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Autore: Volpotto    05/06/2012    4 recensioni
Altair, privato del rango di Maestro Assassino, dovrà combattere contro i nove nomi della lista di Al Mualim per riacquistare la sua dignità di Assassino.
Dovrà sopportare le accuse dei suo confraterniti e nascondere un senso di colpa opprimente, ma non sarà da solo.
Al Mualim, temendo l'impulsività del suo allievo, gli affiderà un compagno che avrà l'oridne di controllarlo e aiutarlo.
Potrà l'aquila volare assieme a una volpe?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno

Compagni

Altaïr camminò deciso tra i sentieri di Masyaf, sebbene a testa bassa. Gli avvenimenti dei giorni precedenti avevano infierito in modo pesante, sulla coscienza dell’Assassino. Sebbene all’inizio avesse provato a difendersi, ora comprendeva come stavano davvero le cose e più che dolore, lo riempivano di vergogna. Aveva causato la morte di un suo sottoposto e l’altro aveva perso un braccio, tutto a causa di quell’orgoglio smisurato. Di quella convinzione di essere al di sopra di tutto e tutti. Imboccò la strada che portava alla fortezza, senza tuttavia prestare attenzione alle occhiate degli altri Assassini. La sera dopo la condanna, Altaïr non aveva dormito alla fortezza. Si era rintanato appena fuori da Masyaf, vicino alle scuderie, ed lì era rimasto per tutta la notte. Non perché era un codardo, e le opinioni degli altri Assassini contavano assai poco per lui, tuttavia aveva preferito allontanarsi. Aveva avuto l’impressione che, oltre all’intero reggimento di Assassini, la stessa fortezza provasse ribrezzo nel vederlo. Come se quel rifugio, che per tanti anni era stata per il giovane Asassino una casa, fosse divenuto un luogo a lui estraneo. Arrivò davanti alla porta del castello, dove due Assassini montavano la guardia. Stavano per spuntare le prime luci dell’alba e quel silenzio che regnava sovrano nella fortezza si sarebbe sostituito presto. Al Mualim gli aveva fatto recapitare una lettere, con un ordine di convocazione. Non doveva fare attendere il Maestro, gli aveva risparmiato la vita nonostante dovesse ucciderlo. E il giovane Assassino non l’ho avrebbe ammesso, ma in cuor suo temeva quel vecchio, aveva paura di lui. Se mai avesse dovuto affrontarlo in combattimento…non voleva pensarci. Entrò dentro il castello, per arrivare agli alloggi di Al Mualim, senza tuttavia riuscire a ignorare i commenti delle guardie. Non gli importava ciò che pensavano di lui, dato che si sarebbe riscattato, di questo ne era sicuro. Era il fatto che, appena due giorni prima, chiunque lo vedesse si inchinasse rispettosamente e porgesse i suoi saluti. Gli tornarono in mente le parole di Al Mualim, e gli bruciarono.

<< Sei stato spogliato dei tuo averi >> l’aveva informato con tono pacato << Anche del tuo grado. Da maestro sei tornato ad essere allievo, quindi dimostrami di essere ancora uno di noi.

Di essere ancora un Assassino. >>

Lui l’ho era ancora, non aveva bisogno di dimostrarlo. Lui era Altaïr Ibn-La’Ahad, Maestro Assassino, figlio a sua volta di un Maestro Assassino, nonché allievo prediletto di Al Mualim. Cosa aveva bisogno di dimostrare? Lui era un Assassino e l’ho era sempre stato. Salì veloce la scala, fino ad arrivare agli alloggi del vecchio Maestro. L’ho trovò in piedi, ad aspettarlo, con uno sguardo severo e penetrate. Era il solito Al Mualim, severo e giusto, sempre serio o…? Ad Altaïr sembrò di scorgere un sorrisino sul suo volto, ma crebbe di aver preso un abbiglio. Chinò il capo rispettosamente, in segno di saluto, per attendere di sentire cosa avesse da dire. Sperò solo che non fosse un’altra ramanzina, ne aveva abbastanza.

