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Autore: teabox    23/12/2006    13 recensioni
Dopo quella notte di giugno in cui Silente è stato ucciso, Draco Malfoy è costretto a nascondersi, aspettando di sapere cosa ne sarà del suo futuro. Ma i nascondigli non sono mai del tutto sicuri e il futuro, spesso, imprevedibile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era pronta da tempo, ma altri impegni mi hanno impedito di rileggerla, rivederla e chiedermi cosa farne. Almeno fin'ora.
Con questa si chiude ufficialmente quello che avevo pensato come il "mentre, prima e dopo” di Draco e Ginny (ovvero, “Royal 17”, “Ginny Weasley, secondo Draco Malfoy” e questa). Non che le storie siano realmente collegate tra loro o, meglio, lo sono nella mia testa, ma non dev'essere necessariamente così anche per gli altri.
Grazie mille per tutta la gentilezza che mi avete dimostrato e buona lettura, spero.

Disclaimer: non sono J. K. Rowling, quindi nulla di tutto ciò mi appartiene (se non una strana immaginazione).



“Tre cose sono necessarie per essere salvato:
conoscere ciò che bisogna credere,
conoscere ciò che bisogna desiderare
e conoscere ciò che bisogna fare”
(San Tommaso)


A circa un miglio dalla Stazione di King Cross, c’era una casa al numero dodici di Grimmauld Place. Una casa che, avevano garantito a Draco, era sicura. Il posto ideale per nascondersi. Un luogo dove nessuno sarebbe venuto a cercarlo. Non lui, non lì.
Quindi era stata con non poca sorpresa che una sera, verso l’inizio di agosto, Draco Malfoy aveva sentito qualcuno bussare alla porta dell’abitazione.
E se normalmente non avrebbe mai aperto, in quel caso erano bastate tre parole per convincerlo a farlo.
«Sono Ginny Weasley», aveva detto la voce dall’altra parte della porta.

Pioveva, fuori.
La fiamma della candela accesa in un angolo della stanza tremava ogni volta che un filo d’aria la sfiorava. Sembravano cento, o forse più, le piccole fessure che si aprivano nei muri della camera e lasciavano entrare una sottile corrente fredda. Ma Draco Malfoy, seduto in una poltrona che sapeva di vecchio e di marcio, sembrava non farci caso.
Le gambe accavallate in una posa elegante, un gomito appoggiato sull’unico bracciolo della poltrona, il viso per metà nascosto dalla mano con cui si reggeva la testa: in quel momento il ragazzo poteva sembrare il ritratto di un perfetto gentiluomo di fine Ottocento. E senza sorpresa, a dire il vero, quella perfezione non faceva altro che dare risalto all’imperfezione che invece lo circondava. Eppure, come già detto, Draco Malfoy sembrava non farci caso.
Infondo c’era già Ginny Weasley che ci pensava per entrambi.
«Cielo, questo posto è peggio di quanto ricordassi.»
Era arrivata all’improvviso, inaspettata. Quando da una delle finestre dell’ultimo piano aveva visto una figura avvolta in un mantello muoversi furtivamente verso la casa, Draco aveva pensato a tante possibilità, ma la ragazza Weasley non era certo stata una di quelle.
Erano rimasti per qualche istante fermi nell’ingresso, a fissarsi in silenzio, con lo stesso stupore sui volti, ma per ragioni diverse. Poi Malfoy, senza dire una parola, si era voltato e si era diretto verso le scale, forse perché l’odore di marcio e l’aria carica di umidità rendevano quasi impossibile respirare in quel punto. Ginny l’aveva seguito, la bacchetta stretta nella mano, fino all’ultimo piano dell’abitazione e poi dentro ad una stanza con un’unica candela accesa, che rischiarava a mala pena l’ambiente.
Faceva freddo, nonostante fosse agosto.

