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Autore: Selenina    05/06/2012    4 recensioni
"Se vivi oltre il mio giorno atteso, quando
Morte villana coprirà di polvere le mie ossa [...]"
C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel vederlo sdraiato sul mio letto. Si, accantonando il fatto che dovrebbe essere compostamente disteso sei piedi sotto terra, morto come ero convinto di averlo visto l’ultima volta, vederlo fra le mie coperte suggerisce che ci sia qualcosa di profondamente scorretto in tutta questa assurda situazione. (eh si, è proprio post-reichenback)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.ad alta voce

“Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante."

Dante Alighieri, Divina Commedia (inferno, canto V).

 

     3.  Ad alta voce

“Vai al lavoro?”
Mi volto verso Sherlock, i suoi capelli umidi dalla doccia e uno dei miei maglioni a cascargli dalle spalle ossute, e sorrido.
“No, sono in ferie. Torna a letto.” gli accarezzo le scapole mentre lo guido verso la mia camera, la sua non è ancora stata aperta, tutto è identico al giorno della caduta e ad entrarci sembra di visitare una cripta.
“Il tuo concetto di vacanza è uno schifo, lo sai vero?” dice, mentre scala le lenzuola e rabbrividisce nel piumone.
“Le mie vacanze sono a tuo beneficio, mio caro. Non sai neanche cuocere un uovo, se ti lasciassi solo moriresti di fame o avresti la brillante idea di uscire.” mi stendo affianco a lui, che spinge i piedi freddi contro le mie gambe.
“Quando smetterò di voler dormire?” chiede, passandosi una mano sugli occhi, troppo stanco per suonare scocciato.
“Quando il tuo corpo deciderà che stai meglio. Hai tutta la vita per correre in giro per Londra, adesso zitto e dormi.” gli dico, lasciando che usi il mio braccio come cuscino.
“E’ noioso.” sussurra, la voce già impastata di sonno.
Sorrido, il mio maglione gli sta corto di maniche, lo scollo largo scivola sulle clavicole sporgenti e immagino lo faccia sembrare il bambino dinoccolato che doveva essere ai tempi delle medie. Quando starà meglio gli compreremo un maglione che non sia bordeaux, questo colore contro la sua pelle lo fa sembrare in fin di vita.
Guardarlo dormire è l’unica cosa che voglio fare da quando dormire è l’unica cosa che Sherlock riesce a fare, restare immobili è come accettare che la realtà sia solo una debole illusione fuori da queste finestre appannate.
Non sembra neanche primavera, questi nove gradi sono come uno strascico di inverno, una scusa per rimanere sotto le coperte e cercare di scaldarsi le ossa. Mettere a bollire il the, preparare una zuppa, coprirlo con una coperta: le cure che daresti ad un cucciolo trovato a gelare sotto la neve. Se potesse leggermi nella mente mi guadagnerei un’occhiata sprezzante, poco ma sicuro.
Fa caldo sotto le coperte, gli sfilo il maglione reggendogli la testa come faccio con i bambini in ambulatorio, i suoi ricci lunghi e pesanti cadono in buffi boccoli umidi e profumati di balsamo fra le mie dita, se non fosse per gli spigoli delle sue ossa sporgenti sembrerebbe quasi troppo giovane.
Mi culla il pensiero della sua sicurezza, il mondo non sa del suo ritorno, nessuno è rimasto a volerlo uccidere, l’unica persona che potrebbe fargli del male è se stesso. Ma anche sorprenderlo in piedi davanti ad un cassetto aperto, di notte, in cucina, con un coltello fra le dita, non fa più paura.
Dopo una settimana devi fare l’abitudine alla sua depressione, al suo rifiuto di inghiottire il cibo che gli prepari, consolandoti al pensiero che prima o poi sarà lontano dalla cocaina e dal fumo della sua sigaretta. E magari smetterai anche di ascoltare concerti di strazianti archi dissonanti mentre siedi in poltrona, guardandolo suonare seduto sul divano troppo stanco per alzarsi in piedi.
Ieri ho versato tre flaconi di antidepressivi nel lavandino. Aspettando di veder scomparire ogni singola compressa mi sono dovuto trattenere per non raccoglierle prima di vederle inghiottite dall’ombra del tubo di scarico, decidendomi far scorrere l’acqua guidato dalla terribile paura che lui riuscisse a trovarle e che alla fine potesse pensare di inghiottirle. In ogni caso non mi servono più, non ho tempo di fissare il vuoto per ore, mi sentirei stupido a piangere la morte di qualcuno che dorme nel mio letto e non voglio che lui veda quanto sono stato debole in questi ultimi mesi.
Anche se già lo sa delle mie notti insonni, della notte in cui mi sono accucciato sotto le sue coperte sentendomi solo al mondo, probabilmente sa anche del mio amore disperato, mantenere un barlume di tranquillità è quello che gli serve per ricostruire l’equilibrio che sembra aver dimenticato dopo la caduta.
