Mosca, 1856.
Notte. Un vicolo buio in periferia. I chiari raggi della luna
piena non erano abbastanza forti da rischiarare le cose davanti a lui. Era
ferito. Al collo. Due piccoli fori dai quali usciva un sottile filo di sangue
caldo.
Ansimò. Il sangue perso era veramente troppo. Ormai non c’era più
nulla da fare… la guaritrice era troppo lontana, non sarebbe arrivato in tempo…
non riusciva più a respirare…
Si abbandonò al nulla, cadendo in ginocchio
sulle pietre non levigate della strada, appoggiando la spalla destra al muro.
Alzò il viso, rivolgendo alla luna gli occhi pieni di lacrime:
- Ci sono
riuscito… finalmente… io…-
Tossì. Un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca,
formando una piccola pozza davanti a lui. Si passò una mano sulle labbra livide,
asciugandole. Poi proseguì:
- Ora… spero solo che il mio sacrificio non sia
vano…-
Estrasse un pugnale argentato dalla manica della giacca. La punta era
macchiata di sangue, il sangue immondo di un essere immondo che aveva compiuto
delitti… a causa sua. perchè non si era accorto di ciò che accadeva a sua
sorella... Ora giaceva morto, definitivamente, nella sua bara, nella cripta
sotterranea che era stata la sua dimora prima che il ragazzo lo risvegliasse
accidentalmente dal suo sonno eterno. A meno che…
Gemette. Mancava poco,
doveva fare in fretta… Afferrò saldamente il pugnale e rivolse la punta verso il
cuore.
- E che il mio sacrificio non sia vano…-
Sentì la lama fredda come
il ghiaccio perforargli il torace e il cuore. Poi cadde riverso al suolo,
esalando il suo ultimo respiro.
Mosca, 2006.
Un college rinomato.
Recuperato da un antico monastero in disuso. Solo una delle due sedie davanti
alla scrivania della preside era occupata.
Eris si mosse leggermente sulla
sedia, tentando di mettersi a proprio agio, attendendo che la preside si
decidesse a mandarla a lezione. La sua prima lezione nella nuova scuola.
- Mi
ricordo di tua sorella-
Eris alzò gli occhi, incrociando lo sguardo della
preside, che continuò:
- Come sta, ora?-
- Venus ha vent'anni e ha una
bambina di 3 mesi. È diventata una scrittrice di libri thriller e horror-
La
preside scoppiò a ridere:
- Oh, sì, mi ricordo certi suoi temi… ama ancora
così tanto le leggende sui vampiri?-
Eris rabbrividì. Lei odiava i vampiri, e
in generale quel genere di libri horror che sua sorella maggiore definiva
"Meravigliosi, veramente. Dovresti leggerne qualcuno, sai? Diventeresti meno
paurosa".
- Sì, li adora. Posso andare?-
La preside si mise a scrivere
qualcosa su un foglio. Si fermò:
- Mi ripeteresti gentilmente il tuo
nome…?-
- Mi chiamo Eris. E-R-I-S. Come la dea greca della
discordia-
Ormai era abituata a dare sempre quella spiegazione del suo
nome.
- Cognome…?-
- Evans-
- Tua madre era appassionata di storia classica?-
- Perché?-
-
Be’, sia tu che tua sorella avete nomi di divinità greco-romane…-
Eris si rabbuiò.
La madre era morta in circostanze non del tutto chiarite, una notte, mentre
tornava a casa passando per una scorciatoia. Non era più stato trovato il suo
corpo. Eris aveva vissuto con il padre, almeno finché questi non aveva avuto la
bella idea di scappare di casa con una brasiliana portando via tutti i soldi che
la madre le aveva lasciato. All’inizio era andata a vivere con Venus, suo marito
e la loro figlia Katrina. Ma si era accorta ben presto che non era quello il suo
posto, e aveva deciso di iscriversi a quel college russo.