«Se sei venuta per uccidermi, giuro che mi metto a ridere», disse Draco scrutandola con sufficienza.
Ginny, ferma nel mezzo della camera, smise di guardarsi attorno e rivolse l’attenzione al ragazzo. «Ah, no. Niente di simile.»
«Allora cosa diavolo ci fai qui?», domandò lui con un tono il più aggressivo possibile.
«Dunque», disse lei accennando un sorriso. Intrecciò le mani dietro la schiena, si alzò un po’ sulle punte e tornò di nuovo con i piedi per terra. Sorrise un po’ di più. «Sono venuta a salvarti.»
In un’altra situazione Draco avrebbe riso. Tanto.
Ma in quel momento non riuscì a provare nient’altro che irritazione. Si alzò dalla poltrona di scatto, abbandonando qualsiasi pretesa di essere perfettamente a suo agio in quella circostanza e raggiunse la ragazza ancora ferma nel centro della stanza. «E chi diavolo ti ha detto che ho bisogno di essere salvato?» Con soddisfazione vide Ginny arretrare di un passo. «Chi ti ha mandata? Potter? Qualcun’altro dell’Ordine? E come diavolo hai fatto a trovarmi?»
Ginny rimase un istante in silenzio, non in grado di guardare Malfoy negli occhi e, tuttavia, incapace di togliere lo sguardo dal suo viso. «Sono sempre stata brava a giocare a nascondino.»
Draco la fissò confuso. «Scusa?»
«Sono sempre stata brava a giocare a nascondino», ripeté lei. «Fin da piccola. Scovavo sempre tutti. Per questo ti ho trovato.»
«Weasley, sono ad un passo dall’ucciderti», sibilò lui cercando di dominare l’irritazione. «Piantala di dire idiozie, per quanto ti possa essere difficile. Ora dimmi, chi ti ha mandato qui?»
Ginny alzò appena le spalle. «Nessuno.»
Malfoy non era davvero disposto a crederle, ma qualcosa nell’espressione della ragazza gli fece capire che o quella era la verità, o la verità non l’avrebbe mai saputa, quindi tanto valeva prendere per buone le sue parole. La seguì con lo sguardo quando Ginny gli passò accanto e si lasciò cadere sulla poltrona che poco prima aveva occupato lui. Sospirò, già stanco di quell’assurda situazione, e raggiunse la ragazza, sedendosi sul bordo esterno di quello che un tempo era stato il focolare di un grande caminetto, ma che ormai non era né più né meno di una grossa pietra fredda. E davanti a lui le gambe accavallate di Ginny Weasley.
La gola gli divenne improvvisamente secca.
Ovviamente l’essere rinchiuso da più di un mese in quella squallida casa senza avere contatti con l’esterno aveva sicuramente a che fare con quella reazione. Se si fossero trovati ad Hogwarts o per le vie di Diagon Alley, mai e poi mai avrebbe anche solo preso in considerazione l’idea di pensare alla ragazza Weasley come ad una tentazione. Era sempre e solo stata “una di quelle che posso farmi”.
Ma non erano ad Hogwarts né tanto meno per le vie di Diagon Alley, in quel momento, mentre le gambe di Ginny erano pericolosamente vicine alle mani di Draco. Il ragazzo intrecciò le dita e serrò la stretta fino a farsi sbiancare le nocche, spostando lo sguardo di lato, lontano dalle gambe di Ginny Weasley o qualsiasi altra parte del suo corpo.
«Sei cambiato.»
La voce della ragazza quasi lo costrinse a voltarsi, ma Draco resistette all’impulso. Spostò solo la testa in direzione di un grande specchio sporco appoggiato in un angolo della camera e strinse un po’ gli occhi, cercando di osservarsi nella penombra. Quello che vide fu il solito se stesso. «Non mi sembra proprio.»
Ginny si piegò verso di lui, allungando una mano per sfiorargli la testa. Un gesto semplice che, tuttavia, fu quanto bastò per farlo girare verso di lei. «I tuoi capelli sono più lunghi. Sembri più alto. E ti sta crescendo un po’ di barba», disse seguendo delicatamente la linea del mento con un dito. Esitò un istante. «I tuoi occhi sono stanchi.»
Malfoy allontanò le dita della ragazza con un gesto secco della mano. «Piantala di dire idiozie.»
Lei lo fissò per un momento e poi tornò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona. «Oggi...», quasi sussurrò.
Draco rimase in silenzio per un lungo istante, prima di sospirare e decidersi a chiederglielo. «Oggi cosa?»
«E’ il mio compleanno.»
Lui rifletté un momento. «Non dovresti essere a casa a festeggiare, allora?»
Ginny intrecciò le dita delle mani e sorrise. «Abbiamo festeggiato questo pomeriggio. Ora sono tutti presi da altre faccende.»
Malfoy si tirò indietro la frangia, liberandosi da un fastidioso ciuffo di capelli. «Non dovresti essere qui comunque.»
«Immagino di no.» Il sorriso si accentuò. «Bisogna sempre dare ascolto a chi è più maturo e più saggio di te, giusto?» Draco sbuffò, ma lei pretese di non averlo sentito e riprese a parlare. «Tu hai festeggiato il tuo compleanno?»
Lui rimase per un attimo spiazzato. «Eh? No, non... Ma che razza di domande fai?»
Ginny fu presa da un improvviso moto di entusiasmo. «Allora festeggiamolo oggi, adesso», esclamò scivolando giù dal divano e sedendosi accanto al ragazzo.
«Il mio compleanno era a giugno, Weasley», le fece notare lui freddamente.
«Lo so, ma per quest’anno, solo per questa volta», rispose lei portandosi le mani dietro al collo e facendole sparire tra i capelli rossi, «possiamo fare finta che tu sia nato oggi.» Le sue mani tornarono improvvisamente in vista. Tenevano con delicatezza le due estremità di una sottile collana d’argento a cui era appeso un piccolo quadrifoglio verde.
Draco fissò preoccupato e confuso quel semplice gioiello e la ragazza che glielo stava offrendo. Ma poiché non si decise né a rifiutarlo né ad accettarlo, fu ancora una volta Ginny Weasley a fare tutto. Allungò le mani, le avvicinò al collo di Malfoy e chiuse la collana sfiorandogli appena la nuca con la punta delle dita. «Ecco», disse sorridendogli. «Buon compleanno.»
Lui si schiarì la voce, cercando di convincersi che non era imbarazzo quello che sentiva, ma semplice irritazione. «Non ho niente per te», rispose con voce quasi rauca. Ma si pentì immediatamente di aver aperto bocca, perché le sue parole erano suonate incredibilmente stupide.
«Una cosa ci sarebbe.»
Malfoy si girò verso di lei, un’espressione incerta dipinta sul volto.
E lei fece una cosa incredibile. Assurda, insensata, sconsiderata. Ma incredibile.
Ginny Weasley baciò Draco Malfoy.