<< Altaïr, eccoti. Vieni avanti, devo parlarti. Ieri, prima che ti congedassi, ti dissi che per redimerti avresti dovuto portarmi il sangue di nove uomini portatori di sventura. Essi devono morire, e anche alla svelta. >>

<< Ditemi da dove devo incominciare, e vi porterò le loro teste. >>

<< Ti sbagli Altaïr. Mi porterete le loro teste. >>

Altaïr spalancò gli occhi, colto di sorpresa dalle parole di Al Mualim. Porterete. In quel momento capì perché Al Mualim gli era apparso diverso, meno stressato del solito, forse addirittura divertito. Aveva intenzione di affiancarli qualcuno, per sorvegliarlo. Di colpo, si rese conto Altaïr, era diventato un possibile nemico agli occhi della confraternita. Qualcuno da controllare, poiché poteva trasformarsi da fratello a traditore. E lui, agli occhi di molti, aveva gia cambiato sponda. Al Mualim intuì i sentimenti dell’allievo, e prima che egli potesse replicare, ricominciò a parlare trattenendo a stento un sorrisino.

<< Dovrete recarvi a Damasco, cercate un trafficante del mercato nero di nome Tamir. Che sia il primo a cadere. >> Al Mualim prese un piccione viaggiatore dalla sua gabbia e lo tenne con dolcezza nella mano a coppa << Quando arrivate, recatevi alla sede locale degli Assassini, invierò un piccione ad avverti il rafiq del vostro arrivo. E, come ti ho spiegato ieri, dovrai avere il suo permesso per operare. Non mi interessano le tue obbiezioni, questo è il prezzo da pagare per gli errori che hai commesso. >>

Altaïr sospirò, il vecchio l’aveva fregato << Come desidera Maestro >> poi, come ricordarsi di colpo, aggiunse << Maestro io non ho bisogno di un compagno, non mi servono novizi tra i piedi! Posso compiere le missioni da solo, sono un Maestro Assassino… >>

<< Eri un Maestro Assassino, ora hai solo la tua Lama Celata, nient’altro. Inoltre come pensi che io possa farti partire come niente fosse, dopo quanto è successo? >> la sua voce si era fatta dura << A causa della tua arroganza un assassino ci ha rimesso la vita, e l’altro ha quasi rischiato di perdere la sua. E quel che peggio, hai compromesso la confraternita. Meriteresti di morire, cosa che sarebbe giusto nei confronti di Malik, ma ti sto dando una possibilità di redimerti! Tu collaborerai con questo Assassino, e lo rispetterai, poiché per ordine mio lui viaggerà insieme ad un traditore! >>

Traditore. Quella parola gli uscì dalla bocca quasi involontariamente, e Al Mualim fu sicuro che il colpo era andato a segno. Altaïr chinò il capo rimanendo in silenzio. Un traditore. Ecco cos’era diventato agli occhi di tutti. Agli occhi del suo Maestro. Al Mualim liberò il piccione, in modo che potesse raggiungere la sua meta, e tornò a fissare l’allievo di cui un tempo era così orgoglioso.

<< Come desiderate, Maestro. >> tagliò corto l’Assassino << Dov’è lui? >>

<< Ti sta aspettando alle stalle, di sotto. Si è occupato di farti trovare tutto pronto, per poter partire in fretta. Da qui a Damasco non è un viaggio corto, prima andate, prima tornate. >>

