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Autore: scrittoremascherato    04/06/2012    0 recensioni
Giugno 1965
La sua ultima visita al paese natale risaliva a una decina d'anni prima. L'onorevole Michele P. scese dall'auto e fece due due passi verso il centro della piazza deserta. Quando arrivò dinanzi alla grande statua che la dominava represse un sorriso.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giugno 1965 La sua ultima visita al paese natale risaliva a una decina d'anni prima. L'onorevole Michele P. scese dall'auto e fece due due passi verso il centro della piazza deserta. Quando arrivò dinanzi alla grande statua che la dominava represse un sorriso. Il grande condottiero mancava sempre di anulare e indice, una macchia biancastra di guano colava dalla guancia destra come una lacrima. Nella prima luce dell'alba si portò sotto i portici e si fermò davanti alla vetrina del fornaio. Non vi era alcuna insegna, d'altronde era l'unico panificio del paese, si chiese se fosse ancora il vecchio Olmo il proprietario. Abituato ormai alla vita frenetica della capitale, quel silenzio quasi lo infastidì, voltò le spalle al negozio e ritornò verso la macchina. Per un istante meditò d'invertire la marcia e andarsene, nessuno l'aveva ancora notato, nemmeno un'anima avrebbe saputo della sua breve apparizione. Dalla tasca della giacca prese il biglietto e lo lesse per l'ennesima volta. No, non avrebbe potuto scappare, doveva molto al suo vecchio compare. Giuseppe F. era stato colui che l'aveva spinto a intraprendere la carriera politica “ Sapresti incantare anche i serpenti” era solito ripetere durante le loro accanite discussioni. Seppur riluttante decise che sarebbe rimasto giusto per la cerimonia, per il pranzo avrebbe addotto impegni politici, Giuseppe avrebbe capito. Dopo aver rimesso in tasca il biglietto risalì in auto e ingranò la marcia. Pietro e Francesco C. si guardarono senza parlare. Dopo giorni di discussioni, a volte anche animate, i due fratelli erano giunti alla conclusione che non avrebbero potuto declinare l'invito. Come succede spesso nei piccoli paesi, la gente avrebbe parlato, mormorato e infine giudicato. Vivevano ed erano cresciuti nella grande azienda di famiglia ai margini del paese. Nonostante la guerra e la miseria, il loro allevamento di maiali era conosciuto in tutta la regione. Pietro, il maggiore, era l'incarnazione del classico contadino. Tozzo e massiccio, nonché dotato di una forza straordinaria, sembrava decisamente a disagio nel completo blu acquistato per l'occasione. Francesco era tutta un'altra cosa. Alto e slanciato, avrebbe potuto fare concorrenza a qualsiasi attore. L'abito grigio che indossava gli calzava a pennello, portava un papillon al posto della cravatta e, come ultima chicca, un fazzolettino rosso cremisi faceva capolino dal taschino della giacca. Entrambi non si erano mai sposati, seppur Francesco avesse fama di dongiovanni incallito.“Rilassati fratello...” disse.” La giornata passerà velocemente...Pietro annuì e diede un'occhiata al biglietto d'invito. Nonostante vivessero nello stesso paese, non vedeva Giuseppe F. da alcuni mesi. Del figlio che si stava per sposare poi, non ricordava nemmeno il volto, per lo meno il nome era stampigliato sul biglietto. I camerieri in giacca bianca scivolavano tra i tavoli sistemando le ultime cose. A minuti sarebbero arrivati i primi invitati e tutto doveva essere perfetto. Giacomo D. direttore e proprietario del locale, urlava ordini a destra e a sinistra. Con la sua enorme mole, sembrava volare per l'enorme sala e il fazzoletto con cui si asciugava la fronte era ormai fradicio. Organizzare il ricevimento per il matrimonio del figlio di Giuseppe era stato faticoso e snervante. Il sindaco, nonché eroe decorato della resistenza, era noto per l'intransigenza quasi maniacale riservata ai particolari. Quando le prime automobili iniziarono ad arrivare, Giacomo si ritirò nel retro per cambiarsi d'abito. All'esterno, Marius osservò le decine di automobili prendere posto nel parcheggio. Comodamente seduto su una panchina all'ombra di un salice, si accese una sigaretta e scrutò gli invitati. Nessuno dei “suoi” uomini era ancora arrivato. L'abito color nocciola e la piccola valigetta appoggiata ai suoi piedi gli davano l'aria del commesso viaggiatore. Quando l'Alfa Spider rosso fiammante entrò nel parcheggio, Marius seppe che si trattava di lui, dell'unico che non aveva mai conosciuto di persona. Appena scese dall'automobile, l'onorevole fu subito attorniato da una decina di persone vocianti. Lo vide stringere mani con un sorriso di circostanza stampato sulle labbra, le occhiate al prezioso orologio che portava al polso erano frequenti. All'improvviso un grosso fuoristrada fece irruzione nel parcheggio sollevando una nuvola di polvere e gli improperi dei presenti. I due fratelli si diressero subito verso l'onorevole e gli strinsero la mano senza sorridere mentre le altre persone si allontanarono discretamente. Marius non aveva studiato un piano ben preciso, ma vedere tre degli obbiettivi insieme gli fece aprire la valigetta. La Skorpion semiautomatica era adagiata sul fondo, il caricatore spuntava lucido e brillante. Un suono di clacson prolungato gli fece alzare di nuovo la testa. L'automobile degli sposi imboccò l'ingresso del parcheggio e l'autista si fermò proprio davanti all'entrata. Dal sedile del passeggero scese un uomo alto e dinoccolato, lo smoking nero lo faceva somigliare a un impresario di pompe funebri. Giuseppe F. aprì la portiera posteriore e aiutò la nuora ad uscire, mentre dalla parte opposta la fotocopia giovanile del sindaco uscì dall'auto con un saltello. Giuseppe si accorse subito dei tre uomini dall'altra parte del parcheggio. Fece loro cenno di aspettare e si rivolse agli sposi. Questi ultimi annuirono e si diressero verso i pochi scalini che portavano all'ingresso. Quando varcarono la soglia vennero accolti da un fragoroso applauso e voci festanti. Eccetto i quattro uomini il parcheggio era ora deserto, Marius afferrò la valigetta e puntò nella loro direzione.
  
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