Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: lenouis    03/06/2012    18 recensioni
"Per un attimo sposto lo sguardo oltre Adam e vedo i ragazzi con gli occhi arrossati che mi implorano con lo sguardo di mettermi in salvo. Sopratutto Louis. Il viso angosciato, tormentato. Per lui è un'agonia vedermi lì, in quel momento, in quella situazione. Ma devo farlo. Devo fargli levare la pistola da quella posizione e dare il tempo ai ragazzi e a Robin per fuggire." 
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
35 secondi. 
 
Questa One Shot è ispirata alla puntata 6x23 di Grey's Anatomy ("Sanctuary"), perciò è probabile che alcuni elementi possano essere simili. Premetto che non è uguale, ma ho preso solo qualche spunto.
Ah, un'altra cosa, è molto lunga, quindi prendetevi tempo. 
 
Solita sveglia alle cinque e mezzo del mattino per andare a lavoro. Mio padre, Donald Clark, un importante produttore discografico, quando ha deciso che era il momento di andare in pensione, ha lasciato tutta la baracca a me e mia sorella . Non che non mi piaccia il mio lavoro, anzi, è una delle cose migliori che mi siano mai capitate, però il mio sogno è sempre stato un altro. Io volevo diventare un chirurgo. E ogni giorno, la prima cosa che faccio appena mia alzo, è pensare a come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto ciò che volevo.
-Ci vediamo dopo amore.- dico posando un soffice bacio sulla fronte di mio marito, che è ancora disteso a sonnecchiare nel letto matrimoniale. -Vi aspetto alle 8.00, mi raccomando.- così dicendo esco dalla nostra camera e mi preparo per un'altra giornata di lavoro. 
Tra due ore dovrebbe arrivare la tata di Jeremy, nostro figlio di appena tre anni, per stare con lui finché non torniamo io e Louis. Non so se è una fortuna lavorare con il proprio marito, se non altro durerà poco, ancora qualche settimana. 
Louis è un cantante, membro di una famosissima boyband, gli One Direction. Malgrado siano passati ormai una decina di anni da quando si è formata la band, non hanno mai smesso di avere fama e talento. Nessuno avrebbe mai creduto che potessero durare così tanto, e invece ce l'hanno fatta. Sono sempre qui, con tutte le loro fedeli fan. 
In questo periodo stanno registrando una nuova canzone nei miei Studios, quindi stiamo insieme ventiquattrore su ventiquattro. 
Amo mio marito, lo amo con tutta me stessa. Siamo sposati da quattro anni, ma stiamo insieme da quando eravamo dei ragazzini. Il nostro primo bacio, io avevo sedici anni, lui diciotto. Ormai ne sono passati ben dieci, da quel giorno. Mi fermo a contemplare una foto dell'anno scorso dove ci siamo io, Louis, mia sorella e i ragazzi. Una foto scattata durante un viaggio a Boston, per un incontro con qualche fan dei ragazzi. Siamo un bel gruppo, ormai posso considerarli parte della ma famiglia. Io e i ragazzi ci conosciamo da quando la band si è formata. Da quando Louis ha deciso di fare il provino per entrare a X-Factor, è stato preso e poi è finito insieme ad Harry, Liam, Zayn e Niall a formare una boyband. 