<< Allora se non c’è altro, io mi avvio. >>

<< Salute e pace, Altaïr >>

Si voltò in direzione dell’uscita, per poi rispondere << Altrettanto Maestro. >>

<< Ah, Altaïr, un’ultima cosa >> lo richiamò Al Mualim << Non fallire. >>

<< Potete contarci, Maestro. >>

E fu l’ultima parola che rivolse al suo Maestro di Vita quel giorno. Superò a grandi passi l’atrio del castello, ignorando i commenti delle guardie. Non li sentì neppure, talmente l’ira si era impossessata di lui. Non aveva bisogno di inutili leccapiedi, di novizi e di bambini a cui era stata data un’arma. Attraversò i sentieri che portavano alla stalla di fretta, quasi fosse impaziente di conoscere il suo nuovo "compagno". Impaziente di liberarsene, esattamente come faceva coi nemici. Per un attimo temette che Al Mualim gli avesse messo come compagno Abbas, ma scacciò subito quel pensiero. Il vecchio non era tanto folle da fare una cosa simile. Probabilmente gli avrebbe messo in coppia uno come Malik, calmo rilassato e portato per le regole. Superò le porte di Masyaf, quasi stupito della sua velocità, ed si recò alle stalle. Prese un bel respiro, in modo da calmarsi, entrò dentro e osservò la scena. Non c’erano cavalli quella mattina, probabilmente quella mattina i novizi si allenavano nella corsa a cavallo, un’arte che Al Mualim insisteva per far apprendere. Sosteneva che, in caso di bisogno, un Assassino dovesse essere capace a stare in sella. Si guardò intorno, finché scorse due perfetti stalloni infondo alla sala. Uno completamente bianco, su cui era stata messa una sella nera, già bardato e con il materia per il viaggio appeso. Tranquillo sembrava non curarsi dell’arrivo di Altaïr, continuando a mangiare la paglia sotto le sue zampe. L’altro era nero con le gambe bianche e una lunga striscia bianca sul muso, anch’esso bardato e pronto a partire. Sembrava più irrequieto, ma non si stava agitando. Altaïr notò che su quel cavallo c’era un Assassino intento a leggere con una mano, mentre con l’altra teneva le redini. L’ex Maestro Assassino non seppe dire se fosse giovane o vecchio, solo che era perso nella lettura del libro. Mosse un passo nella direzione dei cavalli, e questo bastò a toglierlo dalla sua lettura. Alzò gli occhi e trovandosi davanti un altro Assassino sorrise. Probabilmente, pensò Altaïr, l’altro Assassino lo conosceva solo di fama. Altrimenti l’avrebbe subito riconosciuto, o per lo meno scambiato per un Maestro Assassino. Poi si ricordò di essere stato privato dei suoi gradi e sospirò. La faccenda si stava facendo noiosa e, come per istinto, era convito che non sarebbe riuscito a collaborare con nessuno.

<< Chi siete? >> domandò cordiale l’ Assassino, mentre poneva il libro a riparo dentro una borsa. << Se cercate i cavalli sono spiacente. Il Maestro Labib è uscito poco prima con tutto il gruppo per l’esercitazione e questi due servono a me. Tuttavia se volete poss…>>

<< Altaïr Ibn-La’Ahad >> lo interruppe

Altaïr scandì bene il suo nome, in modo che potesse capirlo bene. Era certo che il ragazzino, sentendo il suo nome, si sarebbe subito corretto nell’atteggiamento cordiale. Per i novizi lui era sempre stato d’esempio e molti, come Rauf o Kadar, l’avevano sempre ammirato. Tuttavia non poteva sapere come sarebbe stata la sua reazione, dato che mai prima d’ora era convito di averlo visto. Avrebbe potuto diventare scontroso e distaccato, in modo da non avere a che fare con un traditore, oppure avrebbe fatto da leccapiedi, e l’avrebbe raggirato. In entrambi i casi, avrebbe avuto a che fare con l’Assassino sbagliato.

<< Mi spiace signore, temo che abbiate preso un granchio. E non siete il primo. Io non sono Altaïr Ibn-La’Ahad e nemmeno Bahas La’say e ne Rauf In-fer. E nemmeno uno degli allievi del corpo di guardia, di cui non mi ricordo il nome. Io mi chiamo Ivanoe, faccio parte degli Assassini e rientro nel quadrante delle spie, e non credo di portevi aiutare nella ricerca, tuttavia io vi consiglierei di chiedere a qualcuno di più aggiornato. >>

Altaïr rimase spiazzato << Come? >>

<< Senta, non voglio mancarle di rispetto, ma è da stamattina che tutti mi scambiano per chi non sono e alla lunga la cosa stanca. E poi non ho la più pallida idea di dove sia tutta questa gente, poiché io sono chiuso qui da più di tre ore. >> sospirò << Mi spiace, le darei pure una mano, ma sono occupato. >>

<< Quindi non sei tu quello che Al Mualim ha ordina di accompagnarmi a Damasco? >>

Ivanoe lo guardò poco convito << Signore, io non sono Altaïr Ibn-La’Ahad, tuttavia il grande Maestro Al Mualim mi ha ordinato di andare a Damasco insieme a un Maestro Assassino. Sfortunatamente il Maestro Al Mualim si è scordato di darmi il nome e ora attendo che sia lui a farsi avanti. Siete forse voi? >> domandò infine, speranzoso

