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Autore: Cimmino    06/06/2012    1 recensioni
Capitolo 13 modificato e terminato.
Salve salvino! Sto lavorando con un mio amico ad una sorta di crossover tra le vite dei nostri due PG di Skyrim. La storia ha luogo circa 15 anni prima degli eventi conosciuti. Per ora i capitoli sono poco più che brevi sommari delle vicende e col tempo li migliorerò.
Un assaggio:
In una notte buia, senza luna e senza stelle solo il tenue limpido di una candela posta fuori dalla cancellata illuminava i volti della due prigioniere.
Erano due donne, poco più che ragazze, una Bretone e un Elfo Alto. La prima armeggiava cautamente con un grimaldello. Erano entrambe molto belle, la Bretone aveva un viso affilato e si suoi occhi verdi erano seri e concentrati, illuminati dalla fioca luce dalla candela, i suoi capelli, una lunga chioma rossa come il fuoco cadevano morbidi sulle sue spalle mentre una ciocca sul viso scendeva descrivano dei dolci boccoli.
Questo è l'inizio del prologo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il freddo si fece talmente intenso che perfino i lupi, seppur intenti ad ululare alla luna piena, ritornarono nelle loro tane. Il vento soffiava forte portando con sé taglienti fiocchi di giaccio e producendo un sibilio, quasi fosse un antico spirito che cercava di comunicare ancora con la rigida Natura.
Così Yangin, non abituata a rimanere esposta a così basse temperature, si lamentava ancora e ancora:
«Odio già Skyrim, di giorno fa freddo, di notte fa ancora più freddo, nevica sempre e come se non bastasse il posto pullula di imperiali come il  lato rivolto a settentrione di un tronco è coperto di muschio»
Gli replicò il cugino Antram, sempre calmo e pacato mentre sorseggiava del tè caldo da un calice di fattura pregiata mentre i suoi occhi, verdi come quelli della cugina scintillavano alla luce del focolare:
«Ti do ragione Yangin, però sappiamo entrambi che espandere il commercio in questa landa ghiacciata sarebbe il massimo per l’attività di famiglia. Poi ti vorrei ricordare di chi è stata l’idea di andare a Skyrim»
«Lo so, lo so è solo che non mi sono ancora abituata a questo clima, non si riesce neanche ad addormentarsi per quanto freddo fa! Ogni tanto mi chiedo perché non sono una ragazza normale maritata e che bada alla casa...»
«Perché saresti sprecata cugina!» Scherzò su  il ragazzo tirandole una cuscinata.
Poco dopo i due caddero nelle braccia di Azura e dormirono fino all’ora prefissata: le 4 del mattino.
Il gruppo di contrabbandieri si incamminò lentamente con le ginocchia intorpidite dal freddo, avevano passato il confine la notte prima sotto la sapiente guida di Alik, l’imponente redguard, e dopo la pausa notturna si erano decisi a fare tappa nella prima città: Ponte del Drago, scelta piuttosto azzardata e potenzialmente pericolosa. Quel agglomerato urbano infatti era il primo villaggio che si incontrava a Skyrim, era molto controllato da soldati e le sue imponenti mura proteggevano i coriacei abitanti. Posizionata in una zona in cui il contrabbando era molto fiorente Ponte del Drago era diventata famosa per la legione lì stanziata e per la cupa fama del Boia, si diceva infatti che sin da bambino il boia si divertisse a uccidere e lo faceva più che bene con vari metodi dai più cruenti a più fantasiosi. Fu così che allora l’Impero lo assunse e divenne IL Boia, terrore dei contrabbandieri e dei criminali di vario stampo.
Neanche passarono il cancello che tutti gli uomini del convoglio erano già nella locanda a fare baldoria lasciando tutto il prezioso carico nelle stalle fuori dalle mura insieme a Yangin che, dopo averlo sistemato con cura facendolo abilmente passare per una derrata di alimenti esotici, entrò cauta ad Ponte del Drago attraversando la grande porta borchiata. Passando per le vie del paese la bretone poté ascoltare diverse conversazioni dei villici a riguardo degli odiati contrabbandieri e a proposito di quanto fosse divertente vedere il Boia in azione. Tutto ciò preoccupò Yangin ma non appena giunse alla locanda lo rimosse dalla testa e pensò a divertirsi.
Il giorno dopo nessuno dei membri della carovana fu in grado di mettersi per strada, perfino Yangin, una donna che raramente cedeva all’inganno dell’alcol, riversava in condizioni deplorevoli, così il gruppo stazionò più del dovuto nella città imperiale. Fu una scelta pessima, le voci circolarono in fretta per il piccolo villaggio e presto giunsero alle orecchie degli imperiali che con facilità catturarono i membri della carovana. Solo grazie all’aiuto di Alik si limitarono i danni: egli riuscì a scappare dalla città col carro portando con sé Yangin, ancora intontita dall’idromele. La fuga attraverso gli stretti sentieri di Skyrim fu difficoltosa ma il Redguard conosceva bene quei luoghi e si mise in salvo con la ragazza.
La reazione del comandante di stanza nel villaggio fu improrogabile: fece rinchiudere i quattro orchi nelle prigioni della fortezza, vennero posti sotto tortura e dopo giorni di sofferenze liberati, mentre ad Antram, riconosciuto come capo della spedizione, venne proposto un accordo: o avrebbe trovato il vero colpevole e recuperato il carico oppure sarebbe stato decapitato seduta stante dal Boia. Il giovane bretone guardando verso il giustiziere notò la sua voglia di uccidere e non impiegò molto a fare una decisione, mise da parte tutto l’amore e l’affetto che provava per Yangin e confessò che il carico era diretto a Solitude e che era guidato da un Redguard sconosciuto. Riuscì a non farsi scappare il nome di famiglia e quello della cugina ma ciò bastò ai soldati imperiali che partirono subito all’inseguimento, invano però.
Antram venne liberato con l’ordine di essere d’aiuto al recupero del carico ma non mantenne il patto e si recò a Riften, la città dei ladri, dove si sarebbe dovuto incontrare con Yangin nel caso le cose si fossero complicate, per la strada ringraziò più volte i Nove per aver discusso in anticipo con la ragazza  un piano di riserva.
  
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