Io e mia sorella Robin, più piccola di me di un anno, siamo agli estremi della foto. Entrambe piuttosto alte, non troppo magre. I miei soliti, lunghi, capelli castani, legati in un'alta coda liscia. E i suoi, di un rosso non naturale, ma comunque bello e intenso, sciolti. Il taglio dei nostri occhi è lo stesso, ma i suoi sono marroni, i miei verde chiaro. Spesso da piccola se la prendeva con me perchè voleva fare a cambio di occhi, ma io le rispondevo che erano miei e che non li avrei dati a nessuno. Poi, a partire da destra, Louis. Alto, slanciato, castano con gli occhi azzurri. Bellissimo. Tiene in braccio nostro figlio Jeremy, che al tempo della foto avrà avuto sì e no tre anni. Accanto a lui Liam, con un po' di barbetta incolta che gli dà un'aria ancora più sensuale e intrigante. Poi Harry, lo zio Harry, con i suoi inconfondibili ricci che ancora attirano migliaia di ragazze. E i suoi occhi verde bottiglia che brillano ad ogni riflesso di luce. Niall ride, ride di gusto, come sempre. Raramente l'ho visto triste o sconsolato, perchè è lui quello che riesce a mantenere l'allegria all'interno del gruppo. E' il migliore, senza dubbio. E poi c'è Zayn. Il dannatissimo e perfettissimo Zayn Malik, che ha fatto patire le pene dell' Inferno a mia sorella Robin. Sono stati insieme per due anni, poi lui ha deciso di lasciarla per mettersi con una biondina, più giovane di lui almeno di cinque o sei anni. Mia sorella ha sofferto in silenzio per tutto questo tempo. Lei lo ama ancora, ma non lo vuole ammettere. E' convinta che lui ormai si sia scordato di lei e che la veda come un'amica, ma io sono sicura che anche lui, in realtà, la ami ancora. Solo che sono entrambi troppo stupidi e orgogliosi per ammetterlo, e quindi si fanno del male. Si lanciano occhiate sfuggenti ogni tre per due. Si sorridono di nascosto. Arrossiscono quando, per sbaglio o volontariamente, le loro mani si sfiorano. Insomma, si amano ma sono stupidi. 
Un bel quadro di famiglia, devo ammettere. Guardo l'orologio e mi accorgo che sono le sei e mezzo. E' decisamente troppo tardi. Tra meno di mezz'ora devo andare agli Studios e ancora devo prendere tutte le mie scartoffie, uscire di casa, prendere la macchina, passare a prendere Robin e arrivare a lavoro. 
Non ce la farò mai, penso. Mi fiondo fuori dalla porta e, in meno di dieci minuti, arrivo a casa di mia sorella. Meno male che la mattina a quell'ora le strade non sono tanto trafficate. 
-Olly, sei in ritardo!- mi grida mia sorella montando frettolosamente in macchina.
-La prossima volta mi passi a prendere te.- le rispondo freddamente.
Lei scrolla le spalle spazientita e cambia discorso.
-A che ore arrivano i ragazzi oggi?- 
-Come sempre, Robin, alle otto.- mi volto verso di lei per capire perchè mi abbia fatto una domanda così ovvia. -Tranquilla, oggi c'è anche Zayn, non ha più la febbre.- la rassicuro intuendo quale sia il problema.
Ebbene sì, il carissimo Zayn Malik ieri non è venuto a lavoro perchè aveva la febbre. Ahimé, Robin mi ha riempito la testa con i suoi lamenti per tutto il viaggio di ritorno. 
Arriviamo davanti a quell'edificio imponente che sono i Clark Studios ed entriamo. Subito incontriamo la nostra storica segretaria Nora Crawford, impegnata a sfogliare le sue mille agende, che ci saluta con un sorriso a trentadue denti. Nora è una trentasettenne che lavora agli Studios da quindici anni. Alta, forse troppo. Gambe perfette, lasciate scoperte per metà dalla gonna del tailleur. I capelli neri come il mogano sono sempre perfettamente in ordine e le sue labbra rosse sono la prima cosa che risalta guardandola in faccia. Ormai le siamo affezionate. La conosciamo da quando eravamo delle piccole adolescenti e venivamo qua negli Studios a trovare nostro padre. E' come una seconda madre, per noi. 
Ricambiamo il sorriso e ci avviamo in silenzio verso il nostro ufficio, per sistemare le ultime cose, prima che arrivino i ragazzi.
-Signorina Clark.- sentiamo Nora ed entrambe ci giriamo. -Olivia.- aggiunge imbarazzata.
-Nora, quante volte te lo devo dire di chiamarci per nome.- dico -ormai direi che la confidenza non ci manca.- annuisce arrossendo leggermente. 
Anche se l'età le darebbe il permesso di vere un po' più di autorità, rispetta comunque il nostro ruolo nella gerarchia degli Studios e si lascia tranquillamente dare ordini da me e mia sorella, che abbiamo dieci anni in meno di lei. 