E’ un mistero come riesca a sopportare la mia apprensione e la mia ipersensibilità nei suoi confronti. Come può volermi ancora al suo fianco, lui con la sua mente brillante e tutto il suo fascino intoccabile? Perché desiderare la banalità di capelli slavati e occhi stanchi, di un uomo che non sarà mai più parte della squadra di rugby, che non tornerà ad essere un fuciliere scelto e un soldato dell’esercito britannico, di un uomo che è stato il primo del suo corso di medicina e il più coraggioso della sua divisione ma che ora non è niente se non un dottore qualsiasi? Nessuno mi troverebbe in mezzo alla folla Sherlock, forse solo tu.
E tu chi eri all’università? Forse il ragazzo che mangiava da solo in un angolo del cortile, ma tu non hai mai mangiato granché. Probabilmente sei sempre stato un ragazzino abbandonato, anch’io lo sono stato dopo l’esercito.
Adesso che è tornato in vita il tempo passa diversamente, finire la giornata diventa immensamente facile, aspettare che si svegli e leggere nell’attesa non è mai stato così naturale.
La giornata sfuma lentamente quando chiude gli occhi mentre gli parlo, quando mentre cerca di rispondermi si arrende al sonno, nel momento in cui prima di spegnere la lampada sul comodino mi fermo a guardarlo riposare per un po’. Mi accorgo che è così semplice essere felici.
Aspettando la notte per poterlo abbracciare tutte le ore luminose del giorno sembrano solo il preludio allo spettacolo del suo corpo addormentato, quando debole e stanco si accartoccia contro il mio fianco in un groviglio di tendini nervosi e ossa puntute.
E poi, quando il sole rompe la tranquillità dell’oscurità notturna, quando i rumori di Londra spezzano la barriera ovattata del nostro silenzio costruito con cura, svegliarsi contro il suo corpo tiepido e nel profumo del suo shampoo è come scoprire di nuovo tutti i sensi, come rendersi conto improvvisamente dell’universo.
La giornata inizia e si spende interamente nell’attesa del suo abbraccio: l’amore non è che un incessante uscire di casa aspettando di poterci tornare, fare la fila in posta immaginando di poterlo baciare, guardare il mondo con gli occhi di chi vorrebbe sistemarlo perché lui ci si possa sentire a suo agio e così che nessuno possa mai volergli fare del male.
Nella protezione della mia camera si è costruito un nido di libri attorno al letto, sono sul davanzale della finestra, sul suo comodino, impilati per terra. L’Antologia di Spoon River* è aperta ai piedi del materasso, il dorso della copertina morbido di pieghe per il troppo uso. Ho consumato le pagine in sua assenza e ora che ho deciso di rileggerlo mi ritrovo a farlo ad alta voce davanti ai suoi occhi tranquilli ogni sera.
Dubito ricordi una sola parola di quello che gli leggo, deve tenere pulita la sua mente brillante, ma ascolta ogni lettera lasciandosela scivolare addosso con tacito abbandono. E’ così che si addormenta spesso, sdraiato sul fianco, la mia voce che costruisce la sua calma all’ombra della lampadina fioca.
Raccolgo il libro incastrato fra il ferro della rete e il materasso, scivolato appena oltre il bordo delle coperte, forse spinto dai suoi piedi. Ho perso il segno, pazienza. Appoggio l’edizione economica spiegazzata sul mio comodino: è l’unico libro dalla mia parte del letto.
“Hai perso il segnalibro?” chiede Sherlock, passandosi una mano sugli occhi.
“No, c’era una piega sul bordo ma penso si sia semplicemente appiattita fra le pagine. Non che importi, l’avrò letto mille volte.” scrollo le spalle, sorridendogli. Mi preparo a sdraiarmi di nuovo accanto a lui, nelle coperte che profumano ancora di bucato fresco e sole.
“Era pagina centosessantatre.” mi dice con noncuranza, sdraiandosi sul fianco.
“Te lo ricordi.” sussurro, qualcosa sul fondo dello stomaco si agita lentamente.
“ ‘C’è qualcosa nella morte che è come l’amore’, dice così ma non so come continua John.” apre gli occhi lucidi di sonno, come a scusarsi. Mi prende la mano, le dita fra le mie in una stretta gentile, e sento un groppo in gola. Se la ricorda, perché?
Prendo il libro, lo apro alla pagina giusta, spiano la grinza sulla pagina con metodica precisione.
Comincio a leggere ma mi fermo a metà del verso, la voce rotta e la sua mano più tiepida nella mia. Sherlock mi guarda e sorride, prende il libro dalle mie mani con lentezza e ricomincia da capo, la sua voce ferma e solida, le vibrazioni più profonde nella sua gola e una serena compostezza nello sguardo.
‘C’è qualcosa nella morte

