te." 
Un colpo sordo: Dave che si era gettato con non curanza sul divano, fregandosene del fatto che l'avevo pagato una fortuna. Scossi la testa, non so se per la pateticità della situazione o se per il povero Dean, che rimaneva ogni volta spiazzato delle battute -o almeno speravo- infelici di Dave. Non ci eravamo mai visti come qualcosa che superasse la semplice amicizia e convivenza; eravamo tutti uguali, tutti fratelli che frequentavano la stessa università, ma con indirizzi diversi e per fare ciò ci eravamo trasferiti nella casa dei miei genitori, che mi avevano regalato in cambio della mia laurea a pieni voti. Quindi, tutti insieme, avevamo preso le nostre cose e ci eravamo trasferiti nella casa a Detroit, dove ero nata e creciuta. Poi mi ero trasferita in California, mamma doveva espandere la sua azienda in altre località e papà avrebbe potuto trovare nuove modelle da fotografare. Dopo un periodo di disperazione, trovai la forza per farmi nuovi amici in California e avevo conosciuto i miei attuali coinquilini. Ah, li adoravo! 
I miei ricordi furono interrotti da qualcuno che cercava di sistemare le pentole per poter cuocere la cena. Cominciai a contare sotto voce: "Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì.." Era venerdì sera, quindi sarebbe toccato a Jensen. Tirai un sospiro di sollievo, finalmente era tornato. Richiusi la porta della camera e ritornai in salotto cercando di non fare troppo rumore. Nel momento in cui appoggiai la mano nella maniglia della porta, che qualche istante prima avevo sbattuto, ricordai che non avevo sentito aprire il portone. Sbirciai dall porta e vidi Dave disteso sul divano che sonnecchiava, mentre ai fornelli c'era Dean, intento a cercare qualcosa negli scaffali. Guardai intorno, nessuna traccia di Rose o di Jensen. Non erano tornati e questo era preoccupante.
Dovevo calmarmi o mi sarebbe venuto un attacco isterico.
Jensen non era tornato. Rose non era tornata.
Caspita. Dove erano? Che facevano? Perchè non erano tornati? Guardai di nuovo l'orario nell'orologio appeso alla parete del corridoio: mancava un quarto alle otto. L'ansia cominciò a crescere. 
Ero tremendamente protettiva nei confronti dei miei due migliori amici ed ogni volta che tardavano, diventavo paranoica. Specialmente negli ultimi mesi in cui si consigliava di rimanere dentro casa. 'Allarme guerra', lo avevano definito, come se una stupida casa potesse ripararci da una bomba atomica. 
Prima che potessi rendermene conto, ero già a terra, svenuta. Le gambe avevano perso consistenza, come se ogni cellula ossea si fosse autodistrutta e, in preda ad attacchi di panico, cominciai a dimenarmi senza una ragione precisa.
Poi vuoto. Era sparito tutto.
L'orologio che ormai batteva le otto, Dave e Dean che si erano accorti dei miei attacchi e i muri bianco latte del corridoio. Un flash, come un lampo che illumina un temporale notturno, che anticipò un rumore nella mia testa. Gli occhi ripresero le funzioni. Una spiaggia, quella della California, dove passavamo per tornare da scuola. Dave e Dean si punzecchiavano a vicenda. Jensen, in disparte, rifletteva, come sempre. Rose, accanto a me, mi raccontava di qualcosa di poco importante, forse la sua incredibile cotta per il quarterback. Uno strano déjà-vu, interrotto da un ragazzo che si avvicinava lentamente sussurrando: "Ricordati che noi vi cerchiamo."
Vuoto. Ancora.
Attimi di silenzio. Non c'era più nessuno vicino a me. Non sentivo nessuno. Non era un silenzio rumoroso, era un silenzio opprimente, freddo e lontano.
"Page, dannaz.. sveg..." Le parole si persero nel vuoto glaciale, per tre volte.
Poi mi sentii sollevata da un abbraccio caloroso, quello che si riserva ad una persona morente.
Avevo il viso bagnato dalle lacrime, non le mie, però. 
"Page!" 
Un grido straziante mi fece tornare alla realtà. Jensen, Rose, Dave e Dean, c'erano tutti. Tutti distrutti, come se avessi lasciato la mia vita, come se fossi morta, ma niente era paragonabile al bianco viso di Jensen, di solito riflessivo, rigato dalle lacrime. Alzai la mano destra, che aveva ripreso forza e asciugai una delle lacrime dal viso del mio migliore amico. 
In reazione, questo sbarrò gli occhi, come pietrificato. Nello stupore generale, cercai di guardare le espressioni di tutti, una ad una, mi fermai sempre su quella di Jensen e con un filo di voce, riuscì a dire: 
"Ho avuto una visione."
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: _ L i s a