-Avviati Robin, ti raggiungo dopo.- dico a mia sorella. Poi mi avvicino a Nora -dimmi tutto.- 
-Olivia, ho ricevuto una telefonata stamattina appena arrivata.- fa una pausa e mi fissa intensamente. Forse spera che io, da sola, capisca di chi fosse la telefonata. Ma, davvero, non ci arrivo. Quindi la invito a continuare annuendo con la testa. -Era il signor Perkins.- continua. Il suo sguardo è terrorizzato. Almeno quanto il mio. 
Adam Perkins è uno squilibrato. Un uomo sulla sessantina che da anni è in competizione con mio padre. Un suo vecchio compagno di scuola che gli ha sempre dato problemi. Diciamocelo, Adam è sempre stato geloso di mio padre, per ogni cosa. I voti, il rapporto con i professori, con la famiglia, il suo successo nel mondo della musica e mia madre. Mia madre. Lei è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da quando i miei genitori si sono sposati, Adam ha iniziato a minacciare mio padre. Il signor Perkins, infatti, è sempre stato segretamente innamorato di mia madre che non ha mai ricambiato. E' riuscito ad accettare il rifiuto, ma non il matrimonio con il suo acerrimo nemico. Così è iniziata la guerra tra Perkins e la famiglia Clark. 
Spesso abbiamo dovuto ricorrere a denunce. Spesso abbiamo avuto paura che ci potesse fare del male. Fin quando, quel maledetto giorno di due anni fa, mentre io e Robin eravamo andate a trovare i nostri genitori, non ha deciso di entrare in casa nostra di notte, armato di una pistola. Davanti ai miei occhi ho visto mia madre cadere a terra dopo un colpo ben mirato al petto. Ecco, da quel giorno non ho più rivisto il signor Perkins che è stato rinchiuso in una cella con l'ergastolo. Da quel giorno mio padre non è più uscito di casa e ha deciso di lasciare tutto nelle mani delle sue due figlie. 
Un trauma che ancora non ho ben superato. Per fortuna ho Louis con me, lui riesce a distrarmi sempre quando mi lascio prendere troppo dallo sconforto. 
Oggi è un giorno di quelli. E ringrazio il cielo che tra meno di un'ora mio marito potrà essere qui con me.
Cerco un appoggio. Una sedia, un tavolo, una qualsiasi superficie dove posso sedermi. Trovo una sedia accanto a quella di Nora e prendo posto, senza proferire parola.
-Ha detto che la giustizia è dalla sua parte. Ha detto che lo hanno rilasciato oggi stesso. E che verrà qui, a riprendersi ciò che è suo.- continua la mia segretaria con voce solenne. Io seguo attentamente ogni sua singola parola.
Ciò che è suo, ripeto mentalmente, cosa vorrà mai dire?
-Non lasciamoci prendere dal panico, Nora. Sicuramente non farà niente di male. Farò tutto ciò che vuole, se questo è il prezzo da pagare per tenere al sicuro la mia famiglia.- rassicuro la mora passandole una mano dietro la schiena. Mi avvio verso le scale che portano al mio ufficio. -Ah, non dire niente a nessuno.- aggiungo voltandomi verso di lei, per poi sparire su per le scale. 
Incontro il nuovo custode addetto a fare le pulizie, un certo Greg. 
-Buongiorno, signora Clark.- sorride lasciandomi passare nell'unico spazio dove non ha ancora passato il cencio bagnato.
-Chiamami pure Olivia, Greg. E poi 'signora' non mi si addice proprio.- ricambio educatamente il sorriso e finalmente entro nel mio ufficio. 
Tra venti minuti dovrebbero arrivare i ragazzi. Ho davvero bisogno di Louis. Dopo tutta questa storia di Adam, brutti ricordi mi sono tornati alla mente. Ho solo bisogno di mio marito. Mi siedo appoggiando i gomiti sulla scrivania e il mento sui palmi delle mani. 
Prima però, esattamente tra un minuto, entrerà Nora con un bel vassoio pieno di croissant, crostatine, latte e caffé. Sì, io faccio colazione a lavoro, ogni giorno. Per guadagnare tempo.