Altaïr annuì, sebbene fosse dubbioso. Ora che ci pensava Al Mualim non gli aveva rivelato il nome dell’Assassino che avrebbe dovuto accompagnarlo, e da quanto raccontato dal ragazzino, neanche ad egli era stato rivelato il nome del suo compagno. Ed entrambi dovevano andare a Damasco. Si toccò il mento, riflettendoci. Al Mualim non si era dimenticato di dirgli i nome, l’aveva fatto apposta. Che volesse ridere alle sue spalle? Oppure voleva vedere se era in grado di trovare da solo colui che aveva scelto come suo accompagnatore? L’ex Maestro Assassino ebbe un moto di rabbia. Se quello davanti a lui era il suo compagno di viaggio, allora non sarebbe durato molto, di questo Altaïr ne era sicuro. Ivanoe scese dal cavallo, e con un sorriso si avvicinò a lui, dandoli occasione di osservarlo. Aveva il cappuccio abbassato, ed era vestito dalla lunga tunica che gli caratterizzava, ed portava delle armi che non erano concesse hai novizi. Altaïr capì che il ragazzino davanti a lui non era un principiante e, in quel momento, era di grado superiore al suo. Era scuro di capelli, come la maggior parte degli Assassini, e gli portava lunghi solo fino all’inizio del collo. Con una muscolatura ben delineata Ivanoe appariva magro, con gambe snelle e agili, utilissime nello scattare. Altaïr sapeva che, tutti coloro addetti allo spionaggio dovevano avere un corpo simile, poiché dovevano essere svelti nello scappare una volta ricevuta l’informazione. Ciò gli differenziava da coloro, come lui stesso, che invece doveva impegnarsi in lunghi combattimenti o all’uccisione di bersagli difficili, conseguenza dovevano avere un fisico robusto e adatto al combattimento. E, inoltre, quel ragazzo aveva qualcosa di familiare. Un pensiero gli attraversò la mente, che fu sufficiente per fare indignare l’ex Maestro Assassino e rendere il suo animo aspro. Anche Ahmad, il padre di Abbas, possedeva un corpo con caratteristiche simili, visto che rientrava nella categoria delle spie. Fu disgustato da tale pensiero e assottigliò gli occhi, irritato dalla situazione. Continuò a osservare il ragazzino, cercando di esaminarlo meglio. Era mancino, riconobbe, poiché portava la spada sul fianco destro. Aveva il portamento attento di una spia, tuttavia appariva svogliato e poco ligio al dovere, colpa forse della troppa giovinezza per tal compito. Doveva avere sedici, diciassette anni, concluse Altaïr. Probabilmente era ancora ignaro di come fosse la vita degli Assassini, per potere sorridere così liberamente. Stava per trarre altre conclusioni quando, tutto ad un tratto, Ivanoe si inchinò rispettosamente prendendo la parola.

<< Posso sapere il vostro nome, Maestro? Dato che il Maestro Al Mualim me l’ha nascosto, sono molto curioso di saperlo. >>

Le parole di Altaïr uscirono fredde e taglienti << Il mio nome è Altaïr Ibn-La’Ahad, ragazzino >>

<< Molto onorato, Maestro Altaïr, come vi ho già detto il mio è Ivanoe. Spero di essere un compagno degno di stare al vostro fianco e di non intralciarvi. >>

<< Ci siamo mai visti prima? >> domandò Altaïr, pensieroso. Quel viso…dove l’aveva già visto? Gli era familiare, come se l’avesse visto da sempre, anche se non sapeva che legame potesse unirli. Forse, tempo addietro, l’aveva visto tra le mura di Masyaf o incrociato durante un addestramento.

<< Non credo, Maestro. Io vi conosco di fama, certo, mentre penso che voi fino a qualche momento fa non foste neanche a conoscenza della mia esist… >>

Altaïr superò Ivanoe, prima che potesse finire, desideroso di partire alla svelta. La loro discussione sarebbe stata solo uno spreco di tempo. Del resto, cosa gli poteva servire sapere chi fosse quel ragazzino? L’importante era ripristinare l’onore perduto, e per farlo doveva porre fine alla vita dei nove della lista, i quali avevano dichiarato guerra alla confraternita. Montò sul destriero bianco, il quale solo allora esso gli prestò attenzione. Altaïr aveva sempre preferito i cavalli bianchi agli altri, benché fosse consapevole che il manto non influiva sulla prestazione dell’animale. Ora doveva pensare al primo nome sulla lista, concertarsi sulla sua vittima. Avrebbe messo a tacere quella vita, di questo ne aveva la certezza. Fece per spronare l’animale, quando si accorse che Ivanoe era saltato sullo stallone nero senza lasciar trapelare nessun rumore, ed ora era al suo fianco. Il ragazzo si era tirato su il cappuccio e lo stava osservando come poco prima Altaïr aveva fatto con lui. Avanzò infine una domanda, sebbene un po’ titubante << Maestro, posso chiedervi una cosa? >>

Altaïr chinò il capo in segno affermativo, desideroso di partire il prima possibile, senza perdere tempo ulteriormente. Non sapeva quanto sarebbe dovuto soggiornare a Damasco, e anche la durata della missione gli era sconosciuta. E lui sperava, sopra ogni altra cosa, chiudere in fretta la storia.

