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Autore: SunriseNina    04/06/2012    1 recensioni
« OLIVIER ARMSTRONG x SCAR »
«Qualche volta vieni a far visita a Briggs. Sei un esempio che i miei uomini potrebbero seguire.»
«Mi farebbe piacere. Sul serio.» Scar si guardò intorno, come in imbarazzo «A questo punto qui le cose stanno migliorando parecchio. Forse tra qualche mese verrò a farvi visita.»
La donna annuì, soddisfatta.
«Spero di rivederti. Bada a te stesso, Uomo Cicatrice.»
[Da:"Burning ice."]
«Non so minimamente cosa voglio. Sentivo solo il bisogno di dirti che, quando sono con te, è come se tutto sparisse e si facesse più nitido allo stesso tempo. Tu alteri la mia realtà, Olivier. E non so come affrontare questo genere di situazione. »
Lasciarono che il silenzio colmasse quei lunghi istanti; Olivier sentiva accanto a sé il petto di Scar palpitare, ne sentiva il respiro tiepido tra i capelli.
Lui le scostò con indicibile delicatezza una ciocca fuori posto per poter meglio ammirare il suo viso, i suoi tratti nordici, le lunghe ciglia e le deliziose labbra: il complesso, incorniciato da quella fluente chioma color dell’oro, risultava così bello da parere inumano.
«Scar?» lo interpellò nuovamente «Sai che tutto ciò è sbagliato, vero? Sai che né io né te possiamo abbandonare i nostri ruoli per dei miseri sentimenti?»
«Ne sono più che consapevole.» disse lui, ma non smise di abbracciarla. Accostò il capo al suo orecchio, e le mormorò: «Vorrei solo che quest’attimo durasse un’eternità. Vorrei non dovermi più alzar da qui, anche a costo di congelarmi, perché so che una volta che torneremo indietro tutto questo non sarà mai accaduto, e dovrò nuovamente portarmi queste sensazioni nel petto, farle tacere in un modo o nell’altro. So anche che non ti rivedrò chissà per quanto tempo, e comunque se mai ancora ci rivedremo nulla cambierà: io sarò sempre un sacerdote, tu sempre un generale. »
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Olivier Milla Armstrong, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La stazione aveva due binari, e ai lati di essi sparuti gruppi di persone strette nei loro giubbotti attendevano che il treno arrivasse.
Non vi era quel caos, quella frenesia tipica delle enormi stazioni di Amestris: era un particolare che andava aggiunto, nella lunga lista di quelli che rendevano il Nord unico nel suo genere.
Questo era ciò che Scar amava di Briggs: il suo ordine naturale, l’inflessibilità della sua esistenza e delle sue regole.
Purtroppo, si ritrovò ad ammettersi, non era più l’unica cosa che amava di quel paese nevoso.
 
«Il suo treno arriverà a momenti.» disse con tono autoritario la donna, perfettamente consapevole che quest’informazione non fosse sfuggita all’uomo: semplicemente non riusciva a capacitarsi di ciò che stava succedendo, e sentiva il bisogno di interrompere quel silenzio.
“E così te ne vai” pensò, osservando l’uomo in piedi accanto a lei con una sensazione nel petto che era un misto contradditorio di dispiacere e sollievo: ovvio dispiacere e sollievo perché si illudeva che la lontananza avrebbe logorato i loro sentimenti fino a farli scomparire. Come speranza era alquanto inusuale e a tratti masochista, ma era tutto ciò a cui la sua anima poteva aggrapparsi.
Scar guardò Olivier: in viso quel cipiglio perennemente irritato le creava sottili rughe sulla fronte, sottolineate in quel momento da sentimenti che reprimeva faticosamente. L’uomo in sé provava un enorme rammarico per essersi così esposto e confessato, e al contempo sentiva che era stata una mossa più che necessaria: aveva avuto senso parlare in quel modo, usare quei termini? Sì, altrimenti sarebbe rimasto pressato dal peso stesso delle proprie emozioni.
Si sentiva falso: lui non era l’uomo che le aveva parlato il giorno prima. Non lo era mai stato. Non gli appartenevano le parole dolci e malinconiche, i gesti delicati e teneri, gli sguardi colmi di dolcezza: eppure con lei –per lei- quelle sfaccettature della sua personalità emergevano fino ad avere il sopravvento sulle altre.
Lo rassicurava il fatto che fosse così anche per Olivier: era palese la sua estraneità a quel genere di comportamento debole ed emotivo che aveva assunto in presenza di Scar. Era proprio come la madre le aveva predetto: un uomo che non le avrebbe più permesso di nascondere le emozioni.
“Già, ma per quale motivo proprio l’Uomo Cicatrice?” si chiese lei con stizza e leggera disperazione. Di tutti gli uomini che la ammiravano e la desideravano, perché proprio lui?
Entrambi se lo chiedevano, ma nessuno poteva rispondere: non vi era risposta.
 