Rimango in quella stessa posizione a riflettere su cosa intendesse dire il signor Perkins con "mi riprenderò ciò che è mio". Cosa è suo?
Mi soffermo a guardare una foto di famiglia, l'ultima foto che ho con mia madre. La tengo incorniciata sulla scrivania. Anche se il ricordo fa male, ho l'impressione che lei sia sempre con me. E' incredibile quanto lei e Robin si somiglino. Entrambe hanno gli occhi della stessa tonalità di marrone, e i capelli tinti sempre con lo stesso colore. Il fisico è più o meno uguale, ma Robin è leggermente più alta. Per il resto, sembrano due sorelle gemelle. Io invece, ho preso tutto da papà.
I miei pensieri sono interrotti dalla suoneria del mio cellulare. Per un attimo mi faccio prendere dal panico e penso subito ad Adam Perkins. Poi leggo il nome di Louis sul dispaly e mi tranquillizzo. 
-Pronto?- rispondo.
-Olly ci puoi venire ad aprire la porta?- perplessa getto un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Sono le 8:02. Strano che Nora non mi abbia portato la colazione. Aspetta, ma Nora dovrebbe essere giù ad aprire la porta.
-Non c'è Nora?- chiedo confusa.
-No, non la vedo.- risponde. Strano, dove si sarà cacciata?. 
-Va bene, arrivo subito.- chiudo la chiamata.
Busso alla porta di mi sorella.
-Ehi, Robin, sono arrivati!- le grido attraverso la porta chiusa. Poi scendo le scale ancora un po' umide, ma non scivolose. Mi guardo intorno mentre attraverso il corridoio, cercando Nora.
Arrivo alla porta e la apro. Ancora di lei nessuna traccia.
-Buongiorno Olly!- mi salutano i ragazzi in coro. 
Louis mi lascia un leggero bacio a stampo. -Tutto bene?- mi guarda stranito.
Lo so che lui capisce sempre quando c'è qualcosa che non va, ma non lo voglio far preoccupare inutilmente. -Sì, tutto a posto. Mi stavo chiedendo dove fosse Nora..- continuo a guardarmi intorno.
-Sarà in bagno.- dice Niall avviandosi verso la macchinetta del caffé. -Qualcuno vuole il caffé?- chiede.
-Io sì.- risponde Liam -Macchiato.-
-Anche io macchiato.- ripete Harry.
-Tu, Zayn, lo vuoi?- chiede Niall. 
-No, grazie.- risponde vagamente da dietro la scrivania di Nora.
-Malik, cosa ci fai là dietro? Vieni via, quella è zona-Nora.- lo rimprovero scherzosamente. 
-Niente. E' che mi sembra strano che su questo foglio ci sia un frego di penna. Di solito Nora è Miss Perfezione.- risponde con sufficienza lasciando spazio a me, che nel frattempo mi sono avvicinata per vedere di cosa stia parlando.
Effettivamente il foglio sul quale stava scrivendo è rigato da un lungo frego di inchiostro nero. Abbasso lo sguardo e trovo la penna a terra. Strano. 
Se Nora fosse andata in bagno non avrebbe comunque fatto una cosa del genere, insomma, non avrebbe senso.
Raccatto l'elegante penna a sfera e la appoggio sul foglio rigato. Poi seguo i ragazzi verso la Sala di registrazione, dove ci sta aspettando Robin.
Mi avvicino a mia sorella, seduta davanti alla consolle, mentre i ragazzi si sistemano le cuffie e i microfoni dall'altra parte del vetro. 
-Robin, hai per caso visto Nora?- chiedo senza guardarla negli occhi. 
-No. O almeno, l'ho vista solo quando siamo arrivate. Perchè?- 
-No, niente. Non era alla sua scrivania. Sarà andata in bagno.- dico più per convincere me stessa che mia sorella. Potrebbe essere davvero andata in bagno, ma non riesco a spiegarmi il frego e la penna a terra.
Magari è una coincidenza, le è caduta la penna mentre si alzava dalla sedia, penso. 
I ragazzi iniziano a cantare, ma in questo momento non ho la testa per star dietro alle registrazioni. Li guardo, sorrido, ma non ascolto una singola nota. All'improvviso sento la mia tasca vibrare una sola volta. Un messaggio. Adam, penso subito allarmata. No, Nora. Oh, quella donna finalmente si è fatta viva!