<< Mi perdoni, ma perché prima vi stavate cercando da solo? Scusi se mi permetto, ma è una cosa da stupidi o da...si insomma, ha capito…è un po’ da …da idioti. >>

Altaïr spronò il cavallo, chiedendosi in quel momento più che mai, perché non avesse ascoltato Malik e perché diavolo aveva fatto di testa sua.

***

Arrivarono a Damasco verso metà mattinata, quando il sole era ancora sopportabile. Il viaggio, al contrario delle sue aspettative, non era stato stancante come si ricordava. I cavalli avevano retto il passo in maniera soddisfacente e lungo le strade non avevano incontrate difficoltà. In più il ragazzino non aveva mosso domande, ne si era lamentato, lasciando libero l’ex Maestro Assassino di posare la mente su ciò che riteneva degno della sua attenzione. Altaïr, che fino ad allora era andato al galoppo, rallentò il passo facendo avanzare il cavallo con tranquillità. La bestia sembrò gradire, ed eseguì il comando senza emettere verso. Ivanoe, dal canto suo imitò il comportamento del compagno, tuttavia sembrava provato dal viaggio. Diversamente da Altaïr, lui l’aveva trovato stancante, forse la causa del fatto era la prima volta che veniva a Damasco. Da quando era entrato nella confraternita, non aveva più avuto occasione di fare lunghi viaggi, cosa che non gli dispiaceva. L’ex Maestro Assassino si avvicinò a uno steccato posto non lontano dalla città e smontò dal bianco destriero con fare frettoloso, tradendo una cerca impazienza. Decise di legarla lì, la bestia, in modo che non scappasse. Si girò infine verso quelle che erano le mura di Damasco. Sospirò, essere erano esattamente come le ricordava, com’erano due anni prima. Non erano loro ad essere cambiate, ma lui. Ora non si sarebbe presentato davanti a loro come un Maestro Assassino orgoglioso di se stesso, ma come un uomo conciono dei propri errori, pronto a rimediare. Damasco, la più grande e la più Santa di tutta la Siria, famosa per la sua impenetrabilità tanto quanto la sua bellezza. Sperò che essa si sarebbe dimostrata più indulgente di Masyaf, che in essa non si sentisse nuovamente oppresso dalla colpa. La colpa di essere un traditore.

<< Maestro, come pensate di entrare? >> domandò Ivanoe distraendolo << Scalare queste mura non mi sembra saggio, ed ingaggiare duello con quelle guardi ancora meno. >>

Ma Altaïr non l’udì neppure, intento a scrutarsi intorno, cercando di escogitare un piano per entrare. Scorse, non troppo distante dall’entrata, un gruppo di sapienti e sorrise soddisfatto. Capitavano a proposito. Probabilmente il Saladino aveva esortato gli eruditi a compiere pellegrinaggi istruttivi a Damasco, dove numerose erano le madrasah, e gli erano stati accordati permessi di circolare liberamente per la città. La fortuna non avrebbe potuto favorirlo in maniera più propizia. E mentre questo pensiero attraversava la sua mente, fu distratto una seconda volta dalla stessa voce.

<< Maestro Altaïr? Insomma, vuole rispondermi? >>

Altaïr, scocciato, si voltò verso Ivanoe << Che vuoi, ragazzino? >>

<< Ivanoe, Maestro, il mio nome è Ivanoe >> borbottò << Ha trovato un modo per entrare? >>

<< Si, ma dovrò fare in fretta. Bisogna che mi intrufoli dentro, imitando quegli eruditi. >> si voltò verso di Ivanoe, e con voce secca continuò a parlare << Tu rimani qui a badare ai cavalli, ragazzino, e non attirare l’attenzione su di te. >>