- Oh, sì, se mi
ricordo di tua sorella…la seconda migliore studentessa che questo college abbia
mai avuto, già…-
Eris la guardò stupita:
- C’era qualcuno più bravo di mia
sorella?-
Venus era stata una studentessa modello, aveva sempre ottenuto il
massimo dei risultati in ogni attività… Eris non credeva che ci potesse essere
qualcuno con un quoziente intellettivo più alto di sua sorella.
La preside
sorrise:
- Negli archivi della scuola è riportato il nome di un ragazzo che
aveva 10 e lode in tutte le materie e in tutte le attività extra… più o meno 150
anni fa… un giorno scomparve misteriosamente e nessuno seppe più nulla di
lui-
Eris deglutì. Detestava quel tipo di cose:
- Come si chiamava…?-
-
… alloggiava nella stanza 666… oh, scusa, non ti avevo sentito. Il suo nome… era
Kei Hiwatari-
La ragazza soppesò il nome e lo ripeté sussurrandolo.
- …
Eris…? Mi hai sentito? Puoi andare-
La ragazza si riscosse dai suoi
pensieri:
- Oh. Ok, grazie mille, signora preside-
Uscì dalla presidenza e
percorse il corridoio fino ad arrivare alle scale. Scese i gradini a due a due,
rigirandosi la chiave della stanza tra le dita inguantate. Stanza 666. il numero
che odiava di più. Sua madre era morta quando lei aveva 6 anni, e suo padre se
n’era andato di casa il 6 giugno. Uno schifo di numero, ecco cos’era.
Stava
per tornare in bidelleria a recuperare le valigie, quando notò una grande porta
in legno di quercia che non aveva visto al suo arrivo. Si voltò verso una
vecchia bidella con i capelli grigi e gli occhiali a mezzaluna:
- Mi scusi,
dove conduce quella porta?-
La donna alzò lo sguardo dallo schema di parole
crociate che stava completando e la fissò da sopra le lenti:
- La
biblioteca-
"Quasi quasi mi ci faccio un giretto…" - Potrebbe tenermi
d’occhio le valigie per ancora qualche minuto, per favore?-
La bidella non la
guardò neanche e alzò le spalle:
- Certo-
Non del tutto convinta che la
donna l’avesse sentita, ma decisissima ad esplorare la biblioteca, fece
dietro-front e si diresse alla porta. La aprì con non poche difficoltà ed entrò.
Per precauzione, la lasciò socchiusa.
Camminò fra gli alti scaffali strapieni
di tomi voluminosi, alzando lo sguardo al soffitto affrescato. Si sentiva una
formica in quell’enorme stanza. Continuò a girare tra gli scaffali, accarezzando
con le dite le copertine dei libri.
Ad un tratto, sentì un rumore strano,
come di qualcosa che cada nell’acqua. Sciaff. Guardò per terra e vide che era
stato il suo piede, a contatto con una pozza d’acqua rossa, a produrre
quel…
Acqua rossa? Eris si inginocchiò. Estrasse un fazzoletto di carta dalla
tasca dei jeans e ne immerse un’estremità nella pozza. Poi si portò il
fazzoletto agli occhi. Sangue.
Sobbalzò. Una pozza di sangue… in una
biblioteca? Si guardò intorno, spaventata. Quello era il genere di cosa che
avrebbe mandato su di giri sua sorella, ma di sicuro non lei. Si rialzò di
scatto, decisa ad andarsene in camera a sistemarsi, quando notò che la pozza non
era l’unica. Ce n’erano altre, piccole, che tracciavano una specie di
percorso.
Senza accorgersene, Eris cominciò a seguire quel percorso, incapace
di staccare gli occhi da quelle macchie rosse. Rosso, rosso, rosso…
Wow… sul
serio, sua sorella avrebbe pagato per essere al suo posto… amen, voleva dire che
le avrebbe raccontato ciò che c’era alla fine del percorso: un’altra enorme
porta in legno di quercia.
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