 
Hai un'ora per consegnarmi l'uccellino,
dopodichè farò fuori Nora,
poi tuo marito e i suoi amichetti,
fino ad arrivare a tuo padre.
Un'ora.
A.P.
 
A.P.? Adam Perkins. No, non può essere. Non può essere qui. Non può aver preso Nora e tenerla in ostaggio. L'uccellino? Cos'è l'uccellino? Che significa? Maledetto lui e i suoi stupidi giochetti. Adesso mi devo anche mettere a risolvere gli indovinelli per salvare la mia famiglia. Accidenti a lui. 
Mi alzo con la scusa di dover andare in bagno. Ho paura a muovermi per questi corridoi, ho paura di incontrarlo con una pistola puntata contro di me. Così mi limito ad affacciarmi alla prima finestra che vedo. Ho bisogno di aria, aria fresca. 
Mamma, aiutami tu, la imploro nella mia mente alzando gli occhi la cielo, anche se so che non mi può sentire.
Un cinguettio insistente mi costringe ad alzare lo sguardo su un ramo dell'albero di fronte alla finestra. Un pettirosso. Robin, in inglese. Ed è appena incrocio lo sguardo con quel piccolo volatile che capisco.
-Grazie mamma- dico ad alta voce, guardando il cielo limpido.
Lui vuole Robin. Vuole Robin perchè è la persona che più gli ricorda mia madre. Non so per quale malsano motivo la voglia, se per abusare di lei o per ucciderla, ma la vuole. E io ho meno di un'ora per decidere cosa fare.
Parlarne con gli altri? Con Louis? Con Robin? No. Li farei preoccupare e mi metterebbero ansia, più di quanta già ne abbia. Chiamare la polizia? Nemmeno. No, è una faccenda che devo risolvere io. Da sola. 
E ho già deciso: di certo non lascerò mia sorella nelle mani di quel malato. Non la manderò al patibolo per puro egoismo. Se qualcuno deve uscire ferito da questa guerra, quella sono io. So che Perkins ha preso di mira me, perchè con mio padre non c'è più soddisfazione e io sono la persona a lui più simile. 
Devo comunque proteggere gli altri, anche se li terrò all'oscuro di questa situazione. Allo scadere dell'ora, dirò tutto. Ma prima, niente. 
Ritorno a passo lento verso la Sala di registrazione, attenta ad ogni minimo rumore. Abbasso la maniglia e il mondo mi crolla addosso.
Louis, Harry, Niall, Liam e Zayn. Tutti e cinque con le mani alzate, fissano spaventati quell’uomo, che davanti a loro, punta la pistola alla testa di mia sorella. Lei è seduta, lì dove l'avevo lasciata. Non la vedo nel viso, perchè è girata di spalle, ma so che ha il volto rigato da lacrime silenziose. 
Louis sposta lo sguardo su di me, il suo sguardo dice 'scappa'. Scuoto la testa sicura. So che il signor Perkins si è accorto della mia presenza, anche se non si è mosso di un millimetro e mi dà le spalle, come Robin. 
Non posso scappare.
-Ben arrivata, Olivia. Ti stavo aspettando.- quella voce viscida e fastidiosamente mielosa mi provoca la nausea. La stessa voce che la notte in cui è morta mia madre pronunciò le parole che mi tormentano nei miei peggiori incubi 'Se non la posso avere io, non l'avrà nessuno'.  
-E' un piacere rivederti, Adam.- rispondo con lo stesso tono. Si gira verso di me, mantenendo la pistola puntata contro la tempia di mia sorella. 
-Avvicinati, cara.- faccio ciò che mi dice. E con passo solenne mi avvicino a quell'uomo. Finalmente vedo il suo viso, uguale a come era quella notte. La stessa scintilla di pazzia nel suo sguardo vitreo. Quegli occhietti azzurri, spenti, assottigliati, mi terrorizzano. -Sei diventata una bella donna, guardati.- mi accarezza la guancia sinistra con la mano libera -tutta tuo padre.- marca le ultime parole con tutto il disprezzo e l'acidità che ha in corpo. Vorrei rispondergli a tono, ma so che devo pesare bene le mie parole. Ha un'arma puntata contro mia sorella. 