Senza dargli tempo di replicare, Altaïr si incamminò verso il gruppo di eruditi, mescolandosi tra di essi. Senza motivo, gli vennero in mente le parole di Al Mulim, quando gli aveva insegnato quell’arte, uno dei pochi momenti in cui aveva potuto dedicarsi completamente ad Altaïr. Le guardie si fecero rispettosamente da parte, quando videro gli eruditi venire verso l’ingresso da loro preseduto, consentendoli di passare. Altaïr si era situato in una posizione centrale, in modo da non esporsi troppo, e avanzava a testa bassa. Non si sarebbero accorti di lui, concluse l’assassino. Camminò con gli eruditi anche dopo aver sorpassato le guardie, per evitare sospetti. Nonostante fosse stato privato del rango di Maestro Assassino, Altaïr non aveva dimenticato cosa volesse dire esserlo. Sopra di lui, c’era solo Al Mualim, il mentore della confraternita. Anche se ora non poteva più vantare una simile posizione nella confraternita, l’avrebbe ripresa, sarebbe tornato ad essere l’Altaïr di sempre. Si staccò dagli eruditi quando furono vicini a un minareto, e proseguì per la sua strada, riflettendo su come agire. Doveva trovare la sede, per prima cosa, e avvertire il rafiq. Non gli venne in mente dove fosse la dimora degli Assassini, del resto come avrebbe potuto? Erano passati due anni dall’ultima volta e…non c’era tempo per divagare. Camminò a passo svelto, scostando di tanto in tanto persone, senza voltarsi. Altaïr scrutò, coi suoi occhi d’aquila, il paesaggio. Non c’era nulla che potesse ricordagli la sede, e trasse quindi una conclusione. Non l’avrebbe cercata dal basso verso l’alto, come stava facendo, ma dall’alto verso il basso. Si arrampicò su un minareto, con la stessa abilità di sempre, e ne raggiunse la cima. Si acquattò, scrutando i dintorni del distretto. Sospirò, come sempre Al Mualim aveva detto il vero, era ormai troppo tempo. Troppo tempo da quando lui stesso cercava la proprie prede, da quando saliva sui punti elevati per osservare. Troppo tempo…ma in quel momento si sentiva di nuovo come all’ora.

Finalmente la identificò, la sede degli Assassini, e annuì. Non era distante, l’avrebbe raggiunta in poco tempo, però doveva scendere. Osservò il paesaggio intorno al disotto di lui, in cerca di qualcosa che potesse attutire la caduta, ma non votò per i tendoni. Erano troppo fragili, e parlando di dieci o undici metri, si sarebbero strappati alla caduta dell’Assassino e sarebbe finito sopra la bancarella. Altrettanto le aiuole non avrebbero saputo attutire, quindi le escluse. Certo, stava facendo il capriccioso, tuttavia non poteva rischiare. Se fosse atterrato male, si sarebbe ferito, più meno grave, e non avrebbe potuto svolgere la missione come desiderava Al Mualim. Infine scorse un carro di fieno, non troppo distante dal punto d’osservazione, in un punto del distretto non troppo affollato. Sarebbe stato perfetto, non avrebbe sbagliato, tutto si sarebbe risolto. Saltò, infine, ma solo dopo aver calcolato la distanza, ed essersi preparato ad atterrare. Era esperto, certo, ma solo il giorno prima un suo compagno si era rotto la gamba, non riuscendo a girarsi completamente, durante l’assedio di de Sable. E il saltò andò a buon fine. Attese, calmo, di riprendere fiato prima di uscire dal carro. Da quanto tempo non si sentiva così? Così…libero? Così vivo? Da anni forse? Un sorriso comparve sulle labbra del giovane Assassino, mentre egli si apprestava ad uscire dal nascondiglio.

<< Certo Maestro Altaïr che avete eseguito un bel salto della fede, seppure a mio parere vi siete girato un po’ troppo presto. Non per mancarvi di rispetto, ma fate più attenzione, o ci rimetterete qualcosa. >> Ivanoe si sistemò il cappuccio << Avete individuato la Sede? >>

Il sorriso gli morì sulle labbra, quando girandosi, sentì la voce del suo "compagno" di viaggio dietro di lui. Si voltò, colto di sprovvista, per poi essere assalito da un misto d’odio e d’ira. Davanti a lui, a braccia incrociate, Ivanoe lo guardava con stizza. Come se avesse avuto qualcosa da ridire, in merito al comportamento dell’Assassino.