«Oddio, ma lei è il maggiore Armstrong! Che onore averla in città!» una vecchina con il capo avvolto in uno scuro velo da vedova, gobba, si avvicinò zampettando sulle gracili gambe.
«Buongiorno, signora.» salutò imperiosa lei, assumendo istintivamente una posa vittoriosa ponendosi le mani sui fianchi e alzando il mento.
Regale, incrollabile. Magnifica.
Non si poteva descrivere diversamente la figura che si presentava agli occhi di Scar.
«Oh, è vero quel che dicono di lei» disse l’anziana con un gesto riverenziale del capo «Alla sua presenza il mondo intero sembra piegarsi al suo cospetto… una degna Regina delle Nevi.»
«Grazie.» disse lei, austera, senza modestia né vanità.
Scar sentì  un suono lungo, prolungato, un fischio e uno sferragliare di ruote sulle rotaie.
Il suo treno stava arrivando.
Improvvisamente guardò Olivier: il mondo sembrava prostrarsi al suo cospetto.
Nulla era più vero.
«E allora perché non dovrebbe essere così anche questa volta?» esclamò con voce roca.
«Scusi, Scar?»
«Olivier, perché dovrebbe essere diverso?!» strinse i pugni, trasportato energicamente da rabbia e convinzione; lei lo fulminò con uno sguardo atroce- avevano deciso che non si sarebbero chiamati per nome-, ma lui non si fermò «Non sei forse il generale più forte del mondo? Non sei forse quella priva di debolezze? Sbaglio o millantavi che niente e nessuno ti avrebbe mai messo i piedi in testa?!» il suo tono era accusatorio e il suo sguardo penetrante.
«Come osi parlarmi così?! Certo che lo sono! Sono Olivier Milla Armstrong, non una misera donnicciola qualunque!»  si infuriò lei, il suo viso divenne paonazzo e la sua mano andò all’elsa della sua spada.
«E allora perché piegare la testa e nascondersi?!»
Lei sembrò realizzare ciò di cui stava parlando il monaco e i suoi occhi si spalancarono; si morse violentemente il labbro, in preda a chissà quali pensieri.
Alle loro spalle il treno iniziò una rumorosa frenata, facendo leggere scintille contro le rotaie malmesse; in quel fragore, con le orecchie piene di rumore e i vestiti scossi dalla velocità della locomotiva, Scar si accostò ad Olivier e la baciò.
La scena aveva un che di indescrivibile: la giacca di Scar lambiva ondeggiando le gambe di Olivier, il cui corpo rimaneva immobilizzato in quella posa pronta all’attacco, tanto che la sua mano era ancora poggiata sull’elsa; eppure il suo viso si era in poco lasciato andare a quell’attimo di passione: i tratti erano rilassati, gli occhi teneramente chiusi.
Scar le aveva poggiato sgraziatamente le mani sulle spalle e, accortosi dello scarso romanticismo di quella mossa grezza, le fece scivolare lungo il busto della donna fino ad arrestarsi all’altezza della cintola; gustava con inesprimibile piacere la bocca di Olivier, confermandosi che quell’attesa non era stato tempo perso: nulla era paragonabile alla morbidezza delle sue labbra carnose, velate di una dolcezza zuccherina –frutto dell’immaginazione dell’uomo o di una colazione frettolosa-.
Ed eccoli, la Regina delle Nevi e il Sacerdote della Terra del Sole, a baciarsi sotto gli occhi dell’intera stazione.
In realtà erano molti più occhi a guardarli: erano gli occhi del mondo, i suoi giudizi malevoli, la sorpresa, lo sgomento generale che un simile atto si sarebbe trascinato dietro da lì all’eternità.
Ciò che era importante, anzi, fondamentale in quel momento per i due era che quel che gli altri pensavano non era rilevante. Nulla lo era più, davanti ai loro sentimenti.
A quel pensiero un sorriso soddisfatto affiorò sulle labbra di Olivier, e di rimando anche l’altro sorrise: interruppero il bacio così, sorridendo con i visi che si sfioravano ad occhi socchiusi.
«Scar, il suo treno!» proruppe lei, improvvisamente, guardando oltre la testa dell’altro. Lui si voltò, e vide le porte che si richiudevano lentamente. Con uno slancio riuscì a infilarsi tra due di esse con il bagaglio stretto al petto, e di pochi centimetri di tessuto il suo giubbotto non si impigliò nella morsa delle porte scorrevoli. L’uomo si voltò nel momento in cui le ruote si rimisero in moto con un cigolio; la locomotiva sbuffò nello sforzo di trascinarsi i vagoni in un’altra corsa estenuante.
I due si guardarono attraverso il vetro sporco del finestrino: i loro erano volti fieri, volti forti e pieni di speranza.
«Scar!» urlò, mentre il treno partiva lentamente «Hai promesso di scrivermi! Fallo, capito?! È un ordine!»
Lui non la sentì, eppure sorrise.
Lei, come trasportata da quell’espressione contenta, continuò ad agitarsi al di fuori dell’abitacolo: «E la prossima volta verrò io nel tuo maledetto paese! Sì, hai capito bene!» ormai correva per tenere il passo del mezzo «Non ti libererai facilmente di me, Uomo Cicatrice! Il tuo destino è stato segnato nel momento in cui ti ho salvato la vita!» anche con la sua forza sovrumana non riuscì ad eguagliare la velocità del treno, e la sua figura iniziò a rimpicciolirsi agli occhi di Scar, pressati contro il vetro.
La donna guardò l’uomo allontanarsi e, con il poco fiato che le rimaneva, urlò: «Suonerò quel maledetto strumento così forte che lo sentirete pure ad Ishval!»
Il suo respiro si condensava nell’aria, creando nuvolette che si dissolvevano in pochi attimi. Il treno era ormai lontano.
Si sedette in terra, sfinita.
Non importava come, con quante difficoltà: non avrebbero mai più fatto soffocare le loro sensazioni nei petti.
Sorrise soddisfatta all’albeggiare di quella loro nuova vita.
 