Fu veloce, il tempo di un respiro forse, quanto era bastato per sentire quelle labbra calde sulle sue e poi tutto, in un attimo, era tornato come prima.
Draco la guardò allibito. Cercò qualcosa da dire, ma non trovò parole. Percorse con gli occhi il profilo sorridente di Ginny, quell’espressione sul suo viso che sembrava dire che lei di parole ne aveva, solo che preferiva tenersele per sé ancora per un po’. E il modo in cui sapeva di essere fissata, studiata in quel preciso momento, ma non sembrava esserne infastidita o imbarazzata. E una ciocca di capelli e le lentiggini e le ciglia lunghe e le mani e le gambe e lei.
Lei.
Per l’ennesima volta in quella serata Draco si domandò cosa, di preciso, avesse in mente quella ragazza e per l’ennesima volta si trovò a sospirare. Quindi alzò un braccio e lo appoggiò sulle spalle di Ginny, chiedendosi con una certa preoccupazione quali disastrose conseguenze lo aspettavano per il futuro. Sentì la testa della ragazza appoggiarsi sulla sua spalla e, anche se non poteva vederle il viso, seppe che stava sorridendo un po’ più di prima. Sorrise anche lui, nascondendo una mano nei suoi capelli rossi. «Alla fine non mi hai detto perché sei venuta qui», le fece notare.
Ginny alzò il capo e lo guardò stupita. «Ma se è stata la prima cosa che ti ho detto», rispose lei. «Sono venuta a salvarti.»

  
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