La voce di Altaïr era tagliente e dura << Perché mi hai seguito, ragazzino, non ti avevo detto di aspettarmi all’entrata di Damasco? Il mio non era un consiglio, ma un ordine, se non ti fosse stato chiaro >>

<< Maestro so distinguere un ordine da un consiglio, è so anche che sovente si riceve più il primo che il secondo. Ma proprio quando lei me l’ha dato, io volevo avvertirla di un ordine alla quale non posso infrangere per nessuna ragione. Esso proviene dal Maestro Al Mualim e pregherei che mi prestasse attenzion…ehi, dove state andando?! >>

Altaïr, scocciato dalla presenza del giovane Assassino, incominciò a camminare in direzione della Dimora degli Assassini ignorando le pretese del ragazzo. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, per i suoi modi arroganti e troppo sicuri di se, ma qualcosa in lui l’aveva convinto a desistere. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo disorientava, come se si fossero già scontrati, e l’ex Maestro Assassino fosse stato miseramente sconfitto. Schivò abilmente dei portatori di giada, per evitare insubordinazioni, e riprese il suo cammino. Cercò di orientarsi, onde trovare la Dimore, per allontanarsi dal centro del distretto. Il cambio delle guardie era vicino, Altaïr lo sapeva, e questo lo preoccupava. Non sarebbe stato facile muoversi durante la sostituzione, e l’ex Maestro Assassino cominciava ad avere qualche dubbio a riguardo delle sue capacità di Assassino. Se aveva fallito, nella missione al Tempio di Salomone, un motivo c’era, anche se non riusciva a spiegarsi quale. Arrivò infine alla sede, dove gli Assassini si recavano per ricevere l’autorizzazione ad agire, ovvero il segno di Al Mualim. Lui non aveva mai dovuto rispondere ai rafiq, aveva sempre potuto agire liberamente, un privilegio raro. D’altronde era l’allievo prediletto del Mentore Al Mualim, aveva sempre garantito lui per Altaïr, provando orgoglio per il suo allievo. Salì, attraverso la scala appoggiata all’edifico di fianco alla sede, sul tetto dell’edificio. Tutti coloro che, come Altaïr, indossavano le vesti degli Assassini non potevano entrare dalla porta principale. Non dovevano compromettere la confraternita, e quindi neanche esporla a rischi. Arrivò davanti alla grata, aperta, ed entrò senza attendere. Aveva perso fin troppo tempo. Una volta dentro, gli sembrò di trovarsi un altro mondo, talmente la situazione era differente. Calma, silenzio, solo lo scorrere dell’acqua della fontana. Il rumore della folla, lì dentro, non era che un mero ricordo. Le pareti dovevano attutire il suono, probabilmente. Altaïr si diresse nella stanza accanto, dove trovò il responsabile della sede comodamente seduto ad oziare.

<< Altaïr, che piacere vederti. >> lo salutò il rafiq, alzandosi, con tono ironizzante << Tutto intero s’intende >>

Tutto intero? Ma a cosa stava alludendo? Poi capi, a cosa si stesse riferendo il suo superiore, e sospirò. Ne era stato informato, concluse Altaïr, come tutti d’altronde. La voce del fallimento del grande Maestro Altaïr era arrivata a leghe di distanza da Masyaf, fino a Damasco. Il rafiq appariva divertito dalla situazione, quasi ne godesse, e l’ex Maestro Assassino lo guardò sbieco. Chi si fa gioco delle disgrazie altrui, non è destinato a vita lunga.

<< Altrettanto, amico. >> rispose Altaïr, cercando di ignorare l’ironia della sua voce. << Al Mualim mi ha mandato da te. >>

Sorrise, chinando la testa << Lo so, Altaïr , lo so. Mi dispiace per le tue ultime disavventure, è un vero peccato che tutto questo ti sia costato la nomina di Maestro Assassino. >>

<< Non preoccuparti. >>

<< Non più di una settimana fa sono passati di qui i tuoi fratelli, un piccolo gruppetto, e abbiamo chiacchierato un po’. Se avessi sentito cos’hanno detto con le tue orecchie, sono sicuro che gli avresti messi a tacere seduta stante. >>

<< Non uccido per delle sciocchezze >>

<< Già, ma del resto tu non sei mai stato un fanatico del Credo, dico bene? >>

Altaïr fu tentato di conficcargli la lama nella gola, per mettere a tacere quella vita troppo desiderosa di giocare con il fuoco, ma il rafiq lo anticipò rivolgendosi nuovamente a lui << Ah, e quindi lui sarebbe il tuo nuovo compagno? >>

Compagno? Altaïr, osservando gli occhi del rafiq, ebbe un moto di stizza. Stavano guardando oltre di lui, alle sue spalle. Doveva scegliersi se voltarsi e constatare di persona se dietro di lui ci fosse nuovamente quel ragazzino, o attendere che l’altro parlasse, chiarendo l’errore. Altaïr aveva seminato quel ragazzo, non sarebbe riuscito a stargli dietro, troppo inesperto. O almeno così credeva e sperava.