Per un attimo sposto lo sguardo oltre Adam e vedo i ragazzi con gli occhi arrossati che mi implorano con lo sguardo di mettermi in salvo. Sopratutto Louis. Il viso angosciato, tormentato. Per lui è un'agonia vedermi lì, in quel momento, in quella situazione. Ma devo farlo. Devo fargli levare la pistola da quella posizione e dare il tempo ai ragazzi e a Robin per fuggire. 
Un suono distrae tutti. Il suono che si sente quando Nora accende l'altoparlante per comunicare con chiunque si trovi nella Sala di registrazione.
-COS'E' QUESTO SUONO?!- grida Adam allarmato. Nel gridare scuote leggermente la pistola e il mio cuore perde un battito. Chiudo gli occhi, deglutisco e mi calmo. Cosa vuole dire Nora? Come ha fatto a liberarsi?
-Olly, hai 35 secondi.- annuncia la voce di Nora dall'altoparlante. Dopodichè si sente in suono di chiusura. E sento dei passi nel corridoio.
Trentacinque secondi?
-CHI ERA? CHE VUOL DIRE?- non rispondo ad Adam. -RISPONDI!- punta la pistola verso di me. 
Louis si precipita fuori dalla porta che divide la consolle dalla zona-registarazione.
-TU, STAI FERMO O SPARO!- Adam sposta la pistola su Louis che alza istintivamente le mani.
-Louis, stai fermo, per l'amor del cielo!- adesso sto piangendo. Non ce la posso fare. Mi sono sentita male appena Perkins ha spostato la pistola. Per fortuna che è un codardo e non ha avuto il coraggio di sparare. Per un attimo ho creduto sparasse. 
Perkins si volta verso la porta ancora aperta alle mie spalle. 
-Uno!- grida Nora scappando. 
Perkins corre ad inseguirla e io capisco. Ho trentacinque secondi, da quel momento, per mettere tutti in salvo. Louis corre ad abbracciarmi e così fa Robin. Li stacco da me, non abbiamo tempo. 
-Ho trentacinque secondi per mettervi in salvo. Non abbiamo tempo da perdere.- annuncio in preda al panico.
-Come sarebbe a dire 'mettervi in salvo'?- dice Louis guardandomi con rimprovero. -Anche tu devi metterti in salvo.-
-Louis, io devo chiudere il gioco. Ma posso farlo solo se so che state tutti bene.- osservo velocemente uno per uno i ragazzi. Senza perdere il conto che sta andando alla rovescia nella mia testa. 
Venti, ventuno, ventidue..
-Voi uscite dagli Studios. Perkins e Nora sono andati dalla parte opposta dell'uscita, non li incontrerete. Io vi raggiungerò subito.- decido io, per tutti, e non accetto obiezioni. 
Louis mi prende il viso tra le mani e mi bacia con tutto l'amore del mondo. Le nostre lacrime si fondono per un secondo.
-Starò bene.- sussurro sulle sue labbra senza staccare la mia fronte dalla sua. 
Uno sparo, un urlo. Nora!
-Scappate!- grido uscendo di corsa dalla stanza. Vedo Zayn prendere Robin in braccio, è troppo scossa per correre. -Zayn!- grido fermandomi un attimo. -Prenditi cura di lei.- annuisce triste e sparisce dietro la porta d'uscita degli Studios.
Mentre corro verso la direzione dalla quale ho sentito provenire lo sparo, penso a cosa ho appena detto a Zayn. Con quella frase ho implicitamente detto di prendersi cura di lei, nel caso io non riesca ad uscire viva da questa situazione. E lui ha capito. Non posso essere certa di come andrà a finire tutto questo. Non so se riuscirò a sopravvivere. Ma il mio istinto mi dice di sì. Non posso lasciare Louis, Jeremy, Robin e Nora da soli. 
Nora. Devo trovare Perkins. Piango perchè temo che Nora sia morta. I trentacinque secondi sono passati, ho sentito uno sparo e un grido. Temo il peggio.