che è come l’amore.
Se per qualcuno con cui avete conosciuto la passione,
e il fuoco dell’amore giovane,
anche voi, dopo anni di vita
insieme, sentite estinguersi la fiamma,
e così svanite insieme,
piano piano, lievemente, delicatamente,
l’uno nelle braccia dell’altro per così dire,
uscendo dalla stanza consueta-
quello è un potere di unisono fra le anime
che somiglia all’amore!’
” l’ombra della sua voce resta nella stanza per qualche secondo. Le sue mani sono ferme e pallide nella luce calda della stanza, riposano sul libro come a volerlo proteggere. I suoi occhi sono umidi, il riflesso dell’acqua sull’iride è spettacolare e il suo sguardo è tiepido.
“Grazie Sherlock.” gli dico, la voce poco più che un respiro. Accarezzo il suo braccio caldo fino alle dita fredde della mano, guardando come la sua bocca si schiude lentamente e come inclina la testa impercettibilmente.
Riposa la fronte contro la mia spalla, arrampicandosi come un ragno fra le mie gambe, circondandomi il petto con le braccia. Gli bacio la guancia tiepida, gli accarezzo la schiena e sorrido.
“Non era la pagina giusta, la centosessantatre l’abbiamo passata due giorni fa. Ma è la tua preferita, l’hai detto mentre me la leggevi. Non ti ricordi mai niente.” sussurra, le labbra contro il mio orecchio. Un brivido mi scuote la schiena mentre sento gli occhi inumidirsi.
“L’hai letta per me?” chiedo, le braccia più strette attorno alle sue spalle sottili.
“Mi sono buttato da un palazzo per salvarti da un cecchino, ho braccato i peggiori assassini di tutta l’Inghilterra per tornare al tuo fianco ma, mentre mi nascondevo nella villa di Mycroft fuori città, ho realizzato che non avevo mai letto per te. Leggere mi piace e tu trovi rilassante ascoltarmi parlare, potrebbe essere un piacevole accomodamento. Mi sembra così stupido non fare le cose che vorrei fare. Tu ti prendi cura di me John, nessuno ha mai desiderato farlo prima.” sussurra, mentre mi guarda da sotto le sue ciglia scure, la mano a scostarmi i ciuffi biondi dalla fronte.
“Devo farlo. Non posso fare altrimenti.” rispondo, la mia voce sembra disperata.
“Tu mi ami, vero?” sorride, gli occhi incredibilmente limpidi.
Annuisco, mi asciugo gli occhi umidi col dorso della mano. Lui mi prende i polsi, accarezzando i tendini con i pollici, il suo sguardo lucido e trionfante immobile nel mio, e poi si sporge a chiudere la distanza fra i nostri nasi. Chiude la bocca sulla mia per un secondo infinito, il sogno della morbidezza delle sue labbra sostituito dalla percezione reale del suo bacio. Continua ad accarezzarmi i polsi, strofina il naso contro il mio.
Quando mi respira lievemente sulle labbra il mondo è ancora un vuoto buio sotto le mie palpebre, riesco a sentire l’elettricità statica dei suoi capelli contro il mio viso. Registro lentamente la lenta carezza della sua guancia contro la trama ruvida della mia barba sfatta, lo strofinare delle sue ciglia sul mio zigomo e il battito concitato del suo cuore contro la tempia.
E’ forse un premio per aver aspettato tre anni che tornasse, tre anni di preghiere e vuoto, di oscurità e dolore? Perché io ora vedo solo felicità e luce, nonostante la lampadina sia solo un debole bagliore tremolante in un angolo della stanza, nonostante il mio cuore sia ancora pericolosamente spezzato.
Apro gli occhi lentamente, le sue dita sul mio braccio come a rassicurarmi. I suoi occhi, incredibili perfino nella penombra color seppia di questa stanza scura, sono due specchi di bruciante comprensione. Sembra quasi che sappia ricambiare tutto l’amore del mondo, io spero che ci riesca.
“Devi raccontarmi dove sei stato.” gli sussurro, le dita calde contro la sua pelle fresca .