<< Non so di cosa tu stia parlan… >>

<< Salute e pace rafiq, il mio nome è Ivanoe, piacere di fare la vostra conoscenza. >> elargì un mezzo inchino << Vi porgo le mie scuse per non essermi presentato prima. Prego non badate a me, e finite pure di discorrere col Maestro Altaïr >>

Il rafiq sembrò contento del comportamento placido del ragazzo << Il piacere è mio Ivanoe, Al Mualim mi aveva informato della tua presenza. Senza di te, d’altronde, Altaïr non potrebbe operare sul campo. >>

<< Come sarebbe a dire? >> sbottò l’Assassino

<< Non lo sai? Al Mualim non te l’ha detto? Oppure tu non hai prestato ascolto alle sue parole? Non sarebbe la prima volta, del resto. Comunque Al Mualim a dichiarato che Altaïr Ibn-La’Ahad, per colpa di una scorretta disciplina, non potrà assassinare nessuno senza il consenso del rafiq del posto e del suo compagno Ivanoe. In pratica, se vuoi riscattarti, dovrai accontentare entrambi. >>

Altaïr rimase scioccato da quelle parole, dette con tanta leggerezza. No, Al Mualim non gli aveva detto niente a riguardo, lasciandolo nell’oblio. Perché voleva umiliarlo in questo modo? Non bastava averlo privato del grado di Maestro Assassino? Fino a quanto intendeva prendersi gioco di lui? Si voltò verso di Ivanoe, odiandolo più che mai. Il giovane Assassino, rispettosamente, chinò il capo e gli rivolse uno sguardo di rimprovero, ma non disse nulla. Altaïr fraintese quello sguardo, facendosi impossessare dall’ira, fin troppo facilmente. Come avrebbe voluto insegnarli a stare al suo posto, se solo avesse potuto. Ivanoe dal canto suo sembrò non notare la rabbia dell’Assassino, tuttavia fissò Altaïr con occhi curiosi, come se avesse visto un giovane stallone promettente. Fu il rafiq a interrompere il loro scambi di sguardi.

<< Bene, ora che i dubbi sono chiariti, potete dirmi cosa vi porta a Damasco? >>

Altaïr lo fissò serio << Un uomo di nome Tamir, la sua vita e le sue azioni infastidiscono Al Mualim, devo porgli fine. >>

<< Dobbiamo >> sibilò il ragazzo alle sue spalle, senza farsi tuttavia sentire dal capo della sede, ma con scarso risultato. Altaïr lo ignorò totalmente.

<< Sai dirmi dove trovarlo? >>

<< Dovrete trovarvelo da soli >>

Altaïr ne rimase indispettito << Questo compito è adatto alle spie non ha… >> si interruppe ricordando le parole di Al Mualim. Non era più un Maestro Assassino, era di nuovo un novizio. Avrebbe dovuto compiere lui stesso le indagini, fattore che lo fece stringere gli occhi.

<< Ho capito, farò quanto mi hai richiesto. Però non sai dirmi da dove potrei cominciare? >>

<< Se mi permettete, mi sembra di aver sentito Al Mualim riferirsi al mercato nero, quando mi accennò la missione. Sapete darmi conferma? >> la voce di Ivanoe si fece largo tra i due

Il rafiq annuì, sorridendo << Si Ivanoe, è proprio lì che lavora. Quindi direi che potete incominciare col cercare informazioni al souk. Poi tornerete da me, vi darò il segno di Al Mualim, e riceveremo in cambio la vita del mercante di schiavi. >>

 

Nella tana della Volpe

Eccomi di nuovo dopo tanto tempo, nuovamente disponibile.

Chiedo scusa per il primo capitolo, ma dovrò dividerlo in più parti. Ovvero sono già sette pagine, e le trovo eccessive, e stare troppo davanti al computer fa male. Comunque grazie a coloro che la leggono, grazie per il tempo dedicato ?

Allora, cosa succederà tra Altaïr e Ivanoe? Si accetteranno? Oppure no? Da parte mia, Ivanoe non appare molto simpatico, molto snob, ma aspettate e vedrete.

Bacioni Volpotto!

  
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