Ma appena volto l'ultimo angolo dell'edificio, vedo Nora seduta a terra tremolante mentre si arregge la spalla destra insanguinata con la mano opposta. 
Tiro un sospiro di sollievo. Almeno è viva. Mi avvicino e mi tolgo il cardigan per usarlo come benda, per comprimere la ferita che ha alla spalla. Le mie mani si sporcano di sangue, mi asciugo la fronte sudata con il dorso della mano destra e mi sporco di sangue anche nel viso.
Mi alzo cercando con lo sguardo il signor Perkins. 
-Olivia, attenta! Dietro di te!- grida Nora in preda al panico, con gli occhi sbarrati.
Mi giro lentamente. Perkins ha entrambe le mani tremolanti sulla pistola, puntata dritta alla mia testa. E' accecato dall'odio. Non sa cosa sta facendo.
-Finalmente, Donald, la mia vendetta.- sibila con gli occhi ridotti a due fessure.
Adesso capisco che non è più in sé. Non è più in sé da quando ha ucciso mia madre, l'amore della sua vita. La pazzia ha preso il controllo del suo corpo, della sua mente. E non è stato rilasciato dalla galera, è scappato. E' scappato per cercare Donald, mio padre, che per lui lavora sempre agli Studios. Ma scoprendo che adesso il luogo è nelle mani delle figlie del suo nemico, Clark, ha pensato bene di continuare a farlo soffrire uccidendo e persone a lui più care. 
Non appena riesco a vederci un po' più chiaro sull'intera storia capisco quale sarà il suo prossimo passo. Premere quel grilletto e farmi fuori.
Io volevo fare il chirurgo. Salvare vite, questo era il mio sogno. Magari non mi sarei mai ritrovata una pistola puntata contro. 
Se penso alla mia morte, non me la sarei mai immaginata così.
Spero non faccia male, mamma, parlo con me stessa e con mia madre.
Poi sento una voce provenire dall'esterno, attraverso un megafono. 
-Adam Perkins, qui parla lo sceriffo Miller.- nel frattempo una dozzina di poliziotti muniti di giubbotto antiproiettile ci circondano puntando le loro armi su Adam. -Ha l'ordine di posare l'arma a terra, alzare le mani e consegnarsi alle forze dell'ordine.- intanto Perkins esegue gli ordini dello sceriffo come una marionetta.
Mi calmo e ringrazio ancora una volta mia madre. Sono sicura che sia merito suo se sono ancora viva. Adam mi fissa con un sorriso compiaciuto e inizia a ridere. Non si rende conto. E' matto.
Una coppia di poliziotti lo ammanetta e lo trascina verso l'uscita. Appena passa davanti a me mi guarda sorridendo.
-Arrivederci Olivia Clark, figlia di Sophie McClain.- lo vedo sparire dietro le porte a vetri degli Studios.
Altri poliziotti aiutano Nora ad alzarsi e la portano fuori. L'ultimo rimasto, un certo Dennis Cannon, come dice il suo distintivo ben fissato al taschino della divisa, mi scorta fino all'uscita dove mi aspettano tutti. 
Prima di varcare la soglia che mi divide dalla mia famiglia mi fermo e mi volto a guardare il poliziotto.
-Dennis, tu hai sempre voluto fare il poliziotto?- mi guarda un po' interdetto.
-Sì. Perchè?- stacco il mio braccio dalla sua presa e faccio un passo verso l'esterno. Ma prima di varcare completamente la soglia decido di rispondergli. 
-Io volevo fare il chirurgo.- 
 
The end.
 
*note autrice*
Beh, questa mi è venuta in mente oggi. Così, all'improvviso. 
E' un po' diversa dalle solite cose, ma spero sia comunque di vostro gradimento.
Per chi sta ancora aspettando la nuova Fanfiction, sappiate che la sto già scrivendo. Però la voglio finire prima di pubblicarla. 
Spero lasciate una recensione, perchè voglio proprio sapere che effetto fa una One-Shot del genere.
Particolare, eh?
Grazie per aver letto.
Baci,
Madda :D
  
Leggi le 18 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: lenouis