“Ci sarà tempo per raccontare ogni cosa. Solo non adesso.” sorride, accarezzandomi le dita con le sue mani scheletriche.
“E chi lo decide?” chiedo, irrigidendo le spalle e lasciando cadere le sue dita.
“Il mio buonsenso. Sono stanco, John. Domattina ti racconterò ogni cosa ma ora dormiamo, va bene?” chiede, appoggiando la fronte contro il tessuto liso della mia maglietta, la cicatrice appena sotto le sue labbra.
“Mi dispiace. Non volevo forzarti a dire niente ma vorrei che tu mi dicessi ogni cosa che pensi, non posso leggerti con la stessa facilità con cui tu riesci a leggere me. Sono in svantaggio, Sherlock. Tu puoi fingere con me ma io non posso sperare di riuscirci.” gli bacio la tempia, i suoi ricci sono di una morbidezza disarmante.
“Non ti terrò più all’oscuro. Non scomparirò, lo giuro.” sospira, stanco e pesante contro il mio petto.
Mi si stanno addormentando le gambe, il suo peso le schiaccia sul materasso abbastanza forte da bloccare la circolazione, tento di spostarmi ma lui si arriccia più stretto contro di me.
“Non me ne sto andando, voglio solo sdraiarmi.” ridacchio, accarezzandolo mentre lascia che mi appoggi con la schiena ai cuscini per poi sdraiarsi lungo il mio corpo.
“Stasera non leggi?” chiede, il tono noncurante, mentre sbircia verso il mio viso.
“Vuoi che legga?” chiedo, sporgendomi a prendere il libro e aprendolo a caso, incurante del segno, focalizzando gli occhi sulla pagina nella luce fioca della lampada.
Sento le dita di Sherlock sfiorarmi la guancia e il suo viso sporgersi verso il mio, l’espressione concentrata di chi cerca di risolvere un complesso enigma.
“Il tuo occhio destro è più debole del sinistro: la pupilla si contrae diversamente, i tuoi occhi sono incredibilmente asimmetrici, il destro è sempre più stanco alla fine della giornata. Anche il colore è leggermente diverso, è difficile notarlo mentre sei in penombra ma è più semplice vedere la sfumatura di verde sul fondo del sinistro quando siamo al sole. L’asimmetria è ciò che ci rende imperfetti John, ma è anche l’indispensabile caratteristica di ogni viso piacevole.” sopprime un sorriso, accarezzandomi la guancia.
“Conclusioni significative?”chiedo, osservando tutte le sue asimmetrie, registrando ogni ombra sui suoi zigomi.
“I tuoi occhi sono molto belli.” risponde, con la semplicità con cui mi avvisa che sono le cinque e devo preparare il the. Ridacchio piano, baciandogli la fronte, sistemandomi il libro in una mano mentre con l’altra accarezzo i suoi capelli tiepidi.
Comincio a leggere a bassa voce, tanto vicino al suo orecchio che tocco i suoi ricci con le labbra. Passano dieci pagine prima che socchiuda le labbra e si rilassi completamente, il petto si alza e si abbassa contro il mio, il suo sonno mi rassicura profondamente. Spengo la luce.
E’ così facile essere felici.


*questo è una velata operazione di lavaggio del cervello: leggete quel libro perchè non hanno ancora inventato un aggettivo per descrivere quanto ne valga la pena.

NDA: devo dire che la gente che si legge le cose a vicenda mi ha sempre fatto tenerezza, forse perché l’unico motivo per cui io e mia sorella non ci sgozziamo è che di tanto in tanto ci leggiamo le cose ad alta voce. perciò ringrazio immensamente quel piccolo mostro che mi ruba i vestiti, i mascara e occupa la mia camera con la sua inopportuna presenza perché senza il tempo speso a dirmi che i miei periodi sono troppo lunghi o che metto troppi aggettivi io probabilmente non saprei scrivere una frase di senso compiuto <3 e grazie a voi anche questa volta per aver letto. alla prossima, baci baci.

 

 

  
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