 
 
 






“…Qui nevica. Che immonda banalità, non è così, Scar? Eppure mi sento in dovere di informarti anche di queste minuzie. In qualche modo, penso che ti possa rendere più presente, più “qui”. Che inutile fantasia.
Finisco questa lunga lettera dicendoti che ho chiuso la camera del pianoforte.
L’ho fatta sigillare.
Ma non ho lasciato lì il piano, se è quello che ti stai chiedendo: l’ho spostato nelle sale centrali. Ora quando suono, tutta Briggs riesce a sentirmi. E io non piango più.
Ancora quarantasette giorni, prima del prossimo incontro.
Attendo tue notizie. Dimmi se Mustang e Miles se la stanno cavando bene, in caso contrario verrò personalmente ad infliggere pene corporali a quegli inutili fannulloni!
Tua,
 
Olivier”













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E così finisce (inizia?) l'avventura dei nostri eroi x°D
Bene, sono fiera di me per essere riuscita a finire questa piccola Long... con i suoi errori e difetti, certo, ma ce l'ho fatta :')
E diciamocelo, non mi merito un bel premio per aver riportato in auge la figura di Olivier? u.u l'ho pure fatta inserire tra i personaggi da Erika! :D
Alla prossima FanFiction su FullMetal Alchemist! ~

Nina